Autore Topic: L'edicola del 13 Novembre 2013  (Letto 576 volte)

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Offline Matita

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L'edicola del 13 Novembre 2013
« : Mercoledì 13 Novembre 2013, 07:43:44 »
«Vi racconto mio fratello» (Il Tempo)
Tobal svela i segreti del talento biancoceleste Keita «A 15 anni stupì Eto’o, ora vuole conquistare la Lazio»

A 10 anni calcava il Camp Nou, che fenomeno. Era un bimbo d’oro, Keita: palleggiava con Eto’o e ammirava da vicino Ronaldinho, Deco e Xavi. Non aveva paura, li guardava per ore intere, cercava di rubare con gli occhi, era nel pieno dell’infanzia. A 15 anni disse no al rientro al Barcellona (fu mandato in prestito al Cornelia per uno scherzo di troppo ad un compagno di squadra), non diede importanza alla sirene del Real Madrid, preferì guardare altrove. Verso l’Italia, Roma in particolare (lo volevano anche a Torino e Milano).

Keita Balde Diao è la nuova stella della Lazio, finalmente un volto giovane, fresco e cattivo al punto giusto. Classe 1995, a Parma ha realizzato il primo gol in serie A(a soli 18 anni). L’ex Barça è legatissimo alla Spagna, la considera la sua dimora, ma per non sentirsi solo ha convinto suo fratello Tobal (22 anni, il maggiore dei quattro) a trasferirsi a Formello. Il trasloco c’è stato pochi giorni fa, vivranno insieme per un po’ di tempo, si aiuteranno a vicenda. Tobal Balde Diao intanto ci aiuta a conoscere meglio Keita, predestinato biancoceleste.

Tobal, che rapporto ha con suo fratello?
«Ottimo, siamo molto uniti e ci vogliamo bene. Keita è un ragazzo speciale, si fa in quattro per tutti e soprattutto per la famiglia. Non potrei desiderare nulla di meglio».

Il calcio e il Barcellona. A quale età avete iniziato con il pallone?
«Presto. Io a tre anni, Keita forse anche prima. Giocavamo con i nostri amici tutto il giorno: per strada, al campetto vicino scuola, era il nostro divertimento preferito. Tornavamo a casa molto tardi, stanchi ma felici, ho dei ricordi bellissimi».

E il Barcellona?
«Del Barcellona siamo sempre stati tifosi. Keita è stato per qualche anno con loro, è cresciuto e maturato tanto, ha imparato la tecnica di base. Ora nella cantera c’è nostro fratello più piccolo, Mamadou junior(classe ’91)».

Ricorda quel giorno con Eto’o? Per Keita che emozione è stata?
«Grandissima, ricordo tutto. La sera prima non stava nella pelle, poi andò tutto benissimo. I giocatori della prima squadra furono chiamati per questo servizio televisivo, ma Eto’o rimase davvero senza parole nel veder palleggiare mio fratello. È sempre stato un piccolo fenomeno».

Poi la Lazio, la Primavera e il primo gol in serie A?
«Eh già, speriamo che sia il primo di una lunga serie. Keita è innamorato della Lazio, è felice e soddisfatto del lavoro che sta facendo. Si allena sempre con grande impegno e non vede l’ora di migliorare».

A casa come hanno vissuto Parma-Lazio?
«Con grande orgoglio, mio padre e mia madre sono contenti dell’esperienza che sta vivendo, al momento del gol sono esplosi di gioia».

Si parla di Keita come un predestinato. A quale stella del calcio lo paragona?
«Lui ha sempre stimato e seguito con attenzione Ribery, Cristiano Ronaldo e Ronaldo. Un bel mix di questi tre non sarebbe male».
Gianluca Cherubini



E a Barcellona già si mangiano le mani per Keita (Corriere dello Sport)

di Andrea De Pauli
BARCELLONA – Trentasette punti sui 39 disponibili nella Liga. Qualificazione centrata con due turni di anticipo in Champions League. Eppure i quotidiani blaugrana, dichiaratamente insoddisfatti dalla nuova rotta verso un calcio decisamente più verticale iniziata in coincidenza con l’approdo di Gerardo «Tata» Martino, continuano a dedicare un numero infinito di pagine ai tanti campioni che negli ultimi tempi hanno cambiato aria, mutando la struttura morfologica della squadra, sempre più esasperatamente agile e leggera. Nelle ultime ore, però, ha sorpreso più di un lettore un articolo comparso su «Sport» e dedicato a un Keita diverso da quello citato abitualmente.
L’ALTRO KEITA
– Per una volta, infatti, non è stata chiamata in causa l’incolmabile lacuna in fatto di forza fisica, tecnica ed esperienza lasciata dal maliano Seydou, frettolosamente lasciato partire per la Cina per la mancata volontà di compensare con un ragionevole aumento dello stipendio il contingente mutamento del regime fiscale. Protagonista del nuovo attacco alla recente scarsa oculatezza in fatto di compravendita di giocatori è stato niente meno che il giovane laziale Baldé Diao. Non stanno passando inosservate, in Catalogna, le convincenti prestazioni del senegalese con passaporto spagnolo nelle fila della squadra di Petkovic e tanto meno il suo primo gol in Serie A. Proprio la sua facilità di vedere la porta, unita alla stazza, negli anni del proficuo apprendistato nella prolifica cantera blaugrana, gli aveva regalato l’interessata attenzione della coppia Guardiola-Vilanova, che se l’erano portati in tournée in Qatar, salvo spedirlo in punizione al Cornellà, dopo uno scherzo innocente a un malcapitato, giovane compagno di stanza.
RIMPIANTI
– Ad alimentare i rimpianti dei tifosi catalani, la stessa caratteristica che aveva attratto lo sguardo di Pep e Tito: la forza d’urto e i chili in più rispetto agli altrettanto sguscianti Tello e Deulofeu, quest’ultimo mandato un anno a fare esperienza all’Everton. Non mancano, nel presente e nel prossimo futuro blaugrana, esterni offensivi di assoluto livello planetario, ma in una rosa in cui, portieri esclusi, solo Piqué, Busquets, Bartra e Song superano l’uno e ottanta, un elemento nella rosa con le caratteristiche e il marchio di fabbrica «Made in Barça» come Keita, avrebbe fatto comodo, molto comodo.





Mistero Anderson «Lazio, tranquilla non hai buttato i soldi» (Corriere della Sera – ed. locale)

Costato 9 milioni, Felipe non convince
Nel calcio «non è che più spendi e più vinci». Il teorico, Claudio Lotito, stavolta ha avuto un riscontro pratico alle sue parole: se Keita, 18enne arrivato a prezzi di saldo (circa 270 mila euro), è il nuovo fenomeno della Lazio, che dire di chi è costato quasi quaranta volte tanto? Nei piani Felipe Anderson doveva spaccare il mondo e le partite, talento 20enne allo stato puro uscito dalla nidiata del Santos di Neymar inseguito dal presidente biancoceleste per ben due sessioni di mercato, con tanto di trattativa thriller col fondo che aveva la proprietà del cartellino da 9 milioni. Invece il brasiliano vaga ancora nella Lazio in cerca di se stesso e di un posto al sole. Ora, poi, anche all’ombra di Keita.
Incompreso da Petkovic, che non è ancora riuscito a dargli un ruolo certo e che anche nella sfida decisiva di Parma l’ha tenuto in panchina, e incomprensibile agli occhi dei tifosi, che aspettavano Felipe come il nuovo messia per ascendere alla Champions e che invece adesso cominciano a chiedersi se è giusto credere in lui.«Le critiche? Ognuno ha il diritto di avere la sua opinione, non ci posso fare nulla – su semprepeixe.com.br le parole di Felipe Anderson -. Molti non capiscono i problemi della squadra, tante persone non riescono a capire che mi muovo molto in mezzo al campo. La mia posizione è quella, ma mi piace molto svariare».
In assenza di risposte dal campo, si va per indizi: lui si vede centrocampista, ma Petkovic lo ha spesso schierato sinistro d’attacco per dargli libertà di espressione. Il risultato è che la Lazio cresce e che Felipe Anderson rimane lì, prigioniero del suo pedigree da fenomeno in potenza. «La Lazio è come il Santos, un grande club – ancora il brasiliano -. Mi alleno bene, spero di avere la fiducia, l’affetto di tutti e di dare il massimo. Ringrazio il Santos, Dio non avrebbe potuto trovarmi un luogo più bello per diventare un grande calciatore».
Però, dopo tre mesi di anonimato, la domanda nasce spontanea: la Lazio ha buttato i soldi? Ancora troppo presto per dirlo. Perché un infortunio alla caviglia ne sta ritardando l’inserimento, ma si vede che Felipe la stoffa ce l’ha. E se al momento il soggetto è misterioso non resta che aspettare. Come suggerisce un altro fenomeno per ora solo potenziale, Vinicius, cioè l’unico in rosa che Petkovic non ha ancora svelato. «Quando le cose non accadono come vorremmo è perché sta per accadere meglio di quanto pensassimo», il tweet fiducioso del terzino brasiliano classe ‘93 come Felipe che, però, nei conti è più vicino a Keita, come lui preso a zero euro.
Dopo Parma, «Petko» ha capito che serve coraggio, il suo destino è legato ai baby talenti. Sennò? «Tornerei in Italia solo per allenare l’Inter o alla Lazio», dice Diego Pablo Simeone da Madrid. Ora, l’Inter ha Mazzarri ed è a posto per il prossimo triennio. E la Lazio?
Andrea Arzilli




Simeone: Lazio nel mio futuro (Corriere dello Sport)
Daniele  Rindone
ROMA – Il saluto di un vecchio amico: «Quali squadre potrei allenare in Italia in futuro? Lazio o Inter» . Basta che parli o saluti per far sognare. Lazio o Inter dopo l’Atletico Madrid. E’ l’urlo del Cholo, il sogno da cullare in futuro, la speranza da tenere accesa. Fantacalcio, dite? Può essere, chi lo sa? Simeone, l’idolo della Nord, l’ex campione biancoceleste, non ha dimenticato l’Italia. E’ diventato un allenatore di successo, non c’erano dubbi. Ha portato in orbita l’Atletico Madrid vincendo l’Europa League (2011-12), la Supercoppa Europea (2012) e la Coppa di Spagna (2012-13). E sta alle costole del Barcellona nell’attuale Liga, insegue a distanza di tre punti. Prima ancora s’era portato a casa due scudetti argentini (Apertura 2006 con l’Estudiantes e Clausura 2008 col River Plate).
LA CONFESSIONE –
Lazio e Inter, Inter e Lazio, prima o poi il Cholo tornerà. Le sue dichiarazioni sono rimbalzate dalla Spagna, Diego s’è confessato durante la trasmissione radiofonica «El Partido de las 12» della Cadena Cope. La fede è un dono inestimabile e Simeone non l’ha mai persa, è stato un capo naturale della Lazio, sanguigno e irriducibile. Quando sbarcò a Roma per affrontare i biancocelesti (febbraio 2012, Europa League) la sua felicità era ben visibile, lo travolse durante quel mezzo giro di campo fatto nel prepartita a cuore aperto. «Simeone, Simeone, Simeone» , cantava l’Olimpico. Quel tumulto d’emozioni stravolse anche un omone come il Cholo. Entrò in campo come ai vecchi tempi.
IL PASSATO –
Vecchio amico della Lazio, superman del centrocampo scudettato e pluridecorato, figurina storica del gol a Torino contro la Juve, è stato tutto questo Simeone da calciatore e anche di più. «E’ uno di noi» , dice da sempre la gente laziale. E’ un messaggio cantato, lo intona la Nord ogni volta che la Lazio è in crisi, i tifosi lo sceglierebbero subito come allenatore. E’ uno di loro, il Cholo. Nella notte di Lazio-Atletico Madrid (sedicesimi di andata di Europa League) l’argentino andò incontro al suo popolo: «E’ stato impressionante!» , disse Diego in tv prima di tuffarsi a capofitto in una delle sfide più difficili della sua carriera. Una sfida che non avrebbe mai voluto vivere, mise di fronte le squadre del suo cuore. Simeone fu accolto come una star, la gente laziale spera di avverare il sogno, di vederlo sulla panchina della Lazio. «Un giorno succederà, lo so, allenerò anche la Lazio» , disse Simeone lasciando l’Olimpico. E’ convinto, succederà. Ha fatto una promessa, tornerà a Roma. Quel patto sancito con i tifosi si rinnova di anno in anno, non lo annulla il tempo. Simeone sta stupendo la Liga, è uno degli allenatori più ambiti e più pagati d’Europa. L’Atletico l’ha blindato sino al 2017 perché il Cholo non ha regalato solo successi, ha consacrato uomini del calibro di Falcao e Diego Costa (solo per citarne due).
I NUMERI –
Il calcio è bello perché è imprevedibile. In passato, seppur velatamente, il suo nome è stato associato alla Lazio, magari Lotito qualche volta ci avrà pensato. Oggi il presidente è alle prese col caso Petkovic e in prospettiva non ha scelto a chi affidarsi. Simeone, vecchio amico e vecchio cuore laziale (120 presenze e 16 gol a Roma), è un sogno per il futuro. Un futuro forse lontano, ma bellissimo.
ù




Antonio «pupillo» del c.t. Prandelli «È un esempio» (Gazzetta dello Sport – ed. locale)

MASSIMO CECCHINI
Accarezzando la macchina da presa in puro stile francese, raccontava anni fa Claude Lelouche che «Ci sono dei giorni e delle lune». Giorni in cui la vita sembra andare per il verso giusto, anche se le lune non sono perfettamente allineate. Ebbene, probabilmente quello di ieri per Antonio Candreva deve essere stato uno di questi. La Lazio si sta immalinconendo nel ricordo della Coppa Italia del 26 maggio? Il presidente Lotito e l’allenatore Petkovic non sembrano più sulla stessa lunghezza d’onda? I tifosi paiono avere in uggia le prestazioni della squadra? Ebbene, surfando sull’onda della continuità, il centrocampista biancoceleste viaggia già in direzione Brasile, verso un Mondiale non necessariamente da comprimario. Ed a certificarlo non è uno qualsiasi, ma Cesare Prandelli.
Sfrontatezza
Il c.t. spiega a cosa gli servono amichevoli di prestigio come quelle in arrivo con Germania e Nigeria. «Io ho la necessità di capire se certi giocatori a certi livelli abbiano quella sicurezza e sfrontatezza che mostrano in campionato. Candreva, ad esempio, in Confederations Cup ha dimostrato anche in azzurro quella personalità, quella forza e quella tranquillità mentale che fa brillare settimanalmente in Serie A. Invece ad altri capita spesso che il giudizio per le partite fatte in campo internazionale non sia lo stesso rispetto a quelle di campionato». Per il laziale, quasi una investitura in piena regola, anche perché i posti liberi per ilMondiale non sono ormai tanti. Anzi. «Ho in testa 35 giocatori e di caselle vuote ce ne sono ancora,ma tutti si giocano 34 posti. Per questo molti devono essere stimolati dall’essere menzionati e dal far capire che come qualità in questa Nazionale ci possono stare. Ma le prestazioni non devono essere “una tantum”, occorre continuità. Il campionatomi ha detto che non ci sono novità,ma questo nonmi preoccupa. Abbiamo ancora 78mesi prima delMondiale, perciò responsabilizzo quelli che sto convocando».
Occasione
E visto che è già entrato nel cuore di Prandelli, ora Candreva sa bene che Germania e Nigeria per lui rappresentano il modo migliore per cementare il suo viaggio in Brasile, anche perché da qui alMondiale resterà al c.t. una sola amichevole per fare esperimenti. E neppure un test facile, visto che l’Italia giocherà in trasferta contro i campioni «di tutto» della Spagna. Perciò, meglio blindare le ambizioni nel prossimo fine settimana. In attesa, ovviamente, che la Lazio risorga dall’anonimato in cui si è incagliata. Prandelli, in fondo, per Candreva&Co. non aspetta altro.




Lotito-Hernanes: incontro (Corriere dello Sport)

di Daniele Rindone
ROMA – Uno (Hernanes) aspetta la chiamata, l’altro (Lotito) ha promesso di telefonare. Si sentiranno, si rivedranno, s’incontreranno. «Hernanes? Lo chiamerò quanto prima» , ha detto il presidente lunedì. La chiamata sarà intercontinentale, la riceverà Joseph Lee, il manager del Profeta. Il primo incontro avvenne a fine luglio, non portò alla firma. C’è distanza economica tra domanda e offerta, va colmata, è l’unico modo per trovare l’accordo. Hernanes ha il contratto sino al 2015, la Lazio deve risolvere il suo caso prima dell’estate (il giocatore sarebbe ad un anno dalla scadenza). Lotito non farà passare molto tempo, ha intenzione di convocare Lee a Roma, lo farà prima delle vacanze natalizie. Il procuratore di Hernanes aspetta il via libera per partire, con Lotito si lasciarono dicendosi «ci risentiamo nei prossimi mesi» . Tocca al presidente alzare la cornetta, erano questi gli accordi. Non è una trattativa semplice, il Profeta guadagna circa 1,5 milioni di euro, chiede un adeguamento sostanzioso. Fumata bianca o nera? Lotito non ha fatto previsioni, s’è limitato a dire: «Non mi fascio la testa prima di romperla, vedremo» . Hernanes era stato chiaro qualche giorno fa, aveva sfruttato la possibilità di parlare alla radio del club per lanciare un messaggio alla società: «Non faccio di testa mia. Non andrò mai a chiedere se mi rinnovano il contratto. Se vogliono che io resti qui, se merito un rinnovo di contratto, aspetto la chiamata della società per prolungare. Non vado a bussare. Faccio il mio lavoro. Se la società è contenta, mi chiama e ne parliamo. Per ora non ho avuto la possibilità di firmare un nuovo contratto. E poi manca un anno e mezzo alla scadenza» . Un anno e mezzo, la scadenza s’avvicina e le logiche che regolano i contratti impongono un’accelerazione, è il club che rischia di rimanere con un pugno di mosche in mano. Hernanes, a parole, ha sempre ribadito l’intenzione di resta, non ha mai certificato la sua volontà con i fatti. Fa il suo gioco, cura i suoi interessi, pretende un ritocco dell’ingaggio, pensa di meritarlo per quanto ha fatto in questi anni. Il primo incontro segnalò una distanza importante tra le parti. Joseph Lee si trova in Brasile, aspetta di essere convocato per entrare nel vivo della trattativa. Hernanes è in ritiro con la sua Nazionale, è tornato a parlare ieri. L’exploit della Roma ha creato pressione, l’ha ammesso: «Hanno fatto qualcosa di spettacolare - ha dichiarato il Profeta a Espn – sono tutti rimasti molto, molto impressionati. Se non fossero partiti così bene sicuramente ci sarebbe stata meno pressione su di noi. Ma visto che sono lì in cima la pressione si è raddoppiata. Dobbiamo ricominciare a vincere il prima possibile!» .
GOMIS –
Gennaio non è così lontano e iniziano a girare i primi nomi di mercato. Ieri è rispuntata la candidatura di Bafetimbi Gomis, attaccante franco-senegalese del Lione. Classe 1985, è in scadenza a giugno, da febbraio potrà firmare per qualsiasi squadra, anche la Roma ha pensato a lui. E’ un centravanti, sogna la riscossa. In carriera ha sofferto qualche problema fisico, vuole rilanciarsi. Il Lione vorrebbe cederlo nella prossima finestra di mercato per racimolare qualche soldo (non più di 2 milioni di euro). Gomis punta a liberarsi a scadenza. La società ha smentito l’interesse. Il diesse Tare di recente ha affermato che a gennaio non arriveranno attaccanti.

Si er papa te donasse tutta Roma
E te dicesse lassa anna’ chi t’ama
 je diresti:  Si sacra corona
Val piu’ l’opinione mia che tutta Roma

Vulgus veritatis pessimus interpres.
Lotito deve fa' come dico io (quito cit.)

Offline Cialtrone

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Re:L'edicola del 13 Novembre 2013
« Risposta #1 : Mercoledì 13 Novembre 2013, 08:55:38 »
Grazie Matita!

Offline DinoRaggio

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Re:L'edicola del 13 Novembre 2013
« Risposta #2 : Mercoledì 13 Novembre 2013, 10:10:30 »
«Vi racconto mio fratello» (Il Tempo)
Tobal svela i segreti del talento biancoceleste Keita «A 15 anni stupì Eto’o, ora vuole conquistare la Lazio»

Ora nella cantera c’è nostro fratello più piccolo, Mamadou junior(classe ’91)».
Classe '91?  :o

Il diesse Tare di recente ha affermato che a gennaio non arriveranno attaccanti.

 :(  :piange:

Grazie Matita! :)
E ra gisumin all'ùart!

La serie A è un torneo di limpidezza cristallina, gli arbitri non hanno alcunché contro la Lazio e si distingueranno per l'assoluta imparzialità, non ci saranno trattamenti di favore o a sfavore nei confronti di alcuno. Sarà un torneo di una regolarità esemplare. (19-8-2016)

Offline salasso

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Re:L'edicola del 13 Novembre 2013
« Risposta #3 : Mercoledì 13 Novembre 2013, 15:55:07 »
Classe '91?  :o

 :(  :piange:

Grazie Matita! :)

grazie Tare >:(
il lupo non potrà mai volare
all'altezza dell'aquila

Offline zorba

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Re:L'edicola del 13 Novembre 2013
« Risposta #4 : Giovedì 14 Novembre 2013, 06:45:24 »
Classe '91?  :o

 :(  :piange:

Probabile refuso. Forse classe 2001.
Là dove torneranno ad osare le aquile (e dal 26.05.2013, ci siamo andati un pò più vicino!!!!)