Autore Topic: 21.10.2013  (Letto 568 volte)

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Offline Matita

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21.10.2013
« : Lunedì 21 Ottobre 2013, 08:00:58 »
In Europa per il riscatto (Il Tempo)

Tanta la delusione, inevitabile. Cercava il riscatto la Lazio, dopo i pareggi col Sassuolo e la Fiorentina, era fondamentale la vittoria per rilanciare le ambizioni in campionato e non perdere troppo terreno. Torna a Roma da Bergamo con un nulla di fatto, ma guai a mollare la presa. I biancocelesti sono attesi dall’Apollon Limassol giovedì, l’Europa League chiede la concentrazione perduta con l’Atalanta.
Petkovic concede una giornata di riposo ai suoi, 24 ore per raccogliere le energie e cancellare le scorie della sconfitta. La ripresa domani a Formello, sarà il momento di pensare alle prove tattiche anti-ciprioti prima della partenza mercoledì per Nicosia. La difesa sarà quasi al completo, recuperati Novaretti e Pereirinha, proverà a stringere i denti anche Radu: il romeno ha bruciato i tempi, si sta lasciando alle spalle l’infortunio al ginocchio, giovedì vuole esserci. Petkovic potrebbe pensare al turnover, Ledesma vuole riprendersi la leadership in cabina di regia mentre ha scaldato i motori Klose. Il tecnico di Sarajevo gli ha concesso solo una decina di minuti con la Dea, ma intanto il tedesco si candida per una maglia da titolare con l’Apollon. Reclama spazio Ederson, proverà a guadagnarselo proprio in Europa. (Giorgia Baldinacci)

21 ottobre 2013

«Pagata a caro prezzo la voglia di vincere» (Il Tempo)

Insolita formazione, solita storia. La Lazio di Petkovic perde, e perde male. Il tecnico laziale si permette il lusso di lasciare contemporaneamente in panchina Klose, Candreva, Ledesma e Gonzalez per lasciar spazio ai giovani talenti acquistati nell’ultimo mercato. Il brasiliano Felipe Anderson viene bocciato dopo appena quarantacinque minuti, Perea – gol a parte – non fa nulla di significativo. In sala stampa il tecnico bosniaco difende le proprie scelte, senza troppa convinzione. «Candreva ha giocato nove partite in poche settimane – dichiara in sala stampa l’allenatore – ed è rimasto in campo quasi sempre per novanta minuti: dovevo fare un po’ di turn over». Turn over inspiegabile, considerando che c’è appena stata la sosta di campionato, e che proprio lo stesso Candreva in nazionale aveva giocato soltanto pochi minuti nella partita contro l’Armenia. Scelte sbagliate, piuttosto. Le valutazioni di inizio campionato sono state rinnegate appena sono uscite fuori le critiche per un mercato incompleto. E di colpo sono comparsi sul campo, quasi per incanto, tutti i nuovi giocatori a discapito di chi – Ledesma e Gonzalez in primis – aveva tenuto in piedi la squadra per tutta la passata stagione. «Si perde sempre in undici, mai individualmente – afferma il tecnico di Sarajevo chiudendosi sulla difensiva – a centrocampo abbiamo preso qualche rischio, nel centrocampo la squadra aveva migliorato il proprio rendimento, ma abbiamo pagato a caro prezzo l’errore commesso nel finale».
La Lazio è smarrita, priva di gioco e di convinzione. L’allenatore sottolinea la mancanza di determinazione dei suoi uomini. «In trasferta ci manca quella convinzione che siamo in grado di proporre all’Olimpico – afferma ancora Petkovic – ci vuole maggior coraggio e più convinzione. Tutti devono dare molto di più, dobbiamo crescere in generale». Il rendimento della Lazio in trasferta è mediocre: un pari e tre sconfitte nelle prime quattro sfide del campionato. «La squadra che ho messo in campo è la stessa che ha giocato contro la Fiorentina. Anche qui siamo stati leziosi, avremmo dovuto giocare con maggior concretezza. Abbiamo dominato la partita, e credevamo di poter vincere. Invece abbiamo pagato a caro prezzo questa nostra convinzione».
Ora la sfida di Europa League a Cipro, poi il Cagliari all’Olimpico e la trasferta contro il Milan. Tre esami per una panchina sempre più rovente.
Reja Ha allenato la Lazio dal 14 febbario 2010 fino al 2012 per due stagioni e mezzo. Conosce l’ambiente e la maggior parte dei caciatori biancocelelesti
Mihajlovic Ha giocato quasi 150 partite con la Lazio di cui è sempre rimasto tifoso. Al suo attivo uno scudetto e 4 coppe. Attualmente allena la nazionale della Serbia
De Biasi Allena l’Albania e quindi conosce benissimo Cana, Strakosha e Berisha, attuali giocatori della Lazio. È in ottimi rapporti con il diesse Tare (Simone Pieretti)



21 ottobre 2013

Edy o Sinisa le uniche alternative credibili (Il Tempo)

Cambiare o non cambiare, questo è il problema? Lotito riflette, ascolta tutti, poi deciderà. Linea morbida, aspettare ancora Petkovic che da febbraio, derby di Coppa Italia escluso, ne sta combinando di tutti i colori, oppure dare un taglio netto? Scelta difficile quella del presidente, solitamente restio agli esoneri. Ma il serio rischio di rivivere un Ballardini-bis, vale a dire una stagione da brivido per esagerato attendismo (quell’anno la B era dietro l’angolo e solo l’arrivo di Reja, seppure tardivo, salvò la barca che affondava), potrebbe consigliare Lotito a prendere una decisione immediata per quanto dolorosa.
I colossali errori di Petkovic nelle ultime gare meritano una riflessione anche perché la Lazio da febbraio sta disputando un 2013 da incubo, Coppa Italia esclusa. Nelle prime partite di campionato e coppa si è girato e rigirato senza sapere dove andare per citare una canzone, si sono provati 5-6 moduli, si sono spostati giocatori in posizioni controproducenti. Attenuanti? I tanti infortuni e la campagna acquisti deficitaria che ha portato pochi benefici a una squadra che aveva bisogno di rinforzi. Servivano un difensore di qualità e un attaccante di peso prima di andare a prendere un regista come Biglia (bravo) in una posizione del campo dove c’erano già Ledesma, Onazi, Hernanes e Gonzalez a giocarsi due maglie in mezzo al campo.
Ci si è incartati e ora ritrovare la via giusta non è facile, serve calma di sicuro ma sottovalutare i segnali imbarazzanti che la Lazio sta dando in questo primo scorcio di stagione potrebbe essere letale. Petko per ora non rischia, sarà in panchina a Cipro e contro il Cagliari, poi si deciderà. Le alternative sono tante ma affidarsi al buonsenso di Reja fino a giugno sarebbe una scelta condivisibile così come puntare su Sinisa Mihajlovic. Il tecnico serbo avrebbe l’effetto di un elettrochoc per tutto l’ambiente, i nostalgici degli anni migliori esulterebbero per avere ritrovato uno degli eroi dello scudetto del 2000. Edy, l’usato sicuro, o Sinisa, l’idea intrigante, sono ok, sempre che Vlado non riesca a continuare la sua avventura italiana e meno di sue improbabili dimissioni. (Luigi Salomone)

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Re:21.10.2013
« Risposta #1 : Lunedì 21 Ottobre 2013, 08:03:43 »
MARCHETTI 5 - Mette in angolo il piattone ravvicinato di Bonaventura. Parte in ritardo sulla sassata di Cigarini, il gol non è solo colpa sua. Momento sfortunato per Federico.
CAVANDA 5,5 – Il salvataggio sul pallonetto di Moralez equivale a un gol per la Lazio. Soffre le percussioni di Bonaventura e le discese di Del Grosso. In proiezione offensiva se la cava sino a quando, per stanchezza, esce male e permette a Cigarini di rubare palla a Onazi nell’azione decisiva della partita.
CIANI 6 – Può sembrare disordinato o poco elegante, ma spazza via ogni pallone e difende in modo efficace. Sul contropiede di Denis il francese non ha colpe.
CANA 6 – Stesso discorso di Ciani. Nel cuore della ripresa diventa un gigante, Denis spesso gli rimbalza e gli frana addosso. Sul contropiede fatale la linea arretrata è tradita da Lulic, che tiene in gioco l’argentino.
LULIC 6 – Sino al gol di Denis sarebbe il migliore in campo della Lazio. Difende e attacca, è sua tutta la fascia sinistra. Scodella il cross da cui nasce il pareggio di Perea, macina chilometri. Nel finale non è attento e paga la stanchezza. Il 4-3-3 lo costringe al doppio lavoro.
ONAZI 5,5 – Nel primo tempo a volte ruba la regia a Biglia, nella ripresa il nigeriano arriva primo su ogni pallone. Purtroppo viene anticipato da Cigarini e crolla a terra su quello decisivo prima che Denis castighi in contropiede la Lazio.
BIGLIA 5,5 – L’argentino funziona a fasi alterne, ci mette qualche minuto a prendere le misure e in pugno il centrocampo, poi sale e spesso va anche a cercare il tiro. La sensazione: il vero dualismo è con Hernanes, non con Ledesma.
HERNANES 4,5 – Il Profeta scivola sempre più giù in una crisi senza fine, non solo perché sul campo bagnato di Bergamo è difficile stare in piedi. Primo tempo da incubo, regala diversi palloni all’Atalanta e si fa una bella dormita su Cigarini: non accorcia e non va a contrastarlo in occasione del gol. Appena meglio nella ripresa. Nel finale lascia il posto a Klose, che cammina più di lui.
FLOCCARI 5,5 – I tifosi dell’Atalanta lo accolgono come un re. Si muove molto, ma neppure lui si rende conto da che parte è meglio andare. Il tridente del primo tempo non ha una logica tattica. Suo l’unico tiro pericoloso.
KEITA (24’ st) 6 – Forse non è la partita giusta per lanciarlo, ma il ragazzo spagnolo risponde a Petkovic allargando con personalità il fronte d’attacco. Spunti interessanti e un bel cross. Pecca d’egoismo quando si accentra e cerca a tutti i costi il tiro invece dell’assist.
PEREA 7 – E’ un piacere vederlo e misurarne la crescita ad ogni partita. Questa volta impreziosisce il suo movimento con il primo gol della carriera in Italia. Non è bello, ma efficace. Dà una spallata a Del Grosso, ruba il tempo a Lucchini e di punta beffa Consigli.
FELIPE ANDERSON 5,5 – Finisce nell’imbuto costruito da Colantuono, non ha spazio per accelerare, ma la qualità si vede in alcune giocate. La sostituzione è tattica, forse non doveva uscire lui.
CANDREVA (1’ st) 5,5 – Il suo ingresso restituisce ampiezza alla manovra. Ma la prestazione non è ai suoi livelli. Ha giocato molto, ora paga la stanchezza e la preparazione saltata in estate.
PETKOVIC (all.) 5 – Sembra aver preso la china del passato campionato, in trasferta perde regolarmente e non tira in porta. Tocca all’allenatore trasferire mentalità vincente e cattiveria alla squadra… (Fabrizio Patania)


21 ottobre 2013
Il 4-3-3 strada giusta ma con il Profeta non c’è dinamismo (Corriere dello Sport)

Nel cantiere aperto di Formello, procedendo ogni volta negli esperimenti, è sempre più complicato individuare la strada giusta. Dentro la sconfitta con l’Atalanta, ci sono alcuni spunti positivi su cui Petkovic dovrà lavorare, facendo tesoro dell’esperienza passata. Nell’estate 2012, quando era arrivato alla Lazio, quel suo passo «verso la squadra» si rivelò determinante per un gruppo abituato a misurarsi sulla tattica e attendista sul campo. Nacque dal confronto la formula del 4-5-1. Oggi Vlado sta perdendo una partita dietro l’altra inseguendo il suo modello di calcio virtuoso, fatto di pressing alto, di diagonali e di recupero veloce del pallone, tenendo la linea difensiva scoperta.
Per buona parte dei novanta minuti, la Lazio ha controllato la partita senza creare vere occasioni da gol, a parte il guizzo di Perea. Il tridente pesante non ha funzionato, perché non si sfruttavano le fasce, presidiate benissimo da Colantuono. Per il 4-3-3 servono attaccanti esterni che sappiano puntare l’uomo e creare la superiorità numerica, aiutando anche nella fase difensiva. Felipe Anderson, Perea e Floccari provavano a scambiarsi le posizioni e il ruolo di centravanti: si sono solo pestati i piedi. Cavanda e Lulic dovevano salire e non venivano sostenuti quando l’Atalanta attaccava. Molto meglio con l’ingresso di Candreva e Keita: tenendo una posizione più defilata, davano ampiezza alla manovra e offrivano i raddoppi ai terzini. La Lazio, nella prima mezz’ora del secondo tempo e prima di passare a uno scellerato 4-2-4, è piaciuta. Mancava l’acuto negli ultimi trenta metri, ma la squadra recuperava in fretta il pallone e teneva bene il campo, accorciando le distanze tra i reparti. Biglia si muove più di Ledesma ed è il play giusto per un calcio offensivo. Ai suoi fianchi servirebbero due cursori. Onazi di sicuro, forse anche Gonzalez. Hernanes fatica. Non è quel tipo di giocatore e non lo diventerà mai. Così diventa un lusso insopportabile e produce squilibri al centrocampo. Bisogna uscire in fretta dagli equivoci. (f.p.)


La voglia di vincere punisce la Lazio (Corriere dello Sport)

Ha vinto Colantuono con merito. Calcio pratico, essenziale, efficace. Ha perso Petkovic, smarrito in un labirinto di incertezze. Nel gol decisivo di Denis, contropiede pazzesco a sei minuti dalla fine, tenuto in gioco da Lulic e libero di fuggire davanti a Marchetti, non c’è solo l’episodio, ma si nasconde il confine tra il coraggio e l’incoscienza. L’ansia del risultato e la voglia di vincere ad ogni costo hanno tradito il tecnico di Sarajevo. Ha messo dentro Klose e ha tolto Hernanes, sguarnendo il centrocampo. La Lazio, che aveva avuto la forza di rimontare e di prendere il controllo della partita, s’è gettata in avanti nell’ultimo quarto d’ora con un improbabile 4-2-4. I primi due cambi (Candreva per Felipe Anderson dopo l’intervallo e Keita per Floccari) erano stati indovinati, perché avevano permesso alla squadra biancoceleste di allargare il fronte d’attacco e accerchiare l’Atalanta sulle corsie esterne. La terza sostituzione no, perché il gol di Denis è arrivato dopo aver rischiato un paio di ripartenze pericolose e perché alcuni giocatori, su tutti Lulic, erano in chiaro debito d’ossigeno. Proprio il bosniaco, terzino e ala sinistra per ottanta minuti, non ha avuto la forza e l’attenzione per restare in linea con Cana e Ciani, saliti per mettere in fuorigioco Denis, nell’azione decisiva della partita. E’ crollato per stanchezza, non aveva più le gambe. Come Cavanda, uscito male dalla difesa. Ha servito ancora peggio Onazi, che ha perso palla a centrocampo, favorendo il contropiede ispirato da Cigarini, abilissimo a lanciare l’argentino in profondità, scattato in posizione regolare.
DERIVA – La Lazio ha perso proprio quando annusava il colpo che le avrebbe consentito di interrompere la serie negativa lontano dall’Olimpico: solo una vittoria in 14 partite esterne nel 2013, tre sconfitte su quattro dall’inizio del campionato. Petkovic, che prosegue sulla china pericolosa del girone di ritorno della passata stagione, dovrebbe cominciare a interrogarsi. Non gli si poteva chiedere di lottare per lo scudetto, ma neppure ha una squadra da ottavo posto, come dice oggi la classifica. E sta ancora cercando un’identità precisa. L’Atalanta, tornata alle antiche certezze del 4-4-1-1, vola. Terza vittoria consecutiva e sorpasso sulla Lazio.
PRESSIONE STERILE - Petkovic ha inizialmente rinunciato a Candreva e ha puntato sul tridente pesante formato da Felipe Anderson, Perea e Floccari. Un fantasista e due punte vere. L’obiettivo era creare imprevedibilità con il movimento e lo scambio frequente di ruoli. In realtà i tre si sono spesso pestati i piedi e così la manovra della Lazio si è imbottigliata al centro. Lulic e Cavanda erano costretti a salire per accompagnare il gioco, davanti non si trovavano sbocchi. Possesso palla e pressione sterile, 6 angoli a 2 per l’Atalanta (alla fine il conto salirà a 8-2), che si raccoglieva tutta a protezione della difesa. Undici giocatori dietro alla linea della palla, ma anche pronti a mordere appena si liberava lo spazio e fisicamente più forti nel corpo a corpo. Zero occasioni prodotte dalla Lazio, a parte un tiro a lato di Floccari. E’ bastato ai padroni di casa alzare il ritmo per passare in vantaggio. Una fiammata di cinque minuti in cui la squadra di Petkovic sembrava impotente e inerte. Parata di Marchetti su Bonaventura al 37′, salvataggio di Cavanda sulla linea per respingere il pallonetto di Moralez tre minuti più tardi e al 42′ la sberla di Cigarini dai venti metri senza che Hernanes e Biglia riuscissero a contrastarlo al tiro.
REAZIONE – Dopo l’intervallo Petkovic ha inserito Candreva e ha tolto Felipe Anderson, ancora senza il ritmo giusto (e neppure la posizione) per incidere. Il tridente è diventato più logico. E Perea ha acciuffato il pareggio, firmando il suo primo gol italiano. Sul cross di Lulic, il ragazzo colombiano è stato bravo a infilarsi tra Del Grosso e Lucchini e ha messo dentro. Poteva essere il gol della svolta. La Lazio ha preso in pugno la partita, ma non ha avuto la cattiveria e l’intuizione giusta per creare i presupposti del raddoppio. Ci ha provato solo Hernanes da lontano e su punizione. Petkovic ha tentato di sfondare sulla fascia sinistra inserendo Keita al posto di Floccari. Mossa giusta. Dietro Cana e Ciani tenevano a freno Denis, vivacissimo su ogni pallone. Si giocava sul filo dell’equilibrio ma l’ingresso di Klose, invece di un centrocampista come Gonzalez o Ledesma, lo ha rotto in favore dell’Atalanta. Linea mediana slabbrata, squadra sbilanciata e il gol partita di Denis. La morale: se non riesci a tirare in porta, non vinci. E se hai troppo coraggio, smarrendo l’equilibrio tattico, nel campionato italiano finisci per perdere… (Fabrizio Patania)
21 ottobre 2013
Petkovic in bilico. Due gare per salvarsi (Il Tempo)

Un’altra sconfitta, la terza nelle prime otto partite di campionato. Un’altra prestazione deludente in trasferta, dopo l’inatteso pareggio con il Sassuolo. E un altro lungo confronto negli spogliatoi, l’ennesimo. Protagonisti il direttore sportivo Igli Tare e il tecnico Vladimir Petkovic, tornato in discussione dopo il passo falso sul campo dell’Atalanta.
La posizione della società è chiara ed è stata ribadita a distanza dal presidente Lotito, lontano dalla Lazio per seguire la Salernitana: Petkovic non si tocca. Almeno per ora. Il numero uno biancoceleste resta dalla parte dell’allenatore, così come il ds Tare, ma la fiducia non sarà illimitata. In altre parole, accolto con favore il nuovo progetto giovani sposato da Petkovic solo dopo la delusione con il Sassuolo, ora la società attende, o meglio pretende risposte concrete anche in termini di risultati.
Risposte concrete ed immediate. Le prove d’appello sono terminate, la buona volontà non basta: contro Apollon e Cagliari Petkovic deve portare a casa due vittorie, a qualunque costo. Per il morale, le rispettive classifiche, ma soprattutto per salvare la panchina. Perché la società non lo dice, ma sta già vagliando le possibili alternative al tecnico di Sarajevo, a partire dall’usato sicuro Reja, passando per le ipotesi De Biasi (nome gradito da Tare) e Bollini (allenatore della Primavera) per finire con l’affascinante idea Mihajlovic, mentre sul web i tifosi sognano l’impraticabile Nesta, appena ritiratosi dal calcio giocato.
Per ora sono soltanto ipotesi, ma Petkovic non può stare tranquillo. Perché Lotito e Tare, com’è comprensibile, non sono affatto soddisfatti da questa Lazio. Il direttore sportivo si è confrontato a lungo con il tecnico, un colloquio durato 40 minuti. Il presidente, tornato da Salerno in serata, lo farà al più presto. Perché crede ancora nel proprio tecnico, ma vuole capire cosa sta succedendo: lo scorso anno, dopo 8 giornate di campionato, la Lazio aveva già messo da parte 18 punti; quest’anno sono appena 11, ben 7 in meno.
Nonostante le osservazioni del presidente («Abbiamo costruito una squadra con 22 titolari»), quest’anno la rosa a disposizione di Petkovic sembra meno competitiva della scorsa stagione, con Mauri fuori gioco per il calcioscommesse, Klose proiettato verso il Mondiale e una difesa in piena trasformazione per l’età avanzata degli ex titolari Biava e Dias. Una situazione chiara al tecnico di Sarajevo – stanco per le accuse della società, tanto da pensare addirittura alle dimissioni – e riconosciuta anche da Tare: «È un anno di transizione – ha spiegato il ds – i giovani non possono fare la differenza, ma sono competitivi. Spero possano diventare importanti molto presto». Questa – e non la Champions sbandierata a inizio stagione – è la vera missione affidata a Vladimir Petkovic. Ma il tecnico bosniaco deve affrettare i tempi: la panchina traballa. (Daniele Palizzotto)
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Re:21.10.2013
« Risposta #2 : Lunedì 21 Ottobre 2013, 08:06:41 »
21 ottobre 2013
Difesa incapace e assenza di gioco in campo soli passaggi orizzontali (La Repubblica ed. Roma)

Più che commentare la partita vorrei lanciare una serie di messaggi. Il messaggio che vorrei mandare ai tifosi della Lazio è: tranquilli ci salviamo. Poi messaggio alla società: grazie della difesa che ci ha messo a disposizione. Infine il messaggio all’allenatore: grazie per il non gioco. Io a novembre avrò 59 anni, eppure se mi allenassi potrei giocare anche io se i passaggi dei nostri centrocampisti devono essere tutti orizzontali. Il gol in contropiede di Denis è l’esempio di quello che non sappiamo fare in difesa. In attacco mi è sembrato che in pochi sapessero quello che dovevano fare. Poi il nulla. Ultima cosa: decidiamo cosa dobbiamo fare di Hernanes perché non possiamo più permetterci di avere un giocatore come lui a mezzo servizio. (vincenzo d’amico)

21 ottobre 2013
Il tecnico: «Tutti uniti per ripartire» (Corriere dello Sport)

Il «mal di trasferta» continua a tormentare la Lazio di Petkovic. Qui a Bergamo il tecnico bosniaco ha collezionato la terza sconfitta in questo campionato (bisogna poi aggiungere il rocambolesco pareggio contro il Sassuolo con gli emiliani in rimonta da 0-2 a 2-2), nonostante il tentativo di Petkovic di vincere la partita affidandosi a uno spregiudicato ma poco concreto 4-2-4. A fine gara l’atmosfera nello spogliatoio biancoceleste era abbastanza pesante. L’allenatore s’è presentato in conferenza stampa con un po’ di ritardo. Petkovic aveva il volto scuro: «Peccato, abbiamo dominato controllando per lunghi tratti la partita, ma torniamo a casa con una sconfitta – ha esordito – Ci è mancata la giusta convinzione. Abbiamo pagato a caro prezzo i nostri errori, soprattutto sul secondo gol (Denis; ndi) che abbiamo subito» .
MISTERO - Ma qual è il vero problema di questa Lazio quando si allontana dalle mura amiche? «Fuori casa non abbiamo lo stesso coraggio che mettiamo quando siamo all’Olimpico. Ne sono convinto: siamo stati competitivi, mantenendo un importante possesso palla, ma siamo stati troppo sterili, troppo leziosi. Credevamo di poter vincere ma abbiamo pagato cara questa convinzione. I 4 attaccanti nel finale? L’Atalanta si era rinforzata a centrocampo. Ha avuto paura di noi. Se non fosse stato per quell’errore sul secondo gol avremmo potuto anche vincere la partita» . Petkovic ha subito sollecitato una pronta reazione da pate dei suoi giocatori: «Adesso chiedo a tutti il dovuto coraggio e la necessaria convinzione per ripartire» .
ANALISI - Petkovic ha una certezza ben precisa per spiegare la negatività di certi risultati: «Paghiamo qualche ingenuità in difesa. Volevamo vincere, ci abbiamo creduto. Nel primo tempo mancava concretezza, ma nella ripresa siamo partiti bene» . Cosa è successo? La Lazio a un certo punto sembrava sicura del risultato di parità. Petkovic ha cercato di vincere la gara con 4 giocatori offensivi in campo. Colantuono si è protetto addirittura con un centrocampo a 5 per evitare, a suo dire, una vera e propria beffa. «Abbiamo pagato caro un errore evitabile che ha favorito il
secondo gol di Denis – ha confessato Petkovic – «Contro queste squadre che si chiudono bene è necessario verticalizzare con maggiore velocità. Nella ripresa abbiamo aumentato il ritmo e s’è vista una Lazio migliore» .
AUTOCRITICA - Il tecnico non vuole piangersi addosso. È convinto che la stessa Lazio sia anche causa in questo momento del suo destino: «La classifica non ci dà ragione, siamo dove meritiamo. Dobbiamo dare di più ed essere più convinti e concreti pertcè continuiamo a essere penalizzati a ogni minimo errore» . Le colpe vanno spalmate e suddivise su tutti, nessuno escluso. «Tutti devono dare un po’ di più, si perde tutti insieme, non ci sono individualità da colpire in questi momenti - ha ammesso Petkovic – Dobbiamo crescere dal punto di vista corale. Anche contro l’Atalanta ci abbiamo provato. La nostra squadra era la stessa messa in campo contro la Fiorentina (0-0 all’Olimpico; ndi). Abbiamo ancora una volta dominato, ma senza dare la giusta concretezza ai nostri sforzi. Complimenti ai nostri avversari, hanno difeso bene, hanno aspettato la nostra ingenuità che purtroppo è arrivata» .
CANDREVA - L’azzurro è subentrato nella ripresa per Felipe Anderson. Non sarebbe stato meglio gettarlo nella mischia da subito, considerata l’alto coefficiente di rischio di questa partita contro l’Atalanta? Petkovic aveva previsto tutto, anche perchè pur subentrando a partita in corso è apparso prezioso come scelta tattica ma il suo rendimento non è stato efficace: «Candreva ha sempre disputato le ultime partite, gli serviva un po’ di riposo. Un piccolo “turnover” dovevo farlo» . (Furio Fedele)


ottobre 2013
E i tifosi lasciano il settore ospiti (Corriere dello Sport)

Sotto la curva non li hanno voluti. «Via, andiamo via» , si son detti i tifosi. Se ne sono andati quando hanno visto Marchetti e alcuni compagni avvicinarsi, hanno lasciato il settore ospiti dello stadio di Bergamo, non hanno degnato la Lazio di un saluto, non hanno ricambiato l’applauso di ringraziamento, non era meritato. Sotto la curva c’erano solo alcuni giocatori ieri pomeriggio, sono rimasti lì, senza sorrisi, senza raccogliere nulla, senza sentirsi considerati. L’amore dà, l’amore toglie. I laziali si sono sentiti offesi, traditi. Hanno percorso chilometri su chilometri, sono partiti all’alba per raggiungere Bergamo, per assistere al match anticipato. E come regalo cosa hanno ricevuto? Due pappine, non le hanno gradite e digerite. Sotto la curva c’era ed è rimasto un manipolo di uomini abbandonato a se stesso. «Andiamo via» , la scena s’è materializzata dopo il 90’. I duecento supporter laziali, col cuore pesante, hanno manifestato dissenso e amarezza con un gesto clamoroso, profondo, non sarà stato facile girare le spalle alla Lazio. Era necessario per scuoterla, l’hanno fatto per dare una scossa, per avere una reazione. Il popolo biancoceleste non ha mai lasciato la sua squadra da sola, nei fatti non lo farà mai. Ieri il popolo della Lazio s’è sentito in dovere di agire in quel modo, era sofferente, si sentiva schiacciato dal peso dell’ennesima sconfitta, da una classifica deludente e che ha lanciato in vetta la Roma. Com’è cambiato il mondo in pochi mesi: la Coppa Italia aveva generato entusiasmo, aveva riacceso la passione, aveva costruito nuovi sogni. Oggi, cinque mesi dopo, non si ride più, gli sfottò post Coppa Italia restano (immortali), ma le preoccupazioni esistono, le delusioni sono cocenti.
CONTRO LA SQUADRA – La protesta è cambiata, quella di ieri non è scoppiata nei confronti della società, dei dirigenti, di Lotito. No, il trattamento più duro e crudo è stato riservato alla squadra, ai giocatori. Sono finiti loro nel mirino, nel vortice delle accuse, al centro della contestazione. Non accadeva da tempo. «Andiamo via» , dicevano alcuni tifosi gesticolando, invitando gli altri ad abbandonare il settore ospiti. Quell’invito è stato seguito alla lettera, lo spicchio di curva riservato ai biancocelesti s’è svuotato mentre una parte della squadra andava incontro alla gente. Marchetti e compagni a un certo punto si sono fermati, non s’aspettavano una reazione simile, sembravano di ghiaccio. Hanno alzato le braccia al cielo comunque, hanno salutato pur non ricevendo l’applauso di consolazione. Nessuna giustificazione, nessun alibi, la sconfitta di Bergamo non è concepibile, è arrivata quando la rimonta era stata assaporata e il ribaltone sembrava possibile. E invece niente, è finita male la domenica della ripresa, la domenica che avrebbe dovuto rilanciare la Lazio, quella che avrebbe dovuto dare il via ad un ciclo vincente, capace di risollevare le sorti della squadra in classifica. I tifosi laziali chiedono rispetto e una squadra vincente, orgogliosa, determinata. I tifosi laziali sono stufi di tornare a casa sconfitti, sono stufi di fare sacrifici senza raccogliere neppure una gioia. C’erano a Bergamo nonostante l’orario infelice e le difficoltà (per non parlare dei costi…) affrontate per organizzare la trasferta. Sono ovunque i laziali, non si fanno fermare da niente e nessuno, ma pretendono rispetto. Non l’hanno avuto e hanno ripagato la Lazio con la stessa moneta. (d.r.)

21 ottobre 2013
Atalanta a tutta velocità scavalca una brutta Lazio (La Repubblica)

Centosei di questi giorni, cara Atalanta. I bergamaschi festeggiano la fondazione (17 ottobre 1907) prima distribuendo ai tifosi dei cartoncini nerazzurri che colorano lo stadio, poi con la terza vittoria di fila e il 7° posto, «ma il nostro obiettivo è sempre guardare bene la classifica, stando attenti che quelle dietro non ci raggiungano», fa esercizio di umiltà Colantuono.
Intanto però sorpassa – e con pieno merito – proprio l’avversaria di ieri, la Lazio, che galleggia mesta a metà classifica. Ovvio, per com’è a pezzi. Candreva e Klose entrano solo nel 2° tempo, uno per scelta tecnica («dovevo fare turn-over», spiega Petkovic), l’altro recuperato da un infortunio. Ledesma resta in panchina, frenato dall’influenza, e al suo posto Biglia in regia non fa mai un passaggio più lungo di dieci metri. E poi Hernanes, in campo ma per modo di dire. Coi quattro migliori a mezzo servizio, la Lazio perde moltissimo, partita compresa. Prestazione disarmante: ora la società riflette su Petkovic che per la prima volta in due anni va considerato in discussione.
Certo, il gol decisivo, di Denis, arriva sul finire e nel momento migliore dei biancazzurri. Ma è colpa loro, cioè di Ciani, che tiene in gioco l’argentino (bravissimo a dribblare Marchetti) su lancio di Cigarini. «Un errore che non possiamo fare», dice Petkovic, omettendo di notare che certi errori vengono facili con una squadra squilibrata come quella che aveva disegnato nel finale a furia di immettere punte. Equilibratissima invece l’Atalanta, grintosa, essenziale e veloce, con talenti come Bonaventura, Moralez e soprattutto Cigarini. Che ci mette il cervello, con l’assist a Denis, il piede col gol dell’1-0, un astuto tirodal limite nell’angolo basso, ed entrambi al 38’ quando mette davanti alla porta Maxi Moralez (38’), il cui scavetto fa fare a Cavanda una perfetta imitazione del De Rossi di venerdì, nel senso del salvataggio sulla linea.
Pur leggera in avanti (Felipe Anderson è impalpabile, Floccari è applaudito più dai tifosi atalantini, come ex, che dai suoi), la Lazio aveva pareggiato con Perea (non male il colombiano, al primo gol), su errata diagonale di Del Grosso e pisolino di Lucchini. Da lì in poi la Lazio gioca meglio, attacca ma è lenta, e i contropiedi dell’Atalanta sono pungenti. Fino alla puntura decisiva di Denis. (luigi bolognini)
21 ottobre 2013
Petkovic, la panchina a rischio e lui pensa alle dimissioni (La Repubblica ed. Roma)

La fortuna beffa gli audaci. Stavolta Petkovic osa troppo e l’Atalanta lo punisce. Letale la mossa al 79’: fuori Hernanes, dentro Klose e il modulo diventa uno sbilanciatissimo 4-2-4 con Candreva, il tedesco, Perea e Keita in avanti. Azzardo pagato caro: Denis segna il 2-1 e apre la crisi della Lazio. Nelle ultime quattro gare, tre pari e questo ko. E il mal di trasferta fa paura: in campionato solo una vittoria nelle ultime 14. Già il tridente iniziale aveva lasciato perplessi: in panchina Candreva, Klose e Ederson, in campo Felipe Anderson (nullo), Perea (unica nota lieta, il suo primo gol) e Floccari (evanescente). La Lazio era troppo vecchia, ora si esagera con i giovani. E Petkovic rischia di “perdere” uomini importanti come Ledesma, Gonzalez, Ederson.
Così la panchina del guru di Sarajevo mostra le prime crepe, perché è vero che i dirigenti ne condividono certe scelte, ma di sicuro non quella del modulo suicida visto dal 79’. Sempre più arrabbiato Lotito: dopo la partita ha telefonato all’allenatore, e non per fargli icomplimenti. La società è vigile: decisive le prossime due partite, con Apollon e Cagliari. In assenza di segnali di ripresa, non si possono escludere soluzioni clamorose: troppa confusione su uomini e moduli, il tecnico ora è in discussione. «Ci devo parlare», dice Lotito. In serata voci sulle possibili dimissioni di Petkovic. E rispunta Reja, che ha ancora un buon rapporto con il presidente. In ballo anche Mihajlovic e De Biasi.
La delusione di Petkovic: «Paghiamo caro ogni errore. Sul secondo gol abbiamo perso palla (Cavanda, come nell’azione che portò alla prima rete del Sassuolo,
ndr),siamo stati ingenui». E segnala i soliti difetti: «Serve più rapidità nel verticalizzare. Siamo stati leziosi e sterili». La Lazio ha solo 11 punti, 7 meno dello scorso anno: «In trasferta la squadra non ha il coraggio che mostra all’Olimpico ». Primo gol amaro per Perea: «Importante per la fiducia, ma abbiamo perso e purtroppo è questo che conta». Già. (giulio cardone)
Si er papa te donasse tutta Roma
E te dicesse lassa anna’ chi t’ama
 je diresti:  Si sacra corona
Val piu’ l’opinione mia che tutta Roma

Vulgus veritatis pessimus interpres.
Lotito deve fa' come dico io (quito cit.)

ThomasDoll

Re:21.10.2013
« Risposta #3 : Lunedì 21 Ottobre 2013, 08:11:08 »
Edy Reja ha compiuto 68 anni dieci giorni fa e Mihajlovic ha un contratto con la nazionale serba. Che accidenti sarebbe il "buonsenso" di Reja? Perché, a Petkovic manca il "buonsenso"? Credevo occorresse altro per allenare una squadra importante.

Offline Fabio70rm

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Re:21.10.2013
« Risposta #4 : Lunedì 21 Ottobre 2013, 08:42:21 »
A parte il solito "de profundis" non vedo suggerimenti validi in questi articoli.

Noto invece un pessimismo gigantesco.
Polisportiva SS LAZIO, l'unica squadra a Roma che vince invece di chiacchierare!!