Autore Topic: L'alba livida: 50 anni fa  (Letto 1193 volte)

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baol

L'alba livida: 50 anni fa
« : Mercoledì 9 Ottobre 2013, 09:03:31 »
E' passato mezzo secolo da uno tra i più evitabili disastri della nostra storia recente.
Esemplare dimostrazione del tributo da pagare quando avidità, connivenza ed omertà fanno sistema.






Giglic

Re:L'alba livida: 50 anni fa
« Risposta #1 : Mercoledì 9 Ottobre 2013, 09:05:33 »
Grazie, baol.

Offline BobLovati

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Re:L'alba livida: 50 anni fa
« Risposta #2 : Mercoledì 9 Ottobre 2013, 11:31:48 »
sui banchi di scuola ( IIº Classico ) i professori chiesero se volevamo fare un omaggio alle vittime scrivendo qualcosa in merito.

Uno dei giorni più tristi dei tanti passati sui banchi di scuola   :(

Qualche anno dopo, passando di lì, vidi la diga, i monti e la orribile spianata che ricordava dove prima c´era un paese con circa 4-5.000 abitanti; lì vicino, 500 mt. più avanti il nuovo Longarone.
Brividi
Laziale, Ducatista e fiumarolo

Siamo noi fortunati ad essere della Lazio, non la Lazio ad avere noi

“LA MOGLIE DI CESARE DEVE NON SOLO ESSERE ONESTA, MA ANCHE SEMBRARE ONESTA.”

Eagle70

Re:L'alba livida: 50 anni fa
« Risposta #3 : Mercoledì 9 Ottobre 2013, 13:25:53 »
ho letto il libro della Merlin.
ho visto il film di Martinelli e il monologo di Paolini.
tristezza assoluta.

Zapruder

Re:L'alba livida: 50 anni fa
« Risposta #4 : Giovedì 10 Ottobre 2013, 15:05:54 »
L'obiettivo di un imprenditore è il profitto.

Per questo, lo Stato si è riservato il ruolo di controllore, e arbitro.

Ruolo che invece non era nelle condizioni di poter esercitare, in quella storia. Perché molti arbitri in realtà indossavano la maglia dell'imprenditore, e altri erano troppo delegittimati per poter intervenire.

Per chi doveva tutelare il profitto, la rinuncia a un simile progetto era una catastrofe, sotto ogni aspetto. E si cercò, fino all'ultimo momento, di "gestire in proprio" la situazione.

Uno Stato forte, invece, è in grado di sopportare il peso economico e sociale di una rinuncia. Uno Stato forte avrebbe deciso che il progetto doveva essere abbandonato. Ma lo Stato era tutt'altro che forte.

Ricordiamoci di tutto questo, quando sconfessiamo gli "arbitri". In qualsiasi ambito.

Offline Er Matador

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Re:L'alba livida: 50 anni fa
« Risposta #5 : Venerdì 11 Ottobre 2013, 02:07:43 »
Una domanda per chi ha competenze più tecniche delle mie al riguardo: era possibile conciliare il profitto di un Paese nella fase cruciale della sua crescita con la decenza e il rispetto della vita umana?
Ad esempio, era possibile costruire altrove una diga del genere?
Su una cosa ho maturato delle certezze: si può sostenere seguendo la logica, sia pure a prezzo di un cinismo intollerabile, che Longarone i paesi limitrofi andassero sacrificati sull'altare di un'opera in grado di spalancare - sempre se ho capito bene - le porte di incarichi all'estero e profitti vitali per il boom in corso.
Non si può sostenere che quei circa 2000 morti - il loro numero non è mai stato calcolato esattamente, e anche questo particolare la dice lunga - fossero inevitabili: perché c'era tutto il tempo di evacuarli dalle aree a rischio, privandoli di ogni avere ma non della vita e degli affetti più cari.
Neppure questo fu fatto, e sulla connotazione criminale di una negligenza così ignobile credo rimangano pochi dubbi.

Offline benvolio

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Re:L'alba livida: 50 anni fa
« Risposta #6 : Venerdì 11 Ottobre 2013, 07:42:04 »
Nel film e nel teatro epico di Paolini viene illustrata fino in fondo l'assurda negligenza che e' criminale di molte autorita' e l'opportunismo bieco, che e' doppiamente criminale, di chi fu addetto ai lavori, ai collaudi ed alle verifiche. L'orrore dei momenti in cui la valanga d'acqua travolge la valle e quello del momento in cui il rimabalzo risale fino ad Erto e Casso sono stati ampiamente descritti. Ci sono voluti circa venti anni affinche' si facesse un po' di giustizia e verita'. E quanti furono i morti esattamente fu difficile determinarlo. Ecco la riflessione di Er Matador e cioe' il rapporto fra etica, politica e affari continua in Italia ad essere piu' che aperta. Nonostante il Vajont, Stava, le alluvioni ecc..ecc... ecc...., diceva Gaber.

Zapruder

Re:L'alba livida: 50 anni fa
« Risposta #7 : Venerdì 11 Ottobre 2013, 08:19:54 »
C'è da dire, Matador, che le modalità di caduta della frana, in particolare la velocità, furono del tutto uniche, rispetto a ogni altro fenomeno fino ad allora conosciuto. Anni dopo due americani, Hendron e Patton, studiarono a fondo la frana del Vajont, perché negli USA si stava presentando un problema analogo (per un impianto tutt'ora tranquillamente in esercizio): conclusero, tra l'altro, che il piano di scivolamento della frana e la presenza di particolari tipi di roccia concorsero a conferire alla frana una velocità di caduta inimmaginabile. Il concetto di prevedibilità o imprevedibilità di un evento non è un concetto filosofico, quando ci sono di mezzo la tecnica, o un giudice: per fare un esempio, se domani a Roma la temperatura scende a -15°, si parla senz'altro di "evento imprevedibile", perché del tutto nuovo rispetto alle conoscenze di cui disponiamo: una piena del Tevere di +18, invece, è un evento prevedibile, per quanto improbabile, perché negli ultimi 500 anni si è verificato almeno una volta e ne siamo a conoscenza.

Gli effetti della frana del Vajont rientrano quindi nel campo dell'imprevedibilità: del resto, questo è stato sancito anche in sede processuale. Non ci fu un sacrificio consapevole di migliaia di vite umane.

La frana, invece, era prevedibilissima, anzi prevista, studiata, e attesa. Questo sarebbe stato sufficiente mille volte, per chi era delegato al controllo, a fermare le opere: lo Stato era cofinanziatore dell'impianto, e in seguito, vestito da Enel, lo acquistò addirittura: chi avrebbe mai comprato un bacino che stava per essere più che dimezzato dalla caduta in esso di un'enorme frana? Come fu possibile collaudare un'opera palesemente non collaudabile?

Le classiche figure professionali dell'epoca - progettista, esecutore, direttore lavori, collaudatore - ciascuna nel pieno delle proprie funzioni, avrebbero fermato l'opera ben prima che fosse terminata. E' in questa fase che si consuma la strage.

E dopo? Andò ancora peggio, se possibile. Lo Stato "risarcì", tanto per dirne una, chi possedeva una licenza commerciale, prima del disastro, con robuste agevolazioni fiscali di lunga durata: niente di più giusto, non fosse che ci si "dimenticò" di rendere queste licenze incedibili: e tanti poveri sfollati le vendettero per quattro soldi a soggetti come la Zanussi, tanto per citarne uno: quello che doveva essere un aiuto per rimettere su una botteguccia di artigiano divenne un vero e proprio regalo di miliardi per tanti industriali. La fiorente economia del Triveneto, un tempo regione depressa del Nord, parte proprio da qui, sarebbe bene ricordarlo ogni tanto a qualche straccione leghista. Non parliamo poi delle ricostruzioni e di tutto il resto. Il bagno di sangue economico che lo Stato non volle nemmeno immaginare di sostenere prima del Vajont, pur di salvaguardare sé stesso e i suoi figli, lo sostenne moltiplicato per cento dopo: prima e dopo, i vantaggi furono sempre e solo per gli squali del profitto a ogni costo. In mezzo, un'ecatombe che ha distrutto una comunità che non è "guarita" nemmeno a mezzo secolo di distanza, perché ci vorranno ancora decine di anni per rimettere insieme un tessuto sociale, lì dove tutte le generazioni e la loro storia sono state spazzate via: nemmeno una guerra è capace di tanto.

baol

Re:L'alba livida: 50 anni fa
« Risposta #8 : Venerdì 11 Ottobre 2013, 12:13:27 »
C'è da dire, Matador, che le modalità di caduta della frana, in particolare la velocità, furono del tutto uniche, rispetto a ogni altro fenomeno fino ad allora conosciuto. Anni dopo due americani, Hendron e Patton, studiarono a fondo la frana del Vajont, perché negli USA si stava presentando un problema analogo (per un impianto tutt'ora tranquillamente in esercizio): conclusero, tra l'altro, che il piano di scivolamento della frana e la presenza di particolari tipi di roccia concorsero a conferire alla frana una velocità di caduta inimmaginabile. Il concetto di prevedibilità o imprevedibilità di un evento non è un concetto filosofico, quando ci sono di mezzo la tecnica, o un giudice: per fare un esempio, se domani a Roma la temperatura scende a -15°, si parla senz'altro di "evento imprevedibile", perché del tutto nuovo rispetto alle conoscenze di cui disponiamo: una piena del Tevere di +18, invece, è un evento prevedibile, per quanto improbabile, perché negli ultimi 500 anni si è verificato almeno una volta e ne siamo a conoscenza.

Gli effetti della frana del Vajont rientrano quindi nel campo dell'imprevedibilità: del resto, questo è stato sancito anche in sede processuale. Non ci fu un sacrificio consapevole di migliaia di vite umane.

La frana, invece, era prevedibilissima, anzi prevista, studiata, e attesa. Questo sarebbe stato sufficiente mille volte, per chi era delegato al controllo, a fermare le opere: lo Stato era cofinanziatore dell'impianto, e in seguito, vestito da Enel, lo acquistò addirittura: chi avrebbe mai comprato un bacino che stava per essere più che dimezzato dalla caduta in esso di un'enorme frana? Come fu possibile collaudare un'opera palesemente non collaudabile?

Le classiche figure professionali dell'epoca - progettista, esecutore, direttore lavori, collaudatore - ciascuna nel pieno delle proprie funzioni, avrebbero fermato l'opera ben prima che fosse terminata. E' in questa fase che si consuma la strage.

E dopo? Andò ancora peggio, se possibile. Lo Stato "risarcì", tanto per dirne una, chi possedeva una licenza commerciale, prima del disastro, con robuste agevolazioni fiscali di lunga durata: niente di più giusto, non fosse che ci si "dimenticò" di rendere queste licenze incedibili: e tanti poveri sfollati le vendettero per quattro soldi a soggetti come la Zanussi, tanto per citarne uno: quello che doveva essere un aiuto per rimettere su una botteguccia di artigiano divenne un vero e proprio regalo di miliardi per tanti industriali. La fiorente economia del Triveneto, un tempo regione depressa del Nord, parte proprio da qui, sarebbe bene ricordarlo ogni tanto a qualche straccione leghista. Non parliamo poi delle ricostruzioni e di tutto il resto. Il bagno di sangue economico che lo Stato non volle nemmeno immaginare di sostenere prima del Vajont, pur di salvaguardare sé stesso e i suoi figli, lo sostenne moltiplicato per cento dopo: prima e dopo, i vantaggi furono sempre e solo per gli squali del profitto a ogni costo. In mezzo, un'ecatombe che ha distrutto una comunità che non è "guarita" nemmeno a mezzo secolo di distanza, perché ci vorranno ancora decine di anni per rimettere insieme un tessuto sociale, lì dove tutte le generazioni e la loro storia sono state spazzate via: nemmeno una guerra è capace di tanto.

Le modalità di caduta della frana vennero ritenute imprevedibili perchè non erano previste dai modelli adottati.



In questo video, viene data una spiegazione del disastro ( dal dal minuto 30 circa ).
 
Ricostruzione che individua cause non troppo dissimili da quelle che nel 1959 portarono al disastro di Malpasset http://www.molare.net/disastri_simili/disastri_malpasset.html.

Mi ha colpito molto, leggendo di questa vicenda, il fatto che in sede processuale venne richiesta la ripetizione delle simulazioni già effettuate in precedenza, per verificarne in concreto la validità.
Furono effettuate in Francia, poichè non si trovò alcuna università o centro sperimentale disposto a correre il rischio di mettersi contro la crema  del mondo accademico italiano, che aveva accompagnato a pacche sulle spalle, l'intero progetto.
A mio avviso, la vigliaccata più grave nei confronti delle vittime, di tutti noi, non fu l'inerzia di burocrati statali o avidità di predoni senza scrupoli.
E' stata la complice omertà degli esimi professori...