Romanzo musicale

[Panzabianca]

ricordo che con le 18 mila lire dei tre gg mi ci comprai questo... (il condor cit)

[Panzabianca]

questa è roba forte. Ce li ho tutti. Musicalmente questi la spiegano a molti.

[Panzabianca]

pure questi hanno fatto il loro glorioso corso.

[Panzabianca]

ricordo che con le 18 mila lire dei tre gg mi ci comprai questo... (il condor cit)

comprai proprio questa cassetta

[Panzabianca]

pure er doppio basso.

[Panzabianca]

Io, per la verità, non distinguo tra musica e musica. Mi resta anche difficile scandire le tappe della crescita di un paese al suono della musica che i suoi artisti hanno prodotto. La musica è linguaggio universale. Gli amici qui del forum hanno citato alcuni gruppi che si sono cimentati nel prog. Ma se parli di prog, te vai a cercà i Genesis, i Gentle Giant, i King Crimson, i mostruosi ELP etc etc).

Ma per tornare agli artisti che certamente hanno scandito più di un passaggio musicale e non e, certo, in Italia accompagnato più di una generazione, Lucio ha un posto in prima fila.

(La poetica di Lucio Dalla andrebbe studiata nelle scuole).

[leomeddix]

(La poetica di Lucio Dalla andrebbe studiata nelle scuole).

D’accordo con Panzabianca, le canzoni di Dalla sono grandi poesie a tutti gli effetti.
Più in generale, c’è da dire che l’Emilia Romagna è da sempre terra di grandi musicisti ed interpreti. Già nel secondo dopoguerra Adionilla (‘Nilla’) Pizzi da S. Agata bolognese dominava la scena melodica, poi dagli anni ’60 c’è stato il boom con artisti come Caterina Caselli, Guccini, Morandi, Bertoli, gli Skiantos, i Nomadi, l’Equipe 84, Dalla, Claudio Lolli, Pavarotti, Zucchero, solo per citarne alcuni. E va ricordato che a Bologna si tiene anche il Festival dedicato ai bambini, lo Zecchino d’oro, che ci ha regalato canzoni immortali come Il valzer del moscerino, Popoff, Quarantaquattro gatti.
Secondo alcuni (e tra questi Lucio Dalla) tale ricchezza artistica nasce dalla via Emilia, una strada che unisce e fa comunicare tutte le grandi città della regione, creando una ‘metropoli orizzontale’ ricca di fermenti culturali. Secondo altri, invece, tutto si deve alla tradizione musicale contadina. Di certo, gli emiliano-romagnoli è un popolo particolare, perché anche quando erano duramente impegnati a costruire il loro ‘socialismo regionale’ hanno sempre trovato il tempo per divertirsi con la musica nelle osterie, balere, case del popolo, discoteche.
Qui voglio postare una canzone che parla di Bologna in modo dolce ed ironico: Via Paolo Fabbri 43. E’ un testo che ci fa rivivere la città felsinea nel suo aspetto notturno, una città popolata da aspiranti poeti, giullari, cantastorie, biassanot (i nottambuli che facevano il tour cittadino fermandosi come tappa nelle antiche osterie fuori porta). E così ne approfittiamo anche per celebrare un grande artista come Francesco Guccini.

[leomeddix]

Verso la metà degli anni ’60 apparve sulla nostra scena musicale un personaggio particolare: di mestiere faceva il chirurgo (si era specializzato in Sud Africa con l’equipe del grande Christian Barnard) e nelle sue canzoni raccontava storie di personaggi strampalati, emarginati, border line. Parliamo di Enzo Jannacci, il quale presto raggiunse il successo con pezzi memorabili come Vengo anch’io, L’Armando, El purtava i scarp ‘e tennis, ma che fu pure autore di una delle più belle canzoni antimilitariste mai scritte: Sfiorisci bel fiore. Questo brano fu interpretato anche da tanti altri grandi artisti, e qui voglio proporre la bellissima versione cantata da Pierangelo Bertoli

[leomeddix]

Lasciai il mio paese natale all’età di cinque anni, direzione Roma, seguendo i miei genitori che sognavano una vita diversa e uno stipendio sicuro. L’unico ricordo che ho della partenza è la piazza piena di parenti e amici venuti a salutarci, perché nelle comunità contadine si usava così. Partimmo su un camioncino stracolmo di mobili e masserizie e percorremmo di notte la via Tiburtina, fino a che -ormai alba- apparvero le luci della grande città.
In quegli anni di boom economico furono milioni gli italiani che emigrarono: chi per sempre, chi con la speranza di tornare un giorno in paese, tutti con un sentimento misto di angoscia e di speranza. E questo sentimento l’ho sempre rivissuto ascoltando una canzone che per me è la colonna sonora di quell’epoca: Che sarà. Ma non nella versione frenetica ed esagitata dei Ricchi e Poveri, bensì in quella struggente e malinconica del grande Josè Feliciano.

[Arch]

Un capolavoro.  La sentii cantare splendidamente da un cameriere  italiano in una trattoria di uno sperduto paesino svedese nell'inverno 1973.

[Frusta]

Leo, io la ricordo raccontata da tuo padre quella partenza, me la descrisse come una pagina girata fra quello che era Camillo "mastro" a quattordici anni e quello che sarebbe stato dopo, praticamente un passaggio più temporale che geografico: non fra un paese all' altro ma fra due ere.
E ricordo pure la sua incredibile facilità di rima, la sua proprietà di linguaggio, la sua accuratezza nello scegliere le parole e addirittura la sua attenzione nell' evitare inflessioni dialettali (subito abbandonata quando gli ho detto che da mezzo ciociaro ero bilingue  ) per farsi capire meglio.
Adesso che non c'è più rimpiango di non aver potuto mantenere la promessa di tornare a fargli visita e gli mando un abbraccio da qui, dovunque si trovi in questo momento.

[leomeddix]

Grazie amici miei, grazie di cuore. Condividire un ricordo è come riviverlo.
E per noi vale l'augurio che da sempre si scambiano i figli della Diaspora: "Il prossimo anno a Gerusalemme Villa Scorciosa!"

[Arch]

Un saluto a Camillo il poeta che, ne sono certo, ci segue.

[Ataru]

La musica è linguaggio universale. Gli amici qui del forum hanno citato alcuni gruppi che si sono cimentati nel prog. Ma se parli di prog, te vai a cercà i Genesis, i Gentle Giant, i King Crimson, i mostruosi ELP etc etc).

il progressive ha segnato un'epoca anche in italia. i primi anni 70 sono stati accompagnati (io ho vissuto quel periodo una quindicina di anni dopo) dalle voci di demetrio stratos, franz di cioccio, francesco di giacomo, aldo tagliapietra

[leomeddix]

il progressive ha segnato un'epoca anche in italia. i primi anni 70 sono stati accompagnati (io ho vissuto quel periodo una quindicina di anni dopo) dalle voci di demetrio stratos, franz di cioccio, francesco di giacomo, aldo tagliapietra

Grande Ataru, se ami gli Area sei amico mio 
Era un gruppo formato da artisti fenomenali, e qui vorrei ricordare Demetrio Stratos, una delle voci più belle apparse nel nostro palcoscenico musicale, un artista che ci ha lasciati troppo presto.
Prima di fondare gli Area, Stratos nel 1966 esordì con i Ribelli proponendo una canzone che fece epoca perchè anticipava le inquietudini che poi sarebbero esplose nel '68. Parliamo, ovviamente, di Pugni chiusi (il cui titolo originario, Pugno chiuso, fu osteggiato e poi cambiato dalla casa discografica Ricordi perchè considerato di evidente ispirazione comunista  ).

[leomeddix]

Il personaggio che meglio riassume il carattere italiano non è Fantozzi né Alberto Sordi, ma è uno strano tipo nato a Milano nel 1938 da genitori pugliesi. In effetti, Adriano Celentano sembra proprio il concentrato di tutte le contraddizioni italiche: rockettaro e romantico, guitto e predicatore, icona del ribellismo giovanile con Il tuo bacio è come un rock, ma capace anche di cantare -durante gli anni caldi della contestazione- un inno al crumiraggio come Chi non lavora non fa l’amore.
Personaggio geniale, Celentano fu pure interprete perfetto della canzone perfetta: Azzurro. Questo brano (scritto da Vito Pallavicini e musicato da Paolo Conte) può dirsi perfetto perché -seppure apparentemente surreale e fuori contesto- ritrae come in una foto l’Italia del boom economico, con mogli e figli in vacanza al mare e mariti rimasti in città ma anelanti di fuggire in luoghi esotici. Azzurro, insomma, è il ritratto impareggiabile della piccola borghesia italiana, in bilico tra sogni d’avventura e noia quotidiana.
Ma se Azzurro è la canzone “perfetta”, c’è un brano che io ho amato ancora di più: Il ragazzo della via Gluck. Questa ballata folk -presentata al Festival di Sanremo nel 1966- fece scalpore sia perché fu la prima grande canzone ‘autobiografica’ della musica italiana, ma anche perché polemizzava contro l’urbanesimo selvaggio e la speculazione edilizia (ovviamente la giuria del Festival non apprezzò molto lo spirito ambientalista della canzone, che infatti fu esclusa dopo la prima serata). Di questo brano esiste un video molto bello in bianco e nero, girato proprio nei luoghi dell’infanzia celentanesca. E quindi ecco a voi…

[Panzabianca]

Grande Leo, hai fatto la solita fedelissima disamina.

Celentano ha unito tante generazioni.

Di lui amo in particolar modo i brani che seguono...

e la grandissima

Che spesso ho pure suonato e cantato.

Grandissimo molleggiato!

[Panzabianca]

Bella anche la versione del mitico Vinicius...

[leomeddix]

In onore di Stefano “Molleggiato” Panzabianca inserisco il video della storica interpretazione di Adriano Celentano nel film La dolce vita. La leggenda racconta che Fellini -sfogliando il settimanale L’Europeo- rimase impressionato da alcune foto che ritraevano un pubblico in preda a scene di isteria durante un concerto del Molleggiato. Il regista decise allora di scritturare il giovanissimo Celentano, vedendo in lui il rappresentante della trasformazione culturale che avveniva in Italia.
Per la cronaca, questa scena fu girata nel pub Caracalla’s, e Celentano (accompagnato dal gruppo napoletano “I Campanino”) interpreta il brano Ready Teddy, inciso da Little Richard e portato al successo da Elvis Presley. Yeaaaah!

[Panzabianca]

Senza dubbio, un Ufo.

E l'altro Essere se ne era accorto .