Sono laziale per quella Lazio. Perché mio padre, un simpatizzante della Lazio fino a quegli anni, rimase coinvolto nell'ascesa e nell'affermazione di quella squadra. Mi portava allo stadio, tribuna Tevere, e agli allenamenti.
Autografi e ricordi, i pomeriggi a Tor di Quinto, aggrappato alla rete; quando potevo mi mettevo dietro Pulici, che ogni 10 minuti si girava a chiederci l'ora; mi mettevo dietro la porta perché il contatto col gol era fisico. Per un bambino un gol è un gol, sia la domenica che in allenamento. Mi piaceva l'odore forte dell'erba e del fango calpestato davanti alla linea di porta, mi piaceva il rumore del contatto tra gli scarpini dei giocatori, mi piaceva il suono del pallone quando finiva sugli avambracci di Pulici o quando schizzava secco sul palo, mi piaceva il suono del gol, cuoio su cuoio, scarpini e pallone, il tonfo di un corpo che non riusciva a raggiungere la palla, il fruscio della rete, a volte morbido, a volte sibilante e velenoso. Il tutto a pochi centimetri. La rete di recinzione che tremava e sobbalzava, gli insulti ai difensori, incitamenti e risate in lontananza. Rimaniamo ancora un po', lo so che devo fare i compiti, papà.
Verde il prato, verde la tribunetta dei tifosi, i soliti, battute, scaramanzie, liti, verde la distesa del campo la domenica pomeriggio, verdi le panche dello stadio.
Ma ci sono generazioni che quella Lazio, un genitore troppo presente, non l'hanno mai "uccisa", confondendo il sacrosdanto rispetto per la propria storia con una sorta di feticismo dei sentimenti. Abbiamo congelato quegli anni, complice una narrazione retorica come poche, e con la scusa di ricordarli (ce n'è ancora bisogno?) sotto sotto li veneriamo come se rappresentassero un'età dell'oro impossibile da rivivere.
Le uniche cose impossibili da rivivere sono la nostra infanzia e la nostra giovinezza.
Quando eravamo re.
Ma un re è tale solo se prima o poi viene ucciso.
Come un padre.
Quella è stata la Lazio più cinematografica di tutti i tempi. Ma per onorarla al meglio, con la consapevolezza di tutte le luci e di tutte le ombre, forse dovremmo "sottrarla" a qualsiasi altra e nuova narrazione. Silenzio. Stop.
Chi c'era sa. E il silenzio aiuterà chi non c'era a capire meglio quel pezzo di storia.
Silenzio.
Rimaniamo ancora un po', lo so che devo fare i compiti, papà.