Autore Topic: "Sogni perduti": la biografia di Luigi Martini  (Letto 2352 volte)

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oizaL

"Sogni perduti": la biografia di Luigi Martini
« : Venerdì 25 Giugno 2010, 14:08:36 »


Esce tra pochi giorni il libro di Luigi Martini, "Sogni perduti", edito da Mursia, 12 euro, 120 pagine.

A me è arrivato poco fa e mo me lo divoro.

Intanto vi posto la bandella, la quarta di copertina e la prefazione di Giorgio Ghirelli.


BANDELLA: Calciatore, pilota, politico e navigatore: sono le quattro vite che Luigi Martini, classe 1949, può dire di avere vissuto. Prima l'amore per il pallone iniziato un giorno per strada e i suoi trascorsi da terzino nella grande Lazio dell'allenatore Maestrelli, di Chinaglia, di D'Amico e di Wilson. Fatti inediti dentro lo spogliatoio e sul campo si alternano alla dimensione privata di dialogo con se stesso. Dopo la decisione di lasciare definitivamente il calcio, il volo e l'esperienza come pilota in tratte transcontinentali.

In seguito la politica lo vede eletto in Parlamento e infine il decisivo incontro con il mare che sarà un'altra sua forte passione e un amato compagno di vita. La storia di un uomo che ha conquistato la gloria su un campo di calcio, è stato sotto i riflettori della politica, ha solcato i cieli e i mari che, in modi diversi, mettono l'uomo di fronte e se stesso e al proprio coraggio. Ha vissuto, come tutti, vittorie e sconfitte perchè non ha mai smesso di inseguire i propri sogni e, ancora oggi, allunga la mano verso nuovi orizzonti.


QUARTA DI COPERTINA: “Uomini soli che con l’avversario davanti diventavano undici. Quando il pallone era al centro e noi eravamo schierati, bastava il fischio d’inizio e partiva la magia. Tutti insieme, uniti dalla vittoria”.


PREFAZIONE DI GIORGIO GHIRELLI: Credo che questo libro di Luigi Martini sia uno dei più bei libri mai scritti sul calcio, anche se i suoi “sogni” come calciatore costituiscono soltanto una parte del racconto. Martini fu, negli anni settanta del secolo scorso, come terzino della Lazio campione d’Italia e nazionale; e di quella squadra, di quelle imprese, di quegli anni, serba un ricordo particolarissimo, certo unico nella storia del calcio italiano, e per due ragioni.

La prima perché i giocatori della Lazio, allenata da un tecnico esemplare e a sua volta particolarissimo, cioè Maestrelli, un educatore quasi evangelico, erano invece undici diavoli scatenati. Litigavano e se le davano di santa ragione nello spogliatoio e in allenamento ma, appena entrati in campo per disputare la partita ufficiale, si trasformavano come per incanto in undici leoni affratellati dal sogno della vittoria.

La seconda ragione perché sul finire della stagione un avvenimento accidentale e spaventoso scosse l’ambiente laziale e tutto il calcio italiano: entrato in una gioielleria per puro caso e con un amico, Re Cecconi, uno dei protagonisti della vittoriosa stagione biancoceleste venne fulminato da un colpo di pistola esploso dal padrone del negozio che lo aveva scambiato per un rapinatore. Martini, che era il migliore amico del povero ragazzo, apprese per caso la tragedia facendosi largo tra la folla per trovarsi a un appuntamento con Re Cecconi. Un dolore attonito e indimenticabile.

La prima parte del libro di Martini costituisce motivo di ammirazione per la rara efficacia attinta dall’autore a cogliere l’umanità e la verità di quel mondo, con il corredo di due delicatissimi ritratti del presidente Lenzini e del già citato Maestrelli (scomparso anche lui poco dopo la conquista dello scudetto). Ma il fascino del racconto non è certo estraneo alle altre tre parti, quelle in cui lo scrittore lucchese descrive le sue successive, sensazionali esperienze di lavoro ( e di “sogno”), la professione di pilota in grandi voli transatlantici, il decennio d’impegno politico come parlamentare e, per concludere, la scoperta di una passione più forte di tutte le altre, quella per il mare.

È dei quattro il sogno più bello e travolgente, più totale, infinitamente più audace del volo aereo, perché il mare –come del resto il cielo – non conosce intermediazioni né risorse tecniche: mette l’uomo di fronte a se stesso, al proprio coraggio, alla conoscenza – finalmente- del vero significato del vivere.

Offline cuchillo

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Re:"Sogni perduti": la biografia di Luigi Martini
« Risposta #1 : Venerdì 25 Giugno 2010, 15:09:50 »
Che poi, la solita infinita diatriba.
Ma Martini faceva il terzino o il centrocampista, aldilà del numero portato sulla maglia?

C'è chi giura che abbia giocato più partite da mediano che da terzino.

Io ero in fasce, non posso saperlo.
Invidio tanto Massaccesi. Ossia Jooooooe D'Amato.

RobCouto

Re:"Sogni perduti": la biografia di Luigi Martini
« Risposta #2 : Venerdì 25 Giugno 2010, 15:41:45 »

La prima perché i giocatori della Lazio, allenata da un tecnico esemplare e a sua volta particolarissimo, cioè Maestrelli, un educatore quasi evangelico, erano invece undici diavoli scatenati. Litigavano e se le davano di santa ragione nello spogliatoio e in allenamento ma, appena entrati in campo per disputare la partita ufficiale, si trasformavano come per incanto in undici leoni affratellati dal sogno della vittoria..

Chi l'avrebbe mai detto?!

Offline NV

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Re:"Sogni perduti": la biografia di Luigi Martini
« Risposta #3 : Venerdì 25 Giugno 2010, 15:47:37 »
Che poi, la solita infinita diatriba.
Ma Martini faceva il terzino o il centrocampista, aldilà del numero portato sulla maglia?

C'è chi giura che abbia giocato più partite da mediano che da terzino.

Io ero in fasce, non posso saperlo.

una specie di r.carlos ante litteram, ma senza botta.
psichedelicatessen

Offline ammiraglio

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Re:"Sogni perduti": la biografia di Luigi Martini
« Risposta #4 : Venerdì 25 Giugno 2010, 16:01:44 »
in passato l'ho beccato spesso sui voli alitalia  ;).
saranno state almeno 5 o 6 volte.
martini, un tipo sempre molto composto in divisa.
yeah, i heard that dwight wants me fired. it's just the way it is. you know what? i just don't care, i don't give a damn.
i'll go home and find something to do.

oizaL

Re:"Sogni perduti": la biografia di Luigi Martini
« Risposta #5 : Sabato 26 Giugno 2010, 16:35:46 »


CAMPIONATO 1972-73. LAZIO-MILAN 2-1: Mancavano quattro giornate alla fine del campionato con il Milan capolista e la Lazio con la possibilità di agganciare i rossoneri e di cambiare le sorti di quel torneo. L’arbitro era Concetto Lo Bello, il direttore di gara per eccellenza, siciliano di Siracusa. Era terribile perché in campo era il padrone della partita. Quando arbitrava lui, noi tutti cambiavamo atteggiamento perché era lui l’attore che calcava la scena. E quel Milan era il Milan di Nereo Rocco e di Rivera. (…).
Le aspettative erano tante per noi biancocelesti. Entrammo in campo con la solita, irruenta decisione. E c’era una ragione che non riguardava solo il risultato e la gloria calcistica. Quel giorno in campo c’erano di mezzo anche motivazioni che riguardavano il rapporto personale tra l’arbitro e Rivera e di cui vi riferirò più avanti.

Cominciò la partita. Al 5’ Long John arrivò in area e tirò. La palla colpì Schnellinger, Belli non ci arrivò, è golL Lazio 1 Milan 0. Dal campo sentimmo il pubblico in visibilio. Gli spalti erano strapieni. Ricordo che si parlò di record d’incasso per quell’epoca. La Lazio di Maestrelli quel giorno dette il meglio di sé. Al 35’ Lo Bello fischiò una punizione dal limite. Chinaglia si assestò il pallone, prese la rincorsa e tirò. Belli era sul pallone ma la mano gli si piegò e la palla entrò in rete. Chinaglia sembrava un indemoniato. Andammo tutti verso la panchina esultando come pazzi. Intanto Belli era dolorante. Il tiro di Chinaglia gli aveva procurato la frattura di un dito della mano. Il Milan non riusciva a trovare gioco perché noi glielo impedivamo in maniera accanita.

Anche perché negli spogliatoi prima del match era accaduto un fatto inedito che dette un risvolto del tutto diverso all’incontro. E proprio per questo evento ante partita Rivera fu annullato. Aveva le caviglie sanguinanti. Chiese aiuto all’arbitro che lo azzittì e gli disse che non voleva sentire lamentele. Finì il primo tempo. Nella ripresa eravamo i padroni del campo mal al 55’ Rivera mise in rete favorito da un errore di Chinaglia.  A quel punto i rossoneri cominciarono ad attaccare in maniera sempre più pressante. Maestrelli sostituì Re Cecconi con Moschino. In difesa cercavamo di resistere agli attacchi e già pensavamo al fischio finale quando all’89 un cross di Zignoli venne deviato di testa da Bigon per Chiarugi che in corsa mise in rete. Il Milan già esultava quando Lo Bello annullò. Secondo lui Chiarugi era partito in fuorigioco, regolarmente sbandierato dal guardalinee. Rocco venne espulso per proteste. La rete di Chiarugi diventerà un caso nazionale. Ma per noi era l’ottava vittoria consecutiva. Eravamo con il Milan al primo posto a 39 punti con 2 punti di vantaggio sulla Juventus.

Ma quella partita era iniziata in modo non usuale. Rivera aveva fatto un grosso errore. La domenica precedente si era giocato il derby Inter-Milan, arbitro Lo Bello. Rivera fu chiamato la sera alla Domenica Sportiva per commentare alcune fasi di gioco tra cui un rigore che si era procurato e che egli stesso aveva tirato e segnato. Attraverso la moviola si vide che il rigore non c’era e che lui aveva mimato il fallo. Perciò ammise: “Si ci ho provato, il signor Lo Bello ci è cascato”. Due settimane dopo c’era Lazio-Milan. Arbitro ancora Lo Bello.
Ora, le regole dicono che l’arbitro deve essere certo delle identità dei giocatori in campo. Nei dilettanti l’arbitro non li conosce e quindi va nello spogliatoio e fa la “chiama”. Che mi risulti tra i professionisti questo riconoscimento non è stato mai necessario. Basta portare la lista all’arbitro e si gioca. Ma quella volta no. Il nostro accompagnatore ci raggiunse nello spogliatoio e ci comunicò che Lo Bello voleva fare la “chiama”. Questa è l’unica ragione per cui un arbitro può entrare nello spogliatoio di una squadra. Non non capimmo la ragione di questa iniziativa. Lo avremmo capito a breve.

Arrivò Lo Bello si guardò intorno, chiamò Maestrelli e chiese di far rimanere solo il mister e i giocatori. Fece uscire tutti, anche il presidente Lenzini. Lo Bello si mise in mezzo alla stanza. Poi si rivolse a noi e chiamò Martini, Wilson, Oddi, Petrelli. Eravamo quelli che menavano di più. Poi stette zitto. Fece una pausa e disse: “Voglio vedere l’abatino piangere”. L’abatino era il soprannome di Rivera per via della sua frequentazione con un frate.

Lo Bello non aggiunse altro, ci lanciò un augurio e uscì. Noi ci guardammo con i punti interrogativi negli occhi. Maestrelli ci disse: “Avete capito?”. Uscimmo dagli spogliatoi e ci disponemmo in campo. Il Milan cominciava sempre nello stesso modo. Il centravanti stava sulla palla, la toccava e passava indietro a Rivera. Come un gesto scaramantico. Noi lo sapevamo. Petrelli e Oddi nella nostra metà campo si misero attaccati alla palla. Appena Lo Bello fischiò il calcio d’inizio, la palla andò a Rivera. Nel frattempo Petrelli era partito. Si avventò contro il golden boy e lo colpì con una botta da espulsione alla caviglia. Rivera a terra con Lo Bello che diceva “Si alzi, si alzi”. Tutto lo stadio assisteva incredulo. Il gioco continuò.

Dopo mezz’ora Rivera era con le lacrime agli occhi. Aveva il sangue che usciva dagli stinchi. Io, che giocavo sulla fascia vicino alle panchine sentivo Nereo Rocco bestemmiare. E così fino alla fine. E Rocco che mi disse: “Martini, così è facile vero?”. Io non risposi. Da allora Lo Bello diventò il nemico numero uno del Milan. Nessuno sapeva questo episodio nelle file del Milan finché durante il mio mandato politico incontrai Rivera in Parlamento e gli raccontai perché in quel Lazio-Milan aveva preso tanti calci e perché noi non avevamo pagato. In quell’occasione Rivera mi ringraziò. “Non pensavo –mi disse- che fosse per quella stupidaggine”. E seppi così che Rocco si arrovellò per anni per capire. Addirittura la società mandò degli intermediari per cercare di scoprire l’arcano. Si fecero riunioni. Vincere o perdere dipende anche da fattori umani.


GOFFREDO IL TASSINARO: In tanti venivano a Tor di Quinto per stare con noi oltre che per vederci giocare. E tante erano le storie che ruotavano intorno quel campo. Ne ricordo una in particolare. Il capo tifoso delle curve, Goffredo il tassinaro.
Una volta si presentò al campo d’allenamento ma non era solo. Dietro aveva un passeggero pagante. Lo lasciò in auto, spese il tassametro e si mise a guardare la partitella. Poi riprese il suo taxi con il cliente che era stato costretto a restare lì, in attesa della fine della partita.

Goffredo era un tenero che faceva finta di essere un duro. Politicamente era di estrema destra, ma solo a parole. Nei fatti le cose erano tutte diverse. Diceva di odiar gli uomini di colore. E’ andato avanti così nella sua convinzione per molto tempo dando prova di estrema intransigenza. Un giorno scoprimmo però che aveva una donna di colore e lo aveva tenuto nascosto a tutti.



IL RUOLO IN CAMPO (per Cuchillo): Paradossalmente l’arrivo di Cecco, così chiamavo Re Cecconi, mi creò qualche problema a livello tecnico perché io nel primo anni di Lazio in serie B giocavo da mediano e m’identificavo in quel ruolo.
Mi piaceva giocare di più a centrocampo e non da terzino come poi sono finto. Quando arrivò Cecco, che era una mezz’ala, mezz’ala-mediano, ci trovammo in due con le stesse caratteristiche nello stesso posto. Quindi all’inizio del primo campionato con la Lazio in serie A si faceva molta confusione in mezzo al campo, in particolare io e lui, perché tendevamo a occupare le stesse zone. E lì ci fu la grossa intuizione di Maestrelli di retrocedermi a terzino.

Una decisione che accolsi non senza difficoltà perché io non accettavo questo cambiamento di ruolo. Discusso molto con Maestrelli e anche in modo animato e invece quella intuizione fu la mia fortuna perché come mediano ero uno dei tanti, come terzino invece divenni un terzino speciale. In quel ruolo potevo sfruttare al massimo le mie caratteristiche fisiche, cioè la mia progressione molto veloce. Diventai così il terzino di spinta della squadra.

Avevo un modo di giocare estremamente dinamico, con molta esuberanza fisica, fluidificante, fatto di allunghi, scatti continui, recuperi, tagli e fughe, soprattutto sulla sinistra da cui facevo arrivare molti cross. Non mancava qualche passaggio smarcante e addirittura mi ricordo di un tiro fulminante dalla grande distanza in un Lazio-Reggina che finì 2-1 per noi.



E ANCORA:

La morte della sorella a 6 anni.

Il giorno dello scudetto col Foggia, lui con Trippanera negli spogliatoi che gli sta curando la clavicola rotta, si sente il ruggito dell’Olimpico all’assegnazione del calcio di rigore. Trippanera capisce che sta succedendo qualcosa, lo sfancula e rientra di corsa in campo per vedere cosa accade. E Martini resta da solo nello spogliatoio, immobile sul lettino, dove sente il “terremoto” degli 80.000 spettatori al momento del gol.

Il suo bellissimo rapporto con Re Cecconi.

Liedholm che lo avrebbe voluto nella Roma che avrebbe vinto pochi anni dopo lo scudetto, lui rifiutò e la Roma prese Maldera al suo posto ed effettivamente vinse il tricolore.

L’ingresso in politica con Storace che gli dice: “Non serve che fai campagna elettorale, l’importante è che ce porti li voti de quei froci laziali amici tuoi”.

La passione per il mare.

Gli aneddoti come pilota d’aereo.

La sua versione sulla storia delle pistole portate in ritiro.

Offline giamma

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Re:"Sogni perduti": la biografia di Luigi Martini
« Risposta #6 : Sabato 26 Giugno 2010, 20:33:17 »
Io c'ero, stavo in Monte Mario, diluviava, dagli spalti non ci siamo accorti di questa caccia all'uomo, forse eravamo accecati dal tifo o dalla pioggia (all'epoca non c'era copertura), comunque una delle più straordinarie partite che io ricordi.
 :P :P :P
Una bugia fa in tempo a viaggiare per mezzo mondo mentre la verità si sta ancora mettendo le scarpe. (C. H. Spurgeon)

Offline chinaglia

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Re:"Sogni perduti": la biografia di Luigi Martini
« Risposta #7 : Mercoledì 30 Giugno 2010, 17:45:56 »
Lunedì sera stava da Marzullo. Certo che ha avuto una vita interessante:
- Campione d'Italia;
- in Nazionale;
- paracadutista;
- pilota Alitalia;
- deputato;
- presidente ENAV.

Ammazzate oh!

Offline cuchillo

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Re:"Sogni perduti": la biografia di Luigi Martini
« Risposta #8 : Giovedì 1 Luglio 2010, 10:33:31 »
Grazie, Oizal!
Mistero chiarito.
Sebbene - scusate se insisto - c'è chi giura che, soprattutto dopo la morte di Cecco, quindi nei campionati di Vinicio e in quello di Lovati (1978-'79) abbia spessissime volte ricoperto il ruolo di mediano, quindi, in buona sostanza, il ruolo ricoperto prima dell'anno dello Scudetto.
Insomma, il classico terzino-mediano, tanto per mutuare la dizione tipica dell'almanacco Panini.
Invidio tanto Massaccesi. Ossia Jooooooe D'Amato.

Offline rione 13

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Re:"Sogni perduti": la biografia di Luigi Martini
« Risposta #9 : Giovedì 1 Luglio 2010, 11:52:07 »
Diceva di odiar gli uomini di colore. E’ andato avanti così nella sua convinzione per molto tempo dando prova di estrema intransigenza. Un giorno scoprimmo però che aveva una donna di colore e lo aveva tenuto nascosto a tutti.

sotto sotto era bravo quindi....


Offline chinaglia

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Re:"Sogni perduti": la biografia di Luigi Martini
« Risposta #10 : Giovedì 1 Luglio 2010, 19:51:52 »
Libro esaurito da Feltrinelli!