Scusa Er Matador, tu chi vorresti al posto di Simone Inzaghi come allenatore che potrebbe farci ben figurare sia in campionato che in Champions?
Integro la domanda.
Dal punto di vista del tifoso Er Matador e poi tenendo conto del modus operandi di Lotito, per il quale un Allegri o Jurgen Klopp non sono allenatori.
Rieccomi qua, scusate la tempistica da posta cartacea ma sono veramente un po’ preso.
L'identikit dell'allenatore più adatto deve tenere conto, a mio modo di vedere, del profilo tecnico-societario della Lazio: quello di un club fortemente dedito al trading.
Che non ha la possibilità economica di accedere a giocatori fatti e finiti di alto livello, e deve ripiegare su semilavorati da (ri)costruire e valorizzare.
Sui quali il tecnico deve essere in grado di intervenire a livello sia individuale sia collettivo, assemblando una squadra con schemi duttili e ben rodati, con l'obiettivo di rappresentare un valore aggiunto rispetto alla somma algebrica dei singoli.
Dopo di che, il profilo di massima così definito va calato all'interno di ulteriori parametri e situazioni.
Fra le conduzioni tecniche in corso, ad esempio, la più vicina all'identikit di cui sopra è sicuramente quella di Gasperini.
Che però, profilo umano a parte, alla Lazio sarebbe improponibile perché troverebbe pressioni, tempi, condizioni di lavoro non compatibili col suo modus operandi.
Altrettanto vale per un Giampaolo, i cui limiti caratteriali sono prevedibilmente deflagrati a contatto con una grande piazza.
Senza contare che, oltre all’allenatore, andrebbe modificato anche il suo inserimento nell’organigramma.
Prendere un tecnico di valore, abbandonandolo però a sé stesso e allo spogliatoio, rischierebbe in proporzione di sortire gli stessi risultati di Lippi e Conte all’Inter.
Cito ad esempio la vicenda Zárate, rifiutatosi di proseguire l’esperienza come tornante di fascia – l’unica che gli prospettava una carriera di livello – perché aizzato dall’illustre fratello maggiore.
La Juventus ebbe un problema simile con Mandžukić, che scalpitava nel ruolo gregario disegnatogli da Allegri perché temeva di perdere il posto in Nazionale come centravanti.
La domenica successiva il croato giocò nella stessa posizione, come se nulla fosse.
Mentre la Lazio si è lasciata imporre una scelta di carattere tecnico da un’ex pippa dell’Ancona.
Difficile per chiunque tenere il gruppo e dare un’impronta alla squadra – il che significa lavorare parecchio, non svernare – in una situazione disciplinare da Pinetina.
Tenuto conto dei vari paletti, penso che la candidatura per la panchina biancoceleste possa essere suddivisa in tre tipologie:
1) il giovane, sperando di incrociare l’inizio di una grande carriera: qualcosa, per capirci, tipo Simeone dopo Catania.
Uno che sta crescendo bene è, ad esempio, De Zerbi: esperienza zero e tutti i rischi del passaggio in una realtà metropolitana, già pagati più cari del previsto dal suo predecessore Di Francesco.
Sull’altro piatto della bilancia il buon lavoro svolto; la duttilità nel preparare la partita in base alle caratteristiche dell’avversario; la valorizzazione e il coinvolgimento di un buon numero di singoli, il che permette di allungare l’organico senza acquisti clamorosi.
Un teorico della tattica e del bel gioco, ma anche stronzetto quanto basta – con noi anche di più – quando si tratta di badare al sodo.
Non sto sostenendo che siamo di fronte al nuovo Cholo, sia chiaro: solo che il citato Maran, per quanto buon lavoratore, appare definitivamente attestato su valori non da Lazio.
Mentre nel caso di un De Zerbi c’è almeno il dubbio
2) La suggestione estera: in assoluto l’ipotesi più intrigante, ma anche più rischiosa.
Qualche tempo fa era emerso il nome di Domenico Tedesco, approdato su una panchina della massima serie – seguendo un trend recentemente diffuso in Bundesliga – ben prima dei trent’anni.
Non esprimo giudizi sul tecnico in questione perché non lo conosco nello specifico, ma la tipologia di allenatore è interessante e può portare una ventata di entusiasmo legato alla novità.
Solo la terrei per un momento diverso, all’indomani di un’annata difficile con aspettative ridotte, tempo per lavorare e l’inizio di un nuovo ciclo a cui imprimere idee innovative.
Dopo una stagione più che positiva, e con la necessità di essere competitivi a breve termine, un salto nel buio non sembra l’opzione più ponderata
3) L’usato sicuro, con un cambiamento in meglio senza clamorose soluzioni di continuità.
Cito un nome, sia pure non molto amato su queste pagine: Walter Mazzarri.
Antipatico anche ai famigliari, presumo, ma non dobbiamo andarci a cena insieme.
Reduce da un campionato negativo, ma dipendente da problemi extra-tecnici e il cui andamento non è comunque migliorato col suo allontanamento.
Porterebbe in dote un 3-5-2, quindi senza buttare del tutto l’esperienza Inzaghi, ma con un’organizzazione interna al modulo nettamente migliore e la capacità di concepire alternative.
Al Napoli ha contribuito in maniera decisiva alle plusvalenze di Cavani e Lavezzi, da cui ottime credenziali anche in funzione del trading.
Ha esperienza di Champions, quindi di impegno su tre fronti, disputata a livelli complessivamente dignitosi.
Ha dimostrato di saper valorizzare anche elementi di secondo piano: ripensando a cosa è diventato con la sua gestione un giocatore né carne né pesce come Maggio, non mi dispiacerebbe se Marušić potesse lavorare con lui.
Secondo me, sarebbe un buon compromesso fra miglioramento e basso rischio
Per rispondere al Mago: cosa farà invece Lotito?
Se Inzaghi dovesse andarsene per un qualunque motivo, al suo posto arriverebbe un altro miracolato con potere contrattuale inesistente.
Temo che, in questo senso, non siano previste deroghe alle Tavole della Legge.