Autore Topic: Giorno del ricordo  (Letto 24133 volte)

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Re:Giorno del ricordo
« Risposta #101 : Giovedì 12 Febbraio 2015, 10:08:21 »
...nella circostanza il PCI si macchiò di alto tradimento, reato che in un Paese normale ne avrebbe seriamente in dubbio la permanenza nella legalità.
Le reazioni a molla di tanta Sinistra nascono non tanto da sensi di colpa non elaborati, quanto dal timore che quell'armadio della vergogna venga finalmente aperto con tutte le conseguenze del caso.
Tranquilli, non succederà mai: siamo in Italia, non in uno Stato sovrano con una dignità.


Voi date al PCI una capacità di censura che non aveva assolutamente, altrimenti, per dirne una, avrebbe potuto silenziare i fatti di Ungheria. E neanche mi risulta che il PCI fosse al governo.

Il PCI, finché è vissuto (ma si è difeso in questo senso abbastanza anche nelle sue successive trasformazioni) ha avuto dalla sua parte il megafono della cosiddetta intellighenzia che aveva monopolizzato tutto il monopolizzabile, dalla cultura al mondo dello spettacolo a quello dell'informazione, passando per i sindacati, le commissioni di qualsiasi genere e tutto il sottobosco politico che la DC gli aveva concesso purché non disturbasse troppo il manovratore.
Alzare la voce (dando arrogantemente del fascista, come è avvenuto proprio qui* nei miei confronti) per zittire chiunque osasse dire una parola che fosse una contraria al vengelo comunista era più che sufficiente per esercitare la censura a cui ti riferisci.
Per i fatti dell'Ungheria la cosa funzionò meno, malgrado pa posizione ufficiale del PCI (L'Unità definì gli operai insorti "teppisti" e "spregevoli provocatori", nonché "fascisti" e "nostalgici del regime Horthyiano", giustificando l'intervento delle truppe sovietiche, sostenendo che si trattasse di un elemento di "stabilizzazione internazionale" e di un "contributo alla pace nel mondo"), soprattutto perché, col famoso manifesto dei 101 ci furono fior di intellettuali (molti, come Calvino riconsegnarono la tessera) che si rifiutarono di fare gli struzzi di fronte a quegli avvenimenti.

*Come vedi la tradizione qualche strascico ancora lo lascia.
Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

Zapruder

Re:Giorno del ricordo
« Risposta #102 : Giovedì 12 Febbraio 2015, 10:27:51 »
Quando si parla dell'argomento, due anomalie emergono chiaramente distinguendolo da altri crimini contro l'umanità.
Uno è l'assoluta impunità dei colpevoli.
Persino ai turchi, sia pure in clamoroso ritardo e ancora troppo blandamente, si è chiesto conto di un genocidio negletto per decenni come quello armeno.
Da sloveni e croati - NON dagli Slavi, sempre meglio ripeterlo - nessuno ha mai preteso una parola.
Né sul sangue italiano né su quello serbo, sparso in maniera ancor più copiosa.
L'altra anomalia riguarda il fatto che i primi e più arcigni interlocutori non siano i connazionali degli assassini, ma quelli delle vittime.
Credo che l'origine di tutto vada cercata in quanto documentato da Frusta: nella circostanza il PCI si macchiò di alto tradimento, reato che in un Paese normale ne avrebbe seriamente in dubbio la permanenza nella legalità.
Le reazioni a molla di tanta Sinistra nascono non tanto da sensi di colpa non elaborati, quanto dal timore che quell'armadio della vergogna venga finalmente aperto con tutte le conseguenze del caso.
Tranquilli, non succederà mai: siamo in Italia, non in uno Stato sovrano con una dignità.

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Sinceramente, mi sembra una visione semplificata e riduttiva. Tanto semplificata da apparire simile a quella di troppa propaganda, su questa vicenda. Se succede anche a te, che non difetti certo in capacità e profondità di analisi, c'è da chiedersi perché.

Se c'è qualcosa che non fa difetto agli ex comunisti italiani, è certamente la rilettura al ribasso della storia del partito e del socialismo reale (da un certo punto in poi diventato "comunismo": io ho sempre sentito parlare di "paesi socialisti", fino all'avvento di Berlusconi e dei suoi complici): questo, fino almeno dal 1973, per culminare nella vergognosa Bolognina. Autocritica seria, profonda, reale, drammatica. Il tutto, mentre Craxi e i suoi amichetti, in piena Milano da bere, arrivavano a riesumare lo sparatore Pallante, per un'intervista commossa in cui il nostro veniva trattato come una specie di eroico Pietro Micca: solo una delle tante porcate della propaganda, così violenta e rozza da convincere (riporto affermazioni sentite decine di volte durante discussioni sulla politica) tanti italioti che "in Italia ci sono stati cinquant'anni i comunisti al Governo".

Con queste basi "culturali", discutere è difficile, ne converrai. Non certo per la lontananza delle posizioni, dalle quali si può convergere su qualcosa che somigli il più possibile alla verità, se si condividono un minimo di conoscenza della storia e, soprattutto, la capacità e la volontà di riflettere. Volontà che, ad esempio, sembra difettare al nostro Frusta, che appare assai dotato su molti altri piani, ma sembra fermo ai libercoli di Guareschi quando si interfaccia con noi: e, onestamente, vedere un simile intelletto sullo stesso piano di uno che tuonava contro l'inciviltà di installarsi il bagno in casa (!), tanto per dirne una, a me non fa piacere. Non che si voglia impedire al Frusta di esprimere checchessia, figurarsi, a suo tempo i partigiani comunisti (e socialisti, azionisti ecc.) si batterono anche per questo: trovo soltanto che il suo ricondurre alle "malefatte del PCI" ogni vicenda italiana bellica e postbellica sia come minimo errato: somiglia tanto a quel ridicolo "cinquant'anni di comunisti al Governo" che ho citato in precedenza. Capisco che trent'anni di discorsi sempre più biascicati di Pannella (e immagino la delusione nell'aver speso una vita politica partendo da una figura illustre come quella di Adelaide Aglietta e vederla concludere con Rutelli, Capezzone e Taradash) possano aver fatto perdere di vista l'assieme ma, ripeto, il quadro che si vuole presentare è parzialissimo ed errato.

Il tema che riecheggia fin dalla prima replica a questo topic è quello dell'oblio sui "morti di serie C": come detto, su questo aspetto si è riflettuto parecchio, e certamente con maggiore serietà e onestà intellettuale all'interno dell'ormai variegato mondo "ex comunista" che all'esterno: sono state citate nella discussione le parole pronunciate, in veste ufficiale, da un Presidente della Repubblica proveniente da quell'esperienza politica: tutto questo nello stesso periodo storico in cui un Presidente del Consiglio ha sempre evitato le celebrazioni del 25 aprile, per dirne una: alla faccia della "pacificazione nazionale": a me sembrano fin troppo chiare le pulsioni verso una rilettura, se non un ribaltamento, di certe vicende storiche. L'antifascismo è stato patrimonio nazionale largamente condiviso, fino a un certo punto della nostra storia repubblicana: non era un feticcio imposto dal "culturame di sinistra", faceva parte del sentire più profondo di democristiani, liberali, repubblicani, oltre che di socialisti e comunisti. Mi sembra che questo patrimonio, invece di diventare un dato sempre più acquisito grazie al passare del tempo - e quindi alla progressiva "uscita di scena" degli attori di quell'epoca - e al diffondersi ed estendersi dei principi di democrazia e di diritti umani - stia conoscendo un preoccupante regresso: tanto che una buona parte di italiani, non necessariamente inquadrabili nell'area dell'estrema destra, percepisce un 25 aprile come "festa di una parte", e finisce inevitabilmente per contrapporre il 10 febbraio sull'altro piatto della bilancia. Quanto di più lontano dai millantati sentimenti di "pacificazione e commemorazione".

Tutto questo è frutto, soprattutto, di ignoranza. Va bene, qualche milione di spettatori di programmi tv idioti può anche andare dietro al proprio guru ignorante, quello che informato (certe cose ci sono sui libri di scuola, ma bisognerebbe anche leggerli oltre che lamentarsi della "egemonia culturale" di chi li ha scritti) della vicenda dei fratelli Cervi disse che sarebbe andato a "salutare" il di loro papà: ma c'è anche qualche milione di italiani in grado di leggere e pensare. In grado, forse, di inquadrare la vicende storiche nella loro complessità e completezza - SENZA TOGLIERE UN GRAMMO ALLA GRAVITA' DI OGNI CRIMINE COMMESSO IN NOME DI OGNI IDEOLOGIA - e di rendersi conto, per esempio, che il silenzio calò su molte vicende, dopo la II Guerra Mondiale, e per mano di molti attori: del resto, credere e voler far credere che il PCI (certamente attore) abbia monopolizzato le vicende politiche e propagandistiche italiane dal 1943 in poi, è esercizio che preferisco attribuire alla volontà di isolare un singolo elemento dell'assieme, rifiutandomi di pensare che ci sia chi ignori che in quell'anno eserciti stranieri scorazzavano in lungo e in largo nella nostra disgraziata Penisola: che fin dal '43 fu sancita la nostra appartenenza alla zona di influenza americana e che tale situazione (tutt'ora esistente, visto che ospitiamo un esercito straniero, con ampie zone di extraterritorialità, nel nostro paese) era irrimontabile e non certo figlia della "egemonia culturale" di Feltrinelli e Garzanti, ma della forza, quella vera: contro la quale nessuna propaganda può nulla salvo che, per l'appunto, ricorrendo a sua volta alla forza: ma il freddo Togliatti sapeva bene che ogni tentativo (se mai avesse avuto in mente di farne) di saltare oltrecortina sarebbe stato schiacciato sul nascere, come per esempio avvenuto in Grecia, e che da Baffone non avrebbe avuto il benché minimo sostegno.

Altro che ideologie: dopo il '45, l'ondata più forte che percorse l'Europa fu quella di un feroce realismo, del calcolo più spietato. Il calcolo dei comunisti italiani a fronte delle vicende istriane: ma anche il "calcolo" (politico o nell'interesse nazionale?) che si risolse nell'amnistia ai fascisti (firmata da Togliatti, voluta DA TUTTI): il calcolo nei confronti della necessità di rinforzare e rilanciare la Germania in chiave antisovietica e quindi di non calcare troppo la mano sugli orrori commessi in Italia durante l'occupazione nazista: il calcolo nello strizzare l'occhio alla Jugoslavia di Tito, quando questa volse le spalle all'URSS, e quindi anche in questo caso, e non certo dai "comunisti italiani", si preferì dimenticarsi di tante cose... Anche dei "liberatori" si è sempre parlato poco: i bombardamenti a centinaia subiti dal nostro paese, spesso con finalità non militari, ma di vero e proprio terrorismo sulla popolazione (ammesso apertamente dagli stessi "strateghi"), non sono state certo per tanti anni un buon argomento su cui discutere.

Senza togliere, ribadisco, un grammo alle responsabilità di ciascuno, è bene inquadrare lo scenario nel suo complesso, e in profondità.

Ovvero, possiamo continuare a credere, e a voler far credere, che la politica italiana nel dopoguerra originasse interamente dalla redazione dell'Unità: mentre tutti gli altri "attori" (USA, NATO, democristiani, Vaticano) assistevano impotenti. Col risultato, a mio modesto avviso, di fare una pessima figura.

Offline AlenBoksic

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Re:Giorno del ricordo
« Risposta #103 : Giovedì 12 Febbraio 2015, 10:41:07 »
Altro che ideologie: dopo il '45, l'ondata più forte che percorse l'Europa fu quella di un feroce realismo, del calcolo più spietato. Il calcolo dei comunisti italiani a fronte delle vicende istriane: ma anche il "calcolo" (politico o nell'interesse nazionale?) che si risolse nell'amnistia ai fascisti (firmata da Togliatti, voluta DA TUTTI): il calcolo nei confronti della necessità di rinforzare e rilanciare la Germania in chiave antisovietica e quindi di non calcare troppo la mano sugli orrori commessi in Italia durante l'occupazione nazista: il calcolo nello strizzare l'occhio alla Jugoslavia di Tito, quando questa volse le spalle all'URSS, e quindi anche in questo caso, e non certo dai "comunisti italiani", si preferì dimenticarsi di tante cose... Anche dei "liberatori" si è sempre parlato poco: i bombardamenti a centinaia subiti dal nostro paese, spesso con finalità non militari, ma di vero e proprio terrorismo sulla popolazione (ammesso apertamente dagli stessi "strateghi"), non sono state certo per tanti anni un buon argomento su cui discutere.

Senza togliere, ribadisco, un grammo alle responsabilità di ciascuno, è bene inquadrare lo scenario nel suo complesso, e in profondità.

Ottima osservazione
Se non si capisce che tacere conveniva a tutti non si va da alcuna parte.
Mettiamola così:
nel 1991 la RAI acquista dalla BBC il documentario fascist legacy sui crimini di guerra italiani.
Siamo nel 2015 e ancora non l'ha trasmesso.
Credo sia pacifico che il PCI e Togliatti con la mancata messa in onda non c'entrino,
quindi deve esserci una censura  molto più trasversale, coriacea, pervasiva e persistente che agisce oggi come ha agito fino ad oggi,
e che ha interesse al fatto che della memoria nazionale si prendano sempre e soltanto le pagine più comode e belle e che più ci piacciono.


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Offline aquilafelyx

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Re:Giorno del ricordo
« Risposta #104 : Giovedì 12 Febbraio 2015, 11:18:10 »
Voi date al PCI una capacità di censura che non aveva assolutamente, altrimenti, per dirne una, avrebbe potuto silenziare i fatti di Ungheria. E neanche mi risulta che il PCI fosse al governo.
Siamo fuoripista.
L'armadio della vergogna ci indica la strada giusta.
Per quale motivo rimase chiuso?
Si, dice: perché la Germania era nella NATO.
Vero a metà.
L'altro lato della medaglia è perché altrimenti l'Italia avrebbe dovuto dar conto degli oltre 1000 criminali di guerra che aveva che erano richiesti da mezza Europa. I militari e i civili italiani ritenuti responsabili dei peggiori crimini di guerra erano, soltanto in Yugoslavia 729, ed il numero degli ufficiali italiani che si erano resi responsabili di crimini di guerra fino al luglio 1943, comprendeva, secondo le liste degli Alleati, un numero maggiore di camicie nere rispetto agli stessi ufficiali dell'esercito e delle SS tedesche.
Il mutato scenario internazionale postbellico ha poi favorito l'oblio.
Un oblio che è convenuto a tutto il paese
Tanto che quando poi è cambiato lo scenario internazionale allora il confine orientale è tornato prepotentemente di moda, ovviamente monco  e depurato di tutte le nefandezze nazionali.
Talmente monco che gli esuli dovrebbero essere i primi ad indignarsi che i riconoscimenti vengano conferiti a criminali di guerra conclamati come Vincenzo Serrentino.
Ma d'altronde è pure vero che negli anni '50 si promosse il Gen. Orlando e si diede addirittura una medaglia al valore a Gaetano Collotti, quindi non c'è niente da stupirsi.
Resta però il fatto che nella coscienza nazionale le foibe sono conosciute dalla quasi totalità della popolazione,
mentre i crimini di guerra sono conosciuti da una ristrettissima percentuale di essa.
Alcuni, tipo Debre Libanos o i libici morti alle Tremiti, son ignoti non solo alla quasi totalità degli studenti dei dipartimenti di storia, ma anche a buona parte di chi vi insegna.
Cerchiamo di uscire dalla polemica politica che non porta da nessuna parte.

Aspetti dell’occupazione italiana in Slovenia (1941-43) di Matteo Bressan
http://dprs.uniroma1.it/sites/default/files/436.html

Terzo capitolo: Memoria e rimozione


la Commissione d’inchiesta istituita nel maggio 1946 dal Ministero della Guerra deferì una quarantina di persone perché fossero processate per crimini di guerra. Fra queste figuravano i vertici dell’esercito e dell’amministrazione fascista come i generali Roatta, Robotti e Pirzio Biroli e gli ex governatori della Dalmazia Francesco Giunta e Giuseppe Bastianini. Tra il 1946 ed il 1947 i ministri degli Esteri Pietro Nenni e Carlo Sforza sollecitarono lo svolgimento dei processi ma poi, dal ’48, ci si allineò alla decisione, avallata dal governo, di rinviare sine die i procedimenti giudiziari. Dopo la rottura con Stalin, Tito rinunciò alla richiesta di estradizione dei criminali di guerra italiani e nel 1951 la magistratura italiana chiuse tutte le istruttorie.
M'illumino di Lulic

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Offline aquilafelyx

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Re:Giorno del ricordo
« Risposta #105 : Giovedì 12 Febbraio 2015, 12:30:36 »
Per fare qualche passo avanti nel cammino verso una civiltà dove la barbarie venga subito riconosciuta come tale è indispensabile liberarsi di totem e tabù, questo processo di eliminazione dei fattori culturali che dall'affiliazione è arrivato alla rimozione è stato molto rapido nella maggioranza di chi aveva aderito, partecipato e simpatizzato col fascismo, la tragedia della guerra mise a nudo rapidamente gli errori e gli orrori del regime e con il suo crollo vennero giù anche le barriere che impedivano di discutere e criticare quanto c'era di sbagliato nell'ideologia.      L'abbattimento di totem e tabù, oltre a iniziare molto dopo, ha trovato e trova invece molte più resistenze tra i comunisti, oltre ad un fattore temporale oggettivo dato dalla durata del fenomeno che inevitabilmente conduce ad una assuefazione maggiore c'è stata in Italia l'ambiguità coltivata nella perenne contrapposizione al potere, la promessa continua di un sogno irrealizzabile con annessa venerazione di simboli e profeti. Se l'antifascismo è nelle fondamenta della Repubblica Italiana l'anticomunismo lo deve essere necessariamente nella costituzione di una Europa Unita, non si possono fare i conti col passato dimenticando colpevolmente quanto di terribile tutte le ideologie hanno prodotto, altrimenti invece di iniziare il cammino si rimane a contemplare i totem.                   
M'illumino di Lulic

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Offline AlenBoksic

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Re:Giorno del ricordo
« Risposta #106 : Giovedì 12 Febbraio 2015, 13:50:39 »
Ogni anno a febbraio finisco per far parte di quella minuscola schiera di specialisti di “confine orientale, foibe, esodo” richiesti in varie parti d’Italia per lezioni, incontri, conferenze. La sensazione che ne traggo è sempre più sconfortante, per molte ragioni. Dieci anni fa, quando venne celebrato per la prima volta il Giorno del Ricordo, avevo l’impressione che l’obbligo di legge avesse posto le amministrazioni nella condizione di commemorare per commemorare, senza avere alcuna coscienza degli avvenimenti. Oggi, dopo due lustri, la situazione mi pare cambiata, ma non necessariamente in meglio.

Molto si è già detto, negli anni passati, sull’uso politico della commemorazione, sulla vicinanza (anche terminologica) con il Giorno della Memoria e la conseguente forzata equiparazione tra Shoah e foibe. È uno degli effetti, solo in parte voluto, dell’accordo bipartisan che produsse, nel 2004, la legge istitutiva del “Giorno del ricordo in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale”. Val la pena di ricordare che tale accordo può essere considerato il punto d’arrivo di un lungo processo di riconoscimento reciproco – attraverso le politiche della memoria – di forze politiche contrapposte. Un processo reso possibile dal mutato contesto globale post 1989, e che vide come protagonisti Luciano Violante da una parte e Gianfranco Fini dall’altra, con la significativa mediazione dell’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Questi uomini erano certamente animati da contingenti motivazioni politiche, ma operavano nella prospettiva di una riconciliazione nazionale che, superando il conflitto ideologico, avrebbe riassorbito le memorie a lungo escluse dalla Storia del paese: dai “ragazzi di Salò” agli esuli istriani.

Fin dall’inizio tuttavia il tema delle violenze commesse alla fine del conflitto e dell’esodo di una parte della popolazione italiana dalla Jugoslavia post-bellica viene affrontato, a livello politico e mediatico, con estrema superficialità. Pubblicazioni di taglio sensazionalistico ma prive di fondamento storico,  trasmissioni televisive che si riducono spesso a mero scontro di opinioni, una fiction, realizzata dalla Rai già nel 2005 e ogni anno riproposta, fortemente empatica ma del tutto inverosimile; tutto ciò ha finito per veicolare uno scenario semplificato e manicheo, incentrato sugli stereotipi contrapposti del “bravo italiano” e del “barbaro slavo”. Al di là degli sforzi delle singole amministrazioni, le avventate dichiarazioni del presidente Napolitano hanno più volte suscitato reazioni piccate da parte delle autorità slovene e croate, andando a costituire un tema di micro-conflitto permanente con due paesi che da poco hanno aderito all’Unione Europea.

Le grossolane semplificazioni, la leggerezza nell’uso delle cifre e delle fonti, hanno prodotto una reazione comprensibilmente esasperata in ambienti culturali legati alla difesa della memoria della Resistenza. Mi riferisco a enti, associazioni o istituti di ricerca per i quali la data del 10 febbraio si è trasformata in occasione per analizzare la fascistizzazione forzata dell’Istria negli anni del regime e i crimini commessi dall’esercito italiano durante l’occupazione della Jugoslavia nella seconda guerra mondiale. Si tratta a ben vedere di un’interpretazione legittima del testo della legge, che parla anche genericamente di “vicende del confine orientale”, ma che tende a sminuire la questione specifica delle violenze commesse alla fine del conflitto.

Sempre più spesso si arriva al paradosso per il quale nello stesso giorno le amministrazioni pubbliche si trovano a patrocinare commemorazioni ufficiali a carattere puramente vittimistico (talvolta con accenti razzisticamente antislavi) e momenti di analisi incentrati sulle violenze commesse dagli italiani nel ventennio precedente al 1943-45: due discorsi pubblici conflittuali, immotivatamente slegati l’uno dall’altro. Sulla vicenda specifica della conflittualità postbellica esiste poi uno iato insanabile in termini di cifre (da poche migliaia a 15.000 “infoibati”), di motivazioni (epurazione politica versus pulizia etnica), di terminologia (esercito di liberazione jugoslavo o occupanti “titini”?).

L’inconciliabilità di queste due impostazioni appare evidente ed è forse questa che suscita nello storico di professione una sorta di vertigine: è come se mi sentissi galleggiare a metà di un guado, osservando entrambe le sponde allontanarsi. È paradossale che una giornata commemorativa nata per riconciliare le memorie divise di una nazione sia finita per separarle ulteriormente, lungo fenditure parzialmente differenti ma forse ancora più radicali. Dopo dieci anni di “cuori nel pozzo” si sente fortemente il bisogno di un nuovo sforzo di riconciliazione che parta dalla ricerca della verità, la sola che può rendere omaggio davvero alla memoria delle vittime. C’è bisogno di uno sforzo di rielaborazione e di conoscenza che consenta interpretazioni differenti – secondo le diverse sensibilità – ma partendo da dati condivisi, in larga parte ormai accertati dalla ricerca storica.



Eric Gobetti, classe 1973, storico torinese esperto di Europa orientale, ex-Jugoslavia e mondo slavo, autore di numerosi saggi tra cui Alleati del nemico (Laterza, 2013) e L’occupazione allegra. Gli italiani in Jugoslavia (Carocci, 2007).
http://www.eastjournal.net/il-ricordo-diviso-in-due-di-foibe-ed-altre-memorie/54945
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ThomasDoll

Re:Giorno del ricordo
« Risposta #107 : Giovedì 12 Febbraio 2015, 14:20:34 »
Potremmo anche aggiungere i salvacondotti ottenuti a carrettate da molti criminali di guerra nazifascisti che hanno traversato l'oceano per rifarsi una vita: tra gli altri, Mengele.
La riflessione di Zap è sacrosanta, aggiungerei che da 26 anni in qua c'è chi ottiene consenso e ha governato il Paese additando come "comunisti" i poveri resti di quel partito di massa, attribuendone troppo generosamente il lascito culturale alle pavide e mignotte spalle degli stralunati pasticcioni che, tra pds, ds e pd hanno fatto le esperienze del dopo. Ancora oggi c'è chi sostiene, non senza aver confuso faccia e qulo, che Renzi e Boschi siano eredi di quell'esperienza, dalla quale pigliano le distanze per primi. Ci vuole pazienza.
Quello che è successo in quei giorni terribili (e si è trattato di anni, nel complesso) è figlio della tempesta che distrusse l'intero continente, tra il 1914 e il 1945. Tutti abbiamo ascoltato testimoni di prima mano, in famiglia e fuori. Continuare a cercare la rissa su certi temi è assurdo e ridicolo. Al paese mio si usa un verbo: zeppeare. Significa cercare la rissa, provocare. Trovo più elegante, per chi vuole zeppeare farlo in contesti meno delicati, perché qui si è parlato di gente torturata e uccisa spesso gratuitamente, magari perché figlia di qualcuno o semplicemente perché italiana. Trovo che la cosa sia di un cinismo senza pari.

ThomasDoll

Re:Giorno del ricordo
« Risposta #108 : Giovedì 12 Febbraio 2015, 14:30:52 »
Per fare qualche passo avanti nel cammino ...

Secondo me questo dipende dal fatto che in Italia c'è stata una dittatura fascista che ha portato alla guerra, alla morte e alla distruzione.
Non c'è stata l'adesione al modello socialista, non c'è stato socialismo reale, non c'è stata rivoluzione poi finita male. Quindi la disputa, oltre a Camillo/Peppone, non ha attecchito nella testa degli italiani, per cui Mussolini è un ricordo concreto e Baffone solo un vagheggiamento, in positivo o in negativo, di chi di una dittatura sanguinaria come quella stalinista non ha avuto la minima percezione.
E questo un po' riassume anche certi elementi surreali dello scontro: del fascismo il Paese porta ancora i segni, del vagheggiamento rivoluzionario non resta niente. Se non il fantasma evocato dalla propaganda politica contraria: guarda caso la stessa cosa succede ancora, a blocco socialista seppellito e dimenticato dal 9 novembre 1989.

Offline aquilafelyx

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Re:Giorno del ricordo
« Risposta #109 : Giovedì 12 Febbraio 2015, 15:32:53 »
Secondo me questo dipende dal fatto che in Italia c'è stata una dittatura fascista che ha portato alla guerra, alla morte e alla distruzione.
Non c'è stata l'adesione al modello socialista, non c'è stato socialismo reale, non c'è stata rivoluzione poi finita male.


Non c'è stata rivoluzione ed il socialismo reale è rimasto un sogno ma l'adesione al modello comunista era il programma della più grande forza di opposizione, rimasta tale grazie al dispiegamento di forze che potevano essere impiegate in modo ben più proficuo.   

Citazione
Quindi la disputa, oltre a Camillo/Peppone, non ha attecchito nella testa degli italiani, per cui Mussolini è un ricordo concreto e Baffone solo un vagheggiamento, in positivo o in negativo, di chi di una dittatura sanguinaria come quella stalinista non ha avuto la minima percezione.

Lo scontro è stato violento sin dalla fine della guerra, vendette contro chi era stato coinvolto nel regime e crimini contro chi poteva contrastare una nuova egemonia non sono mancate, e se la percezione di cosa era la dittatura socialista era ignota a gran parte degli aderenti e dei militanti questo non si può dire dei vertici e dei quadri del partito che nell'URSS avevano soggiornato e che avevano toccato con mano la brutalità degli apparati comunisti.   

Citazione
E questo un po' riassume anche certi elementi surreali dello scontro: del fascismo il Paese porta ancora i segni, del vagheggiamento rivoluzionario non resta niente.


Gran parte del debito pubblico è stato creato per evitare le tensioni sociali sul cui fuoco soffiavano i vagheggiatori del socialismo reale, queste ferite non hanno lasciato segni sulla pelle ma nell'anima, e le conseguenze le stanno pagando le generazioni che oggi lottano contro una crisi che ci riporta a livelli economici e di sviluppo post bellici.

Citazione
Se non il fantasma evocato dalla propaganda politica contraria: guarda caso la stessa cosa succede ancora, a blocco socialista seppellito e dimenticato dal 9 novembre 1989.

Fantasmi che si manifestano ancora oggi e che pur di negare gli orrori del comunismo non esitano a mettere in competizione vittime di stragi, quelle sì, tutte infami senza nessuna esclusione, non rendendo onore e togliendo rispetto alle vittime che hanno patito per l'odio ideologico che i teorizzatori di società perfette hanno profuso a piene mani.
M'illumino di Lulic

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ThomasDoll

Re:Giorno del ricordo
« Risposta #110 : Giovedì 12 Febbraio 2015, 16:25:23 »
Non so, aquilafelyx, mi pare che le cose siano andate diversamente soprattutto per volontà dei vertici del PCI, che da Mosca si è progressivamente allontanato, pur beneficiando per decenni dei contributi economici provenienti da oltrecortina. Se la rivoluzione non c'è stata, e con essa la guerra civile, si deve anche al senso di responsabilità di chi guidava quella forza nei numeri enorme, ben superiore a tutte le forze politiche attualmente su piazza. Insomma, il PCI è stato una grande anomalia occidentale, con le sue ricchezze e le sue contraddizioni, e fin dall'inizio ha lavorato per una composizione di massima che evitasse tensioni interne che sarebbe stato facile cavalcare. La guerra civile si è sfiorata, a quanto si legge oggi, più volte. Il Paese era povero, sfinito dai lutti e dalle macerie, incattivito e desideroso di riscattarsi: c'era tutto per approfittarsene e nessuno lo ha fatto. Quanto ai crimini di guerra, fatta salva l'eguaglianza tra le vittime delle più atroci sofferenze, resta la generalità o quasi dei criminali che non hanno pagato per le proprie colpe. Forse anche questo è servito a evitare che scorresse altro sangue, ma molte questioni, come dimostra nel suo piccolo anche questo topic, sono rimaste irrisolte. E non se ne uscirà se non fra parecchi anni.

Offline AlenBoksic

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Re:Giorno del ricordo
« Risposta #111 : Giovedì 12 Febbraio 2015, 17:45:05 »
 Se l'antifascismo è nelle fondamenta della Repubblica Italiana l'anticomunismo lo deve essere necessariamente nella costituzione di una Europa Unita.                   

Come l'antifascismo comprende il comunismo
chi c'è di più anticomunista del fascista?
Bisogna andare oltre una volta per tutte dalle posizioni solo negative. La base comune dell'antifascismo come dell'anticomunismo è la democrazia, quindi bisogna dirsi per essa.
Se proprio si vuole contrapporsi a qualcosa non può che essere qualsiasi forma di stato totalitario.
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Re:Giorno del ricordo
« Risposta #112 : Giovedì 12 Febbraio 2015, 17:59:25 »
A me sembra che a fronte di uno stalinismo solo vagheggiato e mai attuato, ci siano stati in Italia ben altri centri di potere che hanno veramente inciso tragicamente sul nostro modo di vivere, sulla nostra etica e sull'economia. Nel dopoguerra, al di là di vendette sanguinose  attuate verso taluni fascisti, vi è stata l'amnistia di Togliatti che ha spento il rischio di una nuova guerra civile, ma ha consentito agli apparati di polizia e di controllo di avere ai vertici ex fascisti che hanno seguitato ad operare con i vecchi e repressivi sistemi e con la benedizione degli americani (v. Regio Emilia, Genova, Tambroni ecc.), una chiesa che ha ampliato a dismisura la sua influenza sugli Italiani dettando linee comportamentali antiquate e conservatrici (si pensi alle battaglie sul divorzio e sull'aborto che hanno trovato una conclusione solo negli anni '70) e ha consentito alla D.C. di governare indisturbata fino ad oggi, Renzi docet. Gli studenti italiani hanno avuto una scuola i cui  docenti, fino al '68 più o meno, si erano formati durante il fascismo e che hanno seguitato ad insegnare secondo la loro formazione di regime. I governi D.C. hanno avallato ogni decisione politica e militare proveniente da mamma CIA e se anche qui sopra qualcuno ricorda giustamente i fatti d'Ungheria, si sorvola sulla dittatura greca, su Pinochet, sull'Argentina, su quasi tutta l'America latina, sulle minacce che riceveva quotidianamente Moro da quel gentiluomo di Kissinger, sulle stragi fasciste senza colpevoli, sulla strage di Via Fani attribuita a delle strane B.R. che oggi, e da tanto tempo, vedono i loro rei confessi  fuori dal carcere con dubbi irrisolti, mentre restano dentro altri brigatisti che non hanno commesso reati di sangue. I "sinistrati" o i "bella ciao", come simpaticamente qualcuno li chiama, sono comunque quelli che scendevano in piazza nei primi anni '50 a farsi ammazzare da Scelba per chiedere giustizia e dignità, quelli che hanno costretto, insieme a milioni di altri ragazzi del mondo, gli Stati Uniti a  far cessare la guerra in Vietnam. Quelli che, con tutti i loro limiti, hanno smosso quella palude stagnante di perbenismo e di conformismo bigotto, che era l'Italia pre-sessantotto. E a tale proposito voglio chiarire a qualcuno che i ragazzi del '68 non erano tutti pariolini e borghesi, ma anzi la maggior parte di essi erano dei proletari che avevano preso coscienza delle distonie del "sistema Italia". La maggior parte dei pariolini stavano nelle amorevoli e costosissime scuole private del quartiere a far finta di scandalizzarsi per poi però accettare con gioia la riforma della scuola, degli esami di maturità, i decreti delegati ottenuti grazie alle manifestazioni di altri che si erano fatti rompere le teste dai celerini. E' vero, ci sono stati gli anni di piombo con violenze belluine intollerabili, ma dai contorni sfumati. Vogliamo dire che erano estremisti di sinistra? Va bene, lo erano. Ma erano anche estremisti di destra collusi con apparati statali sia pur deviati. Ma questo ha dato modo al potere di stringere ancor di più la libertà personale con leggi (es. la legge Reale) valide anche oggi e con cui assurdamente conviviamo. Insomma, tralasciando Craxi e Berlusconi che ci hanno massacrato, i governi di baffetto, e non ce provate a dire che era di sinistra, che mandava gli aerei ad ammazzare gente nella ex Jugoslavia, i folli interventi militari in Iraq e in Afganistan per leccare il deretano degli USA, mani pulite, la corruzione dilagante, la crisi morale e lavorativa dei giovani, l'assoluta mancanza di libertà di una stampa asservita, leggevo oggi che siamo scesi di altre 27 posizioni nel mondo, i troppi suicidi all'anno connessi a problemi lavorativi, non mi vergogno per niente a dirmi di sinistra, di una certa sinistra libertaria e onesta che non ha mai governato in Italia e dico pure che, considerati i danni fatti da chi ci ha invece governato e che ho cercato di riassumere, mi dichiaro pure, reggeteve, ideologico.

Offline BobLovati

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Re:Giorno del ricordo
« Risposta #113 : Giovedì 12 Febbraio 2015, 18:46:04 »
OT

ma non aveva detto che emigrava, MCM ??     :P

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Re:Giorno del ricordo
« Risposta #114 : Giovedì 12 Febbraio 2015, 19:50:13 »
Come l'antifascismo comprende il comunismo
chi c'è di più anticomunista del fascista?
Bisogna andare oltre una volta per tutte dalle posizioni solo negative. La base comune dell'antifascismo come dell'anticomunismo è la democrazia, quindi bisogna dirsi per essa.
Se proprio si vuole contrapporsi a qualcosa non può che essere qualsiasi forma di stato totalitario.


Appunto, per questo non ci devono essere remore a denunciare i crimini degli uni o degli altri né bisogna confondere le vittime con i carnefici anche se questo va contro gli ideali seguiti per lungo tempo, il Giorno del Ricordo è dedicato a quanti perirono nella tragedia delle terre di confine, non ci dovrebbe essere la ricerca delle giustificazioni alle stragi, altrimenti andando a ritroso si arriva a Caino ed Abele.
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Offline Arch

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Re:Giorno del ricordo
« Risposta #115 : Giovedì 12 Febbraio 2015, 20:10:34 »
Scusate, ovviamente Reggio Emilia e non Regio Emilia.

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Re:Giorno del ricordo
« Risposta #116 : Giovedì 12 Febbraio 2015, 20:41:52 »
Come l'antifascismo comprende il comunismo chi c'è di più anticomunista del fascista?

Bisogna andare oltre una volta per tutte dalle posizioni solo negative. La base comune dell'antifascismo come dell'anticomunismo è la democrazia, quindi bisogna dirsi per essa.

Se proprio si vuole contrapporsi a qualcosa non può che essere qualsiasi forma di stato totalitario.

Come spesso succede (  ;) non sempre eh?) AlenBoksic dice qualcosa di linearmente saggio.

Darsi del comunista o del fascista a vicenda rivela secondo me la cultura inguaribilmente teocratica del nostro paese. 
Lo so che sono (quasi) il solo a fare un discorso del genere in questo forum, ma per capire perché i residui di questa cultura siano così pervicaci bisogna arrivare al punto cardine, cioè alla frase dell'intervento di AB che ho evidenzianto in rosso.

In una teocrazia si assume, come principio fondante, di sapere cosa sia “il giusto” e cosa sia “sbagliato”.
Si assume quindi di possedere un criterio di giudizio per il quale sia definitivamente possibile dire sempre quale sia la strada da percorrere. 
Una volta stabilito che sappiamo cosa sia giusto e cosa sia sbagliato la democrazia non serve più.
Fascismo e comunismo sono, di fatto, due teocrazie, perché agiscono allo stesso modo generando la medesima conseguenza: l'inutilità della democrazia.
E darsi del fascista o del comunista a vicenda (a me in genere si da del fascista non perché io lo sia -so di essere tutt'altro, se permettete- ma solo perché a sinistra si è più bigotti) vuol dire solo scambiarsi anatemi da guerra di religione.

In questo senso la mia mancanza di fedi (che qui qualche buontempone ha bollato come ignoranza arrogante) non è altro che l'unica difesa possibile del concetto di democrazia.

Perché perfino dichiararsi di destra o di sinistra, (cioè assumendo che la strada giusta sia quella che si preferisce percorrere e sbagliata quella che va in senso contrario) significa usare uno dei principi tipici della teocrazia: la mia ideologia rappresenta il giusto e basta seguirla per essere nel giusto, mentre la tua è sbagliata.

Quindi, facendo un minimo di esegesi alla frase di AB"
"Bisogna andare oltre una volta per tutte dalle posizioni solo negative. La base comune dell'antifascismo come dell'anticomunismo è la democrazia, quindi bisogna dirsi per essa."

Se vogliamo una democrazia dobbiamo partire dal presupposto contrario: non sapendo dire con assoluta certezza cosa sia giusto o che cosa sia sbagliato, preferiamo limitarci a quello che accontenta di più la maggioranza.

Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

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Re:Giorno del ricordo
« Risposta #117 : Giovedì 12 Febbraio 2015, 20:45:48 »
... mi dichiaro pure, reggeteve, ideologico.
Discorso già affrontato, caro Arch.
Probabilmente non ti troverò d'accordo, ma (come dissi quando lo affrontammo) a me interessa molto più andare d'accordo con i fatti che con le persone.
Comunque te lo riassumo:
Nel mondo del fideismo, l'ideologia (o la religione) è perfetta. Quindi il comunismo è perfetto, il fascismo è perfetto, il cristianesimo è perfetto, l'islam è perfetto (bada bene, ti sto facendo esempi di religioni ed ideologie in contrapposizione fra loro)  e così via.
Se però fai notare ai loro seguaci che il loro credo all'atto pratico non ha funzionato, ti risponderanno (esattamente come hai fatto tu) che l'ideale in cui credono è perfetto, ma il mondo no, quindi è la sua sbagliata applicazione ad avere fallito (per via dell’imperfezione del mondo) e non il loro credo.
(Che, ohibò, appunto per l'imperfezione del mondo non si attuerà MAI).
 ;) N'est pas?
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Re:Giorno del ricordo
« Risposta #118 : Giovedì 12 Febbraio 2015, 21:03:19 »
...

Tornando alla teocrazia, per il solo fatto di aver osato riportare quello che scriveva l' unità sui profughi istriani (bisogna tacere, cazzo!  ;D peccato che non esistano più i gulag o i tribunali dell'inquisizione, eh, boblovati? ma checcevoifà, te devi accontentà delle pernacchie) l'intollerante chierico di turno ha usato l'unico patetico bastone che è in grado di usare.
Complimenti per aver migliorato il tuo record!  :D
Comunque ad ognuno le sue armi,  ;) io preferisco la dialettica.
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Re:Giorno del ricordo
« Risposta #119 : Giovedì 12 Febbraio 2015, 21:57:15 »


Post lunghissimo che abbraccia molti temi che abbiamo o andrebbero discussi a parte,
prendo però la parte relativa a Togliatti perché di attinenza al topic, la situazione nelle terre contese vide infatti l'occupazione dei territori da parte dei comunisti jugoslavi che guidati da Tito avevano condotto la resistenza contro i nazifascisti e non solo, la differenza delle posizioni di Tito e Togliatti verso Stalin ed il Comintern ebbero degli effetti concreti nella vicenda delle foibe e più in generale sulla definizione dei confini, entrambi durante la guerra erano perfettamente integrati nel Comintern almeno fino all'inizio della Guerra civile in Grecia, dove Tito si schierò a fianco del KKE provocando la reazione di Stalin che non gradiva la possibilità di una rottura del fronte alleato prima della sconfitta della Germania, la differenza con Togliatti era quindi la maggiore attenzione agli interessi territoriali della nascente Jugoslavia anche a costo di andare contro le direttive del Comitato Centrale del Partito rispetto a chi non esitava a sacrificarli nel nome del comunismo.
A questa visione si devono quindi il via libera dei partigiani comunisti italiani all'occupazione delle terre istriane e del confine sloveno e alla persecuzione degli italiani che lì abitavano, un mero calcolo di cinismo politico che già aveva portato a scontri con formazioni partigiane di ispirazione non comunista, a Porzus l'eccidio più eclatante.   
La politica di Tito portò in breve tempo alla rottura con Stalin e col Comintern ed un riavvicinamento agli angloamericani che estesero il Piano Marshall anche alla Jugoslavia, non fu perciò per un caso che Tito rinuncia alle richieste di estradizione per i crimini di guerra, anche lui aveva i suoi scheletri nell'armadio, ma vistosi isolato internazionalmente con la sconfitta dei comunisti greci preferì un profilo di real politik al rischio di una nuova invasione, temuta sia da est che da ovest.   
Non fu quindi solo la reticenza italiana a negare giustizia alle vittime dell'occupazione fascista ma anche i calcoli di Tito, un altro dei tanti idolatrati con le mani insanguinate.
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