Quell’Atletico presidente di nome CiacciaLA TERZA SQUADRA DI ROMA SOGNA LA PROMOZIONE IN SERIE B: LA GUIDA UN RAGAZZO DI 41 ANNI(di Malcom Pagani e Carlo Tecce)
Palazzi, villette bifamiliari denominate ‘Paradiso’, cantieri dell’Anas, società di consulenza, centri medici sparsi sul territorio, vacanze in Costa Smeralda abbracciato a Manuela Arcuri e inverni a Miami, come in certi film dei fratelli Vanzina. Mario Ciaccia, nato alla vigilia del Natale 1969, ama le epifanie. La neo-divinità, naturalmente, è lui. Presidente dell’Atletico Roma, costruttore, un uomo fortunato. La squadra che rilevò dagli amici Alessandro e Pierino Tulli un anno fa è la sorpresa dei campionati professionistici. Sei vittorie, nessun pareggio, neanche l’ombra di una sconfitta. Un allenatore Peppino Incocciati, che abbandonata la politica a destra nella sua Fiuggi e le partite di golf con Maradona, ha indossato tuta e si è messo a disposizione come in un Napoli di qualche lustro fa. Giocatori come Baronio, Esposito e Franceschini che fino a pochi mesi fa duellavano con Totti e oggi, abbandonate le dirette in mondovisione, vestono la maglia dell’Atletico. Le stelle divenute meteore trasmigrano in terza serie, perché (come si pontifica in questi casi) conta il progetto ed esiste il rischio concreto di tornare a brillare. Poi, oltre gli ideali al vento, i soldi. Investimenti multiformi, bilanci notevoli, utili che all’alba del 2009, denunciavano per la Fratelli Ciaccia, l’holding del gruppo, milioni di euro di segno positivo e ben cinque di capitale sociale. Se chiedi agli storici palazzinari romani, del rampante erede del patriarca Romualdo, nessuno sa dirti nulla di preciso. Lo confondono con Danilo Coppola e quando si rendono conto dell’equivoco, salutano.
Tante società, una fede, qualche dubbio
COMUNQUE dopo aver cambiato in estate la denominazione della società calcistica in seguito a democratico referendum sul Web, il lazialissimo Ciaccia ha evitato di fermarsi. Quindi compra, spande, parla poco, accumula cariche. Alla camera di commercio di Roma infatti, le società riconducibili ai Ciaccia (tutto in famiglia, con il fratello Davide Ad dell’Atletico Roma) sono undici. Nove srl, una Spa e la Ciaccia costruzioni, classificata come “Costruzioni di edifici residenziali e non residenziali”, in liquidazione. Ciaccia sa difendere la sua privacy. La segretaria, gelida, respinge con garbo: “Il dottor Ciaccia è in riunione”, l’addetto stampa allontana gentilmente: “Si renda conto, colloquiare in giornata non è semplice, il presidente ha molti impegni e il telefonino spento”.
Alemanno, un amico vero allo Stadio Flaminio
CIACCIA è così. Solidi rapporti con le banche (Intesa San Paolo, cui ha recentemente versato nove milioni di euro per acquistare un immobile in Viale Kant, tra le vie Nomentana e Tiburtina) il sindaco Alemanno (che abbraccia il presidente, riceve in regalo magliette con il numero dieci e il proprio nome e non perde occasione per lodare il lavoro di “due fratelli che stanno dando lustro alla città”), brame sullo stadio Flaminio, di cui vorrebbe “sfruttare l’indotto commerciale”, profilo da playboy, iniziative di beneficenza (molte e non sempre pubblicizzate, di farlo si incarica il primo cittadino di Roma) e idee chiare. L’Atletico, in pochi anni, sarà nel posto che più compete a un club impegnato in una questione capitale. Raggiungere Roma e Lazio, stabilirsi nella parte Nord della città dove affari, ministeri, attici ed edifici a sei zeri fanno rima con potere (Parioli e dintorni) e lasciare stadi non a norma e province polverose per confrontarsi con platee diverse da quelle di Siracusa.
Per farlo i Ciaccia non perdono tempo. Firmano preliminari di acquisto per costruzioni di centri commerciali a Pomezia (30.000 mq), stringono accordi con la Regione Lazio (Prima Marrazzo, ora Polverini, la linea è dialogare proficuamente con tutti), assumono cassintegrati e pagano stipendi a 250 dipendenti che giurano sulla “correttezza” del loro datore di lavoro.
Per l’Atletico Roma (Ex Cisco), il bilancio del 2009 prevedeva spese per personale e stipendi pari a quasi due milioni di euro. Il debito d’esercizio testimoniava una volontà di investire. Qualcuno insinua che l’Atletico sia solo un trampolino per arrivare all’Olimpo.
La Roma, prima del campionato costava centoquaranta milioni di euro. Oggi, con una classifica che lacrima e una prospettiva europea incerta se non drammatica, almeno cinquanta di meno. “Vuoi vedere che i fratelli Ciaccia, sviluppati i sensi, conquisteranno l’impero?”. La battuta è di un tifoso. Nel pallone, esagerando come d’abitudine un pezzo di città è già andata comunque.Roberto Baronio, ora all’Atletico Roma