Gareth, quella meta di 40 anni fa
"Così divenni 'That Try'"
Il 27 gennaio 1973, Barbarians-All Blacks: il gallese Edwards, il migliore della storia della sua nazione, concluse l'azione più bella di sempre. Per il rugby, vale il gol di Maradona in Messico
di MASSIMO CALANDRI
La meta di Gareth Edwards
"TWL E MA". Come ha detto, scusi? "È gallese. Si pronuncia tol-è-ma, vuol dire: dammela qui. Dammi la palla. Non so neppure se quel bestione di Derek Quinnell mi abbia davvero sentito, quando gliel'ho urlato nelle orecchie. Forse voleva passarla a John Bevan, ma io arrivavo sparato. L'ho presa, me la sono stretta al petto. Non ho mai corso così veloce in vita mia. E il resto lo sapete". Buon anniversario, Gareth Edwards. La più bella meta nella storia del rugby, segnata dal più grande giocatore di sempre. Era il 27 gennaio del 1973. Arms Park di Cardiff, il tempio ovale oggi all'ombra dell'astronave chiamata Millenium Stadium, ma quando la sera accendono i riflettori è da quel vecchio prato che rimonta il profumo delle leggende. La meta, that try. In lettere maiuscole. Un capolavoro, un monumento allo sport che gli appassionati di rugby hanno imparato a memoria, riavvolgendo all'infinito il nastro di quella partita dai colori indelebili.
Cielo grigio, poi il nero degli All Blacks, e ancora bianco, e nero, le larghe strisce sulle maglie dei Barbarians. Tutto parte da un lungo calcio dei neozelandesi. Ed è allora che il commentatore dell'epoca - Cliff Morgan - recita il primo verso di una cronaca che diventerà poesia, perché su quelle parole ci hanno pure scritto un libro. "Phil Bennett covering", dice. Il numero dieci dei Barbarians va in copertura, recupera l'ovale nella propria area dei 22 metri e con una serie di finte mette fuori gioco cinque avversari. "Brilliant... oh, that's brilliant!". La voce di Morgan comincia ad incrinarsi. Da quel momento l'ovale passerà tra le mani di altri sei compagni, che guadagneranno terreno annichilendo gli avversari. John e Brian Williams, Pullin (un inglese, il solo tra i tanti gallesi che parteciperanno all'opera d'arte), Dawes, Davis, Quinnell. Fino a quell'ultimo passaggio. Fino allo scatto di Gareth. "Una partenza drammatica! Chi può fermare un uomo così?". Nessuno, appunto. Il tuffo in meta, la commozione del telecronista: "Se il più grande romanziere di sempre avesse scritto questa storia, nessuno gli avrebbe creduto!".
Quarant'anni dopo non c'è mai stato niente di più bello, e non ci sarà mai più. Lo sa anche Gareth Edwards, che oggi ha 66 anni e non porta più i basettoni, ma lo sguardo s'accende come allora: "Mi sembra impossibile che la gente continui a parlarne". Quando si è trattato di scegliere tra i più grandi momenti sportivi dello sport britannico, "that try" ha ottenuto il 20 per cento dei suffragi. L'unico paragone che regge è con il gol di Maradona all'Inghilterra nei Mondiali dell'86. Edwards è stato nominato miglior giocatore nella storia del Galles. Gli hanno persino dedicato una statua nel centro di Cardiff. "Quella meta l'ho fatta io, ma è stato un regalo di tutti i miei compagni". Adesso un'azione così sarebbe fantascienza. "Con le nuove regole, l'arbitro avrebbe fischiato almeno un paio di volte. I neozelandesi hanno provato a fermarci prendendoci al collo, ma quel giorno non c'era niente da fare". Appunto. Finì 23-11 per i Barbarians.
Un rugby antico, romantico, che non tornerà. "Ora si pensa soprattutto a difendere. E ai muscoli, alla forza pura. Si è persa la fantasia, lo spirito di avventura. La libertà". Però i campioni di oggi dicono che l'unico del passato che non patirebbe la differenza è un certo Gareth Edwards. "Bugiardi. Sono il direttore dei Cardiff Blues, sperano solo di assicurarsi un buon ingaggio", ride di gusto. Sabato prossimo il suo Galles va alla conquista del Sei Nazioni, ma non sarà facile. "Troppi ragazzi infortunati. Abbiamo parecchi giovani di talento, manca qualcuno di esperienza. Però credo che faremo vedere buone cose, anche perché ci sono in ballo le convocazioni per il tour estivo dei Lions". E l'Italia? "All'Olimpico sono molto forti. E poi gli azzurri hanno un entusiasmo che può portarli lontano. Vinceranno più di una partita, sicuro". Con i nostri gioca un buon mediano di mischia, Edoardo Gori. "Mi dicono che ha talento".
Certo, Gareth Edwards resta inimitabile. E pensare che da ragazzo stava per diventare una stella del calcio. Il soccer. "Avevo sedici anni. Giocavo nel Swansea. Attaccante. Mi piaceva stare all'ala, ero veloce, avevo talento. Stavo per firmare un contratto, ma poi scelsi il rugby. Chissà come sarebbe andata a finire". Niente "that try". Magari un gran gol in rovesciata. "Non lo so. Non segnavo molto.
Ai miei tempi nel Swansea le reti le faceva un italiano". Un italiano? "Sì. Uno grande e grosso, fisico da rugby. Giorgio Chinaglia, proprio lui. Questa storia non l'ho mai raccontata: eravamo coetanei, giocavamo insieme. Uno simpatico, gli piaceva scherzare. Poi è tornato in Italia, so che ha vinto uno scudetto con la Lazio". Era il 1974. Solo un anno prima, sul prato odoroso dell'Arms Park, un altro ragazzo con la maglia a strisce orizzontali ringhiava: "Dammela qui". Non aveva mai corso così veloce in vita sua.
http://www.repubblica.it/rubriche/la-storia/2013/01/28/news/gareth_edwards_meta-51453360/?ref=HRLS-6