Autore Topic: Perché da 25 anni il calcio ungherese fa schifo?  (Letto 3511 volte)

0 Utenti e 1 Visitatore stanno visualizzando questo topic.

oizaL

Perché da 25 anni il calcio ungherese fa schifo?
« : Venerdì 7 Dicembre 2012, 10:40:38 »
E' una domanda che mi è sorta ieri sera, prendendo spunto dall'arbitraggio a Maribor di una terna appunto ungherese

Ma perché l'Ungheria, forse la nazione più "ricca", più "progredita" tra le reduci del Patto di Varsavia, di sicuro quella con più tradizione calcistica in quella parte di Europa, non riesce più a esprimere nulla né dal punto di vista della Nazionale, né a livello di club, né a livello di singoli giocatori?

Cioé dal Mondiale dell'86 questi non si sono più visti né a una Coppa del Mondo né a un Europeo. Eppure è stato allargato il numero delle partecipanti. Abbiamo visto partecipare a queste competizioni squadre come la Lituania, la Slovenia, la Slovacchia, l'Ucraina, etc etc. Oltre alle "tradizionali" Bulgaria, Romania, Polonia, Serbia, Croazia, etc etc. Ma l'Ungheria possibile che non ce riesca?

A livello di club, in Champions oramai ci sono squadre quasi fisse come il Cluj o il Bate Borisov. Ogni tanto appare un Viktoria Pilsen. E poi le classiche Steaua, Partizan, etc etc. In Europa League pure le bulgare si fanno onore. Come mai non se vedono mai, non dico al secondo turno ma neppure a giocarsi un preliminare di Champions, le ungheresi?

Ma cosa più incredibile, anche se chiaramente legata al fatto dei fallimenti di Nazionale e Club, è che non ce stanno un giocatore ungherese "bono" manco a trovallo col lanternino. Cioè, anche una Moldavia, un Montenegro, una Macedonia, una Bielorussia, una Lettonia, una Bosnia, pure se fanno schifo a livello di competizioni, però te lo tirano fuori uno Shevchenko, uno Jovetic, un Vucinic, un Lulic, un Hleb, chessò, tanto per dire i primi nomi che me vengono in mente. Possibile che l'Ungheria sia rimasta a Lajos Detari e poi in 25 anni non ha tirato fuori più nessuno? Cioè le stelle attuali sono tale Dzsudzsak (della Dinamo Mosca...m'hai detto cazzi...) e Koman che faceva la riserva de Guberti e Sammarco nella Sampdoria.

Qualcuno ha legami familiari, affettivi, professionali con l'Ungheria e mi sa fare un reportage dettagliato di motivazioni e circostanze per cui l'Ungheria dal punto di vista calcistico non esiste più?

Teo

Re:Perché da 25 anni il calcio ungherese fa schifo?
« Risposta #1 : Venerdì 7 Dicembre 2012, 10:50:12 »
E' un paese con appena 10 milioni di abitanti, e la tradizione calcistica che conoscevamo è tramontata da tempo. Tra l'altro credo che il calcio, seppure ancora molto popolare, goda di buona concorrenza da parte di altri sport. E' un problema di numeri, insomma.

oizaL

Re:Perché da 25 anni il calcio ungherese fa schifo?
« Risposta #2 : Venerdì 7 Dicembre 2012, 10:56:14 »
Sì, ma perché anche nazioni più piccole dal punto di vista demografico o che hanno altri sport "nazionali" prima del Calcio (penso a quelle dell'ex Yugoslavia o a quelle Baltiche), comunque un giocatore da Champions League (non dico una nazionale o una squadra, ma un singolo gicatore) te lo tirano fuori. L'Ungheria, invece, è completamente apatica da un quarto di secolo. Per questo cerco qualcuno che ne sappia più a fondo sulle cause di questo oblio inspiegabile per tradizione, potenza economica (rispetto ad altre Nazioni di quell'area geografica), prestigio, etc etc.

Offline cuchillo

  • Superbiancoceleste 2012
  • *
  • Post: 8359
  • Karma: +359/-17
    • Mostra profilo
Re:Perché da 25 anni il calcio ungherese fa schifo?
« Risposta #3 : Venerdì 7 Dicembre 2012, 11:42:31 »
A parte che ti applaudo per il topic fantastico, credo ci sia un preciso spartiacque: i Mondiali in Messico.
L'Ungheria era partita, non dico per vincere il Mondiale, ma per disputare una grandissima competizione.
Ricordo ancora che Pato disse - nella sua rubrica "Il tacco di Pato" - che l'Ungheria avrebbe vinto il Mondiale. Già, l'Ungheria che batté 3 a 0 il Brasile in amichevole pre-mondiale. Quella partita menò scandalo in Sudamerica.
Poi l'esordio, pronti-via e l'Ungheria viene annientata 6 a 0 dall'Unione Sovietica del Colonnello Valeri Lobanovsky, la famosa partita in cui Agnolin disse: "mai in vita mia ho visto una squadra giocare così".
Insomma, per l'ambiziosa Ungheria fu una mazzata terribile, da cui non si riprese più. Immagino che anche la popolarità del calcio, dopo quella disfatta, un po' ne abbia risentito.
L'Ungheria del 1982, ricordiamolo, sebbene non passò il girone di ferro contro Argentina (campione in carica) e Belgio (una delle squadre regine degli anni '80), realizzò la famosa goleada contro El Salvador e impattò con pieno merito contro il Belgio che aveva sconfitto l'Argentina.
Sbagliò, di fatto, solo la gara contro l'Argentina, prima partita da protagonista in un mondiale di Diego Armando.
Invidio tanto Massaccesi. Ossia Jooooooe D'Amato.

Teo

Re:Perché da 25 anni il calcio ungherese fa schifo?
« Risposta #4 : Venerdì 7 Dicembre 2012, 11:52:25 »
Ricordo un'amichevole contro l'Italia nell'89, giocò alla grande (doppietta compresa) un giovane Baggio al posto di Giannini, e due secondi dopo il fischio finale Ezio De Cesari si precipitò più rantolante del solito ai microfoni Rai per dire che "questa grande partita di Baggio 'un deve mettere in discussione l'importanza di Giannini", erano i primi colpi sotto la cintura della mafia che ci sarebbe costata il Mondiale del '90 (ricordo che in Italia-Argentina Baggio iniziò IN PANCHINA, per far posto al principe de 'sta fava che trascorse la partita vagando nel nulla, come tutte le volte in cui c'era bisogno di pugnare).

Episodio a parte, perché è di Ungheria che si parla, ricordo come i magiari apparvero in quella partita per quello che sono sempre stati: gioco brillante e fantasioso (il soprannome di brasiliani d'Europa non è campato in aria) ma scarsissima attenzione alla fase difensiva: stesso problema nell'86 e nel citato Argentina-Ungheria 4-1 dell'82, quando un Maradona libero di agire li fece a pezzi da solo.

Non sono a conoscenza di altre possibili motivazioni e spero che qualcuno soddisfi la curiosità di oizaL, ma per me una cultura calcistica poco incline al pragmatismo ha la sua parte, in questa eclissi. Sembra quasi che gli ungheresi sono così, oppure non sono.

oizaL

Re:Perché da 25 anni il calcio ungherese fa schifo?
« Risposta #5 : Venerdì 7 Dicembre 2012, 11:56:23 »
Accetto la teoria di Cuchillo e provo una prima deduzione (in attesa di pareri ben più qualificanti e meno terra terra dei miei).

Fosse che l'Ungheria, fino a che si stava col Muro di Berlino, era la più all'avanguardia di tutti e quindi aveva gioco facile a primeggiare se paragonata alle altre nazioni di quell'area?

Mi spiego, prendendo spunto dal topic di Cuchillo. Guarda caso l'Ungheria si qualifica sempre, o quasi sempre, dal dopoguerra all fine degli anni Ottanta. Raggiunge vette inarrivabili negli anni Cinquanta, vince un Pallone d'Oro con Albert negli anni Sessanta, sforna signori giocatori negli anni Settanta tipo Nylasi, Torocsik, Fazekas, e poi negli anni Ottanta punta a vincere il Mondiale come diceva Pato.

Nel 1989 cade il Muro di Berlino e dal 1990 l'Ungheria scompare dal calcio che conta.

Non è che finché se trattava di fare la "fighetta" con i "poveracci" dei paesi cirocstanti gli riusciva tutto? E poi quando dopo il crollo del Muro di Berlino sono finiti i "poveracci" o comunque c'è stato un livellamento tra tutti quanti (in alto o in basso fate voi, non mi interessa. Non mi va di aprire un dibattito politico se la fine del comunismo abbia arricchito o impoverito l'Est europeo; anzi, lo dico in anticipo: apriteci un topic a parte se dovete comincià a scannavve sulla politica), l'Ungheria, dicevo, non ha retto più perché ha perso il titolo di "fighetta tra i poveracci" e quindi è scomparsa?

Capisco che è un ragionamento stupido e terra terra. Però mi fa pensare questa coincidenza di date tra fine del Muro di Berlino e scomparsa del calcio ungherese.

Resterebbe comunque da capire, perché se pure abbia perso il titolo di "fighetta tra i poveracci", non abbia prodotto un briciolo di nulla di nulla a livello calcistico. Un crollo verticale che l'ha portata sotto i "poveracci" un tempo suoi sudditi.

Offline carpelo

  • Power Biancoceleste
  • *
  • Post: 9320
  • Karma: +385/-9
  • Sesso: Maschio
  • la Lazio è AMORE
    • Mostra profilo
Re:Perché da 25 anni il calcio ungherese fa schifo?
« Risposta #6 : Venerdì 7 Dicembre 2012, 12:01:04 »
Secondo me lo spartiacque è il 1989 ed è legato a motivi economici e politici, non sportivi.
Diversi club sono falliti una volta usciti dal comunismo ed il calcio probabilmente non ha suscitato particolare interesse in chi doveva investire.
Può essere che quel vuoto creatosi allora abbia ancora delle ripercussioni: pochi investimenti, scarso interesse, vivai miseri.
E' anche vero che altre nazioni sono uscite ben diversamente da quell'epoca, per cui andrebbe analizzata la specificità ungherese. Ma in ottica economica, politica, sociale e non sportiva, secondo me.


Va comunque detto che l'Ungheria è calcisticamente scarsina da ben prima, specie se comparata a quella di 50/60 anni fa.


PS Ma non era la Jugoslavia il Brasile d'Europa?

Teo

Re:Perché da 25 anni il calcio ungherese fa schifo?
« Risposta #7 : Venerdì 7 Dicembre 2012, 12:03:10 »
Ho trovato questo articolo, scritto da un ungherese, che spiega un po' (secondo lui, naturalmente) la crisi del calcio magiaro

http://www.eastjournal.net/lest-nel-pallone-il-declino-del-calcio-ungherese-tra-politica-ed-economia/10248

Qualche anno fa parlare del calcio ungherese sarebbe stata un’opera masochista, conoscendo già dove la discussione sarebbe terminata: o nel ricordo avvincente quanto melanconico della grande nazionale del passato oppure in una desolante constatazione della nullità odierna. Oggi però la stessa discussione potrebbe avere esiti diversi, più positivi di quanto si creda, nonostante la recente eliminazione dai campionati Europei.

Il calcio ungherese ha un passato glorioso, indimenticabile la spettacolare “squadra d’oro” di Puskas che sfiorò il primo posto al mondiale del 1954 e conquistò l’oro olimpico nel 1952. Non solo la nazionale ma anche giocatori e allenatori rivestirono ruoli di prestigio in Europa. Tecnici magiari allenarono Inter (dal 1926 al 1936), Milan, Roma e molte altre. Nomi come Arpad Weisz e Bela Guttman (in Portogallo con il Benfica vinse due Coppe Campioni) non dicono nulla ai giovani di oggi ma hanno lasciato un’impronta indelebile nella storia del calcio.

E’opinione comune decretare la fine del calcio in Ungheria con il 1956, anno della rivoluzione e dell’intervento sovietico. Da quel momento iniziò un periodo travagliato tanto che si è diffusa una “leggenda” che narra di come gli ungheresi abbiano smesso di giocare per protestare contro il regime. In realtà fino al 1989 i risultati calcistici non sono stati particolarmente disastrosi: 6 partecipazioni mondiali e due ori olimpici per la nazionale; una Coppa delle Fiere vinta dal Ferencvaros contro la Juventus nel 1964 e una finale persa dal Videoton contro il Real Madrid nel 1985. Negli anni sessanta arrivò anche l’unico pallone d’oro ungherese per Florian Albert.

Il dramma è iniziato dopo l‘89, tanto che si potrebbe ribaltare la “leggenda” di Budapest per affermare che gli ungheresi in realtà abbiano smesso di giocare a calcio con l’arrivo del capitalismo. In vent’anni la nazionale non si è mai qualificata per competizioni internazionali, ed anche le squadre di club sono state praticamente cancellate dallo scenario europeo. I motivi di questo declino sono molteplici e in molti casi eludono dal sistema calcio per intrecciarsi con problemi di ordine economico e politico.

Vi è innanzitutto un problema di finanziamento. Durante il socialismo, per motivi ideologici, l’attività sportiva era fortemente sovvenzionata dallo stato. Questo sistema si è interrotto dopo l’89 mandando sul lastrico numerose società che sono dovute ricorrere a bilanci truccati oppure al fallimento. La mancanza di investimenti ha fatto si che le infrastrutture sportive siano rimaste ferme al periodo socialista, così oggi la situazione degli impianti è disastrosa. Gli stadi evidenziano un’arretratezza cronica non solo rispetto l’occidente ma anche rispetto ai paesi vicini come la Romania che nell’ultimo mese ha inaugurato due impianti all’avanguardia, uno a Bucarest che ospiterà la finale di coppa UEFA del 2012 e uno a Cluj.

A delineare un programma di rilancio è stato il governo del Fidesz, il primo ministro Viktor Orban d’altro canto non ha mai nascosto di essere un grande appassionato di calcio. I risultati ottenuti sono però altalenanti.
Il restyling degli stadi non ha avuto grande successo. Il progetto è stato portato a termine solo in 4 impianti, uno di questi, lo stadio Szusza, considerato il fiore all’occhiello è stato fortemente danneggiato l’anno scorso da scontri tra tifoserie. Il più grande investimento dovrebbe partire quest’anno con la costruzione di un nuovo impianto al posto dell’ormai obsoleto Puskas di Budapest.

Il progetto di riforma della Lega calcio è iniziato con la nomina del nuovo presidente Csanyi Sandor, banchiere ed amico fidato di Orban. Gli obiettivi che si pone sono però fortemente legati all’aiuto economico statale, tutt’altro che scontato nella situazione economica attuale. Il rafforzamento dei vivai sembra dare maggiori soddisfazioni grazie alla fondazione nel 2004 dell’Accademia di calcio Puskas.

Per anni gli unici giocatori conosciuti a livello internazionale sono stati i “datati” Kiraly, portiere dell’Herta Berlino famoso più che altro per i suoi pantaloni che per le sue parate, Gera attaccante del Fulham e Feher giocatore del Benfica tristemente famoso per la sua morte avvenuta durante una partita. Oggi invece protagonisti sono i giovani come Dzsudzsak (acquistato dall’Anzhi per 13 milioni di euro, è il giocatore ungherese più valutato di sempre), Koman (Sampdoria) e Rudolf (Panathinaikos). E’ stato proprio Koman a riportare dopo 17 anni un magiaro a segnare nel campionato italiano; l’ultimo fu Lajos Detari fantasista stravagante e talentuoso del Bologna.

I tentativi avviati per ridisegnare lo scenario calcistico nazionale si devono confrontare però con un problema di fondo: l’Ungheria è un piccolo paese che difficilmente potrà competere con i campionati occidentali. Questa problematica ha suscitato dibattito anche in altri paesi, come quelli della ex-Jugoslavia che prefigurano una possibile riunificazione calcistica, forse anche l’Ungheria dovrebbe prendere in considerazione una possibilità del genere.

Un occasione da non perdere sarà la scelta per la sede degli Europei del 2020, quando probabilmente si candiderà in coppia con la Romania, segnale importante non solo dal punto di vista calcistico.

Offline cuchillo

  • Superbiancoceleste 2012
  • *
  • Post: 8359
  • Karma: +359/-17
    • Mostra profilo
Re:Perché da 25 anni il calcio ungherese fa schifo?
« Risposta #8 : Venerdì 7 Dicembre 2012, 12:09:54 »
Aspetto fremente l'intervento di ErMatador che ci parli di un'Ungheria-Cecoslovacchia, amichevole del 1967, con arbitraggio scandoloso e coi primi vagiti della zona mista... ;)
Invidio tanto Massaccesi. Ossia Jooooooe D'Amato.

oizaL

Re:Perché da 25 anni il calcio ungherese fa schifo?
« Risposta #9 : Venerdì 7 Dicembre 2012, 12:13:22 »
Grazie mille Teo!

Piano piano se comincia a capì qualcosa.

Aspettiamo un intervento del Matador e un parere di Eva Henger.

Poi potete pure chiudere il topic.

Offline Eagles71

  • Power Biancoceleste
  • *
  • Post: 7869
  • Karma: +103/-13
  • Sesso: Maschio
  • Roma-Isola Tiberina- fine '800
    • Mostra profilo
Re:Perché da 25 anni il calcio ungherese fa schifo?
« Risposta #10 : Venerdì 7 Dicembre 2012, 12:40:25 »
bellissimo topic.
 per chi come me che da bambino in piena guerra fredda tutte le volte che c'erano competizioni sportive e quindi calcistiche il mio "tifo" dopo l' Italia era sempre per il blocco URSS e sorelline del patto di Varsavia che nella mia mente e nel mio cuore erano sempre i preferiti ai ricchi USA ed europa occidentale,
L' ultimo campione fu Lajos Detari giusto?...gran bel numero 10 che giocò in Italia nel Bologna...
il razzismo ci fa schifo, Forza Lazio è il nostro tifo!

Teo

Re:Perché da 25 anni il calcio ungherese fa schifo?
« Risposta #11 : Venerdì 7 Dicembre 2012, 12:51:32 »
Se è vero, come è vero, che l'Ungheria del dopoguerra e fino all'89 (sulla scia, va ricordato, della grande tradizione dell'anteguerra) è stata la punta di diamante del calcio dell'Est europeo, si rafforza la mia convinzione che un pesante appoggio, economico e non solo, da parte dei regimi nei confronti del gioco più bello, si concilia soltanto con una certa tendenza all'anarchia di chi beneficia di questi "investimenti" di Stato: l'esempio più classico è quello dell'Italia dell'anteguerra, quando il corposo aiuto del fascismo al movimento pallonaro (di cui si erano felicemente intuite le potenzialità in termini di propaganda e di funzioni di calmiere sociale) fu scaricato a terra da interpreti molto legati al campanile, e che quindi operarono di fatto in regime di concorrenza: un laissez-faire, quindi, con la copertura dei soldi pubblici: una pacchia.

Lo stesso accadde in Spagna, con la sponsorizzazione franchista del Real Madrid, e in misura minore in Romania, con il famoso Steaua di Ceausescu. Quando invece venne a mancare il necessario contributo dell'autonomia dei singoli, forse anche per una mentalità votata alla disciplina, i risultati furono disastrosi: anche qui, è classico l'esempio della Germania del '38, che dopo aver "assorbito" la nazionale austriaca (grossomodo è come se la Lazio oggi potesse pescare a piacere nel Bayern Monaco) si schiantò al primo turno nel mondiale francese: rimane quella L'UNICA edizione in cui i crucchi non sono giunti ALMENO ai quarti di finale di un mondiale.

Va anche notato come la politica dei paesi dell'Est nei confronti dello sport (al di là di possibili considerazioni su doping e simili) abbia prodotto buoni risultati in alcuni paesi (DDR, Polonia, Bulgaria), meno in altri, e tra questi ultimi è proprio l'Ungheria quella che storicamente ha dato meno soddisfazioni, ad esempio nei giochi olimpici, e comunque quando si pensa storicamente agli "atleti dell'Est" non sono certo gli ungheresi i primi che vengono in mente.
Sembra quasi, insomma, che il calcio sia il modo migliore di esprimere un certo "spirito", e allora ecco spiegate, in questo senso, le grandi tradizioni dell'Italia e del Brasile. Fanno eccezione i tedeschi, che vincono perché prendono terribilmente sul serio tutto quello che fanno.

Offline carpelo

  • Power Biancoceleste
  • *
  • Post: 9320
  • Karma: +385/-9
  • Sesso: Maschio
  • la Lazio è AMORE
    • Mostra profilo
Re:Perché da 25 anni il calcio ungherese fa schifo?
« Risposta #12 : Venerdì 7 Dicembre 2012, 13:19:30 »
Non ti seguo sul discorso olimpico. Forse ho capito male, ma l'alfiere dell'Est era proprio l'Ungheria, specie nel calcio.

Offline DinoRaggio

  • Power Biancoceleste
  • *
  • Post: 15873
  • Karma: +361/-5
    • Mostra profilo
Re:Perché da 25 anni il calcio ungherese fa schifo?
« Risposta #13 : Venerdì 7 Dicembre 2012, 13:32:11 »
Ultimamente sta facendo bene la nazionale Under 21 ungherese, ed il Videoton questa stagione sembra tornato a buoni livelli. L'ultima squadra di clun ungherese di un certo livello (pur sempre abbastanza scarso) è il Debrecen pochi anni fa, che incontrò la Fiorentina, e mise in mostra proprio Rudolf (poi passato al Genoa) un attaccante molto tecnico, ma anche leggerino, un "fiorettista" insomma, nel pieno della tradizione ungherese. Proprio Rudolf è l'ultimo calcatiore ungherese ad aver segnato in serie A prima di Koman, non Detari, un altro tecnicamente dotatissimo.
E ra gisumin all'ùart!

La serie A è un torneo di limpidezza cristallina, gli arbitri non hanno alcunché contro la Lazio e si distingueranno per l'assoluta imparzialità, non ci saranno trattamenti di favore o a sfavore nei confronti di alcuno. Sarà un torneo di una regolarità esemplare. (19-8-2016)

Boks XV

Re:Perché da 25 anni il calcio ungherese fa schifo?
« Risposta #14 : Venerdì 7 Dicembre 2012, 14:49:22 »
io so' stato co' una italoungherese.
fa punteggio?


Mazzola

Re:Perché da 25 anni il calcio ungherese fa schifo?
« Risposta #15 : Venerdì 7 Dicembre 2012, 15:05:56 »
Sono andato a vedere una pubblicazione del 1978 (una presentazione del Mundial).
Si parla di tramontata la Honved, tutto il calcio ungherese ebbe un lungo periodo di declino.

Io ricordo di "aver sentito parlare" dell'Ungheria proprio nel 1978 grazie ai vari Torocsik, Nyilasi ed il vecchio Laszlo Fazekas. Ma forse dipendeva dal fatto che era nel nostro girone dove rimediò tre sconfitte.
Nel 1982 la ricordo solo per i 10 goals a El Salvador, non ho ricordi di Ungheria "favorita" (mi ricordo solo Detari) nel 1986, dove prese 6 goals dall'U.R.S.S. e 3 dalla Francia.

Personalmente dopo quella del 1954, non è più "esistita", per me.

POMATA

Re:Perché da 25 anni il calcio ungherese fa schifo?
« Risposta #16 : Venerdì 7 Dicembre 2012, 15:37:23 »
Anche noi non è che sforniamo molto eh? Ci ripresenteremo al mondiale 2014 con Pirlo...

Non sò spiegarmi il declino ungherese.

Offline quantomanca?

  • Biancoceleste DOP
  • *****
  • Post: 530
  • Karma: +11/-0
  • Sesso: Maschio
    • Mostra profilo
Re:Perché da 25 anni il calcio ungherese fa schifo?
« Risposta #17 : Venerdì 7 Dicembre 2012, 18:51:01 »
stanno avendo una fiammata in questi ultimi 2 anni. Dzsudzak (come cacchio se scrive) e' forte. Anche la loro under 21 era andata benino un paio di anni fa.

Teo

Re:Perché da 25 anni il calcio ungherese fa schifo?
« Risposta #18 : Venerdì 7 Dicembre 2012, 19:56:32 »
io so' stato co' una italoungherese.fa punteggio?

Se è Ilona Staller, no.  :D

Offline Er Matador

  • Power Biancoceleste
  • *
  • Post: 5062
  • Karma: +425/-17
  • Sesso: Maschio
    • Mostra profilo
Re:Perché da 25 anni il calcio ungherese fa schifo?
« Risposta #19 : Sabato 8 Dicembre 2012, 02:00:16 »

Aspetto fremente l'intervento di ErMatador che ci parli di un'Ungheria-Cecoslovacchia, amichevole del 1967, con arbitraggio scandoloso e coi primi vagiti della zona mista... ;)

Aspettiamo un intervento del Matador e un parere di Eva Henger.

Eccomi, carissimi (ma non mi starete sopravvalutando?!), purtroppo senza Eva Henger.  8)

Mi associo ai complimenti per il bellissimo topic e parto da una risposta altrui, data alla stessa domanda da Sándor Puhl.
Lo ricordate? Arbitro imponente e bravissimo. Il più intelligente fra quanti mi è capitato di vedere all'opera nel comporre le scaramucce con una paterna reprimenda, che calmava la partita, anziché aizzarla con cartellini dispensati a petto in fuori.
Finché non inciampò in una finale di CL tra Borussia Dortmund e Juventus, che la Merkel avrebbe diretto in maniera più imparziale, e da lì la sua carriera imboccò una rapida discesa chiudendosi pochi anni dopo.
Scusate la breve digressione, ma trattandosi dell'unica gloria calcistica ungherese negli ultimi due decenni credo di non essere andato fuori tema.

Arrivando al dunque, l'analisi in merito al declino del suo Paese verteva su un punto: la progressiva biforcazione tra un calcio basato sulla tecnica e uno basato sul fattore atletico e tattico.
La scuola calcistica ungherese si era attardata nel tentativo di fondere le due caratteristiche, cosa riuscitale magnificamente qualche decennio prima ma in un calcio troppo diverso: e quella mancanza di specializzazione l'aveva resa né carne né pesce, tagliandola fuori dal grande giro.
Puhl collocava la Grande Indecisione tra gli anni '60 e '70, con effetti a partire dal decennio successivo, e la recente cronistoria del football magiaro sembra dargli ragione.

Nel '78 l'inserimento degli eredi dell'Aranycsapat nel raggruppamento degli Azzurri sembrava affiancare degnamente la presenza della Francia e dei padroni di casa nel definire un super-girone di ferro, il cui superamento da capolista rimane forse l'impresa di maggiore spessore tecnico nel dopoguerra della nostra Nazionale.
Nell'82 arrivarono con discrete credenziali, ma mai come quattro anni dopo: alla vigilia, indicarla come outsider per il titolo non richiedeva particolari sforzi di fantasia.
A farle da volano aveva provveduto anche il Videoton, sconfitto solo nella doppia finale di Coppa Uefa del Real di Butragueño-Michel-Santillana-Gallego-Valdano, giusto per limitarsi agli ultimi cinque della filastrocca.
Piccolo dettaglio: la stagione era quella tragica dell'Heysel. Quindi l'ultima coi club inglesi in gara, il che aumenta il valore di tale risultato.
Il suo status era simile - ma con argomenti all'apparenza più solidi - a quello della Colombia negli anni '90, quando i sacchiani à la Padovan relegavano nel ghetto del patetico e dell'incompetente chi non considerava Valderrama, Rincón e il pretenzioso 4-2-2-2 di Maturana come la nuova frontiera del calcio.
Finì come per tutte le idee portate avanti da questa intellighenzia di cialtroni: con una doppia eliminazione al primo turno ('94 e '98), sulla quale non mi va di scherzare oltre solo perché quella vicenda richiama obbligatoriamente alla memoria il nome di Andrés Escobar (una prece).
L'Ungheria dell'86 sembrava assai meno aleatoria come candidatura, grazie a un portiere sulla carta assai quotato (László Disztl, una preforma un po' più slanciata del rugbista francese Chabal) e una difesa con interpreti moderni dei rispettivi ruoli, in cui molti volevano vedere gli eredi dei celebri terzini magiari di un tempo.
La vera macchina da guerra partiva, però, da metacampo in su: Kiprich giocava alla destra del tridente sdoppiandosi sia verso mansioni di raccordo alla Rambaudi sia verso quelle di centravanti aggiunto, grazie anche a una discreta elevazione.
Tibor Nyilasi popolava già da qualche anno le fantasie italiane, un po' spauracchio un po' oggetto del desiderio quando ai giocatori dell'Est non era quasi mai consentito trasferirsi all'estero: sorte simile a quella di László Bölöni, delizioso fantasista di etnia ungherese ma impostosi con la maglia della Romania e il nome di Ladislao Boloni.
Esterházy, transitato nell'orbita dei nostri club (in Coppa Uefa) con l'AEK Atene, era un attaccante esterno particolarmente abile nello sfruttare gli spazi aperti dalla punta centrale.
Alle loro spalle, la cerniera di centrocampo veniva impreziosita da due mezzali di pregevole qualità come Nagy e, naturalmente, Detari.
Sulla carta una macchina da gol, magari con qualche rischio di troppo.
Sul campo la comparsa fatta a pezzi da un'URSS mostruosa e una fortissima Francia: due avversarie di indiscusso livello alle quali, però, persino la cenerentola del gruppo (il Canada) aveva opposto maggiore resistenza.

Da allora il calcio ungherese è sparito, inviando al massimo qualche oscuro professionista verso campionati di secondo piano come quello belga.
Il campionato? Inesistente. Tant'è che, in occasione di una partita contro l'Italia, proseguì tranquillamente nell'indifferenza generale perché non forniva uno straccio di riserva neppure a una Nazionale allo sbando.
I recenti sussulti parlano di una vittoria contro gli Azzurrini di Francesco Rocca nel Mondiale Under 17 e di qualche talento dagli esiti sinora dubbi.
Fra parentesi Koman, quando arrivò alla Sampdoria nel 2006, era ucraino: venne naturalizzato in seguito perché di origini ungheresi - come altre famiglie rimaste nella Rutenia Subcarpatica dopo l'ultima guerra, quando la regione passò della Cecoslovacchia all'URSS in seguito a una rettifica del confine - e immigrato in Ungheria con la famiglia da bambino.

Perché, dunque, un crollo così rovinoso? Analizziamo alcune possibili concause:

- LA TATTICA La tesi di Puhl, intesa soprattutto come incapacità di adattarsi ai tempi. Tutt’altro che campata in aria, se si pensa che l’evoluzione del calcio dopo gli anni dell’Aranycsapat ha riguardato in particolare l’intensificazione della fase difensiva.
Il catenaccio, il libero, i grappoli di uomini attorno al portatore di palla con cui l’Olanda di Cruyff irretiva l’avversario, l’italianismo illuminato e modernissimo di Bearzot, il pressing asfissiante da Sacchi in poi non sono tutti tentativi per rendere la fase difensiva sempre più metodica e implacabile, fino a farne la base del gioco e della sua efficacia?
Nulla di tutto questo è penetrato nel calcio ungherese, che ha continuato ad ammassare qualità nelle prime due linee lasciando il resto ad avventurosi uno contro uno.
Sarebbe stato improponibile schierando i campioni del tempo che fu, contro strategie offensive ormai troppo sofisticate, figuriamoci coi mediocri pedatori ormai a disposizione in quei ruoli.
E con terzini estetizzanti, più impegnati a imitare la falcata dei loro predecessori con le maglie 2 e 4 che a marcare e difendere, non si va molto lontano

- IL RITMO Ripercorrendo la leggendaria prestazione dei ragazzi di Lobanovsky, si ha la sensazione di assistere a una gara tra una Ferrari e un uomo, neppure troppo in salute, a piedi.
Inizialmente si è portati ad attribuire il tutto al divario tecnico e tattico; poi ci si rende conto che la differenza di velocità non è percepita, ma reale.
“Il motore del 2000” (cit.), montato su un impianto di gioco avveniristico, contro uno stinto valzer d’epoca.
Mentre Detari e compagni tentavano di palleggiare a metacampo in maniera quasi scolastica, i Velociraptor avversari erano già in porta: difficile competere a queste condizioni.
Si spiega così, fra l’altro, il risultato ottenuto contro il Brasile di allora, non ancora europeizzato e non certo portato a stroncare gli avversari sul piano della corsa.
Anche qui la spiegazione di Puhl regge, riferendola sia all’arretratezza culturale sia alla scarsa professionalità nella preparazione atletica

- IL FATTORE ECONOMICO La caduta del Muro è risultata fatale anche ad altre scuole calcistiche, ad esempio quella della DDR.
Prima: il gol di Sparwasser, la Coppa delle Coppe vinta dal Magdeburgo, la rimonta del Carl Zeiss Jena, il percorso netto (2-0, 2-0) della Dynamo Dresda di Sammer e Kirsten sempre contro gli escrementi.
Dopo: fallimenti in serie, le vecchie Dynamo Berlino e Lokomotiv Lipsia – primo campione di Germania della Storia, sia pure con altra denominazione – sparite o quasi nelle serie inferiori, una presenza prima sparuta e poi nulla nella Bundesliga, senza alcuna prospettiva di affacciarsi nelle posizioni di testa.
A Budapest e dintorni è andata più o meno così, con un’aggravante: la svendita selvaggia delle risorse nazionali, triste spettacolo andato in onda in quasi tutto il mondo post-comunista, ha preso in larga misura la via dell’estero.
A fronte di una situazione per certi versi non meno grave rispetto a quella della Russia eltsiniana, è mancato l’accumulo più o meno indebito di risorse nelle tasche di oligarchi con interessi – anche di immagine – all’interno del Paese.
Un’Ungheria ridotta a crocevia di capitali da e per oltrefrontiera, e col pallone esposto in una vetrina sempre meno attraente – vedi il punto successivo –, non rappresentava il terreno più fertile per far nascere un Abramovich

- IL SORPASSO DEGLI ALTRI SPORT Oltre a quanto appena esposto, in Ungheria è successo qualcosa di più specifico: di fronte ad un’epocale rimescolata al mazzo e alle nuove opportunità che portava con sé, altri sport di grande tradizione nazionale come la pallanuoto e la scherma hanno saputo cogliere l’occasione, mentre il calcio ha continuato il proprio sonno anche a livello dirigenziale.
Risultato: i giovani atleti più brillanti hanno smesso di orientarsi verso il pallone, preferendo discipline in grado di inserirli in strutture organizzative più efficienti e di offrire sbocchi concreti.
Una dinamica devastante, cui solo la saturazione del settore negli sport più seguiti ha posto in parte rimedio: ma dedicarsi al calcio rimane per ora un semplice ripiego.
Per un movimento già sofferente, la perdita del bacino d’utenza interno ha rappresentato un colpo dal quale non sarà facile riprendersi


A chi paragonare, in ultima analisi, l’Ungheria calcistica attuale? Forse all’Estonia, capace di piazzare una medaglia d’oro olimpica nel ciclismo (Erika Salumae a Barcellona 1992, con la maglia della Comunità degli Stati Indipendenti) prima che la sua indipendenza venisse riconosciuta anche in ambito sportivo, ma così disinteressata al pallone da lasciarlo alla minoranza russofona.
Lì lo sport nazionale rimane il basket, che in riva al Baltico conobbe prima della guerra un vero e proprio monopolio: 1935 Lettonia, 1937 Lituania, 1939 Lituania, recita l’albo d’oro prebellico dell’Europeo di pallacanestro.
Piccolo dettaglio: l’Estonia non ha mai avuto una tradizione calcistica. L’Ungheria...


P.S. A proposito di brasiliani d’Europa: per tale denominazione compete anche la Georgia, che prima di diventare uno Stato indipendente aveva già piantato la propria bandiera sull’atlante dello sport vincendo la Coppa delle Coppe con la Dinamo Tbilisi e fornendo un buon numero di uomini alla rappresentativa sovietica di rugby.
Ne diedero una rara dimostrazione in una gara di qualificazione a Euro 1996, dove la generazione dei Ketsbaia, dei Kinkladze, dei Kavelashvili, dei fratelli Arveladze rispedì a casa il Galles con un traumatizzante 5-0.
Purtroppo il caos permanente nel Paese, le conseguenti ricadute a livello organizzativo e lo scarso interesse per la Nazionale hanno impedito loro di dare continuità a premesse non banali.