Autore Topic: rubrica in vino veritas  (Letto 42181 volte)

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Offline Frusta

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Re:rubrica in vino veritas
« Risposta #120 : Giovedì 20 Agosto 2015, 22:59:48 »
Sei astemio!!!???
...
Non sai cosa perdi!  :D
Più o meno la stessa cosa (riferendomi alla passerina,  ;) ma non a quella del frusinate) che ho detto ad un amico gay, ma quello m'ha risposto che si trattava di semplice allergia.
Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

Offline giamma

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Re:rubrica in vino veritas
« Risposta #121 : Venerdì 21 Agosto 2015, 09:03:05 »
Io bevo solo acqua e rigorosamente liscia, astemio pure al gas. ^-^
Una bugia fa in tempo a viaggiare per mezzo mondo mentre la verità si sta ancora mettendo le scarpe. (C. H. Spurgeon)

Offline AlenBoksic

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Re:rubrica in vino veritas
« Risposta #122 : Venerdì 21 Agosto 2015, 09:48:57 »
Volano le bollicine e le birre made in Italy, così buone da conquistare anche i pub inglesi. Per le bionde le esportazioni sono triplicate negli ultimi dieci anni - dai 74,9 milioni di chili del 2005 ai 213,15 dello scorso anno - con il Regno Unito al primo posto (43%), seguito da Cina (10%) e Stati Uniti (8%). 
Se le apripista sono state le grandi marche come Peroni e Moretti, per citare le più celebri oltreconfine, si difendono bene anche i piccoli e la carica dei birrifici artigianali, che oggi in Italia sono più di 900 e rappresentano il 10% del totale delle esportazioni con una produzione stimata in poco meno di 30 milioni di litri. 
Secondo i dati elaborati da Coldiretti, rispetto ai primi cinque mesi dello scorso anno le spedizioni per il Regno Unito segnano un più 27%. «Il grande traino per la birra è stato senza dubbio il made in Italy, che ha risvegliato in tutto il mondo la curiosità per il saper fare italiano - commenta Franco Thedy, amministratore delegato del birrificio biellese Menabrea -. Il nostro trend è in linea con i dati presentati da Coldiretti: dall’inizio dell’anno, anche grazie a un accordo stretto con il gruppo britannico produttore e distributore di alcolici C&C, registriamo un più 20% nelle esportazioni». 
«Il segreto delle birre artigianali italiane è che non hanno una tradizione da rispettare: per questo sono innovative, ben fatte e tutte diverse», spiega Giovanni Campari, fondatore del Birrificio del Ducato, che esporta il 30% della produzione in diciotto Paesi, da sei mesi gestore di «The Italian job», il primo pub londinese dove si beve solo italiano. Inaugurare un locale con birra italiana artigianale nella patria morale delle pinte poteva sembrare un azzardo, ma si è rivelata una scommessa azzeccata. Il fenomeno delle craft beer nasce negli Stati Uniti negli anni Novanta per approdare una decina di anni fa anche in Italia. «Se le birre industriali si differenziamo poco l’una dall’altra per le loro qualità organolettiche - continua Campari -, quelle artigianali, non filtrate e non pastorizzate, vengono più apprezzate nei Paesi con una lunga tradizione birraia, come Regno Unito, Irlanda e Stati Uniti». 
Secondo i dati del «Rapporto birra Italia 2015» quasi un birrificio artigianale su due dice di aver ormai saturato la capacità produttiva e di essere dunque intenzionato a ampliare l’attività, i piccoli iniziano a crescere anche per dimensioni, con un fatturato medio di oltre 100 mila euro l’anno. Oltre tre microbirrifici su dieci portano le loro eccellenze all’estero e la metà può contare su personale a tempo indeterminato.
Ma non ci sono solo le bionde, in Gran Bretagna anche il Prosecco va fortissimo: nell’ultimo anno la crescita è del 72% in valore, con un record di 338 milioni di sterline spese per le celebri bollicine italiane, e del 78% in volume per 37,3 milioni di litri. 
Anche se la stampa britannica ha parlato di uno storico sorpasso a danno delle bollicine francesi, gli ultimi dati non fanno che confermare una tendenza: secondo i dati Iri, già nel 2014 il Prosecco ha totalizzato 21 milioni di litri venduti per 182 milioni di sterline, contro i 141 spesi per lo Champagne. 
http://www.lastampa.it/2015/08/21/economia/birra-e-prosecco-da-record-gli-inglesi-bevono-italiano-RXODc9Muvb0nZjqWWGb1DM/premium.html
Voglio 11 Scaloni

ThomasDoll

Re:rubrica in vino veritas
« Risposta #123 : Venerdì 21 Agosto 2015, 09:55:10 »
vabbè, un dualismo prosecco-champagne è come dire che la FIAT fattura più della Ferrari. Grazie ar cà

Offline AlenBoksic

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Re:rubrica in vino veritas
« Risposta #124 : Venerdì 21 Agosto 2015, 09:58:30 »
Giusto.
Ma il dato su cui concentrarsi è il +72% (in valore) registrato dal prosecco sull'anno precedente.
Voglio 11 Scaloni

ThomasDoll

Re:rubrica in vino veritas
« Risposta #125 : Venerdì 21 Agosto 2015, 10:07:20 »
Prosecco e Gran Bretagna sono fatti l'uno per l'altra: tanto e economico. Per chi cerca la quantità è perfetto, poi manco è cattivo. Gli inglesi in Italia si abbuffano pure di tavernello, secondo me

Offline BobLovati

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Re:rubrica in vino veritas
« Risposta #126 : Sabato 22 Agosto 2015, 10:55:29 »
Prosecco e Gran Bretagna sono fatti l'uno per l'altra: tanto e economico. Per chi cerca la quantità è perfetto, poi manco è cattivo. Gli inglesi in Italia si abbuffano pure di tavernello, secondo me

sapessi di cosa riescono ad abbuffarsi in Spagna, insieme ai tedeschi che "basta che costa poco", te se rizzerebbero li capelli in testa pur´a te   ;D
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Offline Most

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Re:rubrica in vino veritas
« Risposta #127 : Lunedì 24 Agosto 2015, 15:19:13 »
Giusto.
Ma il dato su cui concentrarsi è il +72% (in valore) registrato dal prosecco sull'anno precedente.

si, sono migliorati tanto, si bevono prodotti italiani di altissima qualità, superati solo da franacsi (champagne) over 30€, i prezzi medi delle nostre bollicine sono la metà e il mercato su quella fascia apprezza...

MrMoto

Re:rubrica in vino veritas
« Risposta #128 : Lunedì 24 Agosto 2015, 16:45:33 »
si, sono migliorati tanto, si bevono prodotti italiani di altissima qualità, superati solo da franacsi (champagne) over 30€, i prezzi medi delle nostre bollicine sono la metà e il mercato su quella fascia apprezza...

Ripeto il concetto espresso da TD prima. Premesso che ci sono dei Prosecco di ottima qualità, non è assolutamente possibile paragonare un vino fermentato in botte ad uno fermentato in bottiglia. Il metodo classico, o champenois, richiede una mano d'opera molto superiore e ha una tradizione e disciplina produttiva infinitamente superiore a quel vinetto veneto difendato così trendy negli ultimi anni. In Italia sono altri i metodo classici a cui lo Champagne può essere accostato, il Franciacorta in primis, ma dubito che a nord della manica ne sappiano qualcosa.

Offline AlenBoksic

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Re:rubrica in vino veritas
« Risposta #129 : Lunedì 24 Agosto 2015, 17:29:23 »
Si sta parlando del successo del Prosecco rispetto a se stesso (+73%) non è un derby con lo champagne.
Quanto al Franciacorta ha fatto meglio, visto che chiuso il 2014 in Gran Bretagna con un incremento delle vendite del 172,5%
http://www.igrandivini.com/franciacorta-alla-conquista-dei-mercati-esteri/
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ThomasDoll

Re:rubrica in vino veritas
« Risposta #130 : Lunedì 24 Agosto 2015, 17:54:00 »
Ripeto il concetto espresso da TD prima. Premesso che ci sono dei Prosecco di ottima qualità, non è assolutamente possibile paragonare un vino fermentato in botte ad uno fermentato in bottiglia. Il metodo classico, o champenois, richiede una mano d'opera molto superiore e ha una tradizione e disciplina produttiva infinitamente superiore a quel vinetto veneto difendato così trendy negli ultimi anni. In Italia sono altri i metodo classici a cui lo Champagne può essere accostato, il Franciacorta in primis, ma dubito che a nord della manica ne sappiano qualcosa.

Perfetto, se poi vai su un Cà del Bosco o un Bellavista costano quanto uno champagne (e valgono tantissimo)

ThomasDoll

Re:rubrica in vino veritas
« Risposta #131 : Lunedì 24 Agosto 2015, 17:57:31 »
Si sta parlando del successo del Prosecco rispetto a se stesso (+73%) non è un derby con lo champagne.
Quanto al Franciacorta ha fatto meglio, visto che chiuso il 2014 in Gran Bretagna con un incremento delle vendite del 172,5%
http://www.igrandivini.com/franciacorta-alla-conquista-dei-mercati-esteri/

avevi quotato questo, sul pezzo di qualche post fa:

Citazione
Anche se la stampa britannica ha parlato di uno storico sorpasso a danno delle bollicine francesi, gli ultimi dati non fanno che confermare una tendenza: secondo i dati Iri, già nel 2014 il Prosecco ha totalizzato 21 milioni di litri venduti per 182 milioni di sterline, contro i 141 spesi per lo Champagne. 

dal che viene spontaneo eccepire che prosecco e champagne in comune hanno solo le bollicine, ma non sono sovrapponibili come fa l'articolo, perché un prodotto che punta sulla quantità finirà sempre per essere venduto di più di uno che punta sull'estrema qualità, salendo vertiginosamente di prezzo.

CP 4.0

Re:rubrica in vino veritas
« Risposta #132 : Lunedì 24 Agosto 2015, 18:51:46 »
se posso TD, se c'e' stato un sorpasso e perche' prima lo champagne tirava di piu', quindi capita anche che il prodotto di qualita' venda di piu' di quello di scarsa.

vale invece il discorso di nicchia a mio avviso, negli ultimi 20 anni l'inglese medio si e' un po' 'ripulito', sebbene rimangano ancora molte sacche, e il rapporto con il cibo e quindi con le bevande e' migliorato di gran lunga.

ovvio che poi se esci una sera per fare bisboccia e con 20£ prendi una bottiglia con le bollicine che alla fine va bene comunque perche' 3 ti costano quanto 1 di champagne, il discorso cambia, ma questo credo capiti anche in Italia, ed in Fracia.

i posti dove si beve veramente bene, e molti nella city ad esempio, dove uno immagina ci siano quelli che sanno spendere, non lo sono, sono comunque pochi, anche perche' sono veramente rari quelli in cui si mangia anche bene.

in ogni caso supermercati o grandi magazzini che offrono buoni/ottimi prodotti ce ne sono forse anche di piu'.

e grazie a mrmoto anche del post sui metodi di fermentazione, provero' le differenti tipologie al piu' presto per erudirmi un po' :)

Offline AlenBoksic

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Re:rubrica in vino veritas
« Risposta #133 : Martedì 25 Agosto 2015, 08:22:10 »
avevi quotato questo, sul pezzo di qualche post fa:
dal che viene spontaneo eccepire che prosecco e champagne in comune hanno solo le bollicine, ma non sono sovrapponibili come fa l'articolo,

certo,
ma l'articolo è di un giornale generalista e te lo mette come termine di paragone all'interno di un discorso sull'aumento dell'export italiano, non scrive che il Prosecco è meglio dello champagne.
Champagne che, come giustamente dici, andrebbe confrontato con altri prodotti.
Anzi, visto che si va su questo tema, se la partita domani va come deve andare mi strappo un bel Trento DOC
(la DOC Trento è la prima denominazione italiana riservata esclusivamente al metodo classico della rifermentazione in bottiglia).



Voglio 11 Scaloni

MrMoto

Re:rubrica in vino veritas
« Risposta #134 : Martedì 25 Agosto 2015, 13:25:49 »
certo,
ma l'articolo è di un giornale generalista e te lo mette come termine di paragone all'interno di un discorso sull'aumento dell'export italiano, non scrive che il Prosecco è meglio dello champagne.
Champagne che, come giustamente dici, andrebbe confrontato con altri prodotti.
Anzi, visto che si va su questo tema, se la partita domani va come deve andare mi strappo un bel Trento DOC
(la DOC Trento è la prima denominazione italiana riservata esclusivamente al metodo classico della rifermentazione in bottiglia).



Ottimo! La settimana scorsa ero in treno attraversando la valle di Trento immersa tra i vigneti e mi sono immaginato tutte quelle favolose bottiglie in cantina stipate all'ingiù in attesa che qualcuno le giri a mano.  Mi raccomando, Ammiraglio, tappati l'orecchie poiché il metodo classico è tutto fuorché 'naturale'.

Apro brevemente parentesi perché non ho il tempo di discuterne ma non sono affatto un fan del vino naturale. Per carita, ci sono dei metodi meno invasivi di fare il vino. Si può usare uva biologica, ed evitare l'aggiunta di sulfiti. Ma se si vuole creare un vino che sia uguale di anno in anno e che abbia la capacità di invecchiare, bisogna usare lieviti aggiuntivi e sulfiti.  Il vino del contadino è buono, ma resta il vino del contadino.

Offline ammiraglio

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Re:rubrica in vino veritas
« Risposta #135 : Mercoledì 26 Agosto 2015, 17:55:30 »
160 mg/litro per i rossi e 210 mg/litro peri bianchi: questi i tetti massimi di solforosa approvati di recente dalla UE.
Per me (e non solo per me) è decisamente troppo, calcolando che secondo esperti di settore l'assunzione per un adulto dal peso di 70 kg dovrebbe essere di 50 mg al giorno tra vino, cibi conservati, etc.
una vera e proprio definizione di vino naturale non esiste tanto che tra naturalisti ci sono diversi fronti di opinione con tanto di polemiche e di scazzottate verbali: per me il vino naturale ma va dai zero solfiti aggiunti a qualcosa intorno 30 - 35 mg.
frank cornellisen un grande produttore belga, trapiantato sull'etna non sarebbe mai d'accordo con me e con quanto sopra esposto perché è invece ancora più radicale.
ricordo in ogni caso che il vino ex se produce circa 12 mg di solfiti propri.
per legge, ricordo, che l'espressione "contiene solfiti" è obbligatoria in etichetta dai 10 mg in su, ergo la troverete sempre.

perché si aggiunge la solforosa? perché è un antiodssidante e perché sanifica il vino da batteri. nulla osta, ma ripeto, il problema è che molti produttori convenzionali caricano il vino a livelli assurdi, soprattutto i bianchi che in assenza di tannino necessitano, per chi vuole un prodotto convenzionale e se vogliamo stereotipato, di cura da cavallo.


Apro brevemente parentesi perché non ho il tempo di discuterne ma non sono affatto un fan del vino naturale. Per carità, ci sono dei metodi meno invasivi di fare il vino. Si può usare uva biologica, ed evitare l'aggiunta di sulfiti. Ma se si vuole creare un vino che sia uguale di anno in anno e che abbia la capacità di invecchiare, bisogna usare lieviti aggiuntivi e sulfiti.  Il vino del contadino è buono, ma resta il vino del contadino.

ecco, sinceramente a me il vino che è uguale a prescindere dalle annate e dal terroir mette assai paura. non è vino, ma un prodotto preconfenzionato che viene fatto per soddisfare le aspettative del pubblico dei paurosi, ovvero di coloro che non si vogliono emozionare.
è come mettere a paragone lo champagne di veuve clicqot contro marie noelle ledru, una fantastica signora-vigneron che con solo 6 ettari a disposizione fa il disgorgement a mano. vino artigianale, appunto.

 
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Offline disabitato

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Re:rubrica in vino veritas
« Risposta #136 : Mercoledì 26 Agosto 2015, 18:48:20 »
Un vigneto non darà mai lo stesso identico prodotto ogni anno. Cambiano le temperature, i giorni di pioggia, la resa dei vari ceppi, la quantità di zucchero presente al momento della vendemmia (che ovviamente si può misurare per cercare di vendemmiare al momento giusto, ma trattasi di misura a campione). La fermentazione (se non indotta artificialmente) risente delle variazioni di temperatura tipiche di fine estate. Anche la settimana in cui imbottigli influenza il sapore..

Si può garantire la genuinità di tutto il ciclo, ma il risultato varia sempre (un minimo ovviamente).
DISCLAIMER: durante la scrittura di questo post non è stata offesa, ferita o maltrattata nessuna categoria di utenti o nessun utente in particolare. Ogni giudizio su persone, cose o utenti rimane nella mente dello scrivente e per questo non perseguibile.

Offline ammiraglio

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Re:rubrica in vino veritas
« Risposta #137 : Mercoledì 26 Agosto 2015, 18:58:49 »
alcuni dei miei champagne preferiti stanno tutti qua, citati in questo pezzo ben scritto e ben commentato (compresa la polemica sui prezzi e sui ricarichi).
http://www.intravino.com/grande-notizia/belli-e-possibili-i-migliori-champagne-sotto-i-30-euro-quasi-una-guida-parte-prima/

breve intervista con maurizio cavalli, enotecaro a parma e probabilmente tra i più grandi esperti di champagne veri e vinosi in italia. cavalli sviscera qui i lati belli e brutti della regione vinicola franzosa.
perché parma, e in generale l'emilia, ha questa passione smodata per le bollicine? è il solito discorso sul cibo grasso che va sgrassato con prodotti di buona beva e cidità.
a voi la strada preferita: dal lambrusco nei vari biotipi (marani, sorbara, grasparossa, salamino, etc), dagli ortrugo fermentati in bottiglia e quindi frizzanti, agli champagne ...
http://www.intravino.com/persone/maurizio-cavalli-e-gli-ignoranti-dello-champagne/

più in generale la politica di invecchiamento e di blending (gli champagne migliori sono per me i non vintage, ovvero quelli che mescolano porzioni di vino da differente annate) dello champagne non ha nulla a che fare col prosecco che resta un prodotto sim patico, quando ben fatto. E di produttori di prosecco (soprattutto il "conegliano valdobbiadene docg" perché ad es. io il "treviso doc" non lo bevo mai a prescindere) con i maroni ce ne sono. senza contare alcuni cru di livello.
concordo con mr moto che i franciacorta sono roba di altro livello (cambiano i vitigni peraltro).
per quella che è la mia esperienza americana, bene le bollicine del nord california (Anderson valley e mendocino) e la cava catalana (ma solo nella versione reserva e/o brut nature).

Un vigneto non darà mai lo stesso identico prodotto ogni anno. Cambiano le temperature, i giorni di pioggia, la resa dei vari ceppi, la quantità di zucchero presente al momento della vendemmia (che ovviamente si può misurare per cercare di vendemmiare al momento giusto, ma trattasi di misura a campione). La fermentazione (se non indotta artificialmente) risente delle variazioni di temperatura tipiche di fine estate. Anche la settimana in cui imbottigli influenza il sapore..

Si può garantire la genuinità di tutto il ciclo, ma il risultato varia sempre (un minimo ovviamente).


naturalmente d'accordo. parlerei di livelli di manipolazione a questo punto.
come noto produttori convenzionali che devono uscire col vino uguale uguale tutti gli anni (sennò so' cazzi de mercato!) usano pesticidi a volontà in vigneto (perché oramai la vigna è suddita e dipendente dai pesticidi e non in grado di autocurarsi con solo rame e zolfo o composizione di biodinamica).
senza contare le porcate fatte in cantina: vogliamo parlare della gomma arabica? dei processi di centrifuga per colorare e densificare il vino? ohibò.
ecco perché sarei per il vino artigianale nelle sue sfaccettature più o meno note e radicali: dai biodinamici certificati, ai naturali, etc. esistono fortunatamente tante cantine di famiglia che lavorano in convenzionale ma il vino non lo gonfiano di stronzate in cantina e la vigna è tenuta decentemente con criteri di sostenibilità.
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Offline AlenBoksic

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Re:rubrica in vino veritas
« Risposta #138 : Mercoledì 2 Settembre 2015, 08:49:05 »
Mi spiace deturpare le alte vette cui c'aveva innalzato l'ammiraglio ma, seguendo i suoi preziosissimi dettami, torniamo tra i filari

Nebbiolo, il rosso che si trasforma in bianco
La nuova tendenza di successo: da uve pregiate nascono extra brut sempre più simili agli champagne


Il Nebbiolo? «E’ una grande uva bianca, ma non sa di esserlo». Parola di un enologo di fama come Donato Lanati. Così, dici Nebbiolo e pensi all’austerità del Barolo, all’eleganza del Barbaresco o del Gattinara, vini rossi e longevi che hanno conquistato i palati di tutto il mondo. E magari li associ a un buon arrosto da consumare con i primi freddi, come da secolare tradizione.
 
Invece no: con il progetto «Nebbione» l’anima bianca del rosso vitigno piemontese è pronta a svelare tutti i suoi segreti grazie al lancio di un metodo classico extra brut 100% Nebbiolo, ovvero un’esplosione di bollicine chiare e perfette per accompagnare aperitivi e pesci a volontà. Esattamente come il celebre champagne Blanc De Noirs, ottenuto da sole uve a bacca nera come quelle del celebre pinot noir.
 
Ancor prima che un vino, «Nebbione» è un’idea, una sfida enologica che raggruppa sei cantine e affonda le proprie radici nella tradizione ottocentesca del Nebbiolo spumante, che ebbe in Carlo Gancia uno dei principali fautori e che oggi sta tornando di moda. Ma è anche il frutto sorprendente di una ricerca rigorosa applicata al grappolo di uva nebbiolo, effettuata dall’enologo Sergio Molino a partire dal 2004. «L’obiettivo iniziale - spiega Molino - era quello di migliorare la qualità dei vini Docg a base Nebbiolo, eliminando le parti del grappolo che meno si adattano alla produzione di grandi rossi».
 
La sperimentazione lo ha portato ad accorgersi che il grappolo, privato della punta inferiore, permette di produrre un Barolo o un Gattinara di migliore qualità. Da qui la necessità di tagliarne la punta, le cui caratteristiche si presentano più simili a quelle di un’uva bianca, con bassa quantità di zuccheri e tratti spiccatamente minerali. «Eliminando la punta del grappolo, si crea uno scarto - spiega Molino -. Ma è pur sempre lo scarto di un’uva pregiata, di un Nebbiolo destinato alla produzione di grandi vini». Ed ecco l’intuizione: produrre, con ciò che rimarrebbe a terra, un metodo classico pregiato, un extra brut vicino ai più grandi spumanti francesi per concezione, vinificazione e qualità.
 
Ci hanno creduto sei cantine: Travaglini di Gattinara e poi Cantina Reverdito, Enrico Rivetto, Franco Conterno (Sciulun), Cascina Ballarin nelle Langhe e La Kiuva valdostana. Nel 2010 hanno prodotto le prime 12mila bottiglie di metodo classico 100% Nebbiolo, che deve stazionare almeno 40 mesi sui lieviti. Ora, dopo cinque anni, sono pronte a presentare il frutto del loro lavoro. E chi ha fatto i primi assaggi è rimasto sorpreso dalla sua personalità. «Nebbione» è un marchio registrato, ma per adesso non comparirà in etichetta. Ogni azienda ha scelto un suo nome: Travaglini ha sommato Nebbiolo e bolle e ha scelto «Nebolè», Rivetto ha puntato sull’esotico «Kaskal», Conterno sul pragmatico «NaPunta». Tutti con una sola convinzione: da un grande vitigno rosso può nascere un grande vino bianco.
«L’uso delle uve a bacca nera per realizzare spumanti metodo classico non è certo una novità, a partire dal noto pinot noir», dice il critico Giancarlo Gariglio della guida Slowine. E cita l’Alta Langa di Ettore Germano e l’Erpacrife realizzati con il Nebbiolo, ma anche l’Aglianico spumante della campana Feudi di San Gregorio e le tante versioni brut del Sangiovese toscano. «Molto interessante e virtuosa, invece, è l’idea di utilizzare la parte dei grappoli che andrebbero buttati via con il diradamento. Siamo curiosi di scoprire quale sarà l’esito in bottiglia. Anche con questo progetto il Piemonte sembra sempre più determinato a riprendersi lo scettro sul vino metodo classico che aveva inventato nelle sue cantine quasi due secoli fa».
http://www.lastampa.it/2015/09/01/societa/fiori-uve-nere-vino-bianco-qZAylj7GXrKtFHCSZHO1RP/pagina.html

ARRIVA UN EFFLUVIO DI BOLLICINE
(di Paolo Massobrio)

Sono tre giorni che assaggio e riassaggio un brut di Sangiovese in purezza che mi sono portato a casa dalla zona di Bolgheri. E mi è piaciuto fino all’ultima goccia, anche se mai avrei pensato che con un’uva del genere si potessero fare le bollicine.
Siamo alle avanguardie, per ora un paio di aziende, ma è facile pronosticare che la febbre invada presto tutta la Toscana e, perché no, la Romagna, che del Sangiovese è capitale. Se i piemontesi non fossero timidi comunicatori delle loro eccellenze, da tempo si apprezzerebbe la Barbera rifermentata in bottiglia col metodo classico, che già Reginin, un produttore di Vinchio, fa da qualche anno, ed è avvincente.
Ma ormai il Grignolino ha superato le istanze barberose frizzanti, mentre il Nebbiolo in formato brut è una realtà con molti esempi, nel Roero, in Langa e persino nell’area del Gattinara. Questo giornale, a dire il vero, ha raccontato fra i primi queste avanguardie che oggi appaiono come una novità, ma che destano qualche sospetto sul passato: non è che le uve a bacca rossa da sempre hanno contribuito ai brut soprattutto in aree dove non c’erano Chardonnay e Pinot nero? Già, il Pinot nero, l’uva rossa per antonomasia che ha ispirato questa strada possibile, oggi di grande attualità.
Del resto, il raffinato Pinot noir ha parentele gustative proprio con il Nebbiolo e il Grignolino e forse anche col Sangiovese. Non la Barbera, che dalla sua possiede l’essenza di uno spumante: l’acidità, la freschezza. E sembra un paradosso il fatto che all’estero non amino il nostro vino frizzante (Lambrusco a parte), mentre il brut lo accettano volentieri in qualsiasi declinazione.
Detto questo, aspettiamoci un effluvio di bollicine secche, bianche o rosate (il rosato va forte ormai), da qui ai prossimi anni. Un bene, un male? È l’Italia del vino: solo qui ci si può permettere di stuzzicare continuamente curiosità.
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Re:rubrica in vino veritas
« Risposta #139 : Mercoledì 30 Settembre 2015, 11:26:33 »


per gli amanti dei rossi delicati e allo stesso con un corpo gradevole e leggermente speziato.
per chi pensa che il pinot noir sia un vitigno di riferimento e da contemplazione quasi mistica.
per chi cerca alternative piacevoli al pinot noir in grado di sorprendere (e magari rispiarmare anche qualche euro).

Ecco un vino isolano dalla denominazione Binissalem Mallorca prodotto da Celler Ca Sa Padrina, piccola casa fondata nel '99 dal signor Andreu Suner (con la tilde sulla N).
Si tratta del Montenegro, annata 2013, nome che ingenera secondo me un bel casino di per sè, visto che l'uva di riferimento locale è invece il Manto Negro (due parole staccate e con una vocale diversa nella prima) che in questo caso specifico è assemblata con una porzione minore di Cabernet Sauvignon.

Azienda a conduzione familiare di soli 8 ettari, no pesticidi ed erbicidi, con uso di lieviti naturali per la fermentazione, mister Suner ama lavorare con una profonda selezione dei grappoli abbassando la resa e cercando la qualità.
Essenzialmente prodotto in acciaio con un breve passaggio in legno per 4 mesi, rovere usata peraltro mai nuova.
Pulitissimo alla vista e mai velato (tanto che versando le solite due dita ed inclinando il bicchiere e visto chiaramente il palmo della mia mano posizionato sotto il bicchiere stesso), questo "Montenegro" si apre al naso con note di violetta e con un palato gradevole di frutta matura, ma mai surmontata e con accenni mentolati in chiusura che donano un bell'allungo e tanta reattività. Non solo il colore, ma il complesso del vino mi ha fatto pensare alla borgogna ma anche ad alcuni Dolcetto piemontesi (ma non quelli tannici della subzona di Dogliani)
Si beve molto bene anche se non smaccatamente beverino, l'ho trovato a tratti quasi elegante. i 13.5% di alcool sono assolutamente integrati nella struttura e non si sentono, tanto che avrei pensato ad occhio nudo a non più di 13%.

Un piccolo miracolo dalla Spagna (sempre se le Baleari possono essere considerate ancora Spagna), considerato che molti dei vini prodotti, dai vignaioli di vecchia generazione, sono degli inutili bestioni e con accenni smaccati e troppo filo internazionali di rovere nuova. Qui invece ho trovato un bel senso della misura ed una mano lineare, senza alcuna ruffianeria piaciona.
yeah, i heard that dwight wants me fired. it's just the way it is. you know what? i just don't care, i don't give a damn.
i'll go home and find something to do.