Autore Topic: Lazio, la vittoria delle idee  (Letto 363 volte)

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Lazio, la vittoria delle idee
« : Lunedì 23 Dicembre 2019, 09:00:43 »
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Due volte in quindici giorni, ma questo è un trionfo pesante, che entra nella storia della Lazio e forse anche nella storia di una stagione che non ha più un solo colore, quello degli ultimi otto anni: dal bianconero al biancoceleste, Simone Inzaghi alza la Supercoppa al cielo di Riyad e abbraccia tutti i suoi giocatori, questa è vita, questa è gioia, questo è il successo delle idee contro il conto in banca. La Juve è in ginocchio, di nuovo, come il 7 dicembre all’Olimpico, e anche il risultato è lo stesso sebbene si siano capovolti i gol del primo tempo: in campionato Luiz Felipe aveva raggiunto Ronaldo sull’1-1, stavolta Dybala aggancia Luis Alberto ma alla fine non cambia un verdetto così duro da far perdere la testa anche alla famiglia Agnelli. La Lazio dilaga nella seconda parte della sfi da, come aveva fatto a Roma, celebra il trionfo della partita perfetta e dà una lezione che Sarri non potrà dimenticare: anzi, il tecnico toscano avrebbe potuto sfruttare i suggerimenti del primo round, invece ricasca negli stessi errori, consegnandosi a una squadra che esalta i suoi palleggiatori quando trova il campo aperto. La Juve non difende, addirittura conquista il pareggio giocando con il tridente da bar e crolla proprio quando Higuain lascia il posto a Ramsey: davanti agli occhi di Sarri sfuma la prima fi nale italiana e compare il fantasma di Allegri, allontanato dal padrone perché vinceva tanto ma divertiva poco.
Inzaghi batte la Juve per due volte in 15 giorni e in poco più di tre anni sulla panchina della Lazio vince il suo terzo trofeo: una Coppa Italia contro l’Atalanta, due Supercoppe sempre con la Juve, contro cui aveva perso anche una quarta finale. La sua squadra è un’orchestra di capodanno, che si distende sul prato di Riyad con velocità, classe e intelligenza: Simone è un allenatore che studia e ripete l’impresa dell’Olimpico senza sfruttare, come in quella notte, il vantaggio dell’uomo in più. Luis Alberto inventa calcio e segna anche il primo gol, Immobile cerca la profondità, Correa diventa immarcabile quando parte in velocità, Milinkovic prepara un assist e difende con la testa di un centrale. Leiva? Un muro. Acerbi? Un leone. Luiz Felipe e Radu? Due guardiani perfetti. Lulic? Senad cambia soltanto il minuto rispetto alla famosa fi nale contro la Roma sotto la Nord: diventa Lulic 73 invece di 71.E quando Sarri alza la pressione per ridisegnare la storia della partita, dall’altra panchina si alzano i giocatori che ridisegneranno la storia della finalissima: fuori Leiva e Luis Alberto, dentro Cataldi e Parolo. Poi anche Caicedo al posto di Immobile. Il coraggio di Inzaghi stordisce la Juve, che ancora non riesce a cambiare la pelle con la facilità di un serpente: nel suo dna, il calcio di Allegri; nella sua testa il calcio di Sarri; in campo un calcio confuso, che non è di Max e non è di Mau. La Lazio aspetta e palleggia come il Barça di Guardiola mettendo sempre l’uomo giusto al posto giusto. Ronaldo chiede aiuto, alzando le braccia, davanti agli arabi con il turbante juventino ma la spizzata di Parolo e il destro di Lulic gli consigliano di trovare un’altra soluzione. Siamo proprio alla fi ne: Dybala ha la punizione che può portare la Juve ai supplementari, ma dalla sua mattonella colpisce la barriera con il sinistro; Cataldi ha la stessa occasione un attimo dopo e con il suo destro mette la palla sotto l’incrocio. E’ il terzo gol della Lazio, è l’apoteosi biancoceleste, il nuovo colore del calcio italiano.

           

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