Da "Il riommerdista"
di TONINO CAGNUCCI
L’immagine più bella della notte del Bernabeu è quella che nessuno ha visto. C’è un sonoro di Milito che aiuta a visualizzarla: «Non so se resto». C’è anche quello di Mourinho che non è male quando praticamente annuncia la sua fuga al Real. L’immagine più bella del Bernabeu sabato notte è immaginarsi il futuro e capire, senza fare fatica, che quelle tristi scene di esultanza rimbalzate fino al Duomo sono veramente passato. Già passato. L’Inter campione d’Europa non solo è una squadra che ha raggiunto il punto più alto del suo ciclo - e quindi fisiologicamente in calo - ma una società che perderà il suo Special Onee molto probabilmente l’attaccante che le ha fatto vincere tutto. Non è poco, se poi ci si aggiunge Maicon è ancora di più, se poi dovesse veramente arrivare - ma sembra troppo - anche Mihajlovic come allenatore sarebbe il massimo. Il totale fa comunque un’Inter in smobilitazione. E’ cronaca. E quando è così fa pure un po’ male. Un sottile piacere nell’ascoltare queste cose: «Il tempismo di Mourinho non è stato splendido perché anche i giocatori leggono i giornali, come li leggo io. Un dialogo diretto non c’è mai stato, nemmeno un tentativo di farmi capire direttamente questa cosa». Ma c’è di più nelle parole di Moratti: «Ha carattere, sa imparare velocemente, è stimato e molto amico dei giocatori. Però, sinceramente, non ho ancora deciso l’allenatore». Il riferimento è proprio Mihajlovic: a quel punto, se davvero l’ex laziale che non ha mai vinto un derby andasse a sedersi sulla panchina scura di Milano il gap tra Roma e Inter sarebbe immediatamente colmato. Ma c’è il gaptra Roma e Inter? All’Olimpico per lo scudetto come è finita? Senza tener conto di tutte le considerazioni tra lo scaramantico e lo statistico per cui dopo cinque anni tutto a loro, una volta qualcosa a noi sembra una probabilità molto alta oltre che un ritardo della Giustizia. Ma c’è di più. La determinazione che i giocatori della Roma possono mettere immaginando quell’immagine non vista al Bernabeu. Certe lunghe vigilie si capiscono. Nell’estate del 2000 c’era una voglia lunga più dei 18 anni d’attesa per lo scudetto. Si sapeva che l’avremmo vinto. C’era una ferocia al fondo. I giocatori della Roma negli ultimi anni hanno giocato il calcio più bello e hanno vinto poco per quanto fatto, per come l’hanno fatto (sudore, onestà, attaccamento, fatica, cioè: passione e lavoro). Il prossimo campionato è quello di un’opportunità enorme anche perché Inter a parte, la Juventus e il Milan appaiono staccate, oggettivamente in difficoltà. La Juve sta cercando ancora di uscire dal suo caos stellare chiamato Serie B, cercando di capire quanto si dev’essere antinteristi o filofrancesi, zebre o Agnelli; il Milan è la squadra più vecchia del mondo. E logora, e adesso tanto triste, e la tristezza non aiuta a essere felici. Tutte e due avranno tecnici nuovi: uno è Delneri che qui non si capiva niente non solo di quello che diceva. La Milano che adesso soffre invece probabilmente ripartirà da Allegri, una bella scommessa, ma una scommessa. La Roma è una squadra già pronta in questo senso, Roma è casa Ranieri.
L’Inter smobilita e forse viene promessa a Mihajlovic (il cielo volesse), la Juventus e il Milan sono da rifondare, tutto il resto è un Sud in ascesa - Napoli e Palermo - ma che non può ancora spiccare il volo. Quello spetta a noi. Basta tenersi le ali.