Un saluto a tutti, per prima cosa.
Lo sdegno per l'arresto del francese, al di là della valutazione sull'interessato, avrebbe senso se la sua condotta rappresentasse un'eccezione.
La scelta della sede per il Mondiale 2022 rientra, casomai, in una dinamica molto più complessa e di lungo periodo.
Finché al vertice della FIFA regnava il non certo immacolato João Havelange, il criterio di massima era abbastanza chiaro: assegnazione limitata a Paesi con una solida tradizione calcistica.
Frutto, probabilmente, della lezione di Cile '62: dove la deroga a tale principio di buonsenso aveva prodotto un mezzo disastro sul piano organizzativo, minando la credibilità tecnica del torneo, col famigerato arbitro Aston come ciliegina sulla torta.
Questo non significa che la decisione finale avvenisse su basi puramente meritocratiche (e quando mai è accaduto?), ma si rimaneva all'interno di una sorta di perimetro della decenza.
Col passaggio di consegne all'ex delfino Blatter, il criterio ha subito un brutale aggiornamento: il calcio va dove ci sono i soldi, non per coronare l'allargamento del mercato a Paesi calcisticamente emergenti, ma per favorirlo.
Se poi da quelle parti non offrono garanzie, per semplice incompetenza e mancanza di tradizione in materia, nessun problema.
La più classica delle case costruite dal tetto, a partire dal Mundial americano.
In assoluto un giro di boa tra i più nefasti nella degenerazione di questo sport, che portò addirittura a stravolgimenti regolamentari per adattarlo ai gusti di un pubblico dalla cultura sportiva profondamente diversa.
Nonché una rassegna pesantemente inficiata, nella sua credibilità tecnica, da fattori climatici e dal fuso orario con le rispettive influenze sulla condizione fisica delle squadre.
Sono seguiti la farsa coreana, in assoluto l'edizione più falsata di sempre, e la passerella in Sudafrica: dove il governo del Paese più violento del pianeta o giù di lì corrispose alla mafia locale il doppio degli "introiti" previsti, allo scopo di evitare le intuibili conseguenze.
Senza contare che anche su assegnazioni impeccabili sul piano organizzativo, come quella alla Germania nel 2006, pesava il segreto di Pulcinella di "strani" di giri di soldi: qualcuno ricorda il comportamento quantomeno ondivago, e il voltafaccia finale, del delegato neozelandese Dempsey nel voto decisivo per la scelta a favore dei teutonici?
L'assegnazione al Qatar traboccante di petrodollari prosegue su questa falsariga, solo con qualche problema meteo in più.
Né le legittime rimostranze su Stati come le petromonarchie trovano riscontro nel contesto generale: ci si crea forse scrupoli di coscienza nel portare la Supercoppa in Arabia Saudita? O, parlando di cose più serie, nel coprire col silenzio più assordante il genocidio in corso nello Yemen?
Platini si è semplicemente inserito nel sistema come vassallo del tiranno elvetico: nel momento in cui ha tentato di proporsi come successore è calata la mannaia.
Vuoi per qualche passo più lungo della gamba da parte sua; vuoi, più verosimilmente, come rappresaglia verso un rappresentante esposto ma relativamente debole di un clan perdente.
Del resto, anche il primo tintinnar di manette - proprio durante la corsa alla presidenza della FIFA, nella quale lo stroncò con tempismo a orologeria - dipendeva da un'imputazione a dir poco veniale rispetto al resto: un'indicazione chiarissima, sia pure in codice, di come il capo d'accusa fosse un semplice pretesto di copertura per ben altre istanze e dinamiche.
Quanto accaduto in giornata ne rappresenta la semplice continuazione: oltre a confermare il ruolo - ormai stabilmente organico - della Magistratura in trame del genere, dove presta volentieri servizio nel lurido ruolo di sicario.
E sia chiaro che non si sta difendendo Platini in sé, sul quale chi scrive condivide questo sintetico giudizio
Maiale
Solo non raccontiamoci che si sta facendo giustizia, qualunque cosa si intenda con questo termine.
E non illudiamoci che i reali mandanti, nonché beneficiari, dell'arresto siano migliori rispetto al suino franzoso.
Anzi...