Autore Topic: 75 anni fa...  (Letto 702 volte)

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Giglic

75 anni fa...
« : Venerdì 27 Aprile 2012, 10:19:13 »
Moriva Antonio Gramsci, nella clinica "quisisana" di ROma, dopo aver passato gli ultimi 11 anni della sua vita in carcere per le sue idee politiche.
Perseguitato dal regime fascista, inviso a Togliatti per la sua visione estremamente diversa rispetto a quella sovietica del comunismo (Gramsci era un teorico del superamento del capitalismo,non del suo abbattimento, e della rivoluzione socialista fatta soprattutto attraverso gli agrari: riteneva la classe operaia già sufficientemente matura per avere non IL potere, ma per parteciparvi. Una delle sue frasi più famose fu "noi non dobbiamo osteggiare, ma essere grati al Signor Agnelli, che tramite le sue fabbriche ha consentito agli operai di stare insieme e di formare una coscienza di classe". Appassionato in un primo momento della rivoluzione bolscevica, ne divenne fortemente critico nel 1926, ed anche - forse - per questo, lasciato in carcere dai suoi stessi compagni. Il rapporto con Togliatti, sin da quando erano liceali insieme a Torino, era sempre stato controverso, come del resto poteva esserlo il rapporto tra un idealista innamorato dell'"egemonia culturale" ed un cinico sopravvissuto a STalin ed al suo terrore. Posto qui, oltre che il mio ricordo - adesso che tutti lo citano ma nessuno lo legge - un articolo apparso oggi sul FQ. (Lo dico per correttezza, ma ovviamente si scatenerà la critica al dito, adesso)

Tutti pazzi per Gramsci

di Angelo d’Orsi
   The Gramscian Moment è il titolo di un recente libro del britannico Peter Thomas vincitore del Premio internazionale Sormani. E di autentico “momento gramsciano” si deve parlare, gettando lo sguardo ben oltre le frontiere. Ma sarebbe un errore ritenere che questo momento sia cominciato tra il 2011 e i primi mesi del 2012, quando un’autentica profluvie di libri, richiamati più o meno correttamente dai media, si è abbattuta nelle librerie italiane, e l’alluvione continua.
   La Gramsci-Renaissance data dal 2007, quando si celebrarono, in una misura e con una intensità mai viste, i 70 anni dalla morte. Fu un anno eccezionale, con convegni che cominciarono in Australia e percorsero il globo, toccando decine di Paesi. E, mentre cominciavano a uscire a stampa i primi volumi dell’Edizione Nazionale degli Scritti, si presentava, anche grazie al lavoro nel-l’ambito di quella impresa gigantesca, e a quello svolto per la Bibliografia Gramsciana Ragionata (BGR) e per il Dizionario Gramsciano, una nuova generazione di studiosi, che a Gramsci guardava con occhi freschi, non condizionata dai dibattiti del passato. Qualcuno disse: finalmente si potrà semplicemente leggere Gramsci come “un classico”. Ma così non è e così in fondo non può essere. Antonio Gramsci fu e rimase un rivoluzionario e un comunista fino all’ultimo suo giorno – che cadde esattamente 75 anni or sono, in una clinica romana dopo un decennio di detenzione e patimenti inenarrabili – il 27 aprile 1937. Ma fu anche un pensatore, sicuramente il più profondo e originale pensatore dell’Italia del Novecento; ma anche uno dei più stimolanti analisti del “moderno”: storico e storiografo, filosofo e pedagogista, teorico della lingua e della letteratura, scienziato politico. E, last but not least, uno scrittore impareggiabile, che nelle sue lettere ha toccato altissimi vertici di umanità e di multiforme capacità letteraria.
   SONO QUESTE le ragioni della rinascita di attenzione a Gramsci, oggi uno degli autori italiani di ogni epoca più tradotti e studiati nel mondo? Indubbiamente. Ma come testimoniano le polemiche ricorrenti, scatenate da sedicenti nuove interpretazioni o pretese “rivelazioni”, non si discute solo in merito al teorico e lo scrittore, ma sempre comunque sui connotati politici della sua opera teorica e pratica: dei risultati che ebbe quando egli era un giovane giornalista del Partito socialista, o quando divenne direttore del settimanale poi quotidiano L’Ordine Nuovo, colonna del Partito comunista, fondatore de l’Unità, fino a quando giunse, dopo un’aspra battaglia interna, a prendere la guida del Partito, poco prima dell’arresto nel novembre ’26. Di quei tempi fu la rottura con Togliatti, su cui poi tanta speculazione si fece. Il dissenso nasceva dalla differente valutazione, positiva per Togliatti, critica e preoccupata per Gramsci, delle lotte interne al Partito sovietico.
   È la vicenda della lettera da Gramsci scritta per i compagni russi e affidata a Togliatti, che, d’accordo con Bucharin non la consegnò, suscitando l’aspra reprimenda di Gramsci e una greve risposta di Togliatti. Fu quello, dell’ottobre ’26, l’ultimo contatto fra i due, che non ebbero più modo di parlarsi. Del resto mentre Gramsci cominciava il suo calvario, Togliatti vestì i panni di dirigente dell’Internazionale Comunista, condividendone responsabilità, anche se non fu mai un piatto esecutore degli ordini di Stalin, spesso anzi cercando di portare avanti una linea di riserva. Ma certo fu completamente dentro quella storia, da cui Gramsci invece fu escluso. E non come qualcuno ha scritto, scioccamente, perché “per sua fortuna” era in carcere, ma perché il suo comunismo, su cui continuò a riflettere, era oggettivamente diverso. E lo era stato fin dal suo affacciarsi alla Torino industriale, dove conobbe gli operai, “uomini di carne ed ossa”, quando mise l’accento sul fattore umano e quello culturale. E cominciò a elaborare un socialismo che ne tenesse conto. Doveva essere un movimento di liberazione il socialismo, di uomini (e donne: la sua attenzione all’altra metà del cielo fu costante), non sostituire un’oppressione ad un’altra. Quel socialismo era umanistico, e tale rimase anche dopo la trasformazione in comunismo. Ma l’umanesimo gli giungeva non solo dal contatto diretto con i proletari, ma dalla stessa attenzione alla cultura. E anche quando, nei primi anni Venti, la bolscevizzazione toccò tanto il Pcd’I, quanto lo stesso Gramsci, egli non perse lo zoccolo duro, umanistico e insieme critico, della propria concezione di comunismo . Perciò, quando crollò il Muro, nel 1989, trascinando sotto le macerie la quasi totalità della tradizione marxista, Gramsci non solo si salvò, ma ne emerse come un trionfatore.
   ERA IL PORTATORE di un altro socialismo possibile. Sconfitto politicamente, in una determinata fase storica, ma non filosoficamente ed eticamente. Dunque, il momento gramsciano, sia nel livello alto degli studi, sia in quello basso, talora infimo, e persino volgare, di polemiche spicciole, e infondate, magari ammantate di scientificità, non accenna a finire: perché dietro l’analista acuto e sofferto della sconfitta della rivoluzione in Occidente, nella lunga meditazione carceraria, emerge il teorico di un’altra rivoluzione possibile, magari attraverso gli strumenti culturali, capaci di sostituire al dominio fondato sulla coercizione l’egemonia basata sul consenso. E il suo motto fondamentale rimane pur sempre il primo dei tre che campeggiano sulla testata de L’Ordine Nuovo: “Istruitevi perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza”.

Offline Skorpius

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Re:75 anni fa...
« Risposta #1 : Venerdì 27 Aprile 2012, 11:04:08 »
Fa un po' di effetto e di tenerezza parlare di giganti italiani dell'ideologia politica in un momento in cui la politca economica e sociale ci viene interamente dettata da uno stato estero.
La gente dice che sono cattivo, ma in verità ho il cuore di un bambino: lo tengo in un barattolo, sul comodino.

Offline BobLovati

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Re:75 anni fa...
« Risposta #2 : Venerdì 27 Aprile 2012, 11:48:01 »
Fa un po' di effetto e di tenerezza parlare di giganti italiani dell'ideologia politica in un momento in cui la politca economica e sociale ci viene interamente dettata da uno stato estero.

spero ti riferisca agli ultimi 70-75 anni, vero ??
Laziale, Ducatista e fiumarolo

Siamo noi fortunati ad essere della Lazio, non la Lazio ad avere noi

“LA MOGLIE DI CESARE DEVE NON SOLO ESSERE ONESTA, MA ANCHE SEMBRARE ONESTA.”

Offline Skorpius

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Re:75 anni fa...
« Risposta #3 : Venerdì 27 Aprile 2012, 17:07:01 »
spero ti riferisca agli ultimi 70-75 anni, vero ??

L'antimericanismo vi ossessiona più della roma
La gente dice che sono cattivo, ma in verità ho il cuore di un bambino: lo tengo in un barattolo, sul comodino.