Breda negli anni d'oro di Delio alla Salernitana, j'ammollava. Sì, vero, come talento puro non è al livello di un Chiorri. Tirava delle necche, però...
Sempre in questa categoria a me non dispiaceva affatto Carletto Perrone (perfetto omonimo del "nostro") nei suoi anni orobici. Contro di noi, poi, sfoderava spesso grandi prestazioni.
Secondo me Breda e Perrone c'entrano poco in questa comparazione.
Uno sta al primo Delio Rossi, quello della fase zemaniana pura, come Modica o Di Biagio al boemo: l'allenatore in campo, perno centrale della mediana e di tutta la manovra.
Fuori da quel marchingegno tattico che ruotava intorno a lui non ha mai reso agli stessi livelli, ma non per limiti caratteriali o di continuità: la volontà non mancava, la "testa da calcio" neppure tant'è che oggi sta tentando una carriera da allenatore con discrete premesse. Staremo a vedere.
Altra storia anche quella di Perrone, che aveva già incrociato la Lazio col Campobasso nello spareggio di Napoli.
Coi molisani alternava il ruolo di ala di raccordo - alla Rambaudi, per capirci - quando c'erano in campo Vagheggi e quel sant'omo di Boito a quello di centravanti tattico, con uno dei due in panchina e il più difensivo Accardi sull'esterno.
In seguito si specializzò come ala tra Atalanta e Padova, mantenendo doti tecniche e di inserimento al tiro ma migliorando corsa e disciplina tattica.
Una parabola simile a quella di Di Livio, cui è mancata però una chance nel grande calcio.
Qualche nome per i fenomeni incompiuti? Alessio Pirri, che dovrò aggiungere anche nel topic sugli innamoramenti degli allenatori per il ripetuto sodalizio col mediocre sacchiano Varrella.
Sbocciato nella Cremonese, tatticamente abbastanza duttile per spaziare dal ruolo di seconda punta a quello di terzo di centrocampo in un 4-3-3, andava a completare nelle giovanili azzurre il reparto cui l'Atalanta dei citati Morfeo e Locatelli (ma anche Pavan, Tacchinardi, Rovaris e la buonanima di Pisani) forniva una linea d'attacco dal grande avvenire.
Non fu così, nel caso di Pirri per un fisico alla Benny Carbone e un decadimento del precocissimo interesse da parte della Juventus, che gli tolse probabilmente parecchie motivazioni.
Di lui ricordo soprattutto certe parabole narcotizzanti col sinistro: una sorta di foglia morta più lineare nella traiettoria, ma altrettanto letale.
Altro nome di marca grigiorossa - come il già citato Chiorri - è Riccardo Maspero, incompiuto nella Sampdoria e pervenuto solo a tratti nel Torino dove la sua giocata più famosa rimane il limone piazzato sotto la palla a Salas.
Non si è mai capito se il Mapuche calciò alle stelle quel rigore per un motivo del genere o per colpe proprie, ma in un derby che i granata rimontarono da uno 0-3 dopo 10' fino al 3-3 finale un tocco di leggenda, fosse pure metropolitana, non stona.
Rimanendo in ambito più tecnico, il Maspero della Cremonese di Simoni vanta una statistica difficilmente ripetibile nell'anno della promozione in A: il 60% dei gol - non pochi, fra l'altro - realizzati dalla squadra furono frutto dei suoi assist.
Non ricordo molti talenti così specializzati nell'ultimo passaggio: il suo problema, oltre a un fisico buono a malapena per strappare i biglietti al cinema, era la necessità di un modulo e un assetto tattico
designed around you.
Senza questo plusvalore, non si sentiva coinvolto e usciva troppo spesso dalla partita, innanzitutto con la testa.
A suo sfavore ha inciso anche l'evoluzione tattica del nostro calcio: ci fosse stato ancora spazio per il trequartista che non corre, ma che sa mettere la palla come pochi, forse qualche club di livello ci avrebbe fatto un pensierino.
Per la categoria "bisogna aspettare i loro numeri", citerei Emiliano Salvetti e Giuseppe Mascara, il secondo autore di un paio di gol - a San Siro contro l'Inter dalla linea di fondo, al "Barbera" di Palermo da metacampo - che non sfigurerebbero nella sigla di apertura di un programma sul calcio internazionale.
La definizione tra virgolette dice tutto, anche sull'effetto collaterale che caratterizza le squadre disposte a sopportare i loro lampi di genio dispersi in una lunghissima pausa: sono scarse.
Simile ma fino a un certo punto Ciccio Lodi, i cui problemi pare siano riassumibili in tre parole: testa di cazzo.
Questa la sintesi più credibile della cupezza e della spocchia che lo rendevano sopportato a malapena persino nel Frosinone, dove giocava praticamente da solo.
Montella gli ha trovato una nuova dimensione come Pirlo di provincia: in bocca al lupo, c'è ancora un po' di carriera davanti e il calcio italiano ha bisogno di piedi come i suoi.
In tempi più lontani, mai dimenticare Claudio Valigi: qualcuno lo ricorderà buon regista nel Padova, ma per uno nato calcisticamente come erede designato de Farcao non è qualcosa che faccia sentire realizzati.
Sempre in maglia biancoscudata è transitato Damiano Longhi, già protagonista nel Modena-spettacolo di Mascalaito.
Mezzala con piedi - e, purtroppo per lui, fisico - da trequartista, ha pagato l'estinzione del ruolo e un carattere non proprio leonino.
Peccato, perché anche tatticamente ci sapeva fare: quando decideva di giocare la partita e di non dare punti di riferimento all'avversario, le aziende produttrici di cachet per il mal di testa triplicavano il fatturato.
Ah, a proposito di eredi designati: chi era quello di Antognoni alla Fiorentina? Livornese, piccoletto, pieno di talento e - come si diceva allora - di fosforo, ma troppo indolente per sfondare persino nell'Empoli.
Se avesse alle proprie dipendenze uno così, non gli concederebbe un minuto. Già, perché oggi è un apprezzato allenatore e si chiama Walter Mazzarri.
Verrebbe da dire che a penalizzarlo è stata la simpatia, ma il motivo è un altro: tanto lucido tatticamente quanto bravo a far correre gli altri.
Non è un caso che in panchina stia ottenendo ben altre soddisfazioni.
Dopo questa carrellata di "Potevano essere famosi", torniamo a Diamanti e alla nuova dimensione tecnica raggiunta in questi due spezzoni con la Nazionale.
Ci si poteva aspettare da lui giusto un numero risolutivo, invece ha messo a disposizione freschezza e corsa proponendosi anche come randellatore di metacampo, tenendo palloni preziosi, monopolizzando le palle da fermo, prendendosi responsabilità in prima persona mentre altri si nascondevano dietro l'avversario diretto.
Con questa testa, sarebbe un giocatore da alta classifica. Già, ma quante partite di campionato riuscirebbe ad affrontare con un simile atteggiamento? Poche, temo.