Autore Topic: Quotidiani  (Letto 22256 volte)

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Offline MCM

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Re:Quotidiani
« Risposta #100 : Sabato 13 Novembre 2010, 19:41:28 »
La bocconiana di lusso(che però paga la retta nella seconda fascia su 4 fasce di reddito) scrive per il manifesto?...

Offline satanasso

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Re:Quotidiani
« Risposta #101 : Sabato 13 Novembre 2010, 19:42:38 »
La bocconiana di lusso(che però paga la retta nella seconda fascia su 4 fasce di reddito) scrive per il manifesto?...

no scrive per il fatto.
Sciarpe rotte eppur bisogna andar

Giglic

Re:Quotidiani
« Risposta #102 : Sabato 13 Novembre 2010, 19:45:29 »
La bocconiana di lusso(che però paga la retta nella seconda fascia su 4 fasce di reddito) scrive per il manifesto?...

Non si è laureata col massimo dei voti, e senza che il rettore le chiedesse di insegnare, come hanno fatto con la Berlusconina?
Poi, questa critica è un poco demagogica, è come se si dicesse della Marina Berlusconi "l'editrice illuminata di Saviano che gestisce quello che ha rubato il padre"

Offline MCM

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Re:Quotidiani
« Risposta #103 : Sabato 13 Novembre 2010, 19:48:05 »
Dire che una paga 5 mila euro all' anno quando ne ha milioni quando tutti gli altri, che ne hanno molto meno di lei (basta avere una casa e una macchina di proprietà, anche se stai pagando il mutuo) ne pagano 9mila è demagogia?...
A me mi pare cronaca...

Giglic

Re:Quotidiani
« Risposta #104 : Sabato 13 Novembre 2010, 19:50:34 »
Dire che una paga 5 mila euro all' anno quando ne ha milioni quando tutti gli altri, che ne hanno molto meno di lei (basta avere una casa e una macchina di proprietà, anche se stai pagando il mutuo) ne pagano 9mila è demagogia?...
A me mi pare cronaca...

Secondo me si, anche perchè il topic parla di quotidiani, non di figli di nobili che fanno i giornalisti.
Non è che (per carità, neanche la voglio pensare questa cattiveria) che la critichi su una cosa che non c'entra nulla con quello che fa e le sue opinioni per screditare quello che scrive e che magari non ti trova d'accordo?

bak

Re:Quotidiani
« Risposta #105 : Domenica 14 Novembre 2010, 12:33:51 »
Con il dovuto rispetto, e con molta molta tristezza per l'imminente chiusura del Manifesto, chiederei alla Castellina se non sia il caso di piantarla con il fatalismo e di cominciare piuttosto a interrogarsi sul fatto che il Manifesto, oltre che la vittima, possa anche essere stato il carnefice della fine della politica (della sinistra).

Proprio ieri su 'La Stampa' c'era una intervista a Parlato che verteva proprio su questo tema. Se la trovo in rete la posto.

Offline MCM

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Re:Quotidiani
« Risposta #106 : Domenica 14 Novembre 2010, 14:36:55 »
Secondo me si, anche perchè il topic parla di quotidiani, non di figli di nobili che fanno i giornalisti.
Non è che (per carità, neanche la voglio pensare questa cattiveria) che la critichi su una cosa che non c'entra nulla con quello che fa e le sue opinioni per screditare quello che scrive e che magari non ti trova d'accordo?

Evidentemente, ma si sapeva, per le sinistre il tema della giustizia sociale è a senso unico...

"compagno compagno...tu lavori...e io magno..."

Da sempre il motto e ragione di vita delle sinistre...

Comunque è off topic. La nobile che gioca a fare la rivoluzionaria scrive per il fatto quotidiano. Buono per il manifesto, che mi auguro non chiuda. Sarebbe un peccato.

Offline satanasso

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Re:Quotidiani
« Risposta #107 : Domenica 14 Novembre 2010, 16:17:40 »
Proprio ieri su 'La Stampa' c'era una intervista a Parlato che verteva proprio su questo tema. Se la trovo in rete la posto.

grazie rocco. magari, la leggo volentieri!
Sciarpe rotte eppur bisogna andar

bak

Re:Quotidiani
« Risposta #108 : Domenica 14 Novembre 2010, 16:46:42 »
grazie rocco. magari, la leggo volentieri!

13/11/2010
 
Parlato e il manifesto in crisi: "Abbiamo fatto tanti errori ma resteremo comunisti"
 
La campagna per aiutare il giornale in difficoltà, l'autocritica di uno dei suoi storici fondatori, il confronto con gli altri quotidiani di sinistra
 
Valentino fa un’intervista al tg2. Valentino fa (ancora) la riunione di redazione. Valentino fa il consueto numero di telefonate in giro, come dice lui, «per rompere le palle per il manifesto». A quasi quarant’anni il quotidiano vive la sua stagione più difficile, e non è retorica. È davvero la volta che rischia di chiudere. Valentino Parlato, uno degli storici fondatori del quotidiano, è ancora lì che cerca, spinge, raccoglie finanziamenti possibili. In questa intervista però fa anche una robusta autocritica, «se perdiamo lettori è anche colpa nostra. Abbiamo sbagliato tanto». Vedrete più avanti come, e perché.

I nemici già dicono: la solita crisi del manifesto, sempre lì lì per crollare, e in fondo sempre in piedi.
«Stavolta non è così. Abbiamo superato tante crisi, con le sottoscrizioni, i numeri speciali a cinquanta euro, ma quella di oggi è una crisi più grave. C’è il colpo che subiamo dal taglio dei finanziamenti pubblici, adesso pare ci diano qualcosa, ma sono pochi soldi. Ci sono le vendite basse: dal nostro picco, le 50 mila copie del ‘94 - quando facciamo la manifestazione del 25 aprile a Milano, e dopo poco Bossi scarica Berlusconi - siamo scesi ormai a ventimila, una soglia di sopravvivenza».

Ma vi siete mai chiesti le ragioni? Perché perdete così?
«La crisi è innanzitutto una crisi della politica - una politica immobilizzata a causa delle escort a casa del premier, anche a sinistra, sì, ma ovviamente a partire dalla destra. Solo che questa crisi della politica indebolisce anche noi».

Altri però, a sinistra, vanno bene. Il Fatto ha avuto un grande successo, Repubblica non è certo un giornale in crisi. Come mai pagate solo voi?
«Il paradosso è che va bene un giornale come Il Fatto, il fronte del qualunquismo. Quando tu dici che tutto fa schifo evidentemente c’è un pubblico ormai disgustato dalla politica che ti segue. Poi certamente c’è un ritardo anche nostro. Ancor più che una crisi di soldi, la nostra è una crisi di soldati, una crisi culturale. Dovremmo saper fare un giornale innovativo, un giornale radicato nella società, perché quando andiamo appresso alle storie di Ruby vanno meglio altri, tirano le inchieste di D’Avanzo».

E le ragioni di questa crisi? Per esempio continuerete a tenere sotto la testa la dicitura orgogliosa di «quotidiano comunista»?
«Noi siamo al tempo stesso indice e sintomo di una crisi culturale. Però siamo una testimonianza importante, anche se è vero, un po’ impallidita. In quasi 40 anni siamo stati i primi a chiedere e cercar di costruire un’idea di comunismo non sovietico. E quell’idea resta ferma. Lo dicemmo nel ‘69, non alla Bolognina. Forse se Berlinguer nel ‘69, invece di stare con quelli che ci cacciarono, si fosse sganciato - se le cose che dirà dieci anni dopo le avesse dette allora - il comunismo poi non sarebbe stato svenduto, dai suoi eredi, in una notte; la denuncia, fatta in anticipo come tentammo, avrebbe salvato l’idea».

In politica anche essere in anticipo, come in ritardo, è un male.
«Sì. Bisogna essere a tempo»

E oggi il manifesto lo è, dal punto di vista editoriale? Che giornale siete, che giornale volete essere?
«Tornare a essere eretici oggi significa fare inchieste. Come campano gli italiani? Gli studenti cosa sperano? Siamo il paese con più proprietari di casa, ma anche più precari. Dobbiamo aver forza di raccontare queste cose. La generazione di Natoli, che è appena scomparso, mia e di Rossana - finché ci siamo - era cresciuta molto più su Madame Bovary e su Guerra e pace che su Carlo Marx. Il romanzo di questo paese oggi è invece mutanda pazza e Ruby in Ferrari».

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Re:Quotidiani
« Risposta #109 : Domenica 14 Novembre 2010, 17:13:18 »
13/11/2010
 
Parlato e il manifesto in crisi: "Abbiamo fatto tanti errori ma resteremo comunisti"
 
La campagna per aiutare il giornale in difficoltà, l'autocritica di uno dei suoi storici fondatori, il confronto con gli altri quotidiani di sinistra
 
Valentino fa un’intervista al tg2. Valentino fa (ancora) la riunione di redazione. Valentino fa il consueto numero di telefonate in giro, come dice lui, «per rompere le palle per il manifesto». A quasi quarant’anni il quotidiano vive la sua stagione più difficile, e non è retorica. È davvero la volta che rischia di chiudere. Valentino Parlato, uno degli storici fondatori del quotidiano, è ancora lì che cerca, spinge, raccoglie finanziamenti possibili. In questa intervista però fa anche una robusta autocritica, «se perdiamo lettori è anche colpa nostra. Abbiamo sbagliato tanto». Vedrete più avanti come, e perché.

I nemici già dicono: la solita crisi del manifesto, sempre lì lì per crollare, e in fondo sempre in piedi.
«Stavolta non è così. Abbiamo superato tante crisi, con le sottoscrizioni, i numeri speciali a cinquanta euro, ma quella di oggi è una crisi più grave. C’è il colpo che subiamo dal taglio dei finanziamenti pubblici, adesso pare ci diano qualcosa, ma sono pochi soldi. Ci sono le vendite basse: dal nostro picco, le 50 mila copie del ‘94 - quando facciamo la manifestazione del 25 aprile a Milano, e dopo poco Bossi scarica Berlusconi - siamo scesi ormai a ventimila, una soglia di sopravvivenza».

Ma vi siete mai chiesti le ragioni? Perché perdete così?
«La crisi è innanzitutto una crisi della politica - una politica immobilizzata a causa delle escort a casa del premier, anche a sinistra, sì, ma ovviamente a partire dalla destra. Solo che questa crisi della politica indebolisce anche noi».

Altri però, a sinistra, vanno bene. Il Fatto ha avuto un grande successo, Repubblica non è certo un giornale in crisi. Come mai pagate solo voi?
«Il paradosso è che va bene un giornale come Il Fatto, il fronte del qualunquismo. Quando tu dici che tutto fa schifo evidentemente c’è un pubblico ormai disgustato dalla politica che ti segue. Poi certamente c’è un ritardo anche nostro. Ancor più che una crisi di soldi, la nostra è una crisi di soldati, una crisi culturale. Dovremmo saper fare un giornale innovativo, un giornale radicato nella società, perché quando andiamo appresso alle storie di Ruby vanno meglio altri, tirano le inchieste di D’Avanzo».

E le ragioni di questa crisi? Per esempio continuerete a tenere sotto la testa la dicitura orgogliosa di «quotidiano comunista»?
«Noi siamo al tempo stesso indice e sintomo di una crisi culturale. Però siamo una testimonianza importante, anche se è vero, un po’ impallidita. In quasi 40 anni siamo stati i primi a chiedere e cercar di costruire un’idea di comunismo non sovietico. E quell’idea resta ferma. Lo dicemmo nel ‘69, non alla Bolognina. Forse se Berlinguer nel ‘69, invece di stare con quelli che ci cacciarono, si fosse sganciato - se le cose che dirà dieci anni dopo le avesse dette allora - il comunismo poi non sarebbe stato svenduto, dai suoi eredi, in una notte; la denuncia, fatta in anticipo come tentammo, avrebbe salvato l’idea».

In politica anche essere in anticipo, come in ritardo, è un male.
«Sì. Bisogna essere a tempo»

E oggi il manifesto lo è, dal punto di vista editoriale? Che giornale siete, che giornale volete essere?
«Tornare a essere eretici oggi significa fare inchieste. Come campano gli italiani? Gli studenti cosa sperano? Siamo il paese con più proprietari di casa, ma anche più precari. Dobbiamo aver forza di raccontare queste cose. La generazione di Natoli, che è appena scomparso, mia e di Rossana - finché ci siamo - era cresciuta molto più su Madame Bovary e su Guerra e pace che su Carlo Marx. Il romanzo di questo paese oggi è invece mutanda pazza e Ruby in Ferrari».

D'accordo in linea di massima con Parlato. Personalmente, però, non credo che il tornare a fare inchieste (mi pare che negli ultimi tempi lo abbia fatto solamente, anche se assai bene, Loris Campetti) possa bastare a risolvere il problema del giornale. E' una misura editoriale necessaria, senza dubbio, ma non sufficiente. Qui il problema è ben più pesante, ed è un problema, appunto, culturale e politico, prima che editoriale. Bisognerebbe chiedersi cosa significa, oggi, essere comunisti, quali sono gli strumenti per fare massa critica, quale sistema di alleanze (non solo politiche) sviluppare, con quali soggetti interagire, domandarsi a quale pezzo di Italia si deve parlare e in che termini. Il successo del Fatto è significativo e in questo senso non deve essere nè sottovalutato, nè trattato come un fenomeno transitorio e deteriore di mero qualunquismo. Questo atteggiamento è sbagliato e controproducente, soprattutto se il Manifesto non è in grado di sviluppare, a sinistra, un'alternativa credibile e condivisa. Io mi inizierei a interrogare seriamente sul fatto che il Manifesto assomigli sempre più a una precaria e litigiosa collezione di segmenti sfilacciati, auto-referenziali e ultra-minoritari della sinistra radicale (ognuno dei quali a capo di un pezzo di giornale) piuttosto che a un laboratorio capace di riunire le anime della sinistra italiana dentro un progetto politico, sociale e culturale includente e di lungo periodo. Il Manifesto mi sembra oggi più un coagulo dei mali storici della sinistra italiana, che la medicina ad essi. E mi dispiace molto.
Sciarpe rotte eppur bisogna andar

Offline MCM

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Re:Quotidiani
« Risposta #110 : Domenica 14 Novembre 2010, 17:47:55 »
A parte la solita utopia dei cosìdetti "comunisti" di credere nella possibilità di un comunismo non sovietico(cosa poi significhi "non sovietico" in realtà non si capisce. Esaltano Cuba per esempio, ma non spiegano la differenza tra il modello cubano e quello sovietico) per il resto è una intervista apprezzabile, perchè sintomatica di un evidente disagio della sinistra italiana.

Vero più che mai poi il commento sul Fatto Quotidiano. Non che mi sorprendi il suo successo, è infatti noto l' amore dell' italiota medio per il gossip alla Novella 2000, ma è sempre buona cosa farlo notare. Bravo quindi al Dott. Parlato.

Giglic

Re:Quotidiani
« Risposta #111 : Lunedì 15 Novembre 2010, 07:23:56 »
Continui ad insultare nel personale e non nei contenuti.
Stai bene così.
Evidentemente, ma si sapeva, per le sinistre il tema della giustizia sociale è a senso unico...

"compagno compagno...tu lavori...e io magno..."

Da sempre il motto e ragione di vita delle sinistre...

Comunque è off topic. La nobile che gioca a fare la rivoluzionaria scrive per il fatto quotidiano. Buono per il manifesto, che mi auguro non chiuda. Sarebbe un peccato.

questa poi... ma sei piombato qui dal 1948?

Offline AlenBoksic

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Re:Quotidiani
« Risposta #112 : Lunedì 15 Novembre 2010, 08:12:22 »
Evidentemente, ma si sapeva, per le sinistre il tema della giustizia sociale è a senso unico...
"compagno compagno...tu lavori...e io magno..."

ci chiediamo se è giusto che una ragazza giovane e carina senz’altra esperienza politica prenda 15 mila euro al mese, perché è stata fatta diventare consigliere regionale. Il presidente? Con noi è gentile. Qualche volta è venuto a salutarci, a raccontaci qualche barzelletta. Una volta ci ha fatto, ammiccando, una battuta: ‘Eh, beati voi che adesso andate a casa a dormire, a me invece tocca trombare’
La scorta di Berlusconi: ''Non vogliamo fare la guardia alle escort''
http://www.ilsalvagente.it/Sezione.jsp?titolo=La%20scorta%20di%20Berlusconi%20a%20Il%20Fatto:%20''Non%20ne%20possiamo%20pi%F9%20di%20fare%20la%20guardia%20alle%20escort''&idSezione=8646
Voglio 11 Scaloni

Offline MCM

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Re:Quotidiani
« Risposta #113 : Lunedì 15 Novembre 2010, 23:24:10 »
Questa è bella...se uno è un puttaniere che raccomanda gente senza alcuna qualità, ben vengano "giornaliste" improvvisate senza alcuna qualità...

Per il resto non vedo chi insulterei dicendo che il fatto quotidiano è un giornaletto di gossip.
Comunque siamo sempre Off-topic

Offline AlenBoksic

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Re:Quotidiani
« Risposta #114 : Martedì 16 Novembre 2010, 08:12:48 »
La correlazione era un'altra.
Voglio 11 Scaloni

zorba

Re:Quotidiani
« Risposta #115 : Sabato 18 Dicembre 2010, 08:37:23 »
(Il Fatto Quotidiano 18.12.2010)

Meglio “Libero” che il Caimano Vittorio Feltri raggiunge Belpietro

DIVENTANO AZIONISTI DI MINORANZA, MA DI COMANDO

(di Stefano Feltri)

“Vado, non scappo”, scriveva Vittorio Feltri nel suo addio a Libero a luglio 2009. Poco più di un anno dopo torna indietro, lascia Il Giornale e ritrova il quotidiano che ha fondato dieci anni fa. Come anticipato dal Fatto Quotidiano, questa volta Feltri va a Libero da editore. Maurizio Belpietro resta direttore responsabile della testata, Feltri sarà direttore editoriale (la stessa carica che ha ora al Giornale, perché essendo sospeso dall’Ordine dei giornalisti fino a marzo non può firmare né articoli né l’intero giornale), con divisione dei ruoli simile a quella che c’è tra un presidente e il suo amministratore delegato. I due saranno però anche azionisti dell’Editoriale Libero, giornalisti-editori a cui è stato assicurato di poter contare nelle decisioni strategiche e non solo, anche se probabilmente non avranno la quota di maggioranza. Feltri arriva il 21 dicembre, il 22 assieme a Belpietro presenteranno a Milano in una conferenza stampa il nuovo assetto proprietario.

AD OGGI, Libero è al cento per cento della Fondazione San Raffaele. Lo schermo dietro cui c’è la famiglia Angelucci, editrice anche del Riformista (che, da tempo in difficoltà, è in vendita e a rischio chiusura già a gennaio). La questione però è delicata: ambienti vicini alla famiglia degli imprenditori della sanità spiegano di non sapere niente dell’operazione Feltri e hanno fatto un apposito comunicato ufficiale per chiarirlo. Perché mai come in questi giorni è importante per gli Angelucci prendere le distanze dalle proprie creature editoriali, visto che i contributi pubblici destinati a Libero in quanto edito da un ente senza scopo di lucro, la Fondazione San Raffaele, sono congelati. “Erano bloccati quando sono arrivato, lo sono ancora, io devo continuare a fare soltanto il mio lavoro”, dice il direttore Belpietro. Libero ha chiesto i contributi per il 2008 e il 2009 e li ha iscritti a bilancio per 6 milioni all’anno, ma non li ha ancora incassati. La Guardia di Finanza e l’Agcom sono al lavoro per verificare se ci siano elementi per affermare che il controllo sul giornale non lo esercita la Fondazione San Raffaele, bensì la famiglia Angelucci (cioè la loro finanziaria, la Tosinvest). Se trovassero le prove, il dipartimento editoria della presidenza del Consiglio non potrebbe erogare i contributi, fondamentali per la solidità del bilancio dell’Editoriale Libero. Comunque vada, l’andamento   dei ricavi in edicola resta decisivo (l’utile del 2009 è stato poco più di 11mila euro). Di Vittorio Feltri si dice che valga, da solo, 20-30mila copie (anche se fino a marzo non può scrivere, sanzione dell’Ordine dei giornalisti per la campagna contro Dino Boffo nell’estate 2009). Ma non è detto che i vasi siano proprio comunicanti: molti lettori affezionati a Libero hanno cominciato a comprare il Giornale nell’ultimo anno per seguire Feltri, quindi forse torneranno a comprare solo Libero, che si accorgerà poco della differenza. L’ambizione della coppia Feltri&Belpietro è però che il nuovo assetto editoriale, che concede più autonomia ai giornalisti, abbia un impatto positivo sulla qualità del prodotto. E dunque sulle vendite.

CI SONO poi altri dettagli industriali, con un risvolto politico. La concessionaria di pubblicità di Libero (e del Riformista) non è più Visibilia di Daniela Santanché ma Publikompass. La coalizione Angelucci-Feltri-Santanché-Alessandro Sallusti non ha retto al cambio di testata. La Santanché aveva seguito Feltri al Giornale, imponendosi come concessionario al posto della Mondori (azionista forte del quotidiano), creando per l’occasione un’apposita Visibilia 2 e sperando di mantenere i rapporti anche con Libero, concorrente principale del Giornale. L’equilibrio era troppo precario ed è imploso. Ora al Giornale restano Alessandro Sallusti, direttore responsabile, e la Santanché (nel frattempo diventata sottosegretario del governo). E tra le due testate ora sarà vera concorrenza, politica permettendo. Anche perché la situazione contabile del Giornale è critica. La Sei, Società Europea Edizioni in mano a Paolo Berlusconi, che lo controlla ha perso 68 milioni di euro negli ultimi tre anni. Nel 2009 il rosso è stato di 17,7 milioni di euro, nel 2008 era 22,7 milioni e nel 2007 raggiungeva i 23,2 milioni. Conti tanto disastrati che per mesi è circolata l’ipotesi di un passaggio di proprietà proprio a Vittorio Feltri, lasciando però i debiti in capo a Paolo Berlusconi. 

FELTRI ORA coronerà le sue ambizioni editoriali a Libero, mentre nei corridoi di via Giovanni Negri a Milano c’è già una certa preoccupazione per i destini del giornale fondato nel 1974 da Indro Montanelli (poi affidato, nel 1994, nelle mani di Feltri). Ufficialmente a causa del costo della carta, però, il Libero a doppia firma Feltri&Belpietro avrà otto pagine in meno di quello attuale. Ma anche il Giornale starebbe preparando un taglio analogo.

TD

Re:Quotidiani
« Risposta #116 : Sabato 18 Dicembre 2010, 17:55:10 »
oh, se clicchi su ignora utente il topic all'improvviso diventa leggibile.
Bel giochino, consiglio di approfittarne.

zorba

Re:Quotidiani
« Risposta #117 : Mercoledì 29 Dicembre 2010, 08:16:56 »
RIFORMISTA ADDIO POLITO SE NE VA

Stefano Cappellini nuovo direttore (per ora) A rischio i finanziamenti pubblici

(di Beatrice Borromeo)

Antonio Polito lascia il Riformista, il giornale che ha fondato sette anni fa. É il secondo addio, dopo quello del 2006 quando la Margherita lo candidò al Senato, ma questo è definitivo. Il nuovo direttore sarà Stefano Cappellini, che finora era vice con delega alla politica, l’unico altro numero due di Polito sopravvissuto assieme a Ubaldo Casotto, dopo l’uscita dal giornale arancione di Marco Ferrante e Massimiliano Gallo, passato alla nuova testata on line L’Inkiesta.

RILANCIO FLOP. La notizia arriva un po’ a sorpresa sul sito web  Lettera43.it, con il quale collabora il giornalista del Riformista Fabrizio d’Esposito. In redazione, però, se l’aspettavano da tempo. Almeno da quando una mail dell’avvocato di Polito sulla trattattiva per la buonuscita era finita per sbaglio alla rubrica delle lettere del giornale. Argomento delicato, visto che Paolo Franchi, direttore mentre Polito era in Parlamento, se n’è andato con una liquidazione faraonica, 800mila euro per un anno e mezzo di lavoro. La fine dell’era Polito coincide con la fine dell’era Angelucci: gli imprenditori della sanità, editori anche di Libero, da mesi stanno cercando di liberarsi del giornale che avevano rilevato dal suo inventore, il dalemiano Claudio Velardi. Gli Angelucci sono formalmente proprietari della testata che poi, per ottenere i contributi pubblici (oltre 2,5 milioni all’anno), affittano a una cooperativa. Ma dietro ci sono sempre loro, proprietari anche dello storico palazzo di via delle Botteghe Oscure (già sede del Pci) in cui il giornale ha sede da quasi due anni. Gianpaolo Angelucci che, abitando di fronte alla redazione andava spesso a curiosare nelle stanze del giornale, credeva molto nel progetto di rilancio avviato nell’autunno 2008. L’investimento pare fosse di almeno cinque milioni di euro: addio al vecchio formato lenzuolo senza foto copiato dal Foglio di Giuliano Ferrara e passaggio al tabloid, 32 pagine e grandi firme a cominciare da Gianpaolo Pansa (ma anche Andrea Romano, Guia Soncini, Francesco Bonami, Peppino Caldarola).

Le cose non hanno funzionato. Dal bilancio 2009, stando ai ricavi da edicola, i lettori del quotidiano sono rimasti quelli di prima, addetti ai lavori che ce l’hanno nelle mazzette (vende meno di duemila copie). Il progetto di farne un Libero di sinistra (“Incazzati? Il Riformista vi spiega perché” era lo slogan) non era coerente con la linea moderata di Antonio Polito che, nel 2008, ha perfino consegnato il premio di politico dell’anno a Silvio Berlusconi. Le pagine sono diventate quasi subito 24 e ora 16, mantenendo però il prezzo record di 1,5 euro. Oggi Pansa è una firma di Libero, Romano è al Sole 24 Ore, Guia Soncini scrive per Rcs e Gruppo Espresso. A cinque giornalisti precari, arrivati nel 2008 per il rilancio, non è stato rinnovato il contratto in autunno.

MILIONI IN DUBBIO. A tutto questo si è aggiunta la grana dei contributi pubblici, congelati dall’Agcom che sta verificando se la cooperativa Edizioni Riformiste ne abbia diritto o se ci sia un controllo de facto degli Angelucci, cosa che metterebbe il giornale fuori dalla lista dei beneficiari. Un’incognita non da poco, che vale cinque milioni di euro di contributi messi a bilancio ma poi non erogati. Gli Angelucci, che per un certo periodo coltivavano il progetto di comprare l’Unità da Renato Soru affidandola a Polito, non volevano accollarsi il rischio, anticipando i soldi per vendere la testata libera da oneri (anche perché così avrebbero certificato il controllo diretto). E quindi il giornalista e organizzatore di eventi Enrico Cisnetto, l’unico vero compratore di cui si è fatto il nome, pare non se la sia sentita di accollarsi giornale e incognite. La testata, quindi, dovrebbe finire all’ex dirigente del Pci Emanuele Macaluso, 86 anni, direttore delle Nuove Ragioni del Socialismo grazie alle quali, con una complessa partita di giro, è il vero garante del finanziamento pubblico al Riformista. L’operazione non è ancora formalizzata, sempre per l’incognita dei fondi bloccati, ma è data quasi per certa a gennaio. Macaluso sarà un editore molto attivo, ma difficilmente potrà occuparsi della gestione quotidiana che rimarrà nelle mani di Cappellini e Casotto.

IL FUTURO. E Polito? Bisogna aspettare l’articolo di addio con cui saluterà i lettori (e i giornalisti, molto incerti sul proprio destino) per trovare qualche indizio sul suo futuro. L’ex vicedirettore di Repubblica, a 58 anni, con un rapporto ormai incrinato con gli Angelucci (che però hanno riabbracciato anche Vittorio Feltri, dopo un addio burrascoso nel 2009), è fuori dalla politica, pur avendo con il Pd di Pier Luigi Bersani un rapporto migliore che con quello di Walter 'giornalista ex politico italo-sloveno che copia canzoni altrui (e che porta iella)' a cui fece la guerra. L’ipotesi Unità non è percorribile e quindi, almeno nell’immediato, potrebbe fare soltanto l’editorialista. Quando era parlamentare, teneva una rubrica “Neo-Dem” sul Foglio di Ferrara. C’è chi dice però che la politica potrebbe offrirgli una seconda possibilità, dal lato dell’Api di Francesco Rutelli.


Antonio Polito consegna a Silvio Berlusconi l’Oscar del Riformista edizione 2008 ( FOTO LAPRESSE)

Offline MCM

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« Risposta #118 : Giovedì 30 Dicembre 2010, 09:05:04 »
La velina di Santoro, nonchè scrivente l' articolo, potrebbe stipendiarlo coi soldi di famiglia, il Polito.
Giusto per  spirito di solidarietà sinistrica.

Offline Il lodolaio

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Re:Quotidiani
« Risposta #119 : Giovedì 30 Dicembre 2010, 09:30:02 »
Perché il Riformista sarebbe un giornale di sinistra ?!?

Giornale poco interessante, a parte qualche giornalista.
"A noi la qualità cià rotto il cazzo.
VIVA LA MERDA!"