Autore Topic: Quotidiani  (Letto 21859 volte)

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jumpingjackflash

Re:Quotidiani
« Risposta #80 : Martedì 13 Luglio 2010, 10:39:59 »
Dunque ci affidiamo solo al web, con modalità magari carbonare?
Boh, sarà esagerazione, ma vorrei evitare un paragone con la Cina, nel senso: vorrei che il mio Paese fosse ben diverso da quello. Che non fosse nemmeno lontanamente comparabile.


non mi sembra si stia a quel livello. Quello che non mi piace è il crescendo dei toni da una parte e dall'altra. Si strilla di tutto e di più dalla Rivoluzione Bolscevica, alla Censura passando da per il complotto della magistratura e le società segrete. Chiedo solo di attenersi ai fatti. si rischia altrimenti a mio avviso che i cittadini  si affidino agli slogan che gli piacciono di più, all'immagine più accattivante invece di considerare il merito delle questioni.

facciamo un esempio? io sono molto più preoccupato dal fatto che i Magistrati possano essere limitati nell'usare le intercettazioni per le indagini rispetto al fatto che i giornalisti non possano pubblicare intercettazioni. Arrivo anche a dire che non mi piace per nulla l'uso giornalistico delle intercettazioni prima che il processo sia arrivato a conclusione ne che vengano divulgate intercettazioni su cose che non c'entrano una fava con il procedimento in corso. Questo cosa vuol dire? che sono a favore del decreto? no assolutamente perché è sbagliato due volte. Invece di impedire a tali informazioni riservate di lasciare anzitempo i palazzi di giustizia, si aumentano le limitazioni su l'uso. E' una strategia perdente in partenza, fossi giornalista io punterei su questo prima di gridare alla censura.

facciamo un altro esempio? un  governo che ritiene una priorità la sicurezza al punto da indurre misure di schedatura dei tifosi, si scopre improvvisamente paladino della Privacy e della libertà di parola per telefono. Non sarebbe il caso di dare risalto ad un'idiosincrasia simile?
 

Aquilotta del Nord

Re:Quotidiani
« Risposta #81 : Martedì 13 Luglio 2010, 18:43:41 »

jumpingjackflash

Re:Quotidiani
« Risposta #82 : Martedì 13 Luglio 2010, 18:49:11 »

Aquilotta del Nord

Re:Quotidiani
« Risposta #83 : Martedì 13 Luglio 2010, 19:59:29 »
No tranquillo Jumping, ti sei spiegato benissimo, e capisco le tue remore/preoccupazioni, da cittadino. Io sto dall'altra parte della barricata, quindi ho una visione decisamente più di parte della tua sulla faccenda, nel senso che mi riguarda direttamente, e quindi sono contenta che anche le Nazioni Unite si siano rese conto che c'è un rischio libertà di stampa, in questo Paese. Perché secondo me c'è, anche se c'è chi sostiene il contrario. Un presidente del consiglio che passa gran parte del suo tempo a parlare di quello che scrivono i giornali, ad attaccare chiunque non la pensa come lui, non mi fa fare sonni tranquilli. Il diritto di stampa è sancito dalla Costituzione, ma per lui questo è un optional.

Sull'uso o cattivo uso delle intercettazioni, sono d'accordo con te. Se ne è abusato, spesso anche a sproposito. Purtroppo i cialtroni esistono in ogni categoria professionale, e quella dei giornalisti non ne è esente, tutt'altro. Ma la notizia deve avere caratteristica di pubblico interesse: di quello che si dicono al telefono Jumping e Aquilotta non frega nulla a nessuno, siamo due sconosciuti. Quando chi parla è personaggio pubblico, che ha scientemente deciso di passare la vita sotto i riflettori, spesso paga proprio lo scotto della notorietà e tutto quello che fa/dice diventa di pubblico interesse, proprio perché riguarda personaggio con vita pubblica.

rudy

Re:Quotidiani
« Risposta #84 : Lunedì 2 Agosto 2010, 00:03:43 »
No tranquillo Jumping, ti sei spiegato benissimo, e capisco le tue remore/preoccupazioni, da cittadino. Io sto dall'altra parte della barricata, quindi ho una visione decisamente più di parte della tua sulla faccenda, nel senso che mi riguarda direttamente, e quindi sono contenta che anche le Nazioni Unite si siano rese conto che c'è un rischio libertà di stampa, in questo Paese. Perché secondo me c'è, anche se c'è chi sostiene il contrario. Un presidente del consiglio che passa gran parte del suo tempo a parlare di quello che scrivono i giornali, ad attaccare chiunque non la pensa come lui, non mi fa fare sonni tranquilli. Il diritto di stampa è sancito dalla Costituzione, ma per lui questo è un optional.

Sull'uso o cattivo uso delle intercettazioni, sono d'accordo con te. Se ne è abusato, spesso anche a sproposito. Purtroppo i cialtroni esistono in ogni categoria professionale, e quella dei giornalisti non ne è esente, tutt'altro. Ma la notizia deve avere caratteristica di pubblico interesse: di quello che si dicono al telefono Jumping e Aquilotta non frega nulla a nessuno, siamo due sconosciuti. Quando chi parla è personaggio pubblico, che ha scientemente deciso di passare la vita sotto i riflettori, spesso paga proprio lo scotto della notorietà e tutto quello che fa/dice diventa di pubblico interesse, proprio perché riguarda personaggio con vita pubblica.


seriamente, condivido quanto sopra.


un pò meno seriamente, "che si dicono al telefono Jumping e Aquilotta" lo vorrei sapere e che ca..ma de che parlo sotto all'ombrellone...  :)



bak

Re:Quotidiani
« Risposta #85 : Domenica 15 Agosto 2010, 18:57:09 »
Vorrei umilmente  far notare il doppiopesismo dei giornali paraberluskoniani. Da un lato si lamentano della porivacy tolta alo loro premier per la vicenda delle mignotte a Palazzo Grazioli, dall'altro si vanno ad interessare di compravendite di mobili per case private. Da un lato si interessano di case a Montecarlo, dall'altro non vedono gli intrecci bancari di qualche esponente pidiellino.
Montanelli, sicuramente, si sarà rivoltato nella tomba.

Offline BobLovati

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Re:Quotidiani
« Risposta #86 : Domenica 15 Agosto 2010, 19:10:25 »
Vorrei umilmente  far notare il doppiopesismo dei giornali paraberluskoniani. Da un lato si lamentano della porivacy tolta alo loro premier per la vicenda delle mignotte a Palazzo Grazioli, dall'altro si vanno ad interessare di compravendite di mobili per case private. Da un lato si interessano di case a Montecarlo, dall'altro non vedono gli intrecci bancari di qualche esponente pidiellino.
Montanelli, sicuramente, si sarà rivoltato nella tomba.


..speriamo che, la prossima volta, non li voti nppure " tappandosi il naso "    :-X
Laziale, Ducatista e fiumarolo

Siamo noi fortunati ad essere della Lazio, non la Lazio ad avere noi

“LA MOGLIE DI CESARE DEVE NON SOLO ESSERE ONESTA, MA ANCHE SEMBRARE ONESTA.”

bak

Re:Quotidiani
« Risposta #87 : Sabato 25 Settembre 2010, 13:18:13 »
Spiace perchè molti di noi avevano seguito l'ascesa di questo quotidiano, con simpatia

Quando a EPolis i giornalisti decidono di andare in assemblea per discutere di un fatto, non lasciano il computer per entrare in uno stanzone col tavolo lungo e coi microfoni. In EPolis invece si telefona al centralino – che è in Sardegna dove c’è la redazione centrale – e ci si mette in contatto.  Venezia con Palermo, Napoli con Torino, Cagliari con Firenze e Bologna e via discorrendo, diciannove città italiane, tante  quante le edizioni di questo giornale. EPolis è un giornale free-pay italiano, lo trovi gratis nei bar e dal salumiere oppure a 50 centesimi in alcune edicole. Oggi ci lavorano circa centotrenta giornalisti; se contiamo tecnici, grafici, amministrativi, pubblicità, sono perlomeno duecento persone.
EPolis  ha una caratteristica che lo rende diverso da tutti i giornali d’Italia: la gran parte dei suoi giornalisti è in telelavoro. Qualche anno fa dicevano che quello lì era il futuro. Significa che le notizie te le devi trovare così come fanno tutti gli altri tuoi colleghi. Devi scrivere e stare attento alle querele, devi titolare tentando di farti capire e devi sempre riempire quel benedetto colonnone di brevi di cronaca nera. Però lo fai da casa. Il buono è che puoi vedere tuo figlio non solo la sera quando dorme; il cattivo è che quando il sindaco non risponde al telefono e inizi ad urlare come un ossesso, tuo figlio non capisce e piange; non è mica un caposervizio di politica, lui.
Vivendo attaccati al telefono e ai suoi derivati (Skype) non ci siamo stupiti quando, tre anni fa – anche allora era d’estate -fu una chiamata ad annunciare che il giornale l’indomani non sarebbe stato più stampato. Come il marito tradito che ignora mentre tutti gli altri sanno, apprendemmo dagli altri giornali dei milioni di debiti, del fatto che la pubblicità – primo carburante di un giornale free – non andava come avrebbe dovuto, che c’erano troppe spese e pochi ricavi: sommando il tutto e tirando una linea, il risultato era un numero negativo. Un numero grande: sessanta milioni.
Fu come risvegliarsi bruscamente: fino a quel momento EPolis per molti di noi sembrava l’Eldorado, era scrivere non solo per il giornale che ti paga ma per quello che ti piace. Fu un agosto di cassa integrazione, iniziato il primo del mese con l’accordo al Ministero del Lavoro. All’epoca EPolis era controllato da Nichi Grauso (quello di Video On Line e del rastrellamento di domini internet, tra le altre cose). Trattative balneari e a settembre ci comunicano che il nuovo proprietario è l’uomo d’affari Alberto Rigotti.
Con una lunga fila di creditori, fra i quali tanti collaboratori del quotidiano, le rotative si rimettono in moto, i cronisti tornano a macinare pezzi. Quando il toc toc dei creditori si fa più pressante, arriva il piano di ristrutturazione dei debiti. Nuovi soci entrati nella compagine aziendale l’imprenditore napoletano Vincenzo Maria Greco e il deputato forzista Vito Bonsignore (nella concessionaria pubblicitaria arriva pure Marcello Dell’Utri ma lascia quasi subito), vecchie questioni da risolvere. Il giornale cresce in diffusione e pubblicità, i giornalisti rinunciano anche al diritto ad uno stipendio regolare pur di tenere in piedi la baracca; viene trovata un’intesa con i creditori privati e quelli pubblici come l’Agenzia delle Entrate. Intesa vincolata però ad un via libera – si chiama “omologa”  – del Tribunale di Cagliari.
La storia di queste ore è che l’omologa non arriva, c’è un vizio di forma. Una questione piuttosto cavillosa di date da rispettare. I telefoni al centralino di Cagliari tornano a squillare, c’è assemblea e si intravede lo spettro della crisi d’estate. Dio non giocherà a dadi però ha uno spiccato senso dell’ironia: gli ultimi guai di EPolis arrivano a ridosso dello sciopero contro la legge bavaglio. L’azienda garantisce che ripresenterà la procedura, l’editore dice che vuole andare avanti.
L’ho detto che facciamo un bel giornale? Niente Cicero pro domo sua, basta confrontarlo con gli altri del suo segmento di mercato. Per scrivere e scovar notizie – noi l’abbiamo dimostrato – non è indispensabile nemmeno avere una redazione (anche se in quattro anni sono diventato molto scettico sul telelavoro, e il bambino pure).  Ma la tranquillità del lavoro  regolarmente retribuito, la consapevolezza del giornale che non è un eterno funambolo ed è capace di sostenerti nelle battaglie, quelle servono. Speriamo di trovarle presto.


di Ciro Pellegrino (Fonte http://www.ilpost.it/2010/07/10/epolis-un-buon-giornale-nei-guai/)

Offline Baruch

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Re:Quotidiani
« Risposta #88 : Martedì 28 Settembre 2010, 15:26:14 »

Io lasciai proprio dopo quell'estate di tre anni fa (periodo Dell'Utri, peraltro). Lavoravo con l'estensore dell'articolo, Ciro Pellegrino, col quale ormai quando ci sentiamo ci raccontiamo solo storie di precarietà. Dopo lo scenario raccontato nel pezzo riportato da rocco tanica le cose sono andate ancora peggio, il giornale non è tornato a stampare dopo l'estate, i giornalisti sono tutti in cassa integrazione e senza stipendio da mesi, le speranze legate ai singoli territori. Quella di Epolis, per ora, è una sconfitta devastante per il nostro Paese, perché ci dice che la stampa libera e di qualità, in Italia, non può esistere.

rudy

Re:Quotidiani
« Risposta #89 : Mercoledì 29 Settembre 2010, 20:22:10 »
Su Epolis mi spiace tanto, era veramente ben fatto per il suo target. Una voce che si spegne non è mai piacevole. 

zorba

Re:Quotidiani
« Risposta #90 : Giovedì 21 Ottobre 2010, 09:00:55 »
(Il Fatto Quotidiano 21.10.2010)

ITALIA OGGI Quotidiani in calo. Tranne il Fatto

Quotidiani in crisi, con vendite in calo. In controtendenza, il Fatto: a pubblicare un rapporto sulle copie vendute a settembre è stata Italia Oggi. Il Corriere della Sera è il quotidiano più venduto d'Italia, con una media giornaliera di 496.250 copie, ma con una variazione del -3,4% rispetto a 12 mesi prima. Segue Repubblica con 465.176, 27.460 copie in meno rispetto al 2009 per un -5,6%. La Gazzetta dello Sport nei 30 giorni di settembre ha venduto in media 345.666 copie, perdendo ben il 7,9% rispetto all'anno scorso. Seguono la Stampa con 280.200 (-2,1%) e il Sole 24 Ore 241.584 (-9%). Il Giornale ha venduto 14.888 copie in meno al giorno (-6,8%) per una media di 204.433. Il Messaggero invece perde lo 0,8% avendo venduto in media 193.650 copie al giorno. Libero e' il quotidiano che ha fatto registrare la peggior variazione con un -13% e una media di 105.424. Viceversa l'Avvenire è il quotidiano che perde meno lettori (525 al giorno): la media di copie vendute al giorno è di 99.244. Fuori dalla classifica delle perdite Il Fatto che è in crescita con 75 mila copie.

zorba

Re:Quotidiani
« Risposta #91 : Venerdì 22 Ottobre 2010, 07:26:44 »
IL PREZZO DELLE NOTIZIE

Dalle cotolette di Dolce&Gabbana agli aiutini di Fiorani Così il potere economico tiene in pugno la stampa 

(di Gianni Barbacetto)

Milano. Sarà anche l’anima del commercio, ma trasgredisce volentieri le regole del mercato. Per diventare invece un’arma di pressione, una pistola puntata sui giornali: la pubblicità è per i mezzi d’informazione la principale fonte di finanziamento. Il mercato dovrebbe funzionare così: vendi tante copie, hai tanti lettori, dunque è tanto conveniente agli inserzionisti pubblicizzare sulle tue pagine i loro prodotti, i loro servizi, i loro marchi. Ma nella pratica, invece, spesso gli investimenti pubblicitari diventano una forma di condizionamento dei contenuti informativi. Oppure un modo per sostenere una testata politicamente amica. Scrivi bene di me e della mia azienda? Ti premio con tanti soldi in pagine pubblicitarie. Scrivi notizie sgradite? Ti tolgo la pubblicità. Sei un giornale semi-clandestino senza quasi lettori, ma sostenuto da “amici” che devo compiacere? Ci investo, anche se la mia pubblicità non la vedrà nessuno. Sei una testata che vende tante copie, ma politicamente non allineata? Niente inserzioni.

Addio ai soldi dei telefoni

GLI ESEMPI sono tanti, ma difficili da raccontare, perché sono cose che si fanno ma non si dicono; e dopo averle fatte le si nega, negando anche l’evidenza. Qualche volta le si denuncia, come ha fatto il direttore di Panorama, Giorgio Mulé: “Da luglio non vedrete più la pubblicità della Telecom sulle nostre pagine”, ha scritto in un suo editoriale del giugno scorso. “Il motivo è legato a un articolo pubblicato lo scorso numero in cui si faceva il punto sul futuro dell’amministratore delegato della Telecom, Franco Bernabè. Non è arrivata alcuna smentita. Ad arrivare, invece, è stata una telefonata all’amministratore delegato di Mondadori pubblicità da parte del responsabile delle relazioni esterne di Telecom. Pochi preamboli per comunicare che, a causa delle ‘punzecchiature’ di Panorama, tutta la pianificazione degli spazi pubblicitari da luglio in avanti era da cancellare”.

Funerali e ristoranti

LA TELECOM di Marco Tronchetti Provera, negli anni precedenti, si era adirata anche con l’Espresso, per gli articoli sugli spioni interni. E aveva protestato pure per un trafiletto nella rubrica “Riservato” che aveva raccontato l’aggressione di un suo dirigente a una segretaria. Dolce & Gabbana avevano invece proprio tolto la pubblicità all’Espresso e a Repubblica, per un annetto, dopo gli articoli che nella primavera 2008 avevano rivelato   la mega evasione fiscale messa a segno dalla loro azienda. D&G sono una coppia molto suscettibile: non sopportarono che l’Espresso segnalasse la loro assenza ai funerali di Gianfranco Ferrè; e scatenarono la rappresaglia pubblicitaria quando il Sole 24 Ore osò recensire negativamente il loro ristorante milanese, il “Gold”.

Il mondo della moda è capriccioso e terribile: sa che dalle pagine pubblicitarie delle griffe   dipende la vita e la morte di tutti i femminili e di una buona parte dei maschili. Anche all’estero, tanto che il settimanale americano Newsweek, che aveva scatenato due dei suoi inviati, tra Stati Uniti e Italia, per fare un’inchiesta investigativa sull’omicidio di Gianni Versace, ha poi rinunciato a pubblicarla. In compenso, nel numero del 7 dicembre 1998 la copertina e il primo articolo di una sezione speciale pubblicitaria è stata dedicata a Donatella Versace.

Alcune aziende, come le Ferrovie dello Stato, grande investitore pubblicitario ma anche frequente oggetto di articoli e inchieste, hanno rapporti difficili con i giornali. Altre hanno invece rapporti splendidi: con chi le tratta bene. Non ci sono soltanto i sostanziosi investimenti pubblicitari in cambio di articoli compiacenti.

Abbonamenti, così fan tutti

CI SONO anche le copie comprate, gli abbonamenti sottoscritti e altri simpatici modi di “ringraziare” le testate “amiche”. Lo racconta Gianni Gambarotta, ex direttore del settimanale Rcs Il Mondo, radiato dall’Ordine dei giornalisti perché il banchiere della Popolare di Lodi Gianpiero Fiorani aveva dichiarato (senza riscontri) di avergli consegnato 30 mila euro, ma alla fine prosciolto da ogni addebito disciplinare. “Io ho fatto prendere al mio giornale, alla mia casa editrice”, ammette Gambarotta davanti al consiglio dell’Ordine, “150 mila euro per abbonamenti in due tranche, abbonamenti al Mondo sottoscritti dalla Popolare di Lodi. Ora, questo qui è un comportamento largamente usato da tutti i colleghi giornalisti direttori di giornali. Io non so se questo sia un bene o sia un male, so che il mestiere si è evoluto in questo modo, un direttore di giornale è responsabile del giornale nella sua totalità, compreso il conto economico”. C’è poi chi, come il sottosegretario del governo Berlusconi Daniela Santanchè, titolare della concessionaria Visibilia, va dagli investitori pubblicitari a raccogliere pubblicità per il Giornale della famiglia Berlusconi. Ma qui dal mercato si è passati alla politica.

zorba

Re:Quotidiani
« Risposta #92 : Giovedì 28 Ottobre 2010, 08:01:31 »
(Il Fatto Quotidiano 28.10.2010)

LETTERA a Fini. 2400 giornalisti rischiano il posto

Cento tra giornali e tv sull’orlo del burrone, sospesi tra la proroga dei contributi pubblici e un regolamento che li ridurrà drasticamente. Il futuro è a serissimo rischio per giornali storici della sinistra come il Manifesto, l’Unità e Liberazione, ma anche per il Secolo d’Italia e tanti quotidiani locali. “Oltre cento testate rischiano la chiusura, 4500 tra giornalisti e poligrafici potrebbero perdere il lavoro” ricorda una lettera firmata da decine di direttori, inviata lo scorso 23 ottobre a Fini e Schifani per chiedere “un’iniziativa”. Ovvero, di sostenere il ripristino del diritto soggettivo dei giornali ai contributi statali, abolito da Tremonti con il decreto 112 del 2008 e prorogato per i fondi 2009 per le tante proteste. Con il diritto soggettivo, le testate avevano parametri certi per ottenere i fondi pubblici: senza, dovranno accettare contributi statali decisi di anno in anno, senza quote prefissate. La lettera chiede la proroga per altri 12 mesi del diritto soggettivo, il ripristino dei contributi ai giornali editi e diffusi all’estero (dimezzati lo scorso febbraio) e, soprattutto, una riforma del settore che penalizzi i giornali “finti”. Le commissioni parlamentari hanno dato parere favorevole a un regolamento più severo per i contributi: secondo il testo dello scorso agosto, potranno richiederli solo i giornali che abbiano venduto almeno il 25% delle copie distribuite, se nazionali, e il 40%, se locali. Tra le copie distribuite, non potranno essere inserite quelle vendute in blocco a prezzo inferiore a quello indicato sul giornale. Entro fine dicembre, i giornali riceveranno i contributi per il 2009, pari a 150 milioni. Ma per il prossimo anno non ci sono certezze.

(Luca De Carolis)

zorba

Re:Quotidiani
« Risposta #93 : Venerdì 29 Ottobre 2010, 09:11:54 »
(Il Fatto Quotidiano 29.10.2010)


“Il Secolo d’Italia” a rischio chiusura Niente fondi dagli ex An

Oggi è in edicola con la prima pagina oscurata. Il Secolo d’Italia rischia di chiudere. “Il colpo di mano – spiega il direttore, e parlamentare Fli, Flavia Perina – era stato largamente annunciato un paio di settimane fa dalle dichiarazioni di La Russa e Gasparri su Libero e il Giornale, con aperti rimproveri sulla “linea” del nostro quotidiano”. Ora sono passati ai fatti. Per la prima volta “da cinquant'anni a questa parte” vengono negati i fondi - 700mila euro - “necessari a coprire gli ultimi mesi dell’anno in attesa del versamento dei contributi per l’editoria”. Gli ex colonnelli, che sono in maggioranza nell'assemblea dei Garanti, si erano impegnati a versare almeno una prima tranche, 300mila euro, in cambio, tra l'altro, dell'affiancamento alla direzione di una persona da loro indicata. Ma nella versione finale del verbale della riunione, quell'impegno di versamento è scomparso: “Giro di telefonate, niente da fare – racconta Perina – La correzione si rivela impossibile: sono riusciti a “sparare” al Secolo senza che a nessuno resti la pistola fumante in mano”. Senza quei fondi, spiega Perina, si va verso una “rapida chiusura”. E lancia un appello a mobilitarsi perché non si spenga la voce di quella destra che non parla “nelle cene di Arcore”.

zorba

Re:Quotidiani
« Risposta #94 : Venerdì 29 Ottobre 2010, 09:28:37 »
(Il Fatto Quotidiano 28.10.2010)

LETTERA a Fini. 2400 giornalisti rischiano il posto

Cento tra giornali e tv sull’orlo del burrone, sospesi tra la proroga dei contributi pubblici e un regolamento che li ridurrà drasticamente. Il futuro è a serissimo rischio per giornali storici della sinistra come il Manifesto, l’Unità e Liberazione, ma anche per il Secolo d’Italia e tanti quotidiani locali. “Oltre cento testate rischiano la chiusura, 4500 tra giornalisti e poligrafici potrebbero perdere il lavoro” ricorda una lettera firmata da decine di direttori, inviata lo scorso 23 ottobre a Fini e Schifani per chiedere “un’iniziativa”. Ovvero, di sostenere il ripristino del diritto soggettivo dei giornali ai contributi statali, abolito da Tremonti con il decreto 112 del 2008 e prorogato per i fondi 2009 per le tante proteste. Con il diritto soggettivo, le testate avevano parametri certi per ottenere i fondi pubblici: senza, dovranno accettare contributi statali decisi di anno in anno, senza quote prefissate. La lettera chiede la proroga per altri 12 mesi del diritto soggettivo, il ripristino dei contributi ai giornali editi e diffusi all’estero (dimezzati lo scorso febbraio) e, soprattutto, una riforma del settore che penalizzi i giornali “finti”. Le commissioni parlamentari hanno dato parere favorevole a un regolamento più severo per i contributi: secondo il testo dello scorso agosto, potranno richiederli solo i giornali che abbiano venduto almeno il 25% delle copie distribuite, se nazionali, e il 40%, se locali. Tra le copie distribuite, non potranno essere inserite quelle vendute in blocco a prezzo inferiore a quello indicato sul giornale. Entro fine dicembre, i giornali riceveranno i contributi per il 2009, pari a 150 milioni. Ma per il prossimo anno non ci sono certezze.

(Luca De Carolis)

Errata corrige (in peius.....)

Dal 'Fatto' di oggi

I nostri errori

Ieri,  a pagina 5, un nostro articolo titolava: “Lettera a Fini. 2400 giornalisti rischiano il posto”. I realtà sono 4500 tra giornalisti e poligrafici che rischiano di perdere il lavoro.

zorba

Re:Quotidiani
« Risposta #95 : Mercoledì 10 Novembre 2010, 07:41:27 »
(Il Fatto Quotidiano 10.11.2010)

La sfida disperata del “manifesto”

RISCHIO CHIUSURA. LUTTO PER LA MORTE DEL FONDATORE ALDO NATOLI

(di Beatrice Borromeo)

Il calabrone non vola più. Diceva Luigi Pintor, uno dei padri fondatori del manifesto, che il suo giornale è come un calabrone, la stessa metafora usata dagli economisti per descrivere l’Italia: ha le ali troppo pesanti per volare, per le leggi della fisica non dovrebbe stare in aria eppure, da 40 anni, il calabrone comunista sopravvive in edicola.

Solo che, da quando il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha cancellato il diritto soggettivo delle testate ad accedere ai contributi pubblici, nel bilancio del Manifesto sono venuti a mancare 3 milioni e 700 mila euro all’anno. E tra edicola e abbonamenti vende appena 20 mila copie, zoccolo sempre duro ma insufficiente, mentre dalla pubblicità incassa 1,7 milioni all’anno. Soldi che non bastano a coprire i costi di una redazione di 90 persone, da sei mesi senza stipendio.

“C’è un riccone in Italia che può comprare il manifesto per farlo restare così com’è?”, si è chiesto scherzando ma non troppo sulle colonne del Corriere della Sera un altro dei padri del manifesto, Valentino Parlato. Perché l’autotassazione dei lettori che ha salvato il quotidiano fino a oggi (come le vendite a prezzi maggiorati o la richiesta di comprare a 50 euro il best of del giornale) non basta più, e anche le linee di credito dei banchieri simpatizzanti si sono prosciugate. 

IL DIRETTORE del manifesto Norma Rangeri non prende sul serio l’ipotesi del cavaliere bianco, anche perché molti in redazione (e tra i lettori) preferirebbero chiudere che consegnarsi a qualcuno che possa dettare la linea politica a un progetto culturale e giornalistico che da sempre si compiace di essere “autonomo, libero e senza padroni”. Il problema è che di soluzione alternative non se ne vedono. La Rangeri fatica a immaginare una via d’uscita dal profondo rosso che vive il quotidiano comunista: “Dobbiamo riuscire a sopravvivere per i prossimi tre mesi e raddoppiare la pubblicità”. Ma anche lei sembra considerarlo più un miracolo che un progetto industriale: per attrarre gli inserzionisti serve una crescita delle vendite, difficile da ottenere senza investire sul prodotto (il manifesto è praticamente l’unica testata ancora in bianco e nero). E i soldi per farlo proprio non ci sono.

“Non vogliamo morire a 40 anni ma in redazione c’è profondo sconforto. Mandare in stampa un giornale che da sei mesi non paga chi ci lavora è difficilissimo. Questa volta la possibilità di chiudere è seria”, dice la Rangeri mentre prepara un paginone per ricordare Aldo Natoli, storico fondatore del quotidiano, scomparso due giorni fa a 97 anni. “Gli volevo bene, ma non lo sentivo da tempo – spiega un altro del gruppo fondatore, Lucio Magri – e poi odio i necrologi, così vincolati a ricordi appiattiti”. Da un autobus di Londra, Luciana Castellina ricorda al telefono che Natoli “diceva che il Partito comunista era una giraffa, perchè si distingueva dagli altri. E Aldo era la giraffa nella giraffa, un intellettuale raffinatissimo e unico”. Per la Castellina la fine del Manifesto – fondato nel 1969 da un gruppo di dirigenti del Pci espulsi dal partito perché si rifiutavano di avallare l’invasione sovietica della Cecoslovacchia – è dovuta alla “scomparsa della politica tutta” più che alla sconfitta della sinistra radicale e alla sua assenza in Parlamento.

IL MANIFESTO, sostiene la Castellina, “non può che essere la prima vittima della morte della politica. Era nato legato a un concetto, a un movimento. Non è mai stato un giornale in senso tradizionale, era un vero soggetto politico”. E quindi, lo ammette proprio Valentino Parlato, non ci può essere molta speranza: “Un quotidiano comunista fatica a sopravvivere se i comunisti non esistono più. L’unico che ancora li nomina è Berlusconi”.


Norma Rangeri, ultimo direttore? (FOTO ANSA)

Giglic

Re:Quotidiani
« Risposta #96 : Mercoledì 10 Novembre 2010, 09:28:11 »
Un giornale che chiude è sempre un fatto triste. Anche se si tratta di Corse&Cavalli
Sul Manifesto, poi, c'è da piangere veramente. Per la storia che quel quotidiano ha fatto e subito, per le penne che vi hanno scritto (Riotta a parte), per gli argomenti trattati.
La domanda da porsi, IMHO, è: il finanziamento pubblico ai giornali è giusto o meno? Io, in generale, credo lo sia, se fatto "cum grano salis". Ovviamente, in Italia questo è diventato abuso, e ne pagano ora le conseguenze tutti, meritevoli e non.
Per tornare in topic: nell'ordine leggo il FQ, l'Unità, la Stampa. Repubblica è ormai un giornale di partito, il Corsera è indecente (entrambi fatte salve alcune penne raffinate, da Saviano a D'Avanzo, da Stella a Severgnini), il Giornale e Libero sono per me quella macchina del fango così ben descritta lunedì sera. Peccato (soprattutto per il primo), perchè ha delle pagine culturali niente male.
Ah, il sole24ore ha Nova e l'inserto della domenica che sono fantastici.

zorba

Re:Quotidiani
« Risposta #97 : Venerdì 12 Novembre 2010, 07:38:43 »
(Il Fatto Quotidiano 12.11.2010)

FELTRI SOSPESO PENSA A MOLLARE IL CAV. E A FARE UN NUOVO GIORNALE

Nell’impresa ci sarebbero anche Belpietro e Mulè

(di Luca Telese)

Aveva detto, solennemente: “Se l’ordine mi condannerà per me sarebbe una grande delusione. E in questo caso potrei lasciare Il Giornale”. Ebbene: ieri, dopo una seduta incredibilmente lunga e battagliata, l’Ordine dei giornalisti, riunito all’Hotel D’Azeglio di Roma ha confermato quella condanna. Ridotta da sei a tre mesi, certo, ma pur sempre confermata nella sua conseguenza più dura: non poter firmare un quotidiano. Quindi da domani Vittorio Feltri potrebbe davvero lasciare il giornale per fondarne un altro, “Un fatto anarchico e di centrodestra”, per usare le sue parole. Un’ipotesi a cui, come vedremo, sta lavorando da tempo, in grande segretezza. Chi sentendo questa notizia pensasse che si tratti solo di una nota per addetti ai lavori sbaglia. L’addio di Feltri e la nascita di un nuovo quotidiano sarebbero, per il berlusconismo, l’equivalente di una bomba atomica. Perché la rappresentazione del potere in questi anni è stata tutta giocata sull’edificazione dei simboli e, soprattutto, perché le grandi scelte politiche sono state prese tutte sull’onda di grandi campagne giornalistiche. Infine, perché il ritorno di Feltri a Il Giornale segnò l’apertura dell’ultima (se non altro in ordine di tempo) resurrezione comunicativa del Cavaliere dopo il baratro sfiorato del Noemi gate.

Adesso Feltri se ne va, senza sbattere la porta con polemiche fratricide, ma distinguendosi nettamente dal suo compagno di battaglie Alessandro Sallusti. Se ne va e lo fa marcando il territorio sul nodo incandescente (per i media di centrodestra) del giudizio sul berlusconismo: “Arrivo al giornale e mi dicono: ‘Bisogna difendere Berlusconi…’. Bisognerà pure difenderlo, ma anche dire che non ha mantenuto le sue promesse e che ci si può rompere le balle delle sue veline”. Non è un caso quindi che ieri, dalla lontana Seul, letta l’intervista a Feltri, Berlusconi abbia tramutato il possibile addio del direttore in un affare di Stato, dettando ai suoi referenti politici italiani, allo stesso Sallusti e al gruppo di comando della società Europea edizioni (quella che controlla il quotidiano di famiglia) una parola d’ordine sorprendente: “Bisogna tenere Vittorio a tutti i costi!”.

FACILE A DIRSI, meno da realizzare. Il retroscena di questo dissidio, infatti, è il logoramento del rapporto Sallusti-Feltri che non è avvenuto sul piano dei rapporti personali (“Io con Alessandro ci sono andato a cena anche la settimana scorsa, come professionista lo stimo”). Ma proprio sul nodo decisivo della gestione del giornale. Qualcuno aveva pensato che Feltri approfittasse della sentenza di primo grado (la sospensione di sei mesi e l’obbligo di togliere il suo nome dal colofon) per trasformarsi in un editorialista di peso, come era accaduto tra Mario Cervi e Belpietro, senza conflitti. Invece Feltri non aveva mollato il campo, siglando per giunta un editoriale di critica dopo il caso Ruby. Un altro test sulla differenza tra i “due” direttori c’era stato nel giorno del giro di Berlusconi in Veneto. Con il Giornale che spende un titolo tranquillizzante per la corrispondenza dell’inviato Stefano Filippi, e Libero che invece si smarca con un resoconto del suo cronista Francesco Specchia in cui la musica è tutt’altra: il Cavaliere ha subito micro-contestazioni, e ha deciso di non incontrare gli imprenditori alluvionati del nord est temendo l’incidente fatale per la sua immagine. Fatte le debite proporzioni, è come se Totti andasse a Trigoria ma si rifiutasse di salutare i tifosi giallorossi.

Pesa su tutto questo l’asimmetria del rapporto con il Cavaliere: Berlusconi parla tutti i gironi con Sallusti, Feltri non lo fa mai. Tutti pensavano fosse un gioco delle parti o una divisione di ruoli. Ma strada facendo è diventata una differenza: “Non sono mai andato a una sua festa – spiega ai suoi Feltri – non solo perché non mi ha invitato, ma perché non sono il tipo da feste con Papi. Una volta ho accettato di prendere il suo aereo privato. Volevo andare a vedere il mio cavallo correre, e fare lo sborone con mia moglie…”. Sallusti al contrario è molto più risoluto: “I lettori de Il Giornale ci chiedono di fare quadrato nel momento della difficoltà”.

INSOMMA, partendo da questa situazione, dentro la testa di Feltri prende forma un progetto che il fedele amministratore delegato Di Giore traduce in numeri: un nuovo giornale per andare in pareggio dove avere massimo 25 redattori e vendere minimo 25 mila copie. Con prudenza circospetta si sono persino registrati dei possibili nomi: Libero Giornale, Il giornale libero (notare il doppio gioco di parole concorrenziale su due fronti). E infine un’altra ipotesi: Fuori dal coro. Ma il colpo di scena è un altro. Feltri, anche se sospeso, potrebbe firmare il sito. Lui nella sua intervista aveva parole solo per un altro fratello-coltello di sempre, Maurizio Belpietro: “Ha dato due mazzate a Berlusconi”. Citazione non casuale. In una ipotesi clamorosa, Belpietro (che ci sta pensando) potrebbe lasciarsi coinvolgere nel progetto. Il che creerebbe una battaglia fra due sole testate nel campo del centrodestra: il nuovo giornale “corsaro”, e quello ortodosso, controllato da Sallusti. Una ipotesi che mette i brividi visto gli scontri fra titani che si sono celebrati questi anni: Feltri (a Libero) contro Belpietro (al Giornale), Belpietro Sallusti e Feltri (al Giornale) contro Belpietro (stavolta a Libero). Di certo c’è che Feltri è uno dei pochissimi giornalisti in Italia che dispone di un pacchetto di mischia: ventimila lettori che lo seguono anche in capo al mondo. E per di più al giornale ci fu un’avvisaglia: migliaia di lettori che telefonavano e scrivevano inferociti quando circolò la voce che potesse dimettersi per le polemiche con Fini. Anche su questo retroscena che era rimasto coperto, non a caso, Feltri ha ricordato in queste ore la sua verità: “Scrissi una lettera a Berlusconi. Se ti sono d’impiccio basta che me lo dici e mi dimetto senza scrivere una riga. Lui mi chiamò e – in una delle nostre rare conversazioni e mi disse: Resta”. Come dire: la campagna contro Fini era gradita al premier. L’ultima stoccata: affettuosa e ferocissima. Ma l’altra notizia clamorosa è che anche il direttore di Panorama, Giorgio Mulè, potrebbe essere interessato all’impresa. Praticamente, uno scisma dentro la Chiesa berlusconiana.

Offline MCM

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Re:Quotidiani
« Risposta #98 : Sabato 13 Novembre 2010, 19:03:38 »
Non leggo quotidiani cartacei.
Mi informo dei fatti di cronaca sul sito del corriere della sera perchè è agevole alla lettura.

L' unico giornale che ogni tanto compro, quando ho del tempo da passare, per esempio in treno, è il corriere dello sport.

Offline satanasso

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Re:Quotidiani
« Risposta #99 : Sabato 13 Novembre 2010, 19:35:32 »
(Il Fatto Quotidiano 10.11.2010)

La sfida disperata del “manifesto”

RISCHIO CHIUSURA. LUTTO PER LA MORTE DEL FONDATORE ALDO NATOLI

(di Beatrice Borromeo  :-\ :-\ :-\ :-\ :-\ :-\ :-\ :-\ :-[ :-[ :-[ :-[)
IL MANIFESTO, sostiene la Castellina, “non può che essere la prima vittima della morte della politica. Era nato legato a un concetto, a un movimento. Non è mai stato un giornale in senso tradizionale, era un vero soggetto politico”. E quindi, lo ammette proprio Valentino Parlato, non ci può essere molta speranza: “Un quotidiano comunista fatica a sopravvivere se i comunisti non esistono più. L’unico che ancora li nomina è Berlusconi”.

Con il dovuto rispetto, e con molta molta tristezza per l'imminente chiusura del Manifesto, chiederei alla Castellina se non sia il caso di piantarla con il fatalismo e di cominciare piuttosto a interrogarsi sul fatto che il Manifesto, oltre che la vittima, possa anche essere stato il carnefice della fine della politica (della sinistra).
Sciarpe rotte eppur bisogna andar