Uno fra i pochissimi romettari per cui ho provato autentica simpatia, oltre ad apprezzarlo come allenatore.
Il suo personaggio, verace e pittoresco, rimandava a tecnici d'antan dotati anche di un lato umano, prima di essere sostituiti da ego iperdilatati che si prendevano sul serio fino al ridicolo (cfr. Sacchi) o da personaggi totalmente incolori al di là delle idee tattiche (cfr. il salumiere).
Sul campo, al di là dell'etichetta di catenacciaro e italianista, ha saputo coniugare il pragmatismo e la propensione per i giocatori "fatti" con la capacità di proporre buon calcio.
Gli fosse capitata un'occasione con un grande club, ne sono convinto, si sarebbe rivelato all'altezza: come il suo amico Gigi Simoni - col quale, forse, ebbe poi dei dissapori - passato da "allenatore da Cremonese" a quasi scudettato con l'Inter.
L'ultima fase della carriera ne ha purtroppo appannato l'immagine.
Il ruolo non molto trasparente sotto la pioggia di Perugia, dove pare non sia stato lui ad allontanare gli umbri dalla replica dello sconcio col Milan di dodici mesi prima.
La chiamata sulla panchina del Livorno, per far rientrare nei ranghi una squadra che Donadoni aveva portato al quinto posto in classifica.
L'orribile polemica con Giorgio Tosatti, cui rinfacciò di dovere la carriera al padre Renato perito insieme al Grande Torino.
Le rivelazioni della vedova di Bruno Beatrice col quale il sor Carlo, allenatore di quella Fiorentina decimata nei decenni successivi da malattie di sospetta provenienza, avrebbe intrattenuto uno scambio di battute irriferibile.
La disastrosa retrocessione col Bologna - la prima della sua esperienza in panchina, se non ricordo male - con un crollo stile Verona di Malesani e la rimonta subita nello spareggio dal rabberciatissimo Parma di Carmignani.
Una botta cui reagì con tre mesi di silenzio stampa, lui poco abituato a nascondersi dietro a un dito.
Fermo restando che, già parecchi anni prima, era pur sempre l'allenatore di Bogoni.
Un personaggio cui abbiamo voluto bene ma che alcuni, a partire dal sottoscritto, hanno un tantino idealizzato.
Ma mi rendo conto di come non sia la circostanza adatta per una controstoria di quello che rimane un protagonista del pallone nostrano.
Che oggi voglio ricordare per i suoi magara, le sue interviste sempre godibili, i risultati ottenuti facendo di necessità virtù: e, soprattutto, per quel 14 maggio 2000.
Che la terra gli sia lieve.