Autore Topic: Le parole di Mauri  (Letto 2085 volte)

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Le parole di Mauri
« : Giovedì 1 Aprile 2010, 14:19:31 »
Mauri a 360 gradi: "Siamo rinati grazie al mental coach e a Reja… il tecnico ci ha fatto capire che la squadra viene prima del singolo. Il futuro? Sento mia questa società"

Fonte: Daniele Baldini - lalaziosiamonoi.it
 
E’ uno dei simboli della rinascita biancoceleste, con perseveranza e dedizione alla causa sta trasformando i fischi dell’Olimpico in applausi convinti. Oggi, Stefano Mauri è una delle chiavi di volta della “nuova” Lazio targata Edy Reja, che lo ritiene una pedina essenziale del proprio scacchiere tattico: “E’ normale che sentirsi fischiato non fa piacere – esordisce il centrocampista brianzolo che ai microfoni di Teleradiostereo parla del suo rapporto contraddittorio con la piazza romana - .Capisco anche i tifosi che in alcuni momenti mi vedono giocare sotto tono, l’unica cosa che posso dire è che alcuni di quei fischi sono stati preventivi. Venivo fischiato a prescindere prima della partita e questo fa male, ma da parte mia non è mai mancato impegno e professionalità. Ora che sto tornando ai miei livelli – spiega - le cose vanno un po’ meglio. Non so perché ci fosse quell’accanimento, me lo sono chiesto ma non sono riuscito a darmi una risposta. Alcune persone vengono anche a Formello accusandomi di andare in giro per locali a ballare, ma l’unica volta che sono andato è stato dopo la vittoria del derby di tre anni fa. Se poi la gente pensa che andare a mangiare al ristorante è un peccato grave non ci posso fare niente. Ma in questo momento queste cose non contano, la cosa importante è che i tifosi ci siano vicini perché non siamo ancora salvi”.

Non è un mistero che la stagione della Lazio abbia cambiato rotta in coincidenza con il ritiro di Norcia: “Quella settimana ci è servita per stare più insieme, guardarsi negli occhi e decidere che era venuto il momento di giocare da squadra. Prima ognuno andava per i fatti propri, cercava di giocare bene per se stesso, il ritiro chi è servito a capire che la cosa più importante era il bene della Lazio. Se adesso si analizzano le partite si capisce che ognuno ha voglia di sacrificarsi per il compagno e questo è una fattore importante. Ora remiamo tutti dalla stessa parte. Io, insieme al gruppo dei calciatori con più militanza – spiega Mauri – siamo stati i primi a chiedere di andare in ritiro. Era importante per stare insieme, capire i problemi, tirare fuori le problematiche tattiche e di rapporti, per ripartire da zero, come se la stagione iniziasse in quel momento. L’abbraccio finale che abbiamo mandato in scena alla fine delle ultime partite dimostra ulteriormente che la squadra è di nuovo unita. E’ un abbraccio sentito, spontaneo, che nasce al momento”.

Il ritiro in terra umbra, il rapporto con Reja, ma soprattutto l’accantonamento del motivatore proposto dalla società, tutti fattori decisivi ai fini di una ritrovata compattezza del gruppo: “C’è stato proposto questo mental coach – spiega il numero 5 riavvolgendo il nastro - , Abbiamo sentito quello che aveva da proporci, poi la squadra si è riunita e ha deciso che non ne aveva bisogno, che voleva uscirne con le proprie forze. Da lì siamo riusciti a ricompattarci, forse anche per merito suo, sia tornati a giocare da Lazio. Ora dobbiamo continuare su questa strada, perché non siamo ancora salvi”. Restano i nodi da sciogliere sulle dinamiche di uno spogliatoio vulcanico come quello biancoceleste: “La coesistenza tra tanti giocatori non è mai facile, averne addirittura 35 è ancora peggio – sottolinea Mauri - Poi si è creata una situazione con i dissidenti che non faceva comodo. Si vedeva che arrivano al campo tristi, non è stato semplice vederli così, anche a noi ci ha dato fastidio questa situazione. Speriamo che nei prossimi anni si risolvano prima queste faccende”. C’è chi dice che ai fini di una stagione difficile come questa abbia pesato anche la contestazione alla società: “Per noi non è stato un alibi – assicura - . Alla fine siamo noi che scendiamo in campo non Lotito. Per noi non è stato un parafulmine. Ammetto che un po’ ci ha fatto male essere contestati nei momenti in cui non lo meritavamo. Abbiamo vinto due coppe, le prime due gare in campionato, abbiamo giocato una grande partita con la Juventus, poi con il Palermo al primo tiro in porta ci hanno segnato. E lì siamo stati contestati”. Di certo i problemi sono stati molteplici e “non tutti si possono dire – svela Mauri - . Ci sono state anche tante partite in cui ci ha girato male, ma sicuramente sono poche le gare in cui abbiamo messo in campo grinta e cuore. Non so, forse c’è stato un appagamento per le due coppe, anche se mi sembra strano. Poi è pesato anche dover scendere in campo con l’obbligo di vincere a tutti i costi vista la classifica. Abbiamo avuto anche delle difficoltà a segnare, ma questa non è una cosa imputabile ai soli Rocchi e Zàrate. Loro non sono stati messi in condizione di fare bene da tutta la squadra”.

A proposito di reti, il flagello stagionale del centrocampista biancoceleste sono le tante occasioni fallite: “E’ vero, forse mi è mancata la rete, ne ho sbagliate diversi, mi sono capitate 5-6 palle gol importanti, sicuramente sotto porta potevo fare meglio, quello è chiaro lo vedono anch’io. Però le occasione me le creo, le ho sempre avute, e spero che in futuro me ne capiteranno altre. Quella che mi pesa di più? Soprattutto quella di Udine: quando ho stoppato palla ho guardato il portiere e nel momento di tirare non ho trovato più palla. Quella è stata la più clamorosa”. Nessun rimpianto, invece, per la palla-gol sventata da Julio Sergio nel derby di andata: “Probabilmente a molti è sfuggito che dopo il palo di Zàrate il portiere ha deviato la palla, cambiando direzione della traiettoria. Così, quando sono arrivato a calciarla sono stato costretto a tirarla quasi centrale. In quel caso non mi sento di aver sbagliato, è stato bravo lui, per colpa della sua deviazione non sono riuscito a piazzarla sul primo palo”. Ma tra due settimane Mauri e la Lazio avranno l’occasione di vendicarsi: “C’è sicuramente la consapevolezza che sia una partita importantissima, tutti i tifosi la sentono molto e visto l’andamento della prima gara c’è molta voglia di vincerlo. Ma ora dobbiamo pensare a queste due partite, dopodiché ci ributteremo nel derby con tutta la voglia di farlo nostro”.

Da Rossi a Reja, passando per Ballardini. Ecco i giudizi di Stefano Mauri sui singoli tecnici: “Rossi è molto preparato come tecnico, l’ha dimostrato e continua a farlo a Palermo. Il rapporto con Delio era buonissimo all’inizio poi con il tempo si è logorato, per colpa di entrambi, è stata una situazione un po’ particolare. Ballardini a me piace come tecnico, forse il suo difetto è che responsabilizza troppo i giocatori. In allenamento lui predilige fare lavoro fisico con la palla, e questo significa che bisogna dare sempre il 100 per cento per far sì che il lavoro tecnico diventi anche fisico. Questa forse è stata una nostra pecca, non siamo una squadra all’altezza di essere responsabilizzata. Reja, invece, ha dimostrato con la sua esperienza di capire i problemi, saper motivare i giocatori e far ritrovare coesione nel gruppo. Ci ha fatto capire che la squadra viene prima del singolo. La mia posizione? Più o meno è la stessa, con Ballardini si giocava con il 4-3-1-2-, ed io agivo da interno alle spalle di Matuzalem. Ora più o meno è lo stesso, magari abbiamo gli esterni (Lichtsteiner e Kolarov, ndr) che giocano più alti, c’è un trequartista in meno che lascia più spazi per i miei inserimenti, ma la mia posizione cambia relativamente”

L’ultima battuta è dedicata al rinnovo del contratto: “Con il mio agente sono stato chiaro, gli ho detto di parlare con il presidente e di non dirmi nulla. Voglio concentrarmi sulla salvezza, una volta raggiunta matematicamente ne parleremo. Da parte mia c’è la volontà di restare qui, sento mia questa piazza e questa società. Il presidente ha sempre confermato stima nei miei confronti, stiamo aspettando una chiamata. Ma nell’ultimo mese non ho sentito molto il mio agente, ora non voglio distrazioni”.
Alla Sensi consiglio un Aulin (S.Siviglia)
Bisogna rinunciare al consenso per la legalità (C. Lotito)
è il calcio pulito, baby (centurio)

jumpingjackflash

Re:Le parole di Mauri
« Risposta #1 : Giovedì 1 Aprile 2010, 14:23:12 »
Citazione
Questa forse è stata una nostra pecca, non siamo una squadra all’altezza di essere responsabilizzata.   :o


ma che piffero vuol dire?

avete bisogno di un tutore?
boh


darienzo

Re:Le parole di Mauri
« Risposta #2 : Giovedì 1 Aprile 2010, 14:31:08 »
Si parlava di giocatori con la mentalità più aperta che avevano accettato il confronto col terapeuta, mentre altri più tarpani  lo avevano respinto a priori non ascoltandolo proprio.

Mi farebbe piacere che Stefano "Faccia da rockstar" Mauri avesse fatto parte del primo gruppo, quello più illuminato

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Intervista di Mauri a Tele Radio Stereo
« Risposta #3 : Giovedì 1 Aprile 2010, 18:43:06 »
ESCLUSIVA MAURI: “BISOGNA STARE VICINO ALLA LAZIO, NON SIAMO ANCORA SALVI"

Il centrocampista laziale parla in esclusiva ai microfoni di “Quelli che hanno portato il calcio a Roma” sui 92.7 di Tele Radio Stereo e di Lazialità: “Bisogna stare ancora vicini alla Lazio, non siamo ancora salvi. Contestazioni come alibi stagionali? Assolutamente no, sono i giocatori che vanno in campo e sono loro che devono dare il cento per cento”.
Stefano Mauri è uno dei volti della rinascita biancoceleste. Una stagione che certo non può essere considerata positivamente, ma che ha subito un’importante cambiamento di rotta nelle ultime partite. Il pericolo retrocessione ancora non è scongiurato, ma è lecito pensare positivo pur non distogliendo l’attenzione dall’obiettivo. Il numero 5 biancoceleste ha parlato di questo e molto altro in mattinata ai microfoni di “Quelli che hanno portato il calcio a Roma” sui 92.7 di Tele radio Stereo ed ai microfoni di Lazialità:

Come hai vissuto il momento della contestazione e adesso quello della rinascita?

 È normale sentirsi fischiato non fa piacere a nessuno. Però capisco alcuni tifosi che magari mi vedevano giocare sottotono e non ai miei livelli. Mi dispiaceva, però, quando i fischi erano preventivi, spesso avvenivano ad inizio partita, senza che avessi messo un piede in campo, sinceramente mi facevano male. Adesso, però, sto tornando ai miei livelli e sono contento sia per me sia per la gente che viene allo stadio.

Forse alcuni fischi sono scaturiti dalle occasioni mancate sottoporta?

Si forse è stata quella la motivazione dei fischi, forse potevo fare meglio in alcune situazioni. Alcuni mi accusavano anche di uscire la sera e girare per discoteche, ma questo non è mai accaduto. L’unico volta che sono stato in un locale da quando sono qui, è stata la sera che abbiamo vinto il derby tre anni fa, dopo il tuffo nella fontana del mister.

Come è cambiato il tuo ruolo tattico con la nuova gestione tecnica?

Poco, anzi è più o meno è lo stesso, con Ballardini giocavo interno sinistro dietro Mautazalem che faceva il trequartista, adesso gioco ugualmente interno sinistro ma con un modulo diverso. A dire il vero la mia posizione cambia relativamente.

I tifosi sono rimasti sorpresi positivamente in queste ultime partite, che cosa è successo a Norcia?

Semplicemente quella settimana ci è servita per stare insieme e guardarci tutti negli occhi, decidere di tornare a giocare da squadra. Prima probabilmente ognuno giocava per se stesso, erano nati degli egoismi sbagliati. A Norcia, invece, ci siamo resi conto dell’importanza di riunire il gruppo. Adesso ognuno di noi ha voglia di sacrificarsi per un errore del compagno, prima magari non succedeva, questo atteggiamento per una squadra è fondamentale.

Raccontaci il gol mancato nel derby...

Probabilmente a molti è sfuggito che durante il tiro di Zarate, Julio Sergio, da per terra, ha leggermente deviato la palla e questa ha cambiato direzione. Chiaramente cambiando la traiettoria, la palla mi è arrivata diversamente da come credevo e non sono riuscito ad angolare a sufficienza il tiro. La mia intenzione era di metterla sull’altro palo, ma quel tocco del portiere della parte lesa è stato decisivo, ha fatto un grande intervento.

Il derby è la ciambella di salvataggio di questa stagione, come state vivendo questo avvicinamento?

Sì, c’è la consapevolezza che il derby è una partita fondamentale e sappiamo quello che è successo all’andata, ma spero che i tifosi della Lazio non me ne vogliano, prima dobbiamo pensare a queste due partite importantissime per la salvezza contro Napoli e Bologna, poi cominceremo a pensare alla parte lesa.

L’abbraccio che vediamo da un po’ di tempo a fine partita, quanto è sentito?

Tantissimo, è una cosa spontanea che vale ancora di più proprio per questo.

Secondo te cosa è successo quest’anno?

I problemi sono stati molteplici, alcuni non si possono neanche dire, tante partite ci sono girate male, non abbiamo giocato da Lazio è stata una stagione un po’ così. Non so se abbia influito anche l’appagamento delle due coppe vinte, ma mi sembra strano. Chiaramente poi andare in campo giornata dopo giornata con l’ansia di fare punti per salvarsi non è facile per una squadra che all’inizio aveva altre ambizioni.

Zarate e Rocchi quest’anno non vedono la porta…

Il gol è una cosa di squadra, a loro probabilmente gli arrivano pochi palloni giocabili, la stessa cosa vale per i difensori quando si prende gol, è sempre la squadra che nella sua totalità ne risponde.

È vero che tu sei stato uno dei primi a chiedere del ritiro?

Sì c’era un gruppo di giocatori più vecchi che chiese fortemente questo ritiro, soprattutto per stare insieme e ripartire da lì come se la stagione iniziasse in quel momento, avevamo undici partite e dovevamo fare più punti possibile. Ora sta andando meglio e siamo tutti contenti.

Dissidenti e rapporti particolari con i tecnici, perché questo spogliatoio ha dimostrato di essere così difficile?

La coesistenza tra tanti giocatori è difficile, averne 35 lo è ancora di più. Si è creata una situazione con i dissidenti che non faceva comodo allo spogliatoio, non è stato semplice vederli lì, tristi, che non stavano bene. Questo si ripercuoteva su tutti.

Il contratto?

Dal punto di vista del contratto ho parlato con il mio procuratore e gli ho dato mandato di trattare con il presidente senza che in questo momento mi interessi in prima persona a questo. Ora voglio concentrarmi sulla salvezza e non voglio distrazioni. A fine anno vedremo, la mia intenzione è quella di rimanere, qui sto bene e Lotito mi stima, quindi se ne riparlerà a fine anno.

Che cosa è successo con Popolizio?

C’è stato proposto questo mental coach, che non è uno psicologo ma fa tutt’altro lavoro. Poi la squadra si è riunita e ha deciso che gli stimoli e le motivazioni ce li potevamo trovare da soli. Chissà forse anche per merito suo si è ritrovata la compattezza.

Parlaci dei tre tecnici che hai vissuto alla Lazio…

Delio rossi è molto preparato, lo ha dimostrato con la Lazio e lo sta facendo a Palermo ora. Il rapporto con lui all’inizio era buonissimo poi si è un po’ logorato per varie vicende. Ballardini lo considero un bravissimo tecnico, forse il suo difetto è che responsabilizza un po’ troppo i giocatori e in questo modo per fare lavoro atletico in allenamento devi dare sempre il cento per cento anche quando si fa lavoro con la palla. Credo che lì abbiamo dimostrato noi, la squadra, di essere ancora poco matura. Reja non è tantissimo tempo che è qui ma con la sua esperienza ha dimostrato di capire qual era il problema e di saperci dare le giuste motivazioni.

Una occasione di quelle che hai fallito che ti è rimasta più difficile da accettare?

Quella di Udine sicuramente, perché forse è stata la più clamorosa e poteva cambiare l’esito della gara. Mi è arrivata la palla da dietro, l’ho stoppata, ma nel farlo mi è rimasta tra i piedi e non sono riuscito a calciare.

Cosa vuoi dire alla gente?

La gente deve essere vicino alla Lazio che non è ancora salva. Bisogna fare il dodicesimo uomo in campo e aiutarci ad uscire da questa situazione, che non è ancora risolta.

La contestazione a Lotito vi ha dato un alibi durante la stagione?

Non penso sia mai stata un alibi, ma io chiaramente parlo per me. Tuttavia credo che alla fine in campo ci vanno i giocatori, il presidente non scende in campo e quindi non è un parafulmine. Magari ci hanno fatto male le due contestazioni quando non venivano da un periodo negativissimo, come dopo il Palermo e la Juve: avevamo vinto due coppe e magari all’inizio si poteva avere più pazienza.

La piazza dopo cinque stagioni la senti tua?

Dopo quattro anni e mezzo sicuramente è così. Dopo tutto questo tempo mi sento a casa. In campo però indosso la fascia solo quando non c’è Tommaso perché è lui che è il capitano e credo che lo sarà ancora per molto.

Secondo te qual è il giocatore che ha acceso la scintilla per la rinascita?

Ce ne sono tanti, dire un nome solo è ingeneroso, adesso come adesso davvero ci sono molti compagni che stanno dando tanto con tanta abnegazione e voglia di rinascita.









IL DERBY NON VA MAI PERSO.

Ci sarà sempre chi ti critica, l'unica cosa da fare è continuare ad avere fiducia, stando attento a chi darai fiducia due volte.

Non ti sforzare tanto, le cose migliori succedono quando meno te lo aspetti.

Nessun futuro è per sempre.

IL GOL DI VIERI ERA BUONO!!