Siamo qua ancora una volta a raccontarci un'altra botta presa dai giallorossi. In tanti anni che li conosco, e sono più di quaranta, hanno esplorato tutte le strade che portano alla sconfitta. Hanno perso scudetti contro entità retrocesse, coppe dei campioni già festeggiate e giocate sotto il cielo che ritenevano amico, dimenticandone i colori. Hanno scajato in almeno una decina di finali, portando a casa sempre pochissimo rispetto a quanto soffiato nel vento dalla chiacchiera che se l'è sempre portati via. Sti fanfaroni.
La sveja de quest'anno ha dell'incredibile, perché solo in un'altra occasione ho visto un lavoro così capillare di tutto il sistema calcio per il raggiungimento di un obiettivo: quello che portò il Milan a scipparci lo scudetto nel 99. Con una variante: quella macchina formidabile si mosse solo a primavera. Stavolta, no. Il soccorso giallorosso è partito da subito e ha lavorato alacremente su tutti i fronti, elargendo rigori, annullando reti, appioppando diffide e squalifiche, defraudando concorrenti. Nonostante lo sforzo disumano fatto sotto gli occhi di tutti, a costo di giocarsi gli ultimi spicci di credibilità, il sistema-calcio non è riuscito a cambiare un destino ineluttabile, che li vuole perdenti quando tutto sembra volgere a loro favore. Così la vittoria di Catania, efficacissimamente acchittata, è sfuggita nel finale di partita ai cronici perdenti, incapaci di cogliere un risultato che, seppur non trionfale, rappresentava un premio mostruosamente sproporzionato rispetto al valore mostrato in campo. Come un candidato che non riesce a vincere un concorso nemmeno conoscendo prima le domande, la roma è crollata per l'ennesima volta nella sua storia a un passo dal traguardo avvicinato a forza di spinte, mezzucci, scianghette all'avversario, spintonamenti e trucchi. E esce matematicamente dalla lotta addirittura con un turno d'anticipo. Record di rigori e fiumi di sudore di arbitri, guardalinee, giudici, giornalisti, dirigenti, sponsor, banche: tutto vano, tutto sacrificato al destino perdente di una squadra che paga la propria mancanza di dignità. Una squadra che non nasce dal sogno di qualcuno, ma dal freddo calcolo di qualche funzionario di partito: creata a tavolino, non sa cogliere i risultati costruiti per lei a tavolino. Qui sconta il proprio atroce destino, quello delle feste tronfie e vanagloriose che finiscono regolarmente in vacca. Anche quest'anno, come sempre, le trombe del carnevale giallorosso s'azzittano come arriva la primavera: vecchia storia.
Noi ci andiamo a giocare l'ultimo soldo di speranza partendo da una certezza: tra un mesetto sarà già di nuovo grande roma. Aspettando maggio: dopo la festa, arriva la susta.