Mio padre, studioso di letteratura italiana e poeta, quando ero piccolo mi disse che Montale era simpatizzante laziale e che, inconsapevolmente, laziale lo era comunque stato.
Da due settimane circa mi sto rileggendo "Ossi di Seppia". L'avevo studiato all'università oltre dieci anni fa e ora, bandendo ogni analisi critica, lo sto rileggendo "in bianco". Senza commenti e senza analisi.
"A vortice s'abbatte
sul mio capo reclinato
un suono d'agri lazzi.
Scotta la terra percorsa
da sghembe ombre di pinastri,
e al mare là in fondo fa velo
più che i rami, allo sguardo, l'afa che a tratti erompe
dal suolo che si avvena.
Quando più sordo o meno il ribollio dell'acque
che s'ingorgano
accanto a lunghe secche mi raggiunge:
o è un bombo talvolta ed un ripiovere
di schiume sulle rocce.
Come rialzo il viso, ecco cessare
i ragli sul mio capo; e scoccare
verso le strepeanti acque,
frecciate biancazzurre, due ghiandaie."
Ditemi se non sembra scritta lunedì nel post derby.
Gli "agri lazzi", "cessano i ragli" e l'ottimismo delle due ghiandaie "frecciate biancazzurre".
Loro non potranno mai capirlo, pur essendo nostri cugini. D'altronde anche Leopardi aveva un cugino stupido e borioso che cantava le magnifiche sorti e progressive di un tempo di merda, Terenzio Mamiani.
Noi, la poesia. E' la nostra natura. E' il nostro destino.
Forza Lazio!