Siamo dentro un negozio e il piccolo Tommaso ha in mano un mazzo di figurine di calciatori. Non quelle della Panini ma certi dischetti di plastica che servono per giocare una specie di Fantacalcio. C'è un signore che gli chiede per quale squadra faccia il tifo. E' anziano; elegantissimo non solo nel vestire ma soprattutto nel portamento; l'accento romano è spiccato ma non è quello crasso inventato da Alberto Sordi e da Cinecittà: è un romano che ho sentito solo da certi anziani, che non saprei descrivere ma ho imparato a riconoscere, chi ha sentito qualche volta la voce di Petrolini può farsi un'idea.
Insomma, dopo un'occhiata e poche parole ho quasi una certezza. Tommaso risponde con la sicumera di chi sa che gli è toccato un privilegio di cui tanti non sono degni, il papà gli ha insegnato così, e non è per niente una bugìa: "Lazio". E gli occhi del signore si illuminano, e poi racconta orgoglioso di quando giocava alla Rondinella, "lei la conosce la Rondinella? C'erano anche i sedili di vimini...", nella squadra Ragazzi, doveva essere il '47 o giù di lì... Gli spiego che alcuni miei amici stanno ricostruendo tutta la storia della Lazio, "Che meraviglia" e che certamente c'è anche il suo nome tra i tanti che hanno fatto la Lazio, "Ma no..." si schermisce, e poi ci salutiamo, una stretta di mano forte, da Laziale.