La sindrome di Stoccolma, si sa, è quella particolare patologia che affligge l'8% dei sequestrati, che finiscono per simpatizzare, quando non addirittura per amare, il proprio sequestratore. Osservata in tempi relativamente recenti, non tiene conto di possibili implicazioni territoriali che uno studio sperimentale condotto su un gruppo sociale di tifosi laziali rivela con tutta evidenza.
Eccone alcuni esempi:
1) Alcuni tifosi laziali reagiscono all’accerchiamento mediatic-politic-mafioso giallorosso aumentando il livello dell’attenzione sugli affari riguardanti l’oppressore. In casi particolarmente gravi si arriva a manifestazioni estreme, tipo il considerare ogni evento riguardante la propria squadra con riferimento alla squadra avversaria. La Lazio perciò dovrebbe vincere, perdere o pareggiare secondo la convenienza dell’oppressore.
2) Un fenomeno collegato a quello di cui al punto 1) si osserva in alcuni casi specifici, nei quali alla deviazione di cui al punto precedente si aggiunge, a mò di bilanciamento, la critica pregiudiziale nei confronti dell’allenatore, reo di non giocarsi le proprie carte in funzione di una vittoria finale ipotizzata come possibile, anche se negata ogniqualvolta si affronta un avversario che, attraverso concatenazioni di primo, secondo o terzo grado, possa incidere sul cammino dell’oppressore, che nel quadro clinico della sindrome di Stoccolma, ramo trigoriano, è sempre e solo l’unico vero candidato al successo finale in ogni competizione.
3) Ciascuna valutazione tecnica espressa dai soggetti colpiti dalla sindrome di Stoccolma ramo Trigoria viene modulata in accordo col quadro clinico. Così si esprimono critiche feroci verso i propri giocatori e giudizi lusinghieri verso gli altri, soprattutto quando rappresentano un elemento di possibile disturbo nei confronti dell’oppressore. L’inquietudine alimentata dalla crescente influenza dell’oppressore porta a stadi d’insofferenza estremi, nei quali la caccia al capro espiatorio diventa spasmodica e il rituale di demolizione del proprio giocatore, colpevole di non prodursi nel giusto contesto correlato ai destini dell’oppressore è liberatorio.
4) Qualunque valutazione tecnica espressa nei confronti dei calciatori opposti all’oppressore sarà di totale sfiducia, con tanto di insinuazioni, nei casi più gravi, sull’onorabilità dei parenti del calciatore fino al terzo grado.
5) Nei casi più gravi e ai livelli terminali della malattia si nota un progressivo degrado dell’autocontrollo. Si riferisce di sporadici casi di esultanza al gol degli avversari della Lazio, se in qualche modo influenti sui destini dell’oppressore. Più rari i casi di non esultanza o di disapppunto alle marcature della Lazio in circostanze analoghe. Pericolose per la stabilità mentale del paziente le lunghe sessioni d’osservazione dell’oppressore. Per quanto non contemplativa, l’esposizione passiva alle radiazioni emanate dall’ambiente giallorosso può provocare, infatti, una lunga serie di effetti indesiderati.
Rimedi
Al momento le terapie disponibili sono poco efficaci. La lettura della classifica, in un primo momento apparsa efficace nella terapia sintomatica, perde efficacia col passar delle settimane, soprattutto in presenza di un livello stabile di competitività dell’oppressore. Anche massicce iniezioni di buoni risultati possono rivelarsi inefficaci, quando non dannose, se i risultati maturano con avversari influenti sul cammino dell’oppressore. La ricerca è comunque al lavoro per individuare terapie efficaci.