Autore Topic: Ausmerzen  (Letto 2387 volte)

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zorba

Re:Ausmerzen
« Risposta #20 : Venerdì 28 Gennaio 2011, 16:29:50 »
(Il Fatto Quotidiano 28.01.2011)

IL PEGGIO DELLA DIRETTA

Paolini l’incantatore

(di Luigi Galella)

C’è poca “tv” negli spettacoli televisivi di Marco Paolini. E c’è perfino poco teatro. Perché lo scrittore e attore veneto si limita in fondo a raccontare degli eventi di alto contenuto drammatico, per i quali il filtro della finzione si porrebbe come un ridondante orpello. Ed è come se nelle sue performance, da “Vajont” ai “Miserabili”, la forza intrinseca del racconto, sostenuta dalla sapienza espressiva dell’interprete, si imponesse per una sua propria virtù, restituendo equilibrio al rapporto fra le parole e le cose e consegnando al medium – parola, teatro o tv – niente di più che la sua natura veicolare. 

La sua ultima opera, “Ausmerzen” (La7, mercoledì, 21.10), possiede un’altra qualità: racconta dei fatti inediti ai più. E ai meriti filologici, documentari, storici, aggiunge infine l’ultimo, comunicativo: la miracolosa capacità di incatenare al video una platea più che doppia (6.44% di share) rispetto a quella abituale della rete.

Nella serata che precede il giorno della memoria, in ricordo delle vittime dell’Olocausto, Paolini fa un passo indietro e inizia dalla “Belle époque”, epoca inventiva e luminosa in cui, fra le altre, si accesero le luci dell’eugenetica in molti stati europei e nordamericani, secondo i principi positivi del progresso e l’applicazione del darwinismo sociale: i pazzi, gli idioti, i deboli di mente andavano sterilizzati al fine di migliorare la razza. Successivamente, con il programma Aktion T4, il progetto eugenetico nella Germania nazista diventa più efficace ed efferato, giungendo alla soppressione di quasi trecentomila vite indegne di vita, “lebensunwertes Leben”. Due i risultati: una migliore “igiene” razziale e il risanamento dei conti dello Stato, considerato che negli ospedali psichiatrici i disabili e i minorati psichici rappresentano un costo che si può utilmente abbattere. Ai lager già conosciuti, dobbiamo quindi aggiungerne di nuovi: Hadamar, Grafenech, Kaufbeuren... Ma nel momento in cui si pone ufficialmente fine alla prima fase dello sterminio, nel 1941, ne segue una seconda chiamata “eutanasia selvaggia”, perfino peggiore, che produce un numero doppio di morti, gestita direttamente da medici e infermieri.

Nell'ultima parte del monologo, Marco Paolini ci mostra la foto di un bambino, Ernst Lossa, uno zingaro bianco dagli occhi scuri e belli, incavati sotto l’arcata sopraccigliare, con l’espressione fiera e forte, perfino fiduciosa verso il prossimo. Una professoressa lo indicò come “uno psicopatico di buon cuore ma privo di volontà, mentalmente quasi normale, ma impulsivo”. Aveva solo bisogno di un insegnante di sostegno, osserva Paolini, e invece fu mandato in manicomio per “essere destinato a rimozione”. Qui resistette un anno e mezzo, più degli altri, e infine, consapevole che non sarebbe vissuto a lungo, regalò la sua foto a un infermiere: “Voglio morire quando sei tu di turno, così mi metti bene nella bara”.

Quel giorno l’uomo non era di turno e quando giunse lo trovò seduto a terra nella stanza dei bambini: “il viso blu, la bava alla bocca, la pelle squamata”. E ancora, dovette trascorrere tutto il pomeriggio, prima che riuscisse a morire.