www.corriere.itIl tecnico biancoceleste si racconta: il momento più difficile è stato dopo la sconfitta nel derbyROMA - Un anno di Lazio. Più o meno. Dalla sofferta salvezza alla rifondazione estiva sino ai successi di oggi, che hanno fatto dei biancocelesti la grande sorpresa del campionato. Edy Reja, 65 anni, laziale dal febbraio scorso, racconta tutto. «Ero convinto che la squadra avesse dei buoni valori - esordisce - ma bisogna ammettere che non pensavamo di arrivare così in alto».
L’inizio non è stato dei migliori: sconfitta alla prima giornata di campionato con la Sampdoria in trasferta. Alla quarta, invece, il pareggio interno col Milan ha cambiato lo scenario...«A Genova facemmo una buona prestazione e non meritavamo la sconfitta. Contro il Milan ci siamo convinti di avere tutte le qualità per fare una buonissima stagione».
La favola sembrava essersi interrotta dopo il ko nel derby e quello di tre giorni dopo a Cesena... «Il nostro momento negativo. Potevamo cadere rovinosamente, perdere un derby a Roma speso significa avere ripercussioni pesantissime. Invece ci siamo subito rialzati grazie alla vittoria sull’Inter. Peccato non ci sia stato un seguito ma sia arrivata l’incredibile delusione di Torino, con la sconfitta a pochi secondi dalla fine contro la Juve. Ci siamo rimasti malissimo».
L’arrivo di Hernanes è stata la chiave di volta?«Il brasiliano nei nostri programmi era quello che doveva fungere da collante tra la fase difensiva ed offensiva. Io l’avevo visto giocare nel San Paolo e ho subito pensato che fosse il giocatore giusto per migliorare la qualità e provare a entrare tra le prime sei formazioni el campionato. Lui è stato bravo ad inserirsi velocemente, anche se deve trovare ancora una certa costanza. Si è ambientato senza problemi trovando un gruppo che lo ha accolto a braccia aperte».
Poi c’è Mauro Zarate, croce e delizia...«Era più croce lo scorso anno... Quest’anno invece sta migliorando molto tatticamente. Non pretendo da lui che rincorra l’avversario ma solo che si renda utile alla squadra. Ha 23 anni e ampi margini di miglioramento: se mi ascolta può diventare un grande campione».
Dopo cinque anni di Napoli si è allontanato dallo stress del campionato italiano andando a Spalato. Poi è arrivata la chiamata del presidente Lotito: come andò?«Lotito mi chiamava sempre di notte, anche cinque volte, perché dorme pochissimo. Era preoccupato per la Lazio ma io avevo dato la parola all’Hajduk ed era molto difficile per me liberarmi. Alla Lazio però non potevo dire di no e ripensavo a quando, allenatore del Napoli, inseguivo giocatori del calibro di Ledesma, Kolarov e Mauri. Così, dopo aver parlato con il presidente, mi sono preso un giorno di tempo per cercare di risolvere la situazione contrattuale con i dirigenti dell’Hajduk. È andato tutto per il verso giusto e sono arrivato di corsa alla Lazio, dove trovai una squadra slegata. All’inizio non è stato facile, poi tutti hanno cominciato a remare nella stessa direzione e siamo riusciti a salvarci».
Dopo la sconfitta con il Bari all’Olimpico, nel campionato scorso, si vociferò di un Reja dimissionario: vero o falso?«Ero andato a Spalato per chiudere il mio rapporto di lavoro. Sono tornato e ho trovato il pullmann con la squadra pronta per il ritiro di Norcia. Ci siamo confessati dentro lo spogliatoio e c’è stata la promessa di lasciarsi alle spalle polemiche, divisioni e incomprensioni. Non era possibile che una squadra come la Lazio si ritrovasse in quella posizione di classifica. Dopo il ritiro abbiamo vinto subito a Cagliari e da lì è iniziata la nostra risalita».
Oggi non si parla più di salvezza: ma questa Lazio dove può veramente arrivare?«Per raggiungere la Champions devi viaggiare a ritmi sostenuti. Ci sono organici superiori al nostro ma noi siamo lì e non molleremo sino all’ultimo».
Pietro Pinelli
27 dicembre 2010