Yahoo! Sport Italiadi Stefano Benzi
Mi piacerebbe vedere la Lazio, senza nulla togliere ai suoi protagonisti attuali, con una punta da urlo: Crespo, Vieri, Claudio Lopez (che a me piaceva da morire), Signori. Chissà che farebbe...
Ci pensavo l'altro pomeriggio, mentre ero in macchina e riflettevo su quello che manca alla squadra di Reja per diventare davvero grandissima. Io non sono un sostenitore della teoria della consapevolezza di sé, che così tanti allenatori cercano di ricreare a tavolino, come un'alchimia sempre difficile da realizzare, a volte semplicemente impossibile.
Ci sono squadre che 'nascono' bene: nel momento giusto, con investimenti non consistenti ma intelligenti, e che vengono gestite in modo oculato, attento, senza drammi nelle cadute e senza eccessi nelle impennate. Penso al Genoa o al Verona di Bagnoli, che credo sia stato uno dei migliori allenatori di sempre; al Cagliari di Giorgi o di Allegri; alla Reggiana di Pippo Marchioro; al Perugia di Castagner. Ognuno avrà i suoi esempi, e in effetti il calcio degli ultimi anni ne ha offerti parecchi. Allenatori che sanno fare la differenza senza organizzazioni ciclopiche né mezzi eccessivi: con dedizione applicata a un buon metodo di lavoro e un paio di idee buone... Perché a volte bastano anche semplicemente quelle.
D'altra parte ci sono invece allenatori che sostengono che le grandi squadre sono quelle che sanno di essere grandi e devono comportarsi come tali. Tra il sapere di essere grandi e l'esserlo c'è una bella differenza: ma essere convinti di essere grandi in qualche caso può aiutare a diventarlo davvero. Ci sono aspetti motivazionali e psicologici in una squadra di calcio che non mi azzardo neppure a intuire o a comprendere: sono troppo ignorante e pragmatico per sfiorare questo genere di argomenti.
Mourinho è comunque uno di questi tecnici: ha fior di teste nel suo staff, per lui un buon motivatore e uno specialista di training autogeno contano almeno quanto un preparatore atletico. Mou alza il livello di attenzione, e in qualche caso anche dello scontro, perché sa che in questa maniera otterrà due risultati... disorientare l'avversario e creare un gruppo che possa andare al di là del suo stesso valore.
Ci sono allenatori che allenano la squadra, ma contemporanemante anche i dirigenti, la stampa, i tifosi propri, quelli avversari, quelli della ex squadra e quelli della squadra che verrà.
Reja è l'esatto contrario: plasma quello che ha senza addittivi, si concentra quasi esclusivamente sulla propria squadra e sceglie sempre la soluzione opportuna. Anche quando parla degli altri, quando (e ogni tanto, pur se di rado, capita) si lamenta del rigore non dato, dell'errore arbitrale o del risultato falsato, le sue parole suonano sempre un po' stonate, anche se pronunciate da uno che ti aspetti dica sempre quello che pensa: che è quasi sempre la cosa giusta.
Provo a inquadrare Reja da tempo, e tra tutte le sue diverse esperienze questa mi sembra quella più straordinaria: sta creando una squadra che davvero è a sua immagine e somiglianza. Pragmatica, semplice, efficace, a volte persino spettacolare.
La sua mano si vede, e chiaramente, in un progetto che comunque si concluderà, merita fortuna.