Autore Topic: Lo stadio Flaminio e l’analfabetismo funzionale degli u…tonti biancocelesti  (Letto 417 volte)

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28 Febbraio 2017 Ore 14:42

 

Dal comunicato ufficiale pubblicato il 25 Febbraio 2017, dove la S.S. Lazio rende noto che: “La S.S. Lazio e i suoi innumerevoli tifosi sono fiduciosi e certi che l’intera amministrazione comunale di Roma non creerà discriminazioni tra i cittadini romani in base alla fede calcistica e che il sindaco di Roma Virginia Raggi e la sua giunta sicuramente consentiranno di costruire anche per gli appassionati sostenitori dei colori biancocelesti, il proprio stadio, secondo i propri criteri di localizzazione, di efficienza e di qualità dell’impianto, senza ricorrere allo stratagemma dello Stadio Flaminio che non ha alcun requisito e condizione oggettiva per essere lo stadio della Lazio.”


Uno stralcio chiaro, di facile interpretazione: il fu stadio Flaminio, lo si legge e lo si ribadisce, non ha alcun requisito e condizione oggettiva per essere lo stadio della Lazio. A ciò, però – e può sfuggire ad una prima occhiata – si aggiunge l’allusione ad uno stratagemma: come la questione Flaminio avesse un retropensiero infingardo da cui la Lazio vuol ben guardarsi. Quale può essere l’insidia? È facile da svelare: a tal proposito è sufficiente una sbirciata veloce e poco impegnativa ai principali social network – ormai del tutto sostituti delle chiacchiere da bar – per scoprire una parte di sostenitori biancocelesti in subbuglio, attanagliati dal sentimentalismo nostalgico suscitato dal vecchio impianto romano. Proprio non basta, insomma, la netta e perentoria smentita societaria – né sono bastate le innumerevoli analisi volte a chiarire i motivi per cui il Flaminio non potrà tornare ad essere la casa delle aquile: gli utenti laziali lanciano addirittura una petizione online, cercando chissà quale consenso. Cosa comporta, quindi, questo volersi dissociare ostinatamente dalla realtà dei fatti? A non voler cedere al pensiero malizioso, resta lo sconforto di una chiave di lettura diversa, seppur complementare: ci si trova di fronte, probabilmente, ad un caso di analfabetismo funzionale. Un termine apparentemente altisonante e che racchiude, però, un assai triste e semplice realtà: l’analfabeta funzionale è in grado di leggere un testo, cioè di interpretare i segni in esso contenuti, ma non ne comprende il significato. Secondo la definizione del rapporto Piaac-Ocse, un analfabeta funzionale è più incline a credere a tutto quel che legge in maniera acritica, non riuscendo a “comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere con testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità”. In Italia il 47% degli individui è analfabeta funzionale – lo rivela proprio lo Human Development Report del 2009, un indice calcolato tra i paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse). E il binomio analfabetismo funzionale – social network ne è uscito rinsaldato, dal momento che tutti hanno lo stesso spazio per potersi esprimere. Gli analfabeti funzionali sono quindi, per antonomasia, coloro che non sono in grado di comprendere informazioni, post e articoli diffusi sui social network – gli stessi, come l’appello dei tifosi circa lo stadio Flaminio, condivisi poi centinaia di volte in maniera acritica. Tanto più che i testi che puntano ossessivamente a provocare una reazione circostanziata da parte dei lettori sono in realtà aperti a qualsiasi decodifica “aberrante” possibile: altro tecnicismo – qui adattato dai modelli semiotici della comunicazione – che indica una scarsa comprensione da parte del ricevente – dovuta ad incomprensione per disparità di codice – o a non accettazione per motivi ideologici – rifiuto per delegittimazione. Il compianto Umberto Eco (semiologo cui si deve la citazione sulla teoria precedente) indicava tale fenomeno come qualcosa di auto-elevatosi a livello di informazione o analisi credibile, da avvalorare (o avversare) col continuo discredito gettato nei confronti di chi fa informazione seriamente: non occorre sottolineare come i giornalisti siano diventati oggetto degli strali di buona parte degli haters (professionisti) della rete; sebbene definire semplicemente analfabeta funzionale chi si ostina a commentare un articolo partendo solo dal titolo, o magari estrapolando un concetto solo su una trattazione lunga e complessa – spesso un concetto distorto – sia profondamente sbagliato – trattasi infatti non di analfabeti, ma di semplici… utonti. O ancor più pregnante è la definizione data da Roberto Cotroneo sull’analfabetismo postmoderno – narcisistico, se spiegato con un aggettivo: viviamo in un sistema dove conta rendere tutto pubblico, ma senza alcuna percezione e capacità di capire quello che si sta facendo – ad oggi, una battaglia per il Flaminio che non sarà lo stadio della Lazio.

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