www.corrieredellosport.itIl tecnico della Lazio parla dell’amore per la bici tramandato dalla famiglia. E a Formello qualcuno scherza con lui… ROMA - “La mia era una famiglia di ciclisti: babbo, nonno, zii. Era una famiglia in cui si mangiava pane e ciclismo, l’anomalia per me è stata il calcio, non il ciclismo”. Maurizio Sarri parla della passione per il ciclismo. Il suo vero amore, prima del calcio, è la bici. A Eurosport racconta la sua gioventù su due ruote: “Secondo me ero un buon ciclista e un giocatore di calcio mediocre, ma avere alle spalle una famiglia di ciclisti mi pesava un po’, sentivo la responsabilità di dover vincere, anche se loro non mi hanno mai fatto pressione. Poi avevo tutti gli amici che giocavano a calcio e ho cominciato anche io, ma la grande passione per il ciclismo è rimasta”.
Sarri e l’amore per il ciclismo e il mito Moser
"Il mio primo ricordo del ciclismo è un Giro vinto da Gimondi all’ultima tappa su Anquetil, mi sembra. Anche se poi la passione vera, la fulminata, me l’ha data Francesco Moser. Quando giocavo a calcio, calcolavo le ammonizioni per farmi squalificare quando c’era la Parigi-Roubaix con lui. Moser lo seguivo con una passione enorme. L’ho conosciuto in Versilia. Era una mattina, lui era ai primi anni di professionismo e stava recuperando dopo un’operazione alle tonsille mi sembra, io andavo in bici e lo vidi passare con la maglia della Filotex (la prima squadra Pro di Moser ndr). Lo conoscevo perché l’avevo seguito già da dilettante, quando era alla “Bottegone” (squadra dilettantistica toscana ndr), mio padre mi diceva: “Guarda che lì hanno un ragazzo molto forte” e quindi andavamo a vedere alcune sue gare da dilettante qui in Valdarno”.
Sarri e il rapporto con il ciclismo
"Io le corse spesso me le riguardo la notte, perché la sfortuna è che ad aprile, che è il mese delle classiche, comincia a essere il mese decisivo per le stagioni calcistiche. Maggio non ne parliamo neanche. Quindi azzero telefonino, non guardo nulla e alle nove, alle dieci, quando stacco definitivamente dal mio lavoro, mi rilasso e mi guardo tutta la tappa o tutta la corsa. Noi alla Lazio abbiamo una serie di fisioterapisti che sono grandi appassionati di ciclismo, quindi quando sono lì a lavorare, a fare massaggi, guardano anche le corse, il giorno dell’ultimo Giro delle Fiandre, io ero a fare la doccia dopo la partita, loro sono venuti vicino alla doccia, dove mi stavo lavando e allora gli ho detto: “Via tutti, non mi dite nulla, sennò vi do una testata sul setto nasale” (ride ndr)".
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