www.calciomercato.comdi Luca Capriotti
Facciamo un gioco: torniamo indietro nel tempo ad agosto, e pensiamo a dove avreste messo la
Lazio. Se riuscite ad evitare lo strepito dei tifosi della Roma assiepati davanti a
Dybala (sono gli stessi che fanno cori razzisti a Stankovic? Chi lo sa), se riuscite a passare tra nerazzurri che vogliono strappare scudetti ai cugini rossoneri e bianconeri che parlano di nuovo
ciclo Allegri e la Fiorentina rampante, forse troverete uno o due che mormoravano di
Lazio e Sarri. In quasi tutte le griglie Scudetto estive (ne ho davanti una di agosto di una celeberrima emittente televisiva e di un altrettanto celeberrimo giornalista che recita:
1) Milan, 2) Inter, 3) Roma, 4) Juventus, 5) Napoli, 6) Lazio. Tutte così. Ma ora non si può dire. LA LAZIO E’ LA SORPRESA DEL CAMPIONATO - E va detto: questo noto giornalista teneva la
Roma bassa, alcuni la davano Scudettata. E va detto: alcuni non mettevano la Lazio nemmeno tra le prime 6. E va detto: ad aprile, essere secondi, nettamente secondi, è una mezza vittoria
. Certo, la Lazio ha pagato un prezzo (la doppia figuraccia europea non la mando giù di certo), ma va altrettanto va detto: questa è una squadra che ha sovvertito le gerarchie di questo campionato. Se il
Napoli, abbastanza a sorpresa, ha reso il discorso Scudetto meramente burocratico, o quasi, nonostante i 30 punti ancora in palio, la Lazio ha strappato passo dopo passo etichette e pregiudizi. Si è liberata della nomea di essere perforabile, facile da battere, facile da arrembare: prima miglior difesa del campionato.
Ha sistemato gli automatismi, i gol, è l’unica squadra forse nel mondo a non avere una riserva del suo attaccante titolare. E nonostante tutto, e la stagione falcidiata da stop e con pochi gol di Immobile (chi ce l’ha al Fantacalcio sa) è là. In altissimo. Contro ogni logica, contro ogni pronostico, previsione, zippa mentale dei Soloni estivi. Ma è a metà dell’opera.
10 PARTITE, 1 UNIVERSO - Dietro queste partite che mancano, le 10 che mancano, ci sta un intero universo. Sfide di cartello come il big match interno contro la Juve (forse una delle poche squadre che ha annichilito Sarri e suoi), Inter, Milan, e una serie di partite del tutto diverse tra loro, tutte possibili trabocchetti. U
n mosaico immenso che dice solo una cosa: da qui alla fine ci sarà una battaglia furibonda per andare in Champions League, con questa incognita pesante e pressante che gravita sopra la Juventus e le sue sorelle (22 milioni Pellegrini Luca, quello che non sta facendo manco una presenza, 22 milioni, ok, tutto ok, tutto normale, è normale Maria Luce, è normaleee)(mica penserete che hanno fatto tutto da soli no?), ma soprattutto dirà molto sulla maturità di questo gruppo.
Che, per la maggior parte, è lo stesso che l’anno scorso ha fatto male, lo stesso di cui correttamente parlavamo di anno di transizione. Abbiamo fatto un atto di fede, lo stesso di Pedro che sa che quel pallone lo prende lui, non gli altri, proprio lui. E lo prende lui, alla fine.
ATTO DI FEDE - A 10 giornate dalla fine, l’atto di fede va fatto ancora. Va alzato il tiro: l’inizio dell’articolo l’ho dedicato a chi parla prima, spesso obbligato e ok, ma ci siamo calati troppo in là in questa lotta per poterci tirare indietro. La Lazio sta dicendo, e non da oggi, che la maturazione è un processo, un orizzonte, non un dato acquisito. Questo gruppo sta continuando a recitare un credo monoteistico, e alla base ci sono i principi di Sarri, le sue idee, il suo concetto di calcio.
La squadra ora si muove come vuole Sarri, ma per vincere, per la Champions non basta. Non bastano le punizioni di Milinkovic, o i derby vinti. Serve ancora un atto di fede: credere che questo secondo posto di aprile non è solo passeggero, effimero, alla fine immeritato. Credere che siamo questo secondo posto, che in Italia non ci sono squadre migliori della nostra se non una. Difficile? Certo, sono in tante ad essere più attrezzate. Impossibile? Certo, per i nostri mezzi è impossibile, se non manteniamo un livello eccezionale è impossibile. Impossibile? No, con questo livello, con questi top player, con questo allenatore.
E in più, con un atto di fede in Sarri, ancora una volta.