Autore Topic: VERON: “Lazio, se serve arrivo di corsa! Il sogno? Io presidente e Simeone..."  (Letto 769 volte)

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Veron a Il Messaggero: “Io presidente, Simeone allenatore… e come Ds ci vedrei bene uno tra Nesta, Nedved o Almeyda”



VERON: “DERBY? BISOGNA SEMPRE VINCERE”

Era il 25 marzo 2000 quando con un arcobaleno Veron incendiò i tifosi della Lazio e lancio i biancocelesti verso il loro secondo scudetto. Un derby che resterà per sempre nella mente e nella storia. Corre a perdifiato l’allora numero 23 stringendo le mani dei compagni come a dire siamo uno squadrone.
A distanza di 16 anni sono cambiate molte cose. La Lazio domenica ha l’ultima chance per riaccendere un minimo di sorriso in un ambiente pieno di malinconia e non trasformare la stagione in un fallimento totale.

«La stracittadina – dice Veron parlando sulle pagine de Il Messaggero –  è una gara particolare, non è una partita come tutte le altre. I tifosi vanno allo stadio o guardano la sfida con la speranza nel cuore che chi scenderà in campo darà sempre tutto per vincere e uscire a testa alta. Oggi la situazione è diversa, noi non siamo mai stati sfavoriti così come lo è la Lazio di Pioli. Noi al contrario avevamo la pressione addosso di dover vincere sempre, perché eravamo i più forti».

Che ricordi ha di quelle sfide?
«Qualsiasi altra partita, a Roma, ha un altro significato. Per storia ed emozioni il derby va oltre tutto. Quando scendi in campo sai che ti stai giocando l’orgoglio della città. Sai che il giorno dopo se perdi, andando al lavoro, vai incontro agli sberleffi dei romanisti. A Roma si vive per il derby. È la prima cosa che i tifosi ti dicono appena sbarchi all’aeroporto».

Lei come lo preparava?
«Io in quel periodo ero uno dei più giovani. Quando scendevo in campo pensavo poco a quello che avevo davanti, mi preoccupavo di più di vedere e sentire l’umore dei miei compagni di squadra. Pensavo solo a noi. Lì capivo come stavamo. Per questa gara servono cuore e gambe».

Come si batte la Roma?
«Partiamo dal fatto che contro la Roma bisogna sempre vincere. Per farlo credo che l’unica ricetta sia quella di avere testa fredda e cuore caldo. La Lazio non sta vivendo un momento felice ma in rosa ci sono ragazzi che di derby ne hanno giocati diversi e sono proprio quelli che hanno più esperienza a dover trascinare gli altri».

Le squadre arrivano con obiettivi e umore opposti, forse nei laziali c’è un po’ di paura.
«Paura? Forse c’è il rispetto ma non la paura. Noi abbiamo sempre auto rispetto della Roma ma mai paura. Quello ci deve essere sempre. Ma se hai paura è finita».

Sarà un derby differente soprattutto perché si preannuncia un Olimpico vuoto tra poteste contro le barriere e contro la società.
«Questa è una cosa che dispiace molto. Prima gli stadi erano sempre piani e quando si giocava contro la Roma c’erano sempre 80 mila persone. Io penso che la bellezza di questa sfida, oltre quello che va in scena in campo, è legato a quanto si vede nelle curve: cori, coreografie e sfottò. Peccato che oggi si sia arrivati a questo punto. Così si perde la magia».

Cosa manca alla Lazio?
«Per vincere devi per forza avere giocatori di grande livello e di personalità. Oggi le squadra che lottano per lo scudetto li hanno, penso a Dybala, Higuain… La Lazio non può fare quel salto di qualità che tutti chiedono senza passare da grandi giocatori: per fare la differenza c’è bisogno di campioni.»

Ancora oggi all’Olimpico spesso i tifosi invocano il suo nome.
«Questo mi riempie d’orgoglio. Vuol dire che ho lasciato un pezzo di me a Roma. Ogni volta che parlo di calcio mi viene sempre in mente la Lazio e quegli anni magici. A casa ho appese foto e trofei di quel periodo. Gli anni passano ma il ricordo è sempre più forte. Credo che quelli che ho vissuto io siano stati anni forti e che rappresentavano la vera essenza del laziale».

E’ vero che sei stato vicino a tornare in biancoceleste?
«Sì, c’è stato un momento dove è venuta fuori questa ipotesi ma poi non sono stato contattato dalla società. Poi il momento è passato e non si è fatto più nulla. Io ho un buon rapporto con tutte le squadre in cui ho giocato ma gli anni migliori li ho vissuti alla Lazio».

Parlando di Lazio si è emozionato molto…
«Non lo nego: a me piacerebbe tornare. I soldi non contano quando una società come la Lazio ti apre le porte. Io dico che se la Lazio ha bisogno di una mano e c’è un progetto serio per portarla ai massimi livelli, io torno di corsa. Sono ancora giovane, il tempo per farlo c’è».

Per un attimo usiamo la fantasia, come le piacerebbe tornare?
«Magari da presidente con Simeone allenatore. Questo sarebbe il sogno più grande, tornare a quegli anni e ma in altra maniera. Ma sempre per vincere».

Qual è la prima cosa che farebbe da presidente?
«Rimettere insieme la famiglia laziale. La squadra ha bisogno di tutti quelli che ci sono stati e di quelli che non hanno avuto la stessa fortuna che abbiamo avuto noi. Bisogna avvicinare la famiglia Lazio alla società e viverla tutti insieme. E poi progetti: una buona squadra e grandi obiettivi per fa sognare la gente».

Lei presidente, Simeone allenatore e come direttore sportivo?
«Ci vedrei bene uno tra Nesta, Nedved o Almeyda».

Ora torniamo con i piedi per terra, cosa le manca della Lazio
«Tutto. Mi manca prendere la macchina e arrivare a Formello e per prendere il caffè con i compagni. Quell’atmosfera unica che si viveva durante gli allenamenti. Forse noi avevamo uno spogliatoio anche diverso con meno cellulari, avevamo più un rapporto umano. E poi mi manca lo stadio con la curva piena che ci accompagnava ovunque».

La Lazio può tornare a lottare per lo scudetto con il presidente Lotito?
«Le possibilità ci sono sempre, poi bisogna vedere veramente cosa si vuole per la società. Se la si vuole mantenere solo per una questione economica oppure se vuoi anche vincere. Questo è forse quello che manca adesso. Ricordatevi che è la dirigenza che fa la squadra».

Per il dopo Pioli si parla di Mihajlovic.
«Sinisa conosce bene Roma e soprattutto la Lazio e questo è un vantaggio. Però c’è bisogno anche che la società corra dei rischi e appoggi l’allenatore che ha scelto. Il dirigente deve accompagnare l’allenatore e far sognare i tifosi. La fiducia della dirigenza credo che sia la cosa fondamentale per ogni tecnico».

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