Autore Topic: «Lazio sempre nel mio cuore»  (Letto 537 volte)

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«Lazio sempre nel mio cuore»
« : Sabato 4 Luglio 2015, 09:02:34 »
Il Tempo


«Lazio sempre nel mio cuore»
Dopo nove anni in biancoceleste l’italo-argentino Ledesma saluta Sincero: «Lotito mi ha offerto il rinnovo. Tare? Mai avuto rapporti»



Pioveva e lui c’era. Si boccheggiava per il caldo e lui c’era. Aveva il ginocchio malandato e lui c’era. Aveva la caviglia gonfia, eppure lui era sempre lì in mezzo al campo a comandare la Lazio. Trecentodiciotto partite, nove campionati, 14 gol (due alla Roma), muscoli e fosforo al servizio della sua squadra: sempre. Questo è Cristian Ledesma, settimo giocatore per partite giocate della storia ultracentenaria del club biancoceleste. Anche quando per una vicenda contrattuale era finito fuori rosa ad allenarsi su un campetto con i ragazzi della Primavera correva, sudava, sperava che tutto potesse rientrare. E quando a febbraio, con l’arrivo di Reja, si riprese il posto guidando la Lazio verso la salvezza, nessuna polemica, non una frase fuori posto per chi lo aveva fatto fuori e nemmeno per chi stava ingiustamente giocando al suo posto.
L’epopea con Delio Rossi, i suoi anni migliori con assist a ripetizione per l’amico Rocchi, la conferma con zio Edy, guarda caso due tecnici che lo vorrebbero portare a Bologna e Bergamo per continuare una carriera che non si fermerà a 32 anni (probabile futuro all’estero perché non se la sente di giocare contro la Lazio, forse Premier League oppure Mls americana). La parentesi Ballardini, teleguidato per tenerlo ai margini, la fine di un sogno con Pioli che per motivi tattici lo ha relegato a un ruolo da comprimario.
Niente rinnovo, ora è davvero finita, l’amore per la Lazio rimarrà ma è tempo di cambiare aria per incompatibilità tattica col tecnico che ha portato i biancocelesti in Champions anche grazie a quella mezzoretta di Napoli. In quel passo d’addio c’è tutta la sua classe: partita ribaltata, ripresa per i capelli una squadra che stava andando a fondo sotto i colpi di Higuain. Ventotto minuti di classe, esperienza e volontà, ventotto minuti di Ledesma. Si aspettava la chiamata per chiudere la carriera a Roma, non è arrivata anche perché non si sente una comparsa in grado di fare il pensionato nella Capitale. Vuole giocare ancora e poi magari tornare a vivere nella città che ormai lo ha adottato. Ieri il saluto finale in una calda giornata di luglio. Il rammarico più grande l’ultimo derby: l’ultima volta all’Olimpico con la maglia della Lazio ma con la squadra in lotta per la Champions perdiupiù contro l’avversario sportivamente meno amato, non ha potuto avere quall’applauso che avrebbe meritato, un momento tutto per questo guerriero venuto dalla Patagonia. Sarà sempre nel cuore di tutti i laziali anche quelli che a volte hanno criticato qualche sua prova sotto tono o qualche lancio di quaranta metri sbagliato. Perché lui verticalizzava e quindi sbagliava di più.
Nella sala Torlonia dell’hotel de Russie nel centro di Roma, una commossa conferenza stampa. Senza veleni, com’è nel suo stile, senza urlare ma con l’orgoglio di chi ha dato tutto per la maglia della Lazio. «Dopo nove anni è duro andare via. Nel pomeriggio mi ha convocato Lotito, abbiamo parlato del futuro ma gli ho detto chiaramente che non posso restare perché voglio ancora giocare. Ringrazio il presidente mentre devo ammettere che con Tare non ho mai avuto nessun tipo di rapporto».
Una mezz’ora di parole buttate lì senza lasciarsi andare alle lacrime: «Ringrazio i tifosi (presente una delegazione della Nord) ricorderò sempre il gol nel derby e la sfida al Real Madrid. Il futuro? Penso all’estero ma non escludo di rimanere in Italia e tra qualche anno vorrei allenare i bambini».
Luigi Salomone

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