www.corrieredellosport.itTra lo stupito e il ferito, la reazione del dirigente biancoceleste allo sfogo dell’ex difensore di Ivan Zazzaroni
Le dieci del mattino. Lo smartphone s’illumina d’immenso disappunto. Dall’altro capo c’è Tare. Che comincia così: «Ivan, da quanto ci conosciamo?» Gli rispondo con precisione svizzera: ventun anni, dalla sua prima stagione nel Brescia di Baggio. Lo prese Corioni dal Kaiserslautern, conquistato da quattro gol in una sola partita. A Igli non ho mai rivelato cosa diceva Roberto dei suoi movimenti in attacco. «In tutti questi anni - aggiunge - ti ho mai telefonato per lamentarmi di cose che avete scritto?».
Un paio di volte, ma sempre con estrema educazione. Immagino che tu non abbia gradito l’intervista di Rindone a Lulic.
«Daniele è un bravissimo giornalista, di Lulic sapeva tutto, al tempo ne avevamo parlato. Eppure non ha scritto nulla».
Ha fatto il suo mestiere e l’ha fatto bene: ha posto delle domande e a Lulic ha garantito la massima libertà.
«Quella parola, tradito, mi ha ferito, non è giusta. Non lo è per i dieci anni che Senad ha trascorso nella Lazio, per la fiducia e i contratti rinnovati più volte, per il rapporto che ho sempre avuto con lui, di grande correttezza e chiarezza: ha un carattere particolare, simile al mio, è uno che le cose le dice in faccia, anche le meno piacevoli».
Stavolta ha scelto noi.
«... lo presi nel 2011 dallo Young Boys, ero certo che avesse le caratteristiche ideali per giocare nella Lazio. Non mi sbagliai. Aveva 25 anni. Una prima volta gli abbiamo rinnovato il contratto per cinque stagioni. Per riconoscenza, ma soprattutto per quello che aveva dimostrato in campo. Pensa che nei primi tre, quattro mesi mi era costato attacchi di ogni genere: non piaceva, lo stavano, lo stavate distruggendo».
Fin qui, tutto nella norma.
«Nell’intervista mancano pezzi fondamentali».
Quali? Completala tu.
«Penultimo anno di Simone alla Lazio, il contratto di Senad è scaduto. Lui ha già trasferito la famiglia in Svizzera, è li che vuole vivere. Prendiamo un caffé, lo informo che la società è pronta a offrirgli un altro anno. Simone ha uno splendido rapporto con lui, è il suo capitano, un riferimento costante. Purtroppo in quella stagione gioca pochissimo, l’infortunio di cui parla è più serio del previsto, in pratica l’attività sportiva risulta ridottissima. Ci avviamo verso la conclusione naturale del rapporto. Dopo la partita col Sassuolo, l’ultima di campionato, lo sento al telefono».
Arriva al punto.
«Gli dico che mi è giunta voce di una sua trattativa con un club svizzero, se non sbaglio lo Zurigo, e lui risponde che non c’è e non ha nulla. La società non sa ancora se Simone rimarrà o meno e la programmazione è condizionata proprio dalla permanenza dell’allenatore. Sono cose che gli comunico senza trascurare alcun particolare, massima chiarezza e onestà. Le porte della Lazio per lui sono soltanto semichiuse, preciso in quell’occasione, tutto dipende dalla guida. Il motivo per cui non posso sbilanciarmi, azzardando promesse, è soltanto questo: con Simone o con un altro?».
Alla fine Inzaghi se ne va all’Inter, e sappiamo come, e da voi arriva Sarri.
«E il progetto cambia radicalmente. Il 30 giugno, sempre al telefono, spiego a Senad che la società ha intenzione di avviare un percorso di ringiovanimento, la nostra è la squadra più vecchia della serie A, e nel suo ruolo c’è l’intenzione di prendere uno più giovane di otto anni (Hysaj, nda). Quando nell’intervista lui fa il riferimento a Pedro, commette un errore di valutazione: altro ruolo, altre esigenze tecniche. Tuttavia gli anticipo che non appena riapriranno gli stadi la società organizzerà una cerimonia all’Olimpico per salutarlo degnamente davanti alla sua gente. Lui è nella storia della Lazio e lo sarà per sempre».
Ma non ci sta.
«Risponde “grazie, non voglio niente”. Insisto, ma non sente ragioni, reagisce di pancia. Più avanti riceverà lo stesso invito da parte della curva e non risponderà a nessuno. Vedi, la Lazio ha sempre avuto un rapporto speciale con i suoi over trenta, i fedelissimi, io li chiamo così, gente che ha fatto parte della famiglia. Klose, Mauri, Siviglia, Brocchi, Biava, Floccari. Senad è speciale per tutte le ragioni che sappiamo e nella lunga intervista al vostro giornale mi sarei aspettato almeno un grazie, anche al sottoscritto, non il riferimento a un tradimento mai consumato. Leggere quella cosa mi ha fatto male».
Molti grandi amori finiscono così.
«Rinnovo l’invito: quando Senad vorrà, quando per lui sarà il momento, la società si metterà a disposizione. Il rancore non può sporcare la sua storia laziale».