Autore Topic: Lazio, ecco la rivoluzione di Pioli: gruppo, gioco e il rilancio di Anderson  (Letto 490 volte)

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Secondo attacco del campionato dopo la Juventus, e i giocatori rendono come non mai: oltre al brasiliano anche Mauri, Marchetti, Parolo e Biglia vanno alla grande

di Stefano Cieri

Questa è la storia di un allenatore che ha fatto una lunga e sudatissima gavetta prima di arrivare su una panchina importante. Che è partito dalle categorie inferiori nonostante - da giocatore - sia stato campione del mondo (per club). Che è arrivato in alto salendo un gradino alla volta. E per questo, ora, non soffre di vertigini. Questa è la storia di Stefano Pioli, l’allenatore del momento in Serie A. La Lazio gli sta finalmente dando il palcoscenico che merita. Lui, la Lazio, l’ha ribaltata con queste mosse.

1) GIOCO E GOL. E’ opinione più o meno diffusa (da ultimo l’ha detto l’ex c.t. della Costa Rica Pinto) che in questo momento in Italia il calcio migliore lo giochino la Juve e i biancocelesti. La «PioLazio» piace proprio per il modo di stare in campo. Calcio veloce e aggressivo, fatto di pressing alto e ribaltamenti di fronte. Condito dai tagli e dalle accelerazioni degli esterni. E dai gol (di tutti, non solo degli attaccanti). Sono 36 dopo 20 giornate. Solo la Juve (44) ha segnato di più. I laziali una squadra così prolifica non la vedevano da tempo immemore.

2) GRUPPO UNITO. Per realizzare un progetto così ambizioso serviva la massima unione d’intenti. Il primo, grande colpo di Pioli è stato proprio quello di creare un gruppo coeso. Ci è riuscito sin dal ritiro estivo. I giocatori erano reduci da una stagione deludente e lacerante, il nuovo tecnico li ha saputi ricompattare e rimotivare. «Grande allenatore, l’uomo giusto al posto giusto», dicevano ad Auronzo. Nelle interviste ufficiali, dove spesso si dicono bugie, ma anche nei colloqui off records, dove non si mente mai.

3) NON SOLO ANDERSON. Colloqui personalizzati, dialogo continuo. Chiarezza totale nel comunicare le scelte. Così ha ottenuto la stima dei giocatori. Così li ha anche fatti crescere nel rendimento. Felipe Anderson, fortemente sospettato di essere un brocco dopo il primo anno italiano, ora è un progetto di fuoriclasse. E’ il caso più eclatante, non l’unico. Grazie a Pioli, Candreva si è ulteriormente completato; Mauri sta vivendo una seconda giovinezza; Marchetti è rinato; Parolo ha trovato la continuità; Biglia è diventato un regista di valore internazionale. E via così. All’appello ne manca uno solo: Keita. Ma la stagione non è ancora finita…

4) L'EMERGENZA. Facile essere un grande allenatore quando le cose vanno bene. Il vero miracolo di Pioli è stato costruire tutto ciò (quarto posto con vista sul terzo in campionato; semifinale di Coppa Italia) in uno stato di perenne emergenza. Non ha mai avuto la rosa al completo, neppure nelle prime settimane. Dall'inizio della stagione ha dovuto fronteggiare qualcosa come 26 infortuni che hanno riguardato 19 giocatori. E molti stop (quello di Gentiletti su tutti) sono stati di mesi, non di giorni. Eppure, nonostante sia stato costretto ogni volta a smontare e rimontare la squadra, Pioli è riuscito lo stesso a farla crescere in maniera esponenziale.

5) CONDIZIONE ATLETICA. Uno dei segreti di questa Lazio è la brillantezza. "Sono rinato perché la preparazione è cambiata", ha rivelato Felipe Anderson. La squadra di Pioli, in effetti, sembra viaggiare a un ritmo superiore a quello delle altre. Sotto questo punto di vista sembra una formazione di stampo europeo. Merito del tecnico, del suo vice Murelli, del preparatore atletico Osti.

6) L'AMBIENTE. Un anno fa, proprio di questi tempi, iniziava la più dura contestazione a Lotito e alla sua gestione. L'ambiente era spaccato, tanto che a fine stagione Reja gettò la spugna proprio per questa situazione. Al suo arrivo Pioli ha trovato le macerie. Ai tifosi più intransigenti che lo invitavano a lasciar perdere rispondeva lungimirante: "Questa per me è l'occasione della vita, mi gioco tutto, a mollare non ci penso proprio". Così ha portato l'ambiente dalla sua parte. Un rapporto schietto, senza frasi roboanti ma vuote. Solo lavoro e risultati. Non è, non sarà mai un capopopolo, ma la gente l'ha conquistata con i fatti e il bel gioco.

7) LA SOCIETÀ. Lotito non è un mangia-allenatori (ne ha esonerati solo tre in undici anni), ma non è facile lavorare con lui. Perché è ingombrante e, quando le cose non vanno, non le manda a dire. Un tecnico rischia di restarne schiacciato o di entrarci in collisione. Pioli, grazie anche alla fondamentale opera di cuscinetto svolta dal d.s. Tare (con cui il feeling è totale), è riuscito a mantenere una totale autonomia senza però svicolare dal mandato presidenziale.

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