www.gazzetta.itNel posticipo del 16° turno, Mancini si ferma sul pareggio contro la sua ex squadra. I biancocelesti, in vantaggio grazie alla doppietta di Felipe Anderson, si fanno rimontare con i gol del croato e di PalacioTerzo posto: il regalo più trendy dal Natale 2014. Lo vogliono tutti, ne parlano tutti, lo esaltano tutti (facendo finta di dimenticarsi che prevede un preliminare duretto). Ma nessuno se lo piglia: nemmeno la Lazio, avanti due gol al 45’ e quasi graziata al 90’. Finiscono il 2014 in tre sul gradino che vale il bronzo (Lazio, Napoli e Samp), ma lasciando aperti i sogni di tutti, Inter compresa. Due a due, divertente e contraddittorio: gara dai due volti, che non si assomigliano nemmeno. Si sparisce un tempo a testa. Il primo ha la faccia di Felipe Anderson, il secondo quelle di Kovacic e di un redivivo (almeno nel tabellino) Palacio. Con un pizzico di Bonazzoli, ragazzo di 17 anni. Lui e Felipe, scampoli di futuro, sperando in un 2015 migliore, per tutto il nostro campionato. Pioli chiude in alto, ma può recriminare, Mancini salva la pelle, e corregge gli errori iniziali. Ma il mercato non è un optional, è una necessità.
BUCHI — Dal pacco di Natale di Mancini esce una formazione strana, tanto per ribadire che mancano certi uomini in certi ruoli. E’ un 4-1-4-1 atipico, con Kuzmanovic davanti alla difesa ed esterni di centrocampo adattati. A sinistra parte alto Nagatomo (ma si scambierà con Dodò) a destra dovrebbe esserci Palacio, che però fa più la punta che altro. La Lazio vede praterie aprirsi sulla sua fascia sinistra, e non è un caso che i due gol nascano lì. Al 2’ Radu ha spazio e tempo per calibrare un cross basso che Felipe Anderson nobilita con un gran controllo a seguire e un diagonale vincente. Al 37’ sempre il brasiliano, che si scambia di fascia con Mauri, parte come un treno da sinistra, si accentra facendo fare una figura barbina ai difensori nerazzurri e trova il rasoterra che passa sotto le gambe di Juan Jesus per il 2-0. Gran bel gol, e in un tempo l’ex Santos doppia i gol (1) che aveva fatto nelle precedenti 26 apparizioni in Serie A.
ECCO FELIPE — Timido, triste, bloccato, forse inadatto al calcio europeo. Così descrivevano Felipe Anderson fino a un mesetto fa. Dal talento del Santos si aspettavano tutti di più, compreso Lotito, che per lui aveva investito oltre 6 milioni di euro. Poi, nel dicembre 2014, il suo secondo in Italia, la svolta. Gol in Coppa Italia, gol al Parma, due assist con l’Atalanta. E stasera la definitiva esplosione a San Siro. A Milano potrebbe essere passata una stella cometa. Da seguire, perché il ragazzo ha 21 anni, e nel panorama povero di luci del nostro campionato, l’amico di Neymar (i due si incrociarono al Santos quando il blaugrana era un campione fatto e Felipe uno dei possibili successori) può regalare gioie alla Lazio. Squadra che, nonostante le sette assenze, per un tempo recita da grande: non solo Anderson, ma anche le incursioni di Lulic e Parolo, la regia di Ledesma, le chiusure di De Vrij. Peccato che l’incantesimo finisca 45 minuti prima del necessario: i biancocelesti spariscono.
RISCOSSA INTER — Merito anche dell’Inter, formazione che come poche altre in Italia pare in balia dei propri umori e delle proprie lune: ferma e inguardabile nel primo tempo, arrembante nella ripresa. Ok, con l’ingresso di Medel al posto di Dodò guadagna in senso e assetto tattico. Con l’uscita di un fischiatissimo Guarin aumenta la “garra” e la precisione, ma non si può spiegare tutto. Il resto è metafisica nerazzurra. Si parte subito dopo il riposo con occasioni di Icardi e Kuzmanovic, si continua con Kovacic e compagni che chiudono la Lazio nella sua area, come farebbe una squadra in salute, non l’undicesima della A. Proprio Kova fa capire che il pareggio è possibile, inventandosi un gran tiro al volo al 21’ su una ribattuta corta della difesa su corner. Poi ci pensa Palacio: fin lì fra i peggiori in campo, Rodrigo la spinge dentro dopo un colpo di testa di D’Ambrosio su punizione di Bonazzoli (il ragazzo del '97 è un’iniezione di fiducia decisiva). El Trenza torna al gol, che mancava dallo scontro con la Lazio dello scorso maggio. Gli spalti di San Siro, piuttosto vuoti, peraltro, a quel punto sono pronti al terzo gol della “pazza Inter”. Non arriva, perché Marchetti dice no a Kovacic di testa, e perché questa è pur sempre la versione 2014, epica solo a metà, dei nerazzurri. Ma il terzo posto resta a 6 punti. Un lusso, considerati gli ultimi mesi…
dal nostro inviato Valerio Clari