Eccomi, all'ultimo minuto prima dei risultati (il tempo libero, in questo periodo, non è un granché...).
Il mio parere? Sì, sì e ancora sì, da sempre, a una Scozia indipendente: sperando che anche Galles e Ulster abbandonino un monumento alla schiavitù la cui esistenza costituisce un crimine contro l'umanità.
Basta pensare alle
Highland Clearances, vere e proprie pulizie etniche/deportazioni che però, quando vengono compiute dagli Inglesi, nei resoconti storici diventano magicamente progresso e mercato.
Oppure al fatto che ai popoli celtici l'oppressione inglese ha tolto - oltre alla libertà e alla dignità - persino le loro lingue, e con esse l'anima: più o meno la stessa nefandezza compiuta dai conquistadores nei confronti delle popolazioni precolombiane.
Veder sparire dalle carte geografiche il Paese che ha occupato un quarto delle terre emerse e che vanta le mani più sporche di sangue del pianeta, perlomeno prima di essere superato dalla sua emanazione d'Oltreoceano, rappresenterebbe un simbolico ma epocale atto di giustizia.
Se poi il sì alla Libertà servisse a destabilizzare il lager a cielo aperto in cui si stanno annientando i popoli europei, e meglio noto come UE, la Scozia potrebbe entrare nella Storia come mai le è accaduto.
Quanto alle implicazioni pratiche ed economiche, l'orizzonte è tutto da esplorare e non privo di incognite.
Mi domando solo perché non si dica altrettanto della prospettiva contraria, vale a dire la permanenza nell'UK.
I sussidi servono anche al mantenimento di uno stato di minorità atto a combattere, ancor prima che nascano, le premesse per lo sviluppo: un po' come la false pensioni di invalidità nel nostro Meridione.
E il loro futuro, nel momento in cui la spesa pubblica viene trattata come un nemico dell'umanità, mi sembra più nebuloso anche rispetto a quello di una Scozia indipendente.
Fra le obiezioni espresse, mi ha colpito quella di AB
Detto ciò io voterei NO: le piccole patrie nate col sogno di avere più soldi son idee fallimentari in questo evo dominato dai colossi internazionali la cui prosperità, guarda caso, è direttamente proporzionale al livello di frammentazione.
col quale in questo caso non mi trovo d'accordo.
Unire le forze ha senso in presenza di un denominatore comune che si traduca in strategie organiche a vari livelli.
Le mere sommatorie algebriche di PIL, dei quali l'Unione Sovietica Europea costituisce un esempio di rara ottusità, si traducono solo in numeri incapaci di produrre alcunché proprio perché sprovvisti di quel fondamentale requisito.
A meno che valori e obiettivi non vengano uniformati imponendoli ai più deboli da parte dei più forti, e credo non ci sia da entusiasmarsi per un'ipotesi del genere.
Meglio, a quel punto, Stati nazionali magari minuscoli ma dotati di un'identità: che siano qualcosa di definito quando si tratta di pianificare e decidere.
Basti pensare all'Italia che, così come le sue merci, gode in Cina di un prestigio e un favore impensabili nei confronti degli altri Paesi europei.
Per dire: in una Repubblica Popolare che ha fatto scempio dei propri tesori storici e artistici, quali sono stati gli unici beni culturali oggetto di un restauro filologicamente corretto?
Quelli inclusi nell'ex concessione italiana di Teintsin: non sposterà miliardi, ma è indicativo del favore e dell'importanza di cui ci gratificano.
Certo, se invece di proporci in maniera forte e autonoma ci presentiamo accodati alle sciacquature di piedi del colonialismo, in omaggio all'imbroglio europeista, la nostra specificità viene così diluita da risultare inservibile.
In realtà, credo che dietro la posizione di AB ci sia almeno in parte - e se di questo si tratta, umanamente non posso non capirlo - la visione in filigrana del separatismo che ha dilaniato la Jugoslavia.
Vicenda diversa sotto molti punti di vista, ma che ebbe fra i tanti risvolti uno per il quale i Balcani si sono confermati una sorta di laboratorio della Storia europea: l'annientamento dello Stato come potere reale, soprattutto in ambito economico.
Gli unici Stati-nazione dell'area sono stati sterilizzati a favore di soggetti statuali assai più evanescenti: la Serbia con ogni genere di calunnia, violenza e brutalizzazione del diritto internazionale; il Montenegro snaturandolo in un paradiso fiscale dai contorni assai dubbi.
Per la prima volta, i privati hanno preso parte in prima persona al business della ricostruzione senza più nascondersi dietro le rappresentanze dei rispettivi Paesi.
L'economia, stravolta dalla forzosa rimessa in circolo di capitali e beni, ha assunto una fisionomia così liquida da adattarsi alle esigenze dei poteri informali - criminali e finanziari, ammesso che li si possa ancora distinguere - assai più che a quelli statuali, reciprocamente legati a un ordine costituito un po' meno sfuggente.
Tutte considerazioni che mi rimandano a un fondamentale quesito posto da Frusta, e tuttora inevaso, nell'altro topic
3) Chemist non ci crede, ma sembra che il partito dei secessionisti sta per vincere il referendum, o quasi.
Ma da chi è finanziato? Per costruire un partito occorrono soldi. E per arrivare ad un referendum e un'organizzazione del genere, che sfiori la maggioranza assoluta, occorrono MOLTI soldi. Un referendum, cioè un meccanismo proporzionale puro, richiede un potere di penetrazione che, poca popolazione o meno, rimane costoso. Palesemente sembra che non li appoggi nessuno, l' UE non vuole un altro staterello più o meno bisognoso di fondi sul bilancio, e la BCE non vuole la grana di iniziare ora le procedure per un altro ingresso nell' Euro. Nessuno vuole un crollo della borsa inglese, come sembra si stia temendo dai sondaggi.
Quindi, chiedo soprattutto a Chemist (che contravvanendo ad ogni legge chimica riesce miracolosamente a vivere respirando (ahilui!) british fog anziché ossigeno) e che a questa secessione sembra non credere molto, ma qualcuno deve pur volerla al punto da appoggiarla e finanziarla, a chi giova farlo?
E se il cui prodest, da cui dipende tanta abbondanza di fondi, consistesse proprio in questo?
Vale a dire in un ulteriore indebolimento del concetto di Stato a mezzo frammentazione?