Arch, "l' altro" non lo sapevo nemmeno io prima di scoprirlo ieri sera, cioè prima del momento in cui intervenisse la Bellezza a far si che tu ponessi la Lazio al di sopra di tutte le meschinità del mondo.
Perché mentre per non bagnarmi troppo percorrevo svicolando fra una goccia e l’ altra il chilometro e mezzo che separa la stazione Termini da via Valenziani e mi dicevo che in fondo l’ insieme dei tizi che compongono la cosa che da sempre fornisce il pretesto ad una larga manica di cialtroni per relegare il laziale nell’ immaginario degli esseri reietti è solo un po’ di immondizia che troverebbe in un inceneritore la sua giusta collocazione, ma siccome per motivi che mi sfuggono incenerirli fisicamente non si può, almeno li si prendesse uno per uno e li si mettesse in condizione di non nuocere (eccheccazz!), e mentre già immaginavo quanto fosse infinita la commedia delle domande a cui stavo per assistere e striminzita quella delle risposte (concetto foscoliano dalle pause approssimative, lungo quel tanto che basta per far capire che quando uno pensa non sta lì a misurare la lunghezza di quel che si dice) le risposte me le sono trovate davanti: tutte e tre.
E tutte e tre cari orgers a dirmi che la Lazio sta tutta in quelle tre risposte.
Una manco vi dico come si chiama perché è sempre la stessa: la Civetta di Minerva dai fari allo iodio, bella come Wonder Woman, Marfisa, Bradamante, Xena, Camilla dei Volsci e Aigiarne mescolate insieme: la vedi e pensi che la Lazio è quella.
E' quella insieme all’altra che è arrivata con lei, a Federica: bella e leggera come una farfalla dei tropici, bella al punto che ho dovuto dirle levate sta cavolo mascherina che te voglio vede’ meglio, e leggera tanto che mi sono chiesto di che colore avesse le ali e a lanciarle un' occhiata dietro le spalle perché mi pareva ovvio che una così ce le avesse davvero
E poi lei, LEI: l’ ultima discendente di Fortunato Ballerini: Lucilla, lucente e luminosa, smagliante e statuaria come un’ alba sul Tevere che al momento di salutarci mi ha detto sono felice di averti conosciuto (LEI a me, ma vi rendete conto?).
Ma che fasci, ma che mani a paletta e ma che fasci antifasci che ci azzuppano il pane, ma per favore!
La Lazio è quella bellezza lì, capace con la sua sola presenza di disattivare il livore di quelle teste di minchia e di neutralizzare la puzza di lupo mannaro che li accompagna per renderci l’aria respirabile.
Ma lo hai sentito, Fa’, come si respirava bene ieri sera?
La Lazio è quella. E’ la panacea delle sofferenze e degli imbarazzi. E’ roba che quando la respiri ti senti leggero come puoi sentirti il giorno del giudizio universale dopo che il Padreterno ti ha assolto da tutte le tue malefatte e ti pone davanti ad una eternità a lieto fine.
E voialtri mo’ che viene Natale ringraziate il bambinello Gesù per il culo che avete avuto di nascere laziali
Perché siamo onesti: a quanti nell'universo oltre a noi è capitato un 26 maggio?
Ve lo dico io: a nessuno.
Ma non ve lo ricordate come stavamo il giorno prima? Io si.
Io ho passato tutto il giorno della vigilia a girovagare come uno scemo nei paraggi della compromissione, a transigere sul piano dell’ etica facendo al Destino promesse che sapevo di non poter mantenere, a far finta di essere credente e rivolgermi a Gesucristo atteggiando senza pudore una faccia beghina da uomo col cuore in mano.
E voi pure.
Ed è andata come doveva perché la Bellezza stava dalla parte nostra. Perché l' "altro" che nessuno sa e che io ieri sera ho visto con nitidezza assoluta sta tutto lì.
Ecco, mo' lo sapete pure voi, e che non lo sappiano gli altri non ce ne può frega' de meno.
P.s.
La Bellezza sta pure nel libro, talmente bello che sul treno l' ho letto tre volte.
E sta pure nella bellezza profonda della prefazione di Leo, che pure non c' era stava lì lo stesso.
P.p.s.
Panza, verguanza!
Sarebbe verguenza ma è per far rima con Panza.
P.p.p.s.
Arch, che dovemo fa' con gli alibi esantematici de Panza che relegano le sue reiterate assenze ad un Olimpo a noi inaccessibile?