Autore Topic: 16 Novembre 2013  (Letto 467 volte)

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Offline Matita

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16 Novembre 2013
« : Sabato 16 Novembre 2013, 08:54:48 »
Antonio Candreva: L’esame più difficile della mia vita (Sportweek-Gazzetta dello Sport)

 
Scusi Candreva, l’ha letto La Metamorfosi?
«…».

Vabbè, non è un peccato mortale. Soprattutto perché, avesse preso in mano il racconto di Kafka nel momento sbagliato, cioè nei tre mesi più difficili della sua vita, avrebbe potuto finire in analisi. A chi non se la passa bene, la tragica storia di Gregor Samsa, commesso viaggiatore che si scopre trasformato in un insetto grosso e schifoso, rischia di fare l’effetto di una martellata su un dito già rotto. E nell’aprile di un anno fa Antonio Candreva, 26 anni, romano, ala di gran tecnica e straordinario rendimento della Lazio e della Nazionale, era avvilito abbastanza per deprimersi ulteriormente con racconti di alta ma tristissima letteratura.

Se lo ricorda, lo striscione che gli ultrà le fecero trovare al primo giorno d’allenamento? “Benvenuto all’inferno”, c’era scritto.
«Me lo ricordo eccome. Lo guardai e provai delusione, amarezza, impotenza. E ricordo che, all’uscita, Andrea Moretti, il mio agente, mi fece sdraiare sul sedile posteriore della sua auto per evitare che i tifosi ammassati all’esterno mi riconoscessero».

Ai loro occhi, il suo peccato originale consisteva nell’essere stato tifoso della Roma da bambino.
«Sono cresciuto a Tor de’ Cenci, quartiere romanista. Ho cominciato a giocare nel Lodigiani, storico serbatoio giallorosso. La mia prima partita alla Juve l’ho giocata contro la Roma: alla vigilia mi chiesero quali fossero i giallorossi che preferivo e io feci i nomi di Totti e De Rossi. Dissi la verità, nient’altro».

Le pare normale che nel calcio italiano un professionista non possa dichiarare simpatia per chi porta i colori dell’altra squadra della città?
«No che non mi pare normale».

Ha capito che quasi sempre la sincerità non paga?
«Sì. Infatti nelle interviste sono diventato più banale. Dire quello che si pensa lascia addosso fastidiose etichette».

Lei disse: trasformerò i fischi in applausi. Per riuscirci ha dovuto forzare il proprio carattere o è di natura un tipo orgoglioso e sicuro di sé?
«Sicuro di me senz’altro, orgoglioso tanto. Volevo far ricredere chi mi criticava perché il vero Candreva non era quello visto alla Juve e poi a Cesena, il giocatore che un po’ si era perso. Ma sinceramente non credevo che sarei riuscito a trasformarli in applausi, quei fischi».

Perché?
«Perché non ero me stesso. Ero triste, cupo. In campo non riuscivo a fare le cose che sapevo. Era difficile uscire di casa, era difficile andare a Formello ad allenarmi».

Ha temuto per la sua incolumità?
«No, quello no. Non sono mai stato aggredito fisicamente. Ma di insulti ne ho presi tanti (ride). Visto come sono andate le cose, posso dire che mi hanno dato la spinta a non mollare. Poi è arrivato quel 7 aprile, la partita col Napoli, e lì è cambiato tutto. Era destino».

In che senso?
«Una settimana prima era morto Giorgio Chinaglia: per i laziali, più di un idolo. Allo stadio c’era un’elettricità particolare. Io non ero neanche sicuro di giocarla, quella partita. Vivevo un momento molto duro: la gente non mi voleva. Le chiacchiere sul mio presunto tifo romanista facevano di me un nemico, il fatto che fossi arrivato all’ultimo giorno del mercato di gennaio dopo che erano circolati i nomi di Honda e Nilmar mi davano il valore di uno scarto: non riuscivo a immaginare una situazione peggiore».

E dunque?
«Dunque, la mattina della partita viene da me Reja, il nostro allenatore all’epoca, e mi dice: tu oggi giochi. Mi si accende una scintilla, capisco che è la mia ultima possibilità. Gioco alla grande, faccio gol, corro sotto alla Nord, la nostra curva. Quel giorno sono rinato».

E due domeniche dopo, il 22 aprile, contro il Lecce, i tifosi la chiamarono sotto la curva prima della partita.
«Sì. Il mio nome era stato sempre fischiato all’annuncio della formazione. Quella volta, all’ingresso in campo, i capi ultrà mi aspettavano sulla pista. Mi avvicinai, e dissero: “In questi mesi hai dimostrato impegno. Hai dimostrato di tenerci. Da oggi ti lasceremo tranquillo, perché per noi sei entrato a far parte della Lazio”».

E lei?
«Risposi: “Finché starò qui darò il duecento per cento per questa maglia”. Lo avrei fatto comunque, adesso a maggior ragione: mai sono stato coccolato come qua, da aprile 2012 a oggi. Il concetto di senso d’appartenenza per me significa davvero qualcosa, ora. Ma non dimentico che senza quel gol al Napoli oggi probabilmente non sarei qui».

Diventare capitano?
«Ne sarei fiero, ma in squadra c’è gente con più anni di servizio e più esperienza rispetto a me: penso a Ledesma, a Radu. Io mi candido a punto di riferimento nel gruppo: ci provo già, anche se potrei fare di più».

L’11 novembre dell’anno scorso è arrivato il gol nel derby: è stato quel giorno, che si è sentito definitivamente laziale?
«Sì. Capii di essere entrato nella storia del club».

Allora è venuto il momento del test di lazialità. (sguardo perplesso) Il ritornello, almeno quello, dell’inno della Lazio.
«… Senza musica non mi viene…».

Lazio sul prato verde…
«… vola, Lazio tu non sarai mai sola. Vola un’aquila nel cielo, più in alto sempre volerà!».

La formazione del primo scudetto, stagione 1973-74.
«Nun me fa fa’ brutte figure… Pulici… (mmm)… Wilson…».

In ordine: Petrelli…
«Wilson…»

O…
«Oddi, Martini. Centrocampo: Re Cecconi… ».

Fru…
«Frustalupi».

Na… Nann…
«Nanni».

Vi… Vince…
«Vincenzo D’Amico! Poi Chinaglia e Garlaschelli. Dài, qualcuno l’ho preso!».

Chi ha più presenze nella storia del club?
«Alessandro Nesta».

No, Favalli. Quello che ha fatto più gol?
«Piola. La figlia m’ha pure premiato».

Quello che ha segnato per primo in una coppa europea?
«Chinaglia».

Se la chiamasse la Roma?
«No. Non accetterei mai».

E’ nato trequartista, si è adattato da centrocampista, si è affermato all’ala: con un cognome brasiliano, la sua carriera sarebbe stata più facile?
«No. Se non sono esploso prima è anche colpa mia. Non sono stato abbastanza continuo, ma è vero che è difficile esserlo se non sei pronto mentalmente. Ed è impossibile riuscirci se non giochi. All’estero, se uno è bravo, non guardano la carta d’identità».

I più forti al mondo nel suo ruolo?
«David Silva. Ribéry».

E in Italia?
«Cerci. Insigne. El Shaarawy».

Candreva, la sua è una rivincita contro qualcuno?
«No. Provo solo l’orgoglio di aver fatto vedere che lavorare a testa bassa paga. Poi, certo, ci vuole anche fortuna. Ma la fortuna te la devi andare a cercare». (fabrizio salvio)





Il Milan tenta Marchetti (Il Tempo)


 

 
Il Milan tenta Federico Marchetti. Un corteggiamento cominciato la scorsa stagione e mai interrotto, al quale il portiere della Lazio per ora ha resistito, non senza difficoltà. Ma i dubbi sono inevitabilmente aumentati dopo l’ultimo contatto, avvenuto a fine ottobre in occasione della sfida di San Siro: il Milan sta vivendo una transizione complicata, ma Barbara Berlusconi vorrebbe aprire il nuovo ciclo blindando la porta, un problema antico per i rossoneri.
La situazione è chiara. Marchetti è legato alla Lazio da un contratto con scadenza giugno 2016 e Lotito non vorrebbe privarsene. La scorsa estate il presidente biancoceleste ha rifiutato diverse offerte: una proposta importante è arrivata dal Monaco, trattativa naufragata anche perché Marchetti ha preferito restare in Italia nell’anno nel Mondiale, mentre Adriano Galliani ci ha provato con poca convinzione e soprattutto scarsa liquidità.
Ora, però, la situazione è cambiata. Perché con Barbara al comando il presidente Berlusconi potrebbe tornare ad investire, seppur con moderazione. E il primo nome nella lista rossonera è Marchetti. Il portiere veneto sta bene alla Lazio, ma a febbraio compirà 31 anni e per la primavera ha programmato un incontro con Lotito dal tema scontato: il rinnovo del contratto, ultimo accordo importante della carriera.
Marchetti guadagna poco più di un milione a stagione, stipendio distante da quello delle stelle Klose ed Hernanes, ma anche da quelli di Cana, Ederson e Biglia. Il portiere di Bassano del Grappa chiede un adeguamento, Lotito è pronto a discuterne ma la trattativa si preannuncia complicata, se non altro perché il Milan non è la sola società interessata al numero uno biancoceleste (gli ultimi rumors arrivano dalla Premier con Manchester City e Arsenal molto attente alle prestazioni del portiere veneto).
La situazione, quindi, è molto complicata. Perché il corteggiamento del Milan è forte, così come l’ingaggio promesso a Marchetti (circa 2.5 milioni di euro a stagione più bonus). Il portiere veneto non ha cominciato al meglio la stagione: qualche incertezza con la Lazio, una prestazione poco fortunata con la maglia dell’Italia nella sfida pareggiata con l’Armenia. E infine le voci su un possibile ritorno del giallorosso De Sanctis in azzurro (portiere gradito da Prandelli per il ruolo di vice Buffon) e il sorpasso subito da Sirigu per la prossima amichevole con la Nigeria, annunciato due giorni fa dallo stesso commissario tecnico.
Un momento poco fortunato, insomma. Ma Marchetti ha un carattere forte e non si abbatte. Al contrario, il numero uno veneto vuole riconquistare al più presto la ribalta con la Lazio e meritare il Mondiale. Poi penserà al futuro. Di sicuro c’è solo una cosa: per Marchetti Lotito chiede almeno 15 milioni e comunque non vorrebbe venderlo ad una società italiana, anche se con il Milan potrebbe aprirsi un discorso interessante. Nelle ultime settimane si è parlato del possibile approdo alla Lazio di Abbiati (in scadenza il prossimo giugno), ma soprattutto dell’interesse manifestato dalla società biancoceleste per Pazzini, vicino al ritorno in campo dopo l’operazione al ginocchio. Un giocatore perfetto per le esigenze della Lazio, alle prese con il complicato ma necessario ringiovanimento dell’attacco. Scambio Marchetti-Pazzini per la prossima stagione? Sembra fantacalcio, ma potrebbe non esserlo. (Daniele Palizzotto)



Djordjevic continua a far gol (Gazzetta dello Sport ed. Roma)


 

 
Forse eccessivo definirlo il suo primo gol da laziale, ma tant’è: Filip Djordjevic è stato il protagonista dell’1-1 in amichevole tra la Russia di Capello e la Serbia. L’attaccante del Nantes, promesso sposo della Lazio, ha infatti firmato il gol del pareggio al 31’ del primo tempo (russi avanti un minuto prima) mettendo dentro con un colpo di testa una sponda di Basta, esterno dell’Udinese. Al Nantes, intanto, si stanno già abituando all’idea di perderlo a fine stagione: «Gli abbiamo sottoposto una buona offerta per il rinnovo (è in scadenza a giugno, ndr) e spero che possa accettare le nostre condizioni — ha detto il presidente del club francese, Vladimir Kita —. Lo abbiamo aiutato quando è rimasto infortunato per 8 mesi, pagandogli lo stipendio. Ma i giocatori dimenticano presto». Parole che sanno d’addio. Lo stesso giocatore, pochi giorni fa, aveva detto: «Se dovessi andare via lo farei solo per un club più forte del Nantes».

Torna Klose
Per la Lazio, appunto. Dove dovrà raccogliere l’eredità di Klose. Miro ora è ai box per la lussazione alla spalla destra: ieri ha visto da spettatore Italia-Germania, domani è atteso a Roma per continuare la fase di riabilitazione. Il suo rientro resta probabile per la gara del 2 dicembre col Napoli. (stop)



Felipe ma non troppo. La Lazio si interroga (Gazzetta dello Sport ed. Roma)


 

 
Ha deluso. Con mille alibi, con diecimila attenuanti, ma questo è giusto dire del Felipe Anderson visto fin qui. Non è una sentenza definitiva, ovvio, non sarebbe giusto nei confronti di un giocatore sbarcato in Italia da soli quattro mesi e che a Formello, in allenamento, fa vedere quotidianamente di essere un giocatore al di sopra della media. Ma Vladimir Petkovic si aspettava di più dal brasiliano. Si aspettava un impatto diverso, un peso maggiore nell’economia della Lazio. E invece l’ex Santos ha inciso poco, pochissimo, niente in rapporto ai 9 milioni di euro investiti da Lotito.

Le esclusioni
Perché in fondo — il presidente perdonerà — tutto va parametrato all’aspetto economico. Normale che ci si interroghi su un brasiliano non qualunque, il terzo acquisto più caro di sempre dell’era Lotito, uno su cui il d.s. Tare per poco non ci rimetteva in salute nel bel mezzo di una trattativa estenuante. Normale porre degli interrogativi e cercare delle risposte se lo stesso brasiliano, dopo aver convinto Petkovic a lanciarlo con una certa continuità, sia finito nel dimenticatoio nelle ultime due uscite della Lazio: tribuna in Europa League contro l’Apollon e panchina senza mai vedere il campo contro il Parma, in una delle migliori uscite stagionali della Lazio. «Non tutti capiscono i problemi della squadra, in tanti non riescono a capire che mi muovo molto in mezzo al campo», ha detto Felipe Anderson alla stampa brasiliana. Ma il primo a fare un passo indietro con lui è stato Petkovic. E le due esclusioni recenti non erano casuali: un modo per richiamare l’attenzione del giocatore, a volte un po’ apatico. Il messaggio pare sia arrivato a destinazione, almeno a giudicare da chi ha visto il brasiliano allenarsi con grande intensità in questi giorni a Formello.

Nuova preparazione
Il modo giusto, in fondo, per riprendersi la scena che gli è stata rubata da Keita, uno che in campo con i grandi sembra esserci da una vita. Il ruolo è quello, per quanto l’ex Santos nelle idee di Petkovic possa ricoprire anche posizioni più difensive. Ma un dato non può non saltare all’occhio: il tecnico di Sarajevo non li ha mai schierati insieme. Mai, neppure per un minuto. Neppure in Europa League, dove anzi in due occasioni si sono dati il cambio: fuori uno, dentro l’altro. Certo, non è giusto spiegare il momento difficile di Felipe Anderson solo con il lancio di Keita. C’è un aspetto fisico da considerare: il brasiliano ha saltato tutta la preparazione estiva perché reduce dall’infortunio alla caviglia di inizio giugno. In fondo il suo campionato deve ancora iniziare. «Voglio fare la storia della Lazio», disse in estate. C’è ancora tempo per farlo. Ci sono 9 milioni di motivi per non deludere. (davide stoppini)

Si er papa te donasse tutta Roma
E te dicesse lassa anna’ chi t’ama
 je diresti:  Si sacra corona
Val piu’ l’opinione mia che tutta Roma

Vulgus veritatis pessimus interpres.
Lotito deve fa' come dico io (quito cit.)

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Re:16 Novembre 2013
« Risposta #1 : Sabato 16 Novembre 2013, 08:57:38 »
Rozzi sta diventando grande (Corriere dello Sport)

 
A Madrid si stava abituando agli spezzoni. Dieci minuti di qua, altri cinque di là. Non è proprio il massimo ma l’importante è saperne approfittare, quando è possibile. Antonio Rozzi lo ha capito e lo ha fatto, sotto l’acqua di Reggio Emilia, alla seconda partita di sempre con l’Under 21, appena uno dei suoi principali ammiratori gli ha chiesto una mano.

ELOGI - Gigi Di Biagio lo conosce bene, avendolo studiato ai tempi dell’Under 20. Rozzi, che ha soltanto 19 anni, all’epoca era un baldanzoso Primavera della Lazio che aveva avuto la fortuna e la bravura per affacciarsi in serie A nella gestione Reja: tre presenze nella stagione 2011/12, con la maglia numero 53, la prima delle quali durata pochi secondi contro il Milan in una felice notte biancoceleste. Sarebbe stato coinvolto nei progetti dell’Under 21 sin dai primi allenamenti, se non fosse stato una delle vittime del codice etico di Sacchi: per una parola fuori posto ascoltata dal ct Evani in una partitella dell’Under 19, si è beccato la sospensione della federazione. Ha dunque dovuto aspettare la quarta partita del ciclo per entrare nel gruppo. Ma questo è già storia. Giovedì contro l’Irlanda del Nord. Di Biagio ha deciso di utilizzarlo al tramonto della partita, nel momento in cui ha avvertito l’esigenza di chiudere i conti. E così non ha richiamato in panchina Belotti, l’altro centravanti della giovane Italia, ma Battocchio, puntando sull’intesa tra le sole punte della rosa dell’Under 21. Mossa vincente. Rozzi non ha fatto in tempo a correre verso l’area di rigore avversaria che ha inforcato il corridoio centrale, ha controllato il pallone che Belotti gli aveva consegnato e di piatto sinistro, placido, lo ha piazzato in rete. «Antonio è stato bravo, devo fargli i complimenti - spiega il ct -, ha saputo farsi trovare pronto e ha sfruttato l’occasione con freddezza. Anche in Belgio, quando l’avevo buttato nella mischia come titolare, non sembrava il più giovane del gruppo. Si è fatto valere». Avrà dei minuti a disposizione anche martedì, in casa della Serbia, sperando di essere abbastanza efficace.
IL PERCORSO – Mancino naturale, può fare indifferentemente la prima o la seconda punta. Romano di Casal Monastero, ha sempre tifato Lazio (spesso i compagni lo ascoltano cantare i cori della Curva Nord) e dall’età di sei anni è entrato nelle giovanili di Formello. Nella stagione del debutto in serie A, ha segnato 14 gol nel campionato Primavera. I problemi fisici lo hanno invece frenato nella stagione successiva, con Petkovic, che lo ha convocato 19 volte ma lo ha fatto giocare (tre volte) solo in Europa League. Da qui la decisione di prestarlo al Real Madrid, che lo ha aggregato alla sua squadra B: il Castilla, seconda serie spagnola. Nel contratto è stato inserito un diritto di riscatto a favore degli spagnoli, che potrebbero acquistarlo a giugno per 15 milioni. Difficilmente accadrà, perché Rozzi ha finora giocato solo due partite da titolare in Spagna (otto le presenze complessive). E se pure ha incrociato Carlo Ancelotti e tutta la pletora di fuoriclasse del Madrid, non è mai stato preso in considerazione per la prima squadra, al contrario del compagno di reparto Jesè Rodriguez che ha solo un anno in più (classe 1993) ma ha già segnato un gol addirittura nel Clasico contro il Barcellona. Magari è una fortuna per la Lazio, che a giugno riabbraccerà un giocatore più maturo e pronto per il salto tra i grandi. (Roberto Maida)




Klose domani a Roma. Keita, patente presa (Corriere dello Sport)

 
Sudore e fatica. Doppia seduta di lavoro ieri a Formello: in mattinata corsa e salti sui gradoni. Lo staff tecnico sta sfruttando la sosta per effettuare un richiamo atletico. La speranza è che le gomme si gonfino e che i muscoli restino integri. L’infermeria si sta svuotando. Radu lavora a parte per precauzione (il piede destro dà meno fastidio). Konko e Ederson si allenano regolarmente. Lulic, Dias e Biava nel pomeriggio hanno svolto lavoro differenziato (corsa blanda, cambi di direzione con il pallone). Il bosniaco conta di essere in gruppo martedì, il brasiliano sta meglio. Biava potrebbe aggregarsi ai compagni tra 15 giorni. Klose è in Germania, si cura a Monaco, dovrebbe rientrare a Roma domani sera. A Genova non ci sarà, la lussazione alla spalla destra rischia di fargli saltare Lazio-Napoli del 2 dicembre. Le speranze di recuperarlo in tempo esistono. Keita s’è allenato da solo nel tardo pomeriggio, non ha lavorato con i compagni perché ha sostenuto l’esame della patente (l’ha superato). Clima sereno in campo, Ciani faceva il verso a Petkovic: «Voglio qualità!». Oggi la ripresa (ore 10), domani e lunedì riposo. Vlado e Mauri, come da promessa del club, hanno premiato i 25 tifosi che erano presenti a Trebisonda (per loro una maglia in regalo). (d.r.)



L'assalto continua, Lotito può chiudere (Corriere dello Sport) 

 
Piace, è definito un “buon attaccante”, ma ad oggi non rientra nei parametri economici laziali pur essendo in scadenza a giugno: l’ostacolo è rappresentato dall’ingaggio. I contatti ci sono stati, saranno riallacciati se le condizioni economiche diverranno favorevoli. Filip Djordjevic, centravanti lungagnone del Nantes, nazionale serbo (Mihajlovic lo conosce bene), 26 anni, è entrato da più di un mese nell’orbita di Lotito e Tare. A metà ottobre il club biancoceleste negò l’interesse perché il giocatore era considerato fuori portata. La posizione, secondo quanto filtra da Formello, non è cambiata.

I CONCORRENTI – Djordjevic resta un obiettivo caldo, va monitorato. E’ una prima punta, è mancino, è forte fisicamente, fa gola a tanti, in Francia e nel resto d’Europa. Si sta scatenando un’asta, comprende vari club, è un bene per il calciatore, punta a liberarsi a parametro zero per strappare un contratto pesante. Ha avuto richieste dalla Bundesliga, hanno provato a corteggiarlo il Lione e il Marsiglia (la Francia non lo interessa più). Alla sua porta hanno bussato club di Premier League, lì Djordjevic non può andare per la questione legata alle presenze in Nazionale. Il serbo è esploso quest’anno, nelle stagioni precedenti è stato protagonista solo nella serie B francese, considerarlo l’erede di Klose non è esercizio semplice. Djordjevic vuole lasciare la Francia, sogna l’Italia, vive un momento d’oro, vuole sfruttarlo. Ha segnato 8 gol in 13 gare di Ligue 1, è l’anno ideale per battere cassa. E’ stato in prima fila nella battaglia contro la tassazione del 75% sugli stipendi dei calciatori, è uno che fa attenzione ai calcoli. Djordjevic fa gola a tanti, in Italia lo cercano Juve, Roma, Inter, Fiorentina, Udinese, Sampdoria e Parma. L’Inter di Thohir, neo-presidente col pallino dei giovani talenti, è l’unico club che vorrebbe prenderlo a gennaio, gli altri sono interessati per giugno. La Lazio non potrà tesserare extracomunitari nella finestra invernale, se riuscirà ad accordarsi col giocatore (non può firmare prima di febbraio) lo porterà a Roma a luglio.
LA STRATEGIA – La società è a caccia di attaccanti per la prossima stagione, i contratti di Klose e Floccari sono in scadenza, bisogna pensare al futuro. L’attacco andrà rinforzato, non si può contare solo sulla crescita di Perea. Il colombiano è un punto fermo, rimarrà a Roma, avrà nuovi colleghi di reparto. Klose deciderà il futuro dopo i Mondiali, difficilmente lo farà prima. Miro è solleticato da due idee: tornare in Germania oppure provare l’esperienza americana (il suo procuratore ha già ricevuto diverse richieste). Djordjevic è nella lista della spesa, da qualche tempo è rappresentato da Alessandro Lucci, manager di Alvaro Gonzalez e del brasiliano Vinicius. Il procuratore entro due settimane sarà a Nantes, si riunirà col suo assistito per scegliere la destinazione futura. E’ un affare da chiudere in tempi brevi, la volontà dell’attaccante sarà determinante. Djordjevic è combattuto, l’idea di giocare in un club di primissima fascia lo alletta, ma troverebbe poco spazio. Le altre concorrenti (la Lazio ad esempio) gli garantirebbero più spazio e meno soldi.
IL NANTES – Il serbo lascerà il Nantes, l’ha capito bene Waldamer Kita, il presidente del club francese, non gli ha risparmiato una frecciata, lo considera ingrato…: «Gli abbiamo sottoposto una buona offerta e spero che possa accettare le nostre condizioni. Non deve dimenticare che lo abbiamo aiutato quando è rimasto infortunato per otto mesi, sostenendolo e pagandogli regolarmente lo stipendio. Evidentemente i giocatori dimenticano presto…» . Djordjevic è cresciuto nelle giovanili della Stella Rossa. Nel 2006-07 fu prestato al Rad Belgrado (13 reti). La Stella Rossa non ci puntò mai, nel gennaio 2008 lo mandò in prestito al Nantes (7 gol in 18 partite in B). Djordjevic contribuì alla promozione dei francesi in Ligue 1, ma la squadra tornò in B nella stagione successiva. Le annate seguenti non furono esaltanti, ad eccezione di quella scorsa: Djordjevic segnò 20 reti in 34 presenze, trascinò di nuovo il Nantes in Ligue 1. Gli otto gol segnati quest’anno gli hanno permesso di conquistare il secondo posto della classifica marcatori (lo divide con Ibrahimovic). La graduatoria è comandata dai “mostri” Falcao e Cavani, hanno segnato un gol in più del serbo. Djordjevic ieri ha segnato nell’amichevole tra Serbia e Russia (1-1). Sogna in grande, a 26 anni vuole l’Italia per consacrarsi dopo una lunga gavetta. Fino a poco tempo fa i riflettori non lo puntavano mai. (Daniele Rindone)



Djordjevic: Lanciato da Sinisa e ora sfida Ibra (Corriere dello Sport)

 
In Francia è diventato famoso a suon di gol, salendo sul podio della classifica dei marcatori, insieme a grandi goleador. Filip Djordjevic è uno degli attaccanti più corteggiati del campionato francese. In scadenza di contratto, si trasferirà a giugno a parametro zero. Nato nel settembre del 1987, attualmente in forza al Nantes, Djordjevic è in questo momento il secondo miglior realizzatore della Ligue 1 con otto reti in tredici match (alle spalle di Radamel Falcao e Edinson Cavani) nonché in coabitazione con Zlatan Ibrahimovic. E’ cresciuto molto negli ultimi tempi. Il serbo milita nel campionato transalpino dal gennaio del 2008 e negli ultimi cinque anni ha vestito sempre la casacca del Nantes, club al quale ha fatto guadagnare la promozione nella serie maggiore nell’ultima stagione mettendo a segno ben venti gol. Un vero bomber.

IERI IN GOL CONTRO CAPELLO - I primi anni da professionista Djordjevic li ha trascorsi nel suo Paese vestendo i colori della Stella Rossa di Belgrado. Lì è rimasto sotto contratto tra il 2005 e il 2008, ad eccezione della stagione 2006/2007, periodo in cui andò in prestito al Rad di Belgrado, terzo club della Capitale serba che militava in quel periodo in seconda divisione. E’ molto stimato anche nel suo Paese. Le ottime prestazioni registrate in Ligue 2 gli hanno fatto meritare la chiamata, lo scorso anno nella Nazionale serba: Sinisa Mihajlovic lo ha convocato nel settembre 2012 in occasione del match contro il Cile. Ed è stato richiamato anche per le ultime amichevoli. Ieri Djordjevic è andato in gol nel test contro la Russia, finito 1-1. Nonostante il passaggio dalla Ligue 2 alla Ligue 1, Djordjevic si è adattato benissimo al nuovo campionato e se il Nantes occupa attualmente la quarta piazza della classifica dopo 13 giornate, molti dei meriti vanno al suo attaccante, il quale ha saputo trasformarsi in un vero leader grazie alla lunga esperienza messa a frutto in queste cinque stagioni. Da solo, infatti, ha messo a segno quasi la metà dei goal realizzati dal Nantes (8 su 19, ndr) e proprio questa sua versatilità l’ha reso uno dei soggetti più ricercati sul mercato a livello europeo: a interessarsi a lui non sono stati solamente i club francesi, ma ovviamente anche diverse società straniere. Con le italiane in prima fila.
INIZIO IN SALITA - Nonostante le note positive di questi ultimi anni, all’inizio la vita di Djordjevic a Nantes non è stata semplice: giunto in Francia con il connazionale Stefan Babovic, ne aveva sofferto la presenza ingombrante nel team durante il primo anno. A far esplodere le qualità del serbo è stato poi l’allenatore Baptiste Gentili che, accordandogli un posto fisso in prima squadra, ha saputo far crescere la fiducia nelle sue qualità. L’attaccante è in scadenza di contratto e tra i tifosi del Nantes c’è il timore fondato che a fine stagione possa andare via. Filip ha comunque confermato, in un’intervista ai media francesi, che lascerebbe il club dei “canarini” solamente per una proposta all’altezza delle sue aspettative, ovvero che possa migliorare la sua esperienza come giocatore. Calciatore più pagato del club, con uno stipendio che raggiungeva già i 50mila euro al mese in Ligue2, Djordjevic sa bene che lascerà un ambiente dove è amato da tutti e dovrà affrontare campionati più duri. Viste le numerose voci che circolano intorno al serbo, il presidente del Nantes, Waldamer Kita, spera che Djordjevic prima di valutare le offerte in arrivo possa mettere sul piatto della bilancia anche una certa riconoscenza verso il club. Protagonista in campo, ma decisamente riservato fuori, Djordjevic è paragonato al montenegrino Mirko Vucinic, anche per il suo essere un po’ incostante, alternando gol e ottime prestazioni a periodi meno brillanti. Con i suoi 26 anni può diventare un uomo mercato, anche se in Francia molti vedono difficile una sua partenza all’estero. Saranno sicuramente le offerte che riceverà a decidere il suo destino. (Valentina Clemente)





A gennaio l’assalto per Djordjevic (Il Tempo)


 
Sarà Filip Djordjevic l’erede di Klose, la Lazio lo ha messo in cassaforte. L’accordo è vicino, l’attaccante del Nantes è in scadenza di contratto (giugno 2014), ma Tare e Lotito tenteranno l’assalto già a gennaio. Musica per le orecchie del serbo: «Sono il capitano della squadra – ha spiegato – ma le attenzioni di club importanti facciano piacere. Se dovessi partire, lo farei solo per una formazione più forte». Djordjevic è extracomunitario, ma a breve dovrebbe ottenere il passaporto comunitario. «Gli abbiamo sottoposto una buona offerta per il rinnovo – ha spiegato il presidente del Nantes Vladimir Kita – lo abbiamo aiutato quando è rimasto infortunato per otto mesi, ma i giocatori dimenticano presto». (Gia. Che.)
Si er papa te donasse tutta Roma
E te dicesse lassa anna’ chi t’ama
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Vulgus veritatis pessimus interpres.
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