Autore Topic: Cronaca di una disfatta annunciata  (Letto 4540 volte)

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Offline Skorpius

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Re:Cronaca di una disfatta annunciata
« Risposta #20 : Venerdì 25 Giugno 2010, 19:19:19 »
Anche il Brasile del '94 arrivò in finale balbettando e vincendo ai rigori la finale. Eppure in tutto il mondo si parlò di tetracampeao meritatamente senza sottilizzare troppo. La Francia, contro il paraguay, rischiò di uscire nel mondiale casalingo. Fu salvata solo dal golden goal. La Germania del '90 fu probabilmente una delle nazionali vincenti più brutte della storia del mondiale. L'Inghilterra, il suo mondialino, l'ha rubacchiato spudoratamente. E mi fermo qui.

Solo noi abbiamo avuto culo.. o almeno sembra così
Salutami spawn
La gente dice che sono cattivo, ma in verità ho il cuore di un bambino: lo tengo in un barattolo, sul comodino.

Offline violator

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Re:Cronaca di una disfatta annunciata
« Risposta #21 : Venerdì 25 Giugno 2010, 19:43:45 »
Solo noi abbiamo avuto culo.. o almeno sembra così
Salutami spawn

chi è spawn? il fumetto? O0

Offline Skorpius

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Re:Cronaca di una disfatta annunciata
« Risposta #22 : Venerdì 25 Giugno 2010, 20:06:37 »
chi è spawn? il fumetto? O0
Dimenticavo che siete troppo seri per prendere un nick da un fumetto
La gente dice che sono cattivo, ma in verità ho il cuore di un bambino: lo tengo in un barattolo, sul comodino.

zorba

Re:Cronaca di una disfatta annunciata
« Risposta #23 : Sabato 26 Giugno 2010, 15:46:20 »
(Il Fatto Quotidiano 26.06.2010)




L’INTERVISTA Delio Rossi

“MANCA CORAGGIO AD OGNI LIVELLO”

(di Malcom Pagani)

Il Sudafrica di Delio Rossi è sul Gargano. Davanti ai colori di Peschici, passano quelli delle Nazionali cui il suo Palermo ha dato nomi e linfa. Da Pastore: “La novità più bella del torneo” secondo Leo Messi, passando da Kjaer e Cavani. In Puglia, Rossi osserva il mappamondo e l’Italia improvvisamente piccola, spenta, perduta.

Rossi, è stato un disastro.

Come non sono salito sul carro dei vincitori quattro anni fa, non mi iscriverò al partito dei lanciatori di pomodori oggi. Sarebbe demagogico e la demagogia non mi è mai piaciuta. Parlare adesso è troppo facile.

Se lo aspettava?

Onestamente no. Credo che nessuno immaginasse una così evidente mancanza di condizione. Abbiamo fatto malissimo, certo, ma se non stai bene fisicamente, la palla non la prendi. È quasi matematico. In più oggi non c’è Nazione che non abbia imparato schemi e trucchi. Le vittime predestinate, i materassi, non esistono più.

E la qualità del gruppo proposto in Sudafrica?

Non eccelsa, a dirlo sono i risultati. In Italia giochiamo troppo e con tensioni eccessive che era possibile si riverberassero sul Mondiale. Purtroppo è accaduto.

Colpa anche della condizione psicologica?

Eravamo bloccati, impauriti, preoccupati. La Slovacchia, per dire, di testa era molto più libera di noi. Si è visto.

Ragioni della disfatta?

Siamo più abituati a distruggere che a costruire, in campo come nel Paese.

Crede che l’Italia pallonara sia la metafora della nazione?

Assolutamente sì. Il Paese manca di coraggio, il calcio ne è soltanto lo specchio riflesso. Mancano strutture, voglia di programmare il futuro rischiando, capacità di pensare in prospettiva. Chi è l’imprenditore che investe oggi uno, sapendo che avrà cinque, forse, soltanto dopo cinque anni? Nessuno.

Si parla molto di vivai.

Bel tema. Però manca una seria presa di coscienza. In altri campionati, ad esempio quello argentino o brasiliano, ai ragazzi viene concesso tempo e modo di sperimentarsi. Da noi, tranne rare eccezioni, non capita mai. Vogliamo il giocatore già pronto, affermato, vincente. Edificare una casa con le colonne lussuose, ma senza le fondamenta non porta lontani.

Lei avrebbe imbarcato qualche nome emerso dal campionato?

Forse. Però si sono affidati a Lippi e oneri e onori, senza intromissioni, era giusto fossero esclusivamente suoi. Ai tempi dell’impresa di Berlino, come oggi. In generale posso dire che soprattutto nella parte conclusiva del campionato, quella che poi conta ai fini di un impegno da affrontare solo poche settimane dopo, qualche segnale positivo e ignorato era emerso. Due o tre variabili c’erano.

Qualcuno individua il buco nero del calcio italiano nei procuratori.

Certo incidono, ma il male del pallone di casa nostra, siamo soprattutto noi italiani. Vedo genitori che sarebbero pronti a vendere una gamba pur di spingere al successo calciatori che sì e no, potrebbero arrivare in terza serie. E quello, le garantisco, con l’amore filiale non c’entra nulla. Soldi, soldi e ancora soldi. C’è gente che pensa solo a quello. Il procuratore è solo un ulteriore anello della filiera, naturalmente non disinteressato all’argomento. Qualcuno di loro, sul calcio, mangia e specula.

Però la scuderia conta.

Come no? Funziona così, ci sono un paio di grandi giocatori civetta, dietro cui nascondere e ipervalutarne altri che fenomeni non sono. Un trucco antico, sempre in voga. Anche se chi non sa giocare, alla fine, è difficile riesca a ingannare a lungo la platea.

zorba

Re:Cronaca di una disfatta annunciata
« Risposta #24 : Giovedì 1 Luglio 2010, 07:21:04 »
(Il Fatto Quotidiano 01.07.2010)

MONDIALE

PRANDELLI D’ITALIA, L’ITALIA SI DESTA?

Oggi si presenta a Roma il nuovo Ct degli azzurri: un’investitura   obbligata, figlia della disfatta del nostro calcio 

(di Oliviero Beha)

Non so come sarà oggi la conferenza stampa di presentazione di “Prandelli d’Italia”, santificato nel loculo di Lippi dal presidente federale Giancarlo Abete. Ma me la posso immaginare, tra “fratelli” e “brandelli”, in un’assonanza da soddisfazione o da ripiego. Quella che invece ricordo perfettamente è la conferenza stampa di Dino Zoff, esattamente nel luglio di dieci anni fa. Era anche lui Ct, come Lippi, come da oggi Prandelli. Il tapino, però, oltre ad aver vinto un Mondiale da giocatore (cfr. Camerun) ed essere arrivato quarto in un altro (con una squadra migliore e dal gioco assai più spumeggiante, ma ci fu per Dino un problema di diottrie...), in panchina era appena diventato vicecampione d’Europa, sconfitto nei supplementari dalla Francia campione del mondo in carica per un golden goal che di dorato non aveva nulla. Una formula orrenda, da oratorio, che infatti venne fortunatamente abbandonata. Solo che da Milanello tra una sparata e l’altra l’allora leader dell’opposizione, nonché presidente del Milan nonché più competente di calcio dell’allora presidente del Consiglio, D’Alema, straparlò contro Zoff: lo chiamò “indegno” perché secondo lui non aveva fatto marcare a uomo Zidane. Ripeto che considero il Caimano uno che di calcio capisce almeno quanto intende l’elemento femminile di cui si alona. Parecchio, dunque. Per questo è sprecato per la politica, le leggi-bavaglio, gli Abbrancher e tutto il repertorio. Ma la parola “indegno”, il modo, la sproporzione, la carica insultoria furono giustamente troppo per una persona dabbene come Zoff. Che, con limpidezza, semplicemente si dimise. “Non mi faccio dare dell’indegno da nessuno”, chiosò. E a casa. 

Se Berlusconi avesse dedicato il doppio di quegli insulti all’attuale presidente Abete, l’unico rimasto che potesse dare le dimissioni dal momento che Lippi era già fuori “preventivamente”, da maggio, immagino che si sarebbe prontamente ben guardato dal dimettersi per rispetto della carica che ricopriva. E continua a ricoprire. Forse Zoff sarebbe un presidente federale più rispettato, dopo quello scarto d’onore. Ma chi lo può dire? Forse sbagliamo tutti, e fa bene Abete. Io so quello che lui pensa, da italiano vero: se l’Italia è il Paese di Cuffaro e di Dell’Utri che festeggiano condanne di anni per reati gravi, reati che fanno da indici esponenziali per la “mafiosità quotidiana” di molta parte della nostra gente, perché proprio io dovrei lasciare la poltrona? Indegno sarà lui, io non c’entro. E così tira a campare, e confabula con Coni e politica per dare un po’ di cerone al calcio italiano sfigurato. Auguri, Prandelli, dai Della Valle agli Abete è sempre un percorso “ecologico” che le farà bene. Ma occhio al muschio... E intanto si sono disputati quattro quinti di partite mondiali, e non si può proprio dire che siano state indimenticabili. Almeno finora. Se pesco in questi venti giorni mi innamoro della fantasia turco-alemanna e dei sette veli di Ozil che danza spesso in velocità con la palla, oppure del gol di Maicon dal fondo con quell’esterno destro che alla fine non poteva non rientrare in porta, perfetto com’era nel rapporto tra testa/intenzione e piede/esecuzione. E mi piace Maradona testimone pomeridiano di un matrimonio di campagna e testimone di trent’anni di calcio progressivamente sbiadito. Ma siamo sempre lì, al teatro di Fitzcarraldo, a Blatter che ghigna per denaro più di Klaus Kinski, allo stadio Soccer City dell’inaugurazione “pressoché pieno”, una contraddizione in termini. Alle cifre mostruose incassate dalla Fifa per i diritti tv, gli sponsor, il merchandising, mentre buona parte del Sudafrica stesso è senza elettricità e quindi non può né vedere le partite negli stadi mai colmi né a casa o nei bar, immersi nella polvere. Non lasceranno traccia comunque, e in questa assenza di Mondiali e tradizione rientra non a caso di nuovo come variabile esponenziale della voce “calcio africano” l’eliminazione subitanea del Paese ospitante. Né mi stupirei che per dare guazza al Ghana ci fosse qualche decisione orientata nel quarto deputato con l’Uruguay. In fondo rientrerebbe perfettamente nella “diplomacy” che distribuisce attenzioni: un po’ ai neri del Continente, molto a Brasile e Argentina, altrettanto ad una delle tre sopravvissute europee, Spagna, Olanda e Germania. Tutto ciò in assenza di fenomeni, con fiction quasi più dedicate agli allenatori che ai giocatori, gioco offensivo poco stordente e difese spesso nemmeno all’altezza di club che non sono andati in finale nelle Coppe europee.

E un calciomercato che è quasi già trasferito nelle varie nazioni dal momento che i campioni della vigilia in parecchi sono già in vacanza. È vero che la misura dei Mondiali la daranno queste ultime quattro più due più due partite, e almeno un match da ricordare forse riusciremo a vederlo. Ma il discorso su un calcio moscio vale più in generale, e risponde alla logica mercantile che ha infierito su tutto, spettacolo sportivo compreso. L’agonismo (stessa etimologia ovvia di agone ma anche di agonia) si incarica di ricaricare il pathos emotivo in campo e fuori, ma poi non sai mai se quell’arbitro ha fischiato bene o male apposta, e i dubbi ti vengono più o meno come in un’aula di tribunale. Negli stadi sudafricani “pressoché pieni” oppure “all’incirca vuoti” dovrebbe campeggiare la scritta “Il calcio è uguale per tutti”, ma sappiamo benissimo, noi e Napolitano, che non è così. Solo che fingiamo di abboccare alle finte, meglio se ben eseguite dai Nostri Eroi.

zorba

Re:Cronaca di una disfatta annunciata
« Risposta #25 : Venerdì 2 Luglio 2010, 10:17:06 »
[ Link a YouTube non valido ]

zorba

Re:Cronaca di una disfatta annunciata
« Risposta #26 : Sabato 10 Luglio 2010, 10:58:49 »
Secondo me, se fosse confermata, una bellissima notizia per la nazionale.


(Corsport.it)

Baggio, scelta clamorosa: tornerà nel club azzurro


ROMA, 10 luglio - Non capita spesso, in questo no­stro mestiere sempre più avaro, la fortu­na di poter scrivere qualcosa di sognato. Il ritorno di Roberto Baggio nel calcio era in cima alla lista. Bene, poche chiac­chiere, al sodo: l’ex fuoriclasse azzurro è vicinissimo a una scelta clamorosa, quel­la di diventare presidente del Settore Tecnico della Federcalcio, subentrando dunque ad Azeglio Vicini, il ct che lo lan­ciò in nazionale oltre 20 anni fa. Il presi­dente Abete lo ha contattato telefonica­mente nei giorni scorsi, ottenendone la piena disponibilità. I due si incontreran­no nei prossimi giorni a Roma per defi­nire meglio la questione. Ma l’operazio­ne, a meno di una clamorosa retromar­cia, si concluderà positivamente.

IL TOP - C’era bisogno, proprio bisogno, di un colpo simile, in casa federale, per da­re il senso di un reale cambio di passo dopo il disastro sudafricano. L’avvicen­damento di Lippi con Prandelli era già stato annunciato a inizio giugno e, per quanto gestito bene, non poteva bastare a critica e tifosi per sentirsi davvero ras­sicurati. Per parte sua, Baggio aveva manifestato, non più tardi di cento gior­ni fa, la propria voglia di rientrare nel mondo del calcio, dal quale si era sot­tratto drasticamente 6 anni fa: «Potrei anche allenare», si era lasciato sfuggire l’ex Pallone d’Oro. Adesso potrà fare molto di più per ridare smalto, sostanza, non solo immagine, al calcio italiano, a patto di riempire di contenuti una pol­trona potenzialmente strategica. Le ulti­me presidenze del Settore Tecnico, oc­cupate da degnissimi personaggi, come Bearzot e Vicini, sono state soprattutto onorifiche. Alla Federazione del dopo Sudafrica serve invece una figura giova­ne, che abbia peso specifico internazio­nale,che sia un ambasciatore del calcio riconosciuto in Europa e non solo. E che sul piano interno dia nuovo impulso alla nostra scuola tecnica, con una particola­re attenzione ai settori giovanili. E, se debitamente supportato, chi meglio di Baggio?