www.lalaziosiamonoi.itLa Lazio viene attaccata sulla faccenda tamponi: ma l'indagine FIGC è coperta dal segreto d'ufficio e le ASL non possono comunicare nulla sui pazienti
di Marco Valerio Bava
È in corso una guerra. E seppur qualcuno lo neghi (del resto quella giornalistica è una delle categorie dove il corporativismo rimane fortissimo), la Lazio è sotto assedio. È ricominciato il bombardamento fatto di articoli e tweet. Fatti? Per ora pochi. Uno è sicuramente l’indagine avviata dalla Procura Federale per il caso tamponi. Il Procuratore, Giuseppe Chinè, ha secretato l’indagine per evitare fughe di notizie e dare in pasto alla stampa cose non vere. Memore anche di quanto accaduto per il caso Suarez quando in tribunale ordinario fu costretto a sospendere le indagini a causa della continua emorragia di notizie che uscivano dalla Procura di Perugia e finivano in pasto ai quotidiani, siti e tg. Indagine secretata. Quindi viene da chiedersi su che base alcuni quotidiani, nei giorni scorsi, abbiano scritto che la Procura sia concentrata sulle comunicazioni tra la Lazio e la ASL. Comunicazioni avvenute solo telefonicamente, senza mai ufficializzare i presunti casi di positività. Ma chi ha rivelato ai cronisti su cosa sta indagano la Procura, se le indagini sono coperte da segreto? O qualcuno ha violato il segreto d’ufficio o qualche cronista ha "interpretato" le mosse della Procura senza, però, alcuna certezza dei fatti. Delle due l’una.
ASL E PRIVACY - Altro punto da tenere in considerazione. Un quotidiano scrive nella giornata di venerdì 6 novembre: “Da quanto emerge la ASL Roma 1 ha avuto con la Lazio solo interlocuzioni telefoniche […]. Alle telefonate però non ha fatto seguito alcuna comunicazione formale”. Ma chi ha fornito le informazioni all’estensore dell’articolo? La Lazio? Per come il club gestisce la comunicazione è più facile che Trump vada da Biden a consegnargli le chiavi della Casa Bianca con tanto di pacca sulla spalla. Allora è stata la ASL Roma 1 a parlare con la stampa? Sarebbe reato, violerebbe la privacy di Immobile. Ecco il testo rintracciabile sul sito del garante della privacy: “È possibile diffondere i dati identificativi delle persone positive al COVID 19 o che sono state poste in isolamento domiciliare? La disciplina vigente vieta la diffusione dei dati relativi alla salute. Tale divieto non è stato derogato dalla normativa d’urgenza sull’emergenza epidemiologica da Covid-19. Pertanto, le aziende sanitarie e qualsiasi altro soggetto pubblico non possono diffondere i nominativi dei casi accertati di Covid-19 o dei soggetti sottoposti alla misura dell’isolamento per finalità di contenimento della diffusione dell’epidemia”. Le Aziende Sanitarie Locali non possono comunicare nulla riguardo alla salute di un paziente senza il consenso dell'interessato. Tantomeno alla stampa. È regola base del diritto alla privacy. Di fatto, essendo stato Immobile posto in isolamento domiciliare, nel corso della settimana passata, la ASL Roma 1 non poteva diffondere alcuna informazione sul giocatore. Quindi, anche qui, due possibilità: o qualche funzionario dell’Azienda Sanitaria Locale ha violato la privacy di Ciro, oppure alcuni cronisti hanno lavorato d'interpretazione. Pure in questo caso delle due l’una. Come è possibile, quindi, che un giornale venga a sapere notizie riguardanti un’indagine secretata? Possibile che queste news siano arrivate da un organo che non può rilasciare informazioni in merito? Siamo di fronte a delle violazioni o a delle interpretazioni forzate?
SENZA REGOLE - L’Italia è il paese dei balocchi, non è una novità, tutti fanno un po’ quello che vogliono, l’organizzazione latita, è un’eccezione che conferma la regola. Dalla Gazzetta, oggi, si possono estrapolare le parole di Maurizio Casasco, Presidente della FMSI (Federazione Medico Sportiva Italiana) che dice: “In un mondo professionistico non si può andare avanti col fai da te, servono metodo e protocollo su base scientifica”. Quindi Casasco ci sta dicendo, se l’italiano non è un’opinione, che oggi quel metodo non c’è. Di fatto la Serie A va avanti senza regole chiare, precise, puntuali. Come si può punire qualcuno se non c’è una regola comune o un protocollo che valga per tutti? Torniamo al famoso o famigerato, fate voi, “Gene N”. La voce viene rilevata dal laboratorio di Avellino che analizza i tamponi effettuati dai giocatori della Lazio. Non si tratta di essere positivo o debolmente positivo. Il “Gene N” manifesta un contatto con UN coronavirus, non con il patogeno SARS-CoV-2 che è proprio del virus Covid-19. Ma quel “Gene N” viene rilevato da alcuni laboratori (quello di Avellino per esempio) e da altri no. Quindi, senza un protocollo unico è caos totale. Un esempio: se la squadra di Serie A “X” si affida al "Laboratorio Z" che nei suoi referti non segnala il "Gene N", non saprà mai - così come le autorità sanitarie - se i giocatori “tamponati” hanno il valore “N” in regola o meno. Se la Lazio si affida, però, al "Laboratorio Y" che il “Gene N” lo segnala, perché allora deve veder fermato un giocatore a differenza di quei club che si affidano a laboratori che il "Gene N" non lo rilevano? Oltretutto, la comunità scientifica sembra ormai concorde nel dire che chi ha il valore "N" fuori parametro non fa risultare comunque infettivo il paziente testato, poiché il “Gene N” non è specifico del Covid-19. È un po’ complicato, un po’ lungo, ma piuttosto chiaro se ci pensate. Questo è il punto veramente centrale della questione e cioè che la Serie A abbia avuto il coraggio di ripartire senza darsi una linea comune su una questione così delicata. La Lazio sostiene d’aver seguito le regole in maniera netta. La conferma arriva anche da Massimiliano Taccone, di Futura Diagnostica, il centro specialistico di Avellino: “Per quello che ci consta la Lazio ha rispettato i protocolli alla lettera”. Vediamo se anche la Procura sarà d’accordo e archivierà l’indagine o deciderà di deferire il club che, sui media, sembra già essere stato condannato vista l’intensità di certi attacchi.
FATTI - Roberto Renga, giornalista che di questo mestiere è maestro, twitta: “Lavoro usurante: avere un editore padrone di un club e scriverne. Mi capitò con il Messaggero basket. O litighi o chiudi gli occhi e abbassi la testa”. Renga conferma ed è riprova importante del fatto che lavorare con un editore proprietario di una società sportiva, crei ansia, preoccupazione, in un cronista e lo induca a lavorare con poca serenità. È umano e bisogna sottolineare come i giornalisti, in questa vicenda, siano più vittime che carnefici. La Lazio è sotto attacco, deve difendersi, dovrà riuscirci facendo valere i fatti, andando oltre le chiacchiere, le illazioni del web, contro prime pagine che appaiono faziose, soprattutto se il giorno prima il risultato di Champions è stato taciuto, sommerso da altro. La Lazio è una vittima mediatica da sempre, è un bersaglio comodo, Lotito piace poco all’opinione pubblica e questo accentua l’acredine verso i biancocelesti. Non meraviglia, dunque, che Gianluca Mancini positivo prima e negativo dopo 48 ore, sia stato trattato come vittima di un malinteso. Come Hakimi. Mentre Immobile diventa un caso da indagare, approfondire e punire. La Lazio faccia valere i fatti, solo quelli spazzeranno via le parole. Come nel caso Zarate, tanto fango, poi archiviazione.