Autore Topic: Il "Gioco" nel Calcio.  (Letto 2055 volte)

0 Utenti e 1 Visitatore stanno visualizzando questo topic.

neweagle

Il "Gioco" nel Calcio.
« : Sabato 6 Aprile 2013, 17:15:03 »
“Tutti gli undici uomini di una squadra devono stare sempre in movimento, per non permettere all’avversario di indovinare le loro intenzioni. Tutti i giocatori, tranne il portiere, devono saper costruire. Sempre in azione e continuamente diretti verso la porta avversaria! Mai passare davanti a un compagno di gioco per non togliergli lo spazio. Questo è il mio sistema: nessun sistema. Intelligenza, velocità e sorpresa sono gli elementi del successo…. Noi continentali abbiamo estro e stile e pertanto il Metodo è la forma di gioco di gran lunga più conveniente e più efficace.”
Hugo Meisl, allenatore dell'Austria dal 1912 al 1937.

neweagle

Re:Il "Gioco" nel Calcio.
« Risposta #1 : Sabato 6 Aprile 2013, 17:19:05 »
"La Máquina"

All'inizio degli anni Quaranta, il club argentino River Plate formò una delle migliori squadre di calcio di tutti i tempi.
"Alcuni entrano, altri escono, tutti attaccano, tutti difendono", spiegava Carlos Peucelle, uno dei padri di quella creatura. A rotazione permanente, i giocatori cambiavano di posto tra di loro, i difensori attaccavano, gli attaccanti difendevano: "Sulla lavagna e sul campo", diceva Peucelle, "il nostro schema tattico non è il tradizionale 1-2-3-5". È 1-10".
Anche se tutti facevano di tutto, in quel River sbalordiva la linea d'attacco. Muñoz, Moreno, Pedernera, Labruna e Loustau furono insieme solo per 18 partite, ma fecero storia e ancora fanno discutere. I cinque si trovavano a occhi chiusi, e si comprendevano con un fischio: fischiando inventavano nuovi percorsi sul campo, fischiando chiamavano la palla, che come un cagnolino allegro li seguiva senza perdersi mai.
Il pubblico battezzò la Máquina (la Macchina) quella squadra leggendaria per le precisione delle giocate. Ma era un complimento fino a un certo punto. Non avevano nulla a che vedere con la freddezza meccanica, quegli attaccanti che godevano nel giocare e che tanto per divertirsi si dimenticavano di tirare in porta. Avevano più ragione i tifosi quando li chiamavno i Caballeros de la angustia (Cavalieri dell'angoscia) perché quei disgraziati facevano sudare sette camicie ai loro ammiratori, prima di dar loro il sollievo del gol.

EDUARDO GALEANO, Splendori e miserie del gioco del calcio


ThomasDoll

Re:Il "Gioco" nel Calcio.
« Risposta #2 : Sabato 6 Aprile 2013, 17:33:32 »
(comunque il WM è inglese, creatura di Chapman che con l'Arsenal vinse parecchio negli anni 20, e in Italia arriva solo nel dopoguerra, visto che il marchio di fabbrica di Pozzo è il metodo, con due terzini e la mediana davanti orchestrata dal centromediano alla Fuffo Bernardini...)

neweagle

Re:Il "Gioco" nel Calcio.
« Risposta #3 : Sabato 6 Aprile 2013, 17:45:18 »
(comunque il WM è inglese, creatura di Chapman che con l'Arsenal vinse parecchio negli anni 20, e in Italia arriva solo nel dopoguerra, visto che il marchio di fabbrica di Pozzo è il metodo, con due terzini e la mediana davanti orchestrata dal centromediano alla Fuffo Bernardini...)
certo che è inglese, tutto è inglese.
Anche Reynolds era inglese, arrivò nell'Ajax nel 1915 e cominciò a far muovere la gente in campo, a far attaccare, a giocare larghi sulle ali.
Si trovò ad allenare Michels che poi più tardi proseguì nella strada.


ThomasDoll

Re:Il "Gioco" nel Calcio.
« Risposta #4 : Sabato 6 Aprile 2013, 17:54:41 »
tutto è inglese
bella espressione.
La Maquina è leggendaria, nel libro di Galeano c'è roba da leccarsi i baffi, ti ricordi la faccenda del rospo seppellito a metàcampo in Brasile? Ora lo vado a riprendere, era veramente gustoso...

neweagle

Re:Il "Gioco" nel Calcio.
« Risposta #5 : Sabato 6 Aprile 2013, 17:56:26 »
«Gli olandesi sprizzava­no energia e divertimento da tutti i pori. Quando non dove­vano rischiare le
gambe, Cruijff e Neeskens inscenavano giostre ineffabili. Il loro genio si trasmetteva a un
complesso non meno dotato che esperto. Contro l'Olanda si sono scornati uruguagi e bulgari, ar­
gentini e tedeschi orientali, non però gli svedesi e, pensandoci nemmeno i brasilia­ni, che pure non
avevano attacco. Si spropositava per gli olandesi di calcio totale, diciamo pure di panturbiglione, di
girandola continua: non mi è acca­duto di vedere in attacco sull'estrema de­stra i due terzini d'ala?
Ogni schema difensivo andava a ramengo dietro ali ispirazio­ne e al ritmo dell'azione offen­siva. Era
questo un difetto che secondo logica gli olandesi avrebbero dovuto pagare. Già con il Brasile nel
turno semifi­nale, avevano lasciato tre co­mode palle gol ad attaccanti che le sciuparono miserevol­
mente. Il povero Zagallo (il Ct brasiliano ai Mondiali 1974, ndr), che giocava uno splendi­do calcio
difensivo, non aveva attaccanti che valessero non di­co Pelé e Garrincha, ma nean­che i vecchi
arrembati "italio­ti" Altafini e Clerici. Dopo aver tanto sprecato, era fatale che il Brasile lasciasse via
libe­ra agli olandesi. E questo pre­cisamente avvenne: però chi aveva occhi per vedere non po­teva
dimenticare le disinvolture difensive, diciamo pure le cica­late che perpetravano Cruijff e
compagni. Nello stilare il pro­nostico della finale me ne sono ricordato. I tedeschi hanno messo un
duro come Vogts su Cruijff e si sono asserragliati intorno a Beckenbauer. Il prin­cipe Franceschino
si è ben guardato, per l'occasione, di uscire a bailar fùtbol come so­leva nelle partite facili. E rima­sto
al centro dell'area e sì è battuto con la modestia di un capitano conscio di sé e degli avversari. Vogts e' subito incap­pato in un fallo da rigore ma poi ha convinto Cruijff che fos­se meglio girare al largo. Le caviglie dei miliardari sono preziose anche in Olanda. Il presuntuoso calcio totale ha mostrato le sue pecche e il cal­cio difensivista i suoi pregi di modestia e di praticità. In Italia avevano tutti
pronosticato Olanda e si scagliarono contro di me, che avevo scritto come qualmente ì tedeschi
avessero vinto i mondiali giocando all'italiana. Lo confermò papale papale anche Beckenbauer: ovviamente,ha precisato, con il nostro impegno, la nostra rab­bia».

Gianni Brera

ThomasDoll

Re:Il "Gioco" nel Calcio.
« Risposta #6 : Sabato 6 Aprile 2013, 18:05:33 »
reperto n. 1: Olanda-Brasile, mondiali 74


neweagle

Re:Il "Gioco" nel Calcio.
« Risposta #7 : Sabato 6 Aprile 2013, 18:09:00 »
bella espressione.
La Maquina è leggendaria, nel libro di Galeano c'è roba da leccarsi i baffi, ti ricordi la faccenda del rospo seppellito a metàcampo in Brasile? Ora lo vado a riprendere, era veramente gustoso...
io mi ricordo della testa d'aglio a centrocampo a Madrid, questa del rospo dove sta?

ThomasDoll

Re:Il "Gioco" nel Calcio.
« Risposta #8 : Sabato 6 Aprile 2013, 18:10:11 »
reperto n. 2
Olanda-Argentina
mondiali 74
(notare l'azione e il gol annullato al minuto 20)

OLDSOLA

Re:Il "Gioco" nel Calcio.
« Risposta #9 : Sabato 6 Aprile 2013, 18:24:58 »
Credo che non ci sia stata squadra piú bella da guardare che il Barcellona di oggi, solo il Dream Team e il Milan degli olandesi erano squadre che quando giocavano davano puro piacere al vederle giocare.

Non ricordo il Real Madrid di Gento e Puskas, ma credo che questo Barcellona sia una squadra mostruosa che ricorderemo negli annali del calcio.

ThomasDoll

Re:Il "Gioco" nel Calcio.
« Risposta #10 : Sabato 6 Aprile 2013, 18:26:31 »
Una notte di pioggia scrosciante, mentre moriva l'anno 1937, un tifoso nemico seppellì un rospo nel campo da gioco del club Vasco da Gama e lanciò la sua maledizione: "Che il Vasco non vinca un campionato per almeno dodici anni. Che non lo vinca, se davvero esiste un Dio in cielo!". Arubinha, si chiamava, questo tifoso di una piccola squadra che il Vasco da Gama aveva umiliato per 12-0. Nascondendo un rospo, con la bocca cucita, nella terra del vincitore, Arubinha stava catigando quell'abuso. Per anni, tifosi e dirigenti cercarono quel rospo nel campo e nelle vicinanze. Non lo trovarono mai. (...) Il Vasco da Gama comprava i migliori giocatori del Brasile, metteva insieme le squadre più potenti, ma restava condannato a perdere. Finalmente, nel 1945, il club vinse il campionato di Rio e ruppe la maledizione. Era diventato campione l'ultima volta nel 1934. Undici anni di digiuno. "Dio ci ha fatto un piccolo sconto", dichiarò il Presidente.

neweagle

Re:Il "Gioco" nel Calcio.
« Risposta #11 : Sabato 6 Aprile 2013, 18:32:26 »
Una notte di pioggia scrosciante, mentre moriva l'anno 1937, un tifoso nemico seppellì un rospo nel campo da gioco del club Vasco da Gama e lanciò la sua maledizione: "Che il Vasco non vinca un campionato per almeno dodici anni. Che non lo vinca, se davvero esiste un Dio in cielo!". Arubinha, si chiamava, questo tifoso di una piccola squadra che il Vasco da Gama aveva umiliato per 12-0. Nascondendo un rospo, con la bocca cucita, nella terra del vincitore, Arubinha stava catigando quell'abuso. Per anni, tifosi e dirigenti cercarono quel rospo nel campo e nelle vicinanze. Non lo trovarono mai. (...) Il Vasco da Gama comprava i migliori giocatori del Brasile, metteva insieme le squadre più potenti, ma restava condannato a perdere. Finalmente, nel 1945, il club vinse il campionato di Rio e ruppe la maledizione. Era diventato campione l'ultima volta nel 1934. Undici anni di digiuno. "Dio ci ha fatto un piccolo sconto", dichiarò il Presidente.
un protagonista del calcio spagnolo, Pablo Hernandez Coronado, ha raccontato che quando il Real Madrid ampliò il proprio  stadio passò sei anni senza vincere il campionato, fino a quando il maleficio fu vinto da un tifoso che seppellì una testa d'aglio al centro del terreno di gioco

neweagle

Re:Il "Gioco" nel Calcio.
« Risposta #12 : Sabato 6 Aprile 2013, 19:03:01 »
«La levatura del giuoco non è troppo elevata. Le due squadre sono troppo emozionate, per giuocare bene. È la storia di sempre. L’importanza della posta taglia le gambe a tutti. Primo tempo in bianco assoluto. Secondo tempo, stessa falsariga. Finché, al 26. minuto, l’ala sinistra dei boemi, Puc, sguscia via, tira da lontano ed infila l’angolo basso della nostra rete, sulla destra di Combi. Il quale si è gettato in tuffo in ritardo e non è riuscito a parare. È emozionato anche lui, il buon Piero. Quel punto ha però la virtù di risvegliarci. Fa l’effetto di una staffilata sul morale dei nostri. Gli Azzurri non vogliono saperne di perdere. Ed al 36. minuto Orsi pareggia. Si è fatto luce sulla sinistra, con una muta di inseguitori appresso, finge di tirare di sinistro e di colpo spara invece di destro, verso l’angolo lontano alto. L’imbattibile Planicka si allunga in tutta la sua lunghezza sulla sua sinistra, sfiora la palla colla punta delle dita, ma non la ferma. Uno a uno. È il pareggio. Non perdiamo, e non perderemo più. Ne sono sicuro. Prima dei tempi supplementari non rientriamo negli spogliatoi. Rimaniamo lì sul prato. I nostri hanno facce cadaveriche, per l’emozione, per il momento che hanno attraversato. Proprio come in quei momenti di attesa e di mezzo panico prima dell’incontro. Forza, ragazzi. Vincere bisogna. Forza e calma, veterani di tante battaglie. Ricomincia la danza, per i due tempi di quindici minuti l’uno. Intuisco una soluzione all’intricato problema: ordino a Guaita ed a Schiavio di scambiarsi il posto. C’è un fracasso tale attorno al campo — la gente è scesa fino ad un paio di metri dalle linee laterali — che nessuno mi sente. Faccio di corsa il giro del campo, e giungo a dare a Guaita le opportune disposizioni: cambiarsi, poi ricambiarsi ancora di posto, e così ogni due o tre minuti, per disorientare gli avversari. Al secondo tentativo la manovra riesce appieno. È Schiavio che, sfinito, arriva in corsa, e fa partire una rabbiosa cannonata, in senso diagonale. È Planicka che per la seconda volta deve abbassarsi e raccogliere la palla nella sua rete. Di lì, come risultato, non ci si muove più: si può esserne sicuri ora. Vittoria per due a uno».
Vittorio Pozzo

neweagle

Re:Il "Gioco" nel Calcio.
« Risposta #13 : Sabato 6 Aprile 2013, 19:21:39 »
“L’Uruguay vince il Campionato di Montevideo, sconfiggendo per 4 a 2 l’Argentina.
Montevideo, 30. Il campionato mondiale di calcio ha avuto oggi il suo epilogo attraverso una partita combattuta con estrema vivacità. L’Argentina, malgrado le sue azioni coraggiose, non è riuscita a spuntarla sul terreno dell’Uruguay che è uscito vittorioso dall’incontro per 4 a 2. L’incontro è stato interessantissimo per l’impegno degli atleti e l’autorità delle azioni. Se gli uruguayani furono superiori agli argentini in talune finezze stilistiche e nel senso perfetto della posizione, l’Argentina ha qualche volta superato l’antagonista in slancio e gagliardia. Il grande stadio ha echeggiato delle grida di oltre 100.000 spettatori. All’incontro ha presenziato il Presidente della Repubblica con tutti i membri del governo.”

Gazzetta dello Sport, 31 Luglio 1930

Teo

Re:Il "Gioco" nel Calcio.
« Risposta #14 : Domenica 7 Aprile 2013, 03:25:43 »
E questo pre­cisamente avvenne: però chi aveva occhi per vedere non po­teva
dimenticare le disinvolture difensive, diciamo pure le cica­late che perpetravano Cruijff e
compagni. Nello stilare il pro­nostico della finale me ne sono ricordato.

Per una volta che ne ha azzeccato uno... Con una probabilità di uno a due, sbagliarli tutti d'altra parte richiede capacità mostruose. Sarebbe anche interessante capire come si concilia questa sfiducia nel gioco olandese con le tre Coppe Campioni dell'Ajax dal '71 al '73, peraltro. La realtà è un'altra: quella partita è uno degli incontri, se non il primo in assoluto, di più alto livello tecnico di tutti i tempi: la Germania aveva già vinto gli Europei del '72 e poggiava sul blocco del Bayern che aveva vinto la Coppa Campioni nel '74 e l'avrebbe rivinta per due anni ancora. Due squadre mostruose, vinse quella che interpretò al meglio quei novanta minuti. Senza dimenticare il fatto che i tedeschi giocavano in casa, vantaggio pesantissimo in un Mondiale.

geddy

Re:Il "Gioco" nel Calcio.
« Risposta #15 : Domenica 7 Aprile 2013, 08:15:51 »

Il goal di Jairzinho è il gioco nel "calcio". Non credo ci sia difesa capace di opporsi.

La giocata, sem

neweagle

Re:Il "Gioco" nel Calcio.
« Risposta #16 : Domenica 7 Aprile 2013, 08:33:45 »
Ajax Bayern del 1973, quarti di finale Coppa dei Campioni.

Nella buia notte di Amsterdam Sepp Maier stava guardando dalla finestra del suo hotel uno dei tanti canali che attraversano la città olandese. Il numero uno del Bayern München era così amareggiato, per il modo con cui la sua squadra era stata sconfitta per 4–0 dall’Ajax Amsterdam, che non riusciva proprio a prendere sonno. “Fu un incubo” ricorda il portiere “mi sentivo così male che fui costretto ad alzarmi dal letto, con la voglia di raccogliere tutta la mia roba e scaraventarla nel canale”. Era dispiaciuto a tal punto che si rifiutò di andare a cena con i compagni preferendo affrontare i giornalisti. “Conoscete qualcuno disposto a pagarmi uno stipendio mensile di 300 marchi?” domandò ai reporter “perché voglio smettere di giocare a calcio”.

 Il gioco espresso dai lancieri in quell’occasione per anni ipnotizzò gli addetti ai lavori, così come ricorda l’ex difensore della nazionale francese Robert Budzynski al quotidiano L’Equipe: “Ancora oggi ho dei flashback di quell’incontro che non potrò mai dimenticare. La lezione di calcio che quell’Ajax impartì ai suoi avversari avrebbe fatto il giro del mondo”. Questo era il glorioso Ajax che avrebbe incantato l’Europa con il suo personale e rivoluzionario modo di giocare a calcio e che l’avrebbe condotto a conquistare la terza Coppa dei Campioni consecutiva.
I lancieri di Amsterdam affrontarono questo quarto di finale con una convinzione tale che il loro timoniere e capitano Johan Cruijff così sintetizzò: “Tutti vorrebbero eliminarci, ma il nostro stile ed il nostro modo di giocare è ammirato da tutti. Tutta la comunità calcistica europea ci ammira e poi noi abbiamo l’appoggio ed il supporto di una intera nazione”. Cercare di ridurre il modo rivoluzionario di giocare al calcio a dei semplici schemi appare riduttivo e troppo semplicistico. Ufficialmente, sotto la guida tecnica di Rinus Michels, l’Ajax giocava con il 4-3-3, ma quando attaccavano lo schema diventava un 3-7! La convinzione e l’insistenza di Michels nel ripetere che tutti i giocatori in campo dovevano partecipare sia alla fase difensiva che a quella offensiva, portò la critica sportiva a coniare il concetto di “calcio totale”, sebbene Michels preferisse il termine “arancia meccanica”. Egli basava la sua teoria sul mantenimento del possesso di palla della sua squadra ed attraverso un’ampia varietà di rapidi movimenti creare numerose opportunità per segnare gol. Bill Shankly, furbo ed indimenticato allenatore del Liverpool, dopo aver perso 5–1 ad Amsterdam nel 1966 disse:”Non ci posso credere. Loro sono la squadra più difensiva che io abbia mai incontrato”. Molte delle tattiche si Michels, come la sovrapposizione dei terzini o i movimenti poco profondi dell’ala, erano stati mutuati e adattati dagli schemi delle nazionali del Brasile, dell’Inghilterra, dell’Ungheria e dell’Italia. Tuttavia l’allenatore olandese sintetizzò molto bene queste tattiche in schemi che, uniti ad allenamenti molto intensi (tanto che fu soprannominato “il generale”), fecero si che giocatori eseguissero il tutto in maniera istintiva e immediata. Una volta insegnato ciò, il resto lo facevano i giocatori in campo prendendo decisioni in maniera autonoma, poiché lui era solito dire che “il gioco del calcio si fa sul campo”. Ruud Krol, indimenticato difensore dell’Ajax Amsterdam e della Nazionale Olandese, disse: “non siamo mai scesi in campo con le gambe appesantite dagli allenamenti, sapendo cosa dovevamo fare. Lui riconosceva subito le nostre abilità e ci dava quella tranquillità e sicurezza dicendoci che avremmo fatto le cose giuste. Non ci dava delle indicazioni da seguire in maniera precisa perché sapeva che eravamo intelligenti al punto tale che avremmo capito cosa fare in quel frangente del match”. Rinus Michels lasciò l’Ajax Amsterdam dopo il successo in Coppa dei Campioni nel 1971. Il poco conosciuto allenatore romeno Stefan Kovacs era carico così come lo erano i giocatori prima del quarto di finale contro il Bayern München nel marzo del 1973. L’Ajax affrontava la squadra che aveva tra le sue fila il blocco principale della nazionale tedesca, vincitrice del Campionato Europeo qualche mese prima. Tutti i giornali avevano definito questo match come “una battaglia di stelle”; dal un lato c’erano Cruijff, Krol, Gerrie Mühren, Neeskens, Rep e Keizer, dall’altro Maier, Beckenbauer, Breitner, Hoeness e Müller. Sulla carta non era una passeggiata. Il Bayern München aveva raggiunto i quarti di finale forti di ben 20 reti segnate nei due turni precedenti, tuttavia la loro stagione era stata tutt’altro che agevole. Il 10 febbraio, nella gara esterna contro l’Herta Berlin, un tackle di Ludwig Müller aveva messo ko il suo omonimo Gerd. Il bomber tedesco, pur zoppicante, terminò il primo tempo prima di essere sostituito. Le radiografie non evidenziarono fratture e con una serie di infiltrazioni fu rispedito in campo, agonizzante, contro Wuppertal e Schalke 04. Nell’intervallo della gara contro lo Schalke 04, Müller dichiarò che il dolore era insopportabile e fu sostituito. Due giorni dopo furono ripetute le radiografie all’ospedale universitario di Monaco e le lastre evidenziarono una frattura al perone. Essendo la sfida con l’Ajax Amsterdam oramai alle porte, solo 10 giorni, i dirigenti della squadra tedesca decisero che non c’era tempo per ingessare la gamba di Müller. L’attaccante, che fino a quel momento aveva realizzato 36 reti in 39 gare di coppa, doveva giocare e non importava quanto male avesse. La posta in gioco era troppo alta, ancora di più di entrare tra le prime quattro squadre in Europa. La Seconda Guerra Mondiale era finita da meno di 30 anni ed ogni incontro tra Olanda e Germani Ovest aveva un sapore particolare. Inoltre tra le due squadre vi era una rivalità infinita come disse Gerrie Mühren: “Qualche mese prima li avevamo sconfitti per 5–0 in una amichevole disputata a Monaco. Non fu divertente per loro anche perché sul 5–0 decidemmo di fermarci, ci bastava così”. Inoltre l’allenatore dei bavaresi, Udo Lattek, aveva preso in giro il portiere olandese Heinz Stuy, prima della gara dei quarti di finale, dicendo che la sua squadra gli avrebbe restituito le 5 reti incassate nella famosa amichevole. Tutto ciò contribuì a caricare maggiormente i ragazzi di Kovacs. Le indicazioni tattiche dell’allenatore romeno erano molto semplici: “pressione, pressione”. O, come disse Rep: “dobbiamo tenere la palla nella metà campo avversaria il più possibile, in modo che i tedeschi non possano portarci degli attacchi”. Tre giocatori, Krol, Suurbier e Blankenburg, difendevano sulla linea di metà campo e gli altri pressavano gli avversari nella loro area di rigore. I giocatori dell’Ajax Amsterdam si sentivano ispirati e circondati da un’aurea di invincibilità. “Non appena indossavamo la maglia dell’Ajax noi crescevamo di 10 centimetri in 5 secondi” continuava Krol. I campioni d’Europa furono i primi ad entrare nel tunnel fissando gli avversari che ancora erano dentro il loro spogliatoio. Stuy ancora oggi non può dimenticare l’atmosfera di quella notte allo Stadio Olimpico di Amsterdam: “Lo stadio sembrava un vulcano”. Appena iniziò la gara le parole di Lattek, con cui aveva annunciato che i suoi avrebbero segnato 5 reti, si rivelarono presto una enorme falsità. I tedeschi avevano in mente solo di difendersi. Franz Roth fu messo alle calcagna di Cruijff, ma dopo pochi minuti si beccò subito un cartellino giallo che complicò la situazione. Per il Bayern difendersi si rivelò subito una missione impossibile. Il leggendario n. 14 dell’Ajax era il Picasso del calcio, un genio che poteva realizzare qualunque cosa, trasformandosi in attaccante o giocando in posizione di ala, il tutto a seconda di cosa il gioco richiedesse. Heinz Stuy non era un portiere di classe; i suoi compagni di squadra per prenderlo in giro lo avevano soprannominato Heinz Kroket, perché aveva la pessima abitudine di perdere dei palloni come se fossero delle crocchette bollenti. Sepp Maier, dal canto suo, era forse il numero uno dei numeri uno. Paradossalmente quella sera fu proprio Maier a perdere clamorosamente un pallone. Al quarantesimo minuto, la palla sfuggì dalle sue mani ed il centrocampista Rainer Zobel fu lesto a spazzarla via. Tre minuti dopo Ruud Krol colpì il palo con un tiro da fuori area. Nonostante tutti questi segnali di allarme il Bayern riuscì a chiudere il primo tempo sullo 0–0, dimostrando calma e fiducia. Helmut Schön, allenatore della Germania Ovest, nel commentare la gara alla TV Tedesca disse: “Il Bayern sta eseguendo alla perfezione l’impostazione tattica della partita. Dopo tutto mica possiamo pensare di poter giocare una gara di attacco qui ad Amsterdam”. Nello spogliatoio dell’Ajax, l’allenatore Kovacs disse poche parole: “Pressione, pressione. Tutto andrà bene”. La sua “profezia” si manifestò ben presto. Al 53’ Maier respinse goffamente un tiro del centrocampista austriaco Schilcher e Arie Haan si avventò sul pallone realizzando il gol del vantaggio. Gerrie Mühren disse che quello fu più di un gol, fu come rompere una diga: “Maier era nervoso e i tedeschi erano impauriti. Noi lo potevamo leggere nei loro occhi”. Ma era veramente paura oppure solo la stanchezza di aver giocato solo per difendersi? Il grande centrocampista tedesco Günter Netzer si chiese: “Io non potevo capire come il Bayern potesse collassare completamente nel secondo tempo, però apparvero stanchi ed incapaci di fermare i loro avversari così come avevano fatto nella prima frazione.” Quattordici minuti dopo l’Ajax Amsterdam segnò uno dei gol più belli della storia della Coppa dei campioni. Maier respinge un calcio d’angolo. La palla termina fuori per una rimessa in gioco a favore dei lancieri. Rep scaraventa la palla in area di rigore, ma Breitner la respinge ancora fuori area e Gerrie Mühren, da 25 metri, scagliò un bolide che finì alle spalle di Maier. Michael Drucker, commentatore per la TV olandese rimase estasiato: “Oh Mühren, tiro fantastico. Maier non ha mai subito un gol del genere. Mostratelo in tutte le scuole di calcio!”. A sua volta poi Gerrie Mühren disse: “io segnai uno dei più importanti e dei più bei gol della storia dell’Ajax. Ma nessuno lo sa!”. Il supplizio del Bayern non era finito. Arie Haan e Johan Cruijff realizzarono ancora due reti. Il triplice fischio finale dell’arbitro svizzero Scheurer fu una liberazione per Beckenbauer e soci. L’allenatore tedesco Udo Lattek disse: “Abbiamo giocato i primi 45 minuti in modo splendido, ma un gol stupido, per colpa di Maier, ci ha spinti fuori dei binari del match”. Sepp Maier non aveva bisogno delle accuse di Lattek per capire i suoi errori. Nelle sue memorie di quella gara scrisse: “Un buon Maier avrebbe potuto evitare almeno tre delle quattro reti subite. Un grande Maier tutte e quattro”. L’Ajax perse la gara di ritorno per 2–1. Cruijff decise di non giocare visto che “il lavoro era già stato fatto”. In semifinale il lancieri superarono il Real Madrid ed in finale batterono la Juventus, conquistando la terza Coppa dei campioni consecutiva.

Trovato in rete

http://calcioolandese.blogspot.it/2010/04/il-piu-bel-quarto-di-finale-di-sempre.html

geddy

Re:Il "Gioco" nel Calcio.
« Risposta #17 : Domenica 7 Aprile 2013, 08:45:51 »

Ajax-Bayern del 1973

neweagle

Re:Il "Gioco" nel Calcio.
« Risposta #18 : Domenica 7 Aprile 2013, 08:47:31 »

Il goal di Jairzinho è il gioco nel "calcio". Non credo ci sia difesa capace di opporsi.

La giocata, sem
che partita, in tutti e 4 i gol non c'è una palla giocata sporca.

La maglietta celeste e i calzoncini neri dell'Uruguay.

geddy

Re:Il "Gioco" nel Calcio.
« Risposta #19 : Domenica 7 Aprile 2013, 09:15:43 »


Brasile Olanda del 1974. Brera tutti i torti non li ha. Tenendo presente che anche questo Brasile è una squadra fortissima e tenace. Picchiano e si lasciano picchiare. La palla calciata dal centravanti brasiliano, deviata, esce di un millimetro. Dopo segna l'Olanda. Oggi li avrebbero cacciati tutti dal campo. Pure le fidanzate dalla tribuna.