Autore Topic: Lotito e Zeman: la doppia follia  (Letto 691 volte)

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Lotito e Zeman: la doppia follia
« : Lunedì 13 Agosto 2012, 16:24:56 »
www.corriere.it



La prima coinvolge la Lazio e scatena preoccupazioni anche per l'immobilismo del presidente Lotito, la seconda investe la Roma e provoca aspettative per acquisti di livello e ritorno di Zeman

ROMA - Una doppia «follia» per una doppia incognita. La prima coinvolge la Lazio e scatena una profonda preoccupazione, complici l'immobilismo sul mercato del presidente Claudio Lotito e il punto interrogativo rappresentato da Vladimir Petkovic, neoallenatore all'esordio in una realtà tanto complessa come quella del calcio italiano. La seconda investe la Roma e provoca un'attesa e delle aspettative che faticano persino a essere contenute, in virtù di una campagna acquisti di primo livello e del ritorno sulla panchina di Zdenek Zeman, tredici anni dopo la traumatica separazione.

Il calcio d'agosto è ingannevole e sempre da considerare con estrema cautela. Ma a dieci giorni dall'impegno (per i biancocelesti) nel playoff di Europa League contro gli sloveni del Mura 05, e a poco meno di due settimane dall'inizio del campionato, qualche elemento emerge e non può essere sottovalutato. Lazio e Roma - allo stato attuale - paiono marciare lentamente su percorsi molto diversi. Da un lato, la «follia» di Lotito sta in un mercato senza entrate (escluso il brasiliano Ederson, già infortunato e preso a parametro zero), nel non avere rifondato e rinfrescato un organico già logoro nella passata stagione, malgrado i ripetuti exploit e la Champions League per la seconda volta mancata di un soffio. La novità-Petkovic - qui poco o nulla conosciuto, però molto stimato nell'ambiente internazionale, presentatosi con un certo appeal e con idee di gioco decisamente chiare e accattivanti - non solo non basta, ma può diventare un boomerang a breve giro di posta. Petkovic rischia di andare allo sbaraglio, se non lo si mette in condizione di operare al meglio.

La piazza romana (su entrambe le sponde) è una delle peggiori in cui lavorare (chiedere a Luis Enrique, ma non solo), e quello italiano è un calcio spietato, che non perdona neanche i migliori. Lotito lo sa, e lo sa bene. Petkovic ancora no. Per questo lasciargli in mano la stessa squadra dell'anno scorso, piena di difetti e di problemi, di situazioni irrisolte e di gente in età da pensione, significa votarlo al sacrificio.
A Lotito non si chiedono top player perché tutti conoscono le sue limitate risorse economiche. A Lotito si chiedono chiarezza da una parte e abilità manageriale dall'altra. Quando si hanno pochi soldi, e si è praticamente isolati all'interno del proprio mondo (l'unico con cui faceva affari era Enrico Preziosi del Genoa, prima del caso Granqvist), è necessario sollecitare l'ingegno e farsi venire delle idee. Bisogna avere una struttura adeguata, dirigenti e collaboratori capaci - per esempio - di girare mezzo mondo e scovare giovani di talento a prezzi accessibili. Altrimenti non ci sono «miracoli» ripetibili, o cambi di allenatore in grado di rallentare il declino.

«Ho già in mente la formazione, dipende dalla mia follia», ha detto giusto ieri Zeman. Speriamo non sia una promessa, e nemmeno una minaccia. Intorno al boemo lievita un culto pericoloso e ingiustificato, alimentato anche da coloro che salutarono con giubilo il suo licenziamento nel '99. La Roma appare come una squadra molto competitiva, potenzialmente non inferiore a nessuno. Potrebbe seriamente pensare di vincere se Zeman cominciasse a misurarsi un po' di più con la «normalità» e un po' di meno con la sua «follia».

Giuseppe Toti

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