Autore Topic: Sempre un pò speciali i Laziali  (Letto 727 volte)

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Sempre un pò speciali i Laziali
« : Giovedì 10 Marzo 2011, 22:51:37 »
Mi piace ricordare un episodio di tempi tragici che Laziowiki ha potuto ricostruire elaborando la biografia di un  calciatore della Lazio: Alfredo Bicego (la cui scheda completa è visibile sul sito). Non c'è niente da fare, siamo sempre speciali.

Attaccante. Nato a Malo (Vi) il 10 gennaio 1921, soprannominato il "piccolo Orsi". Ala dotata di coraggio, tiro e velocità. Arrivò alla Lazio nel 1949/50 dall'Udinese (18 presenze e 2 reti in serie B nel 1947/48 e 20 presenze e 11 reti in serie C nel 1948/49), nell'ambito dello scambio con il portiere Brandolin e nonostante non avesse svolto il ritiro perchè in permesso matrimoniale, fu subito schierato titolare in diverse partite amichevoli del precampionato, ma in autunno fu ceduto al Lecce in serie C dove giocò 19 partite e mise a segno 5 reti.

E i partigiani andarono in gol
Ai partigiani di Malo, paese a nord di Vicenza, andò molto meglio che agli eroi della Dinamo Kiev, giustiziati per avere osato vincere 5-3 contro i tedeschi la celebre partita organizzata durante l'occupazione dell'Ucraina da parte delle truppe di Adolf Hitler. In quell'autunno del 1944 i maladensi che dicevano no al nazifascismo giocarono a loro volta contro una squadra di soldati del Terzo Reich, ed essendo nettamente più forti, sbaragliarono gli avversari, ma senza per questo subire rappresaglie. La memoria di questa partita da film tipo 'Fuga per la vittoria' - quello di John Huston, con Pelé e Sylvester Stallone in campo per pareggiare contro la Germania delle SS - è riaffiorata sulla stampa locale grazie alla penna di un giornalista come Mauro Sartori, andato a stanare i ricordi degli ultimi due superstiti della squadra di casa: il centravanti Eugenio Gualtiero, detto Enio, e il terzino Giuseppe Sanson, difensore con la vocazione del gol. Dire Malo significa rievocare il famoso romanzo - 'Libera nos a Malo - che alla gente di questo centro pedemontano ha dedicato lo scrittore Gigi Meneghello, narratore da amare sia per le pagine dedicate alla nerostellata squadra del paese, che per quelle sulla Resistenza, vissuta sul vicino altopiano di Asiago dai 'Piccoli maestri' di un altro libro da raccomandare. "A Malo si viveva di pallone - conferma il fratello Bruno Meneghello, ex partigiano a sua volta - e i tedeschi, si sa, vanno pazzi per il calcio, non perdono mai occasione di giocarlo, anche se stanno facendo la guerra. A questo punto bisogna precisare che i soldati di stanza dalle nostre parti non avevano grandi rapporti con i fascisti della Repubblica Sociale, li consideravano troppo fanatici per i loro gusti. Dovevano invece convivere con la popolazione locale, e così scelgono di battersi contro una rappresentativa del posto, con dentro molti della Resistenza, piuttosto che perdere tempo con quelli della Decima Mas". L'idea di un giorno di tregua correndo dietro al pallone viene a uno degli ufficiali tedeschi, un certo Braun, ricordato per modi affabili e decisioni spesso diplomatiche. Ad appoggiarlo in campo italiano è Carlo Dazzo, titolare di un bar frequentato da tutti, nonché animatore di compagnie filodrammatiche pronte a esibirsi su qualsiasi palcoscenico della zona. Ben presto si conviene che in quel Malo d'occasione possano giocare militanti della Resistenza, a patto di non convocare i combattenti saliti sulle vicine montagne. Sono invece ammessi i cosiddetti 'territoriali'. Quelli che, pur schierati accanto ai Piccoli Maestri, la sera tornano a dormire nelle loro abitazioni. È il caso di Bepi Totti, diventato dopo la guerra archivista dei Volontari della Libertà, così come di personaggi passati alla storia locale, di nome Dorino Dalle Rive, Alfredo Bicego, Enio Gualtiero. Tra i semplici simpatizzanti spicca invece una gloria calcistica del posto, tale Mario Colbacchini. L'incontro, arbitrato dal barista filodrammatico Carlo Dazzo, e disputato davanti a folto pubblico in località Prà de Comon, è senza storia. Al punto che gli unici due calciatori maladensi rimasti in vita, non riescono a precisare con quale punteggio alla fine umiliarono gli avversari. 'Ricordo solo che di gol ne segnai personalmente sette' racconta Giuseppe Sanson, il che, detto da un 'terzino' dell'epoca, testimonia di una superiorità quanto meno schiacciante. Conviviale il dopo-partita, con tedeschi e italiani assieme in trattoria, fino al momento in cui un ufficiale occupante sbotta in un minaccioso 'Ma qui sono tutti partigiani!' che fa comprensibilmente scappare i vincitori giù dalle finestre. Se la cavano con uno spavento i nerostellati della memorabile partita. In un'atmosfera quasi goliardica, destinata a essere cancellata pochi giorni dopo, quando quegli stessi soldati tedeschi impiccano a un terrazzo del paese Domenico De Vicari, nome di battaglia Was. Uno dei 'combattenti' rimasti sui monti anche in quel giorno di calcistica tregua.