Autore Topic: L'ultimo pugno di Alì  (Letto 1708 volte)

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BobCouto

L'ultimo pugno di Alì
« : Martedì 6 Dicembre 2011, 06:59:18 »
LA FINE, trent'anni fa. A Nassau nelle Bahamas. L'ultimo ring, l'ultima ostinazione, l'ultimo tutto. Braci spente, pugni in saldo. Ali scese per sempre dal quadrato. Quello che restava di lui se ne andò sulle sue gambe, ma la tristezza restò. La stessa di oggi a guardarlo seppellire i suoi avversari, ad accompagnare la bara di Frazier.

Gonfio, spento, irriconoscibile. La bellezza svanita. Un'ultima volta sbagliata quella dell'11 dicembre '81, niente funzionava: il match Ali-Berbick iniziò con due ore di ritardo, non si trovavano le chiavi dello stadio, mancavano gli spogliatoi, c'erano solo due guantoni e la campanella fu rimediata in un camion. L'organizzatore dell'incontro, James Cornelius, era stato arrestato già nove volte per traffico di auto rubate.

Un'infima riunione per il pugile che si definiva il più grande, per il campione che aveva cambiato lo sport, ormai all'ultimo pugno. Un'esecuzione più che un match: 14 anni di differenza. Ali che aveva restituito la licenza di pugile alla commissione del Nevada, prometteva miracoli: "Dicono che sono in bancarotta, malmesso, rovinato, che ho danni al cervello e alla parola, i reni a pezzi, quasi morto. Combatto in esilio. Ma vi farò vedere, vi sconvolgerò, sarò il primo 39enne ad essere campione del mondo per la quarta volta". Sua madre, più sincera, era preoccupata: "È troppo vecchio per boxare, non voglio che mio figlio si faccia male".

Nessuno aveva voglia di trasmettere quella boxe decadente:

niente diretta, i tre maggiori network americani dissero no, non erano interessati al supplizio. C'era voglia di guardare da un'altra parte, l'ultimo spettacolo stavolta era uno strazio. Era pronto anche lo slogan: "Drama in Bahama" poi ribattezzato "Trauma in the Bahamas".

Berbick, come tutti quelli convinti di aver visto Dio, non si fece incantare e fino a cinque ore prima dell'incontro non voleva salire sul ring, reclamando che ancora gli dovevano 250 mila dollari. Rifiutò una cambiale e glieli portarono in una valigetta. Non era un fenomeno, ma era un pugile rozzo e solido: 22 incontri da professionista, 17 su 19 vinti per ko. Per Ali, solo un pivello, uno sguattero della violenza.

Ali era grosso, pesante, lento. Non correva, camminava. E rientrava dal footing in limousine. Prendeva un passaggio perché non ce la faceva più. Aveva smesso nel '79, era tornato nell'80 contro Holmes che lo aveva picchiato per undici round. Una punizione selvaggia. Troppo pure per un immortale. La fine era vicina. Lo sapeva anche sua figlia Maryum di 12 anni. "Piangevo quando lo vedevo combattere, anche se vinceva. Non mi piaceva quando lo colpivano, ma contro Berbick per la prima volta gli augurai la sconfitta. Non volevo salisse più sul ring, quella sera ero seduta nell'ultima fila del primo anello e ricordo che mi dissi: se perderà, smetterà, e sarò felice".

Se tua figlia ti vuole sbattere a terra per non avere un papà tumefatto significa che sei andato oltre. Non c'è tanta cronaca di quell'incontro, non serviva. Ali fu colpito, la sua faccia in pena diceva tutto: non aveva più nulla da tirare fuori, tutto era stato consumato. Berbick abusò, Ali resistette: lottò nella quinta e sesta, nella nona beccò un colpo micidiale alla testa, nella decima finì alle corde. Un fantasma, ma non faceva più paura. Nudo e ammaccato davanti al mondo.

Tutti e tre i giudici votarono per Berbick che vinse ai punti. E Ali disse finalmente basta. Dopo 61 incontri, di cui 56 vinti, 37 prima del limite, e 5 persi. La grandezza era svanita e lo ammise. "Padre Tempo mi ha preso. È la fine, devo affrontare la realtà. Dopo Holmes avevo delle scuse: ero troppo debilitato, non respiravo bene. Ora non le ho più, ma almeno non sono finito a terra. Nessuna foto di me al tappeto, nessun dente rotto, né faccia insanguinata. Sono sempre bello. E non me la sono cavata male per un quarantenne. Tutti perdiamo, tutti invecchiamo".

Tutti sì, ma da quando in qua lui era tutti? Sapeva che non avrebbe più combattuto, almeno non in quel senso. Finiva tutto: niente più grandi notti piene di troppo, la cometa si spegneva. Arrivava il buio, nessun happy end. Tornò a Los Angeles. In una bella villa, piena di tappeti persiani, ma lì dentro era solo, vuoto, infelice. Divorziò dalla modella Veronica Porche, non dal Parkinson. Non si ricordava più bene, molte sue parole erano incomprensibili. La gente cominciò a dirgli: cosa hai detto? non ti capisco.

Berbick, l'ultimo a battere Ali: la storia non capì nemmeno lui. La sua era una gloria sporca, da pessima reputazione. Lo guardavano storto: non si malmena un dio. Nell'86 diventò campione del mondo, otto mesi dopo perse il titolo contro il ventenne Mike Tyson, che lo stese al secondo round: "Per vendicare Ali".

Quella notte dell'81, troppo maledetta e punitiva, continuò a fare male. Ma nessuno dei due avrebbe più potuto raccontarla. Né il boia, né la vittima. Berbick perse la vita nel 2006, un nipote gli aprì la testa con due colpi di machete, Ali perse la parola e la memoria. Una notte dimenticata, appunto. 

(di Emanuela Audisio, da Repubblica.it. molto bello)

Giglic

Re:L'ultimo pugno di Alì
« Risposta #1 : Mercoledì 7 Dicembre 2011, 17:23:34 »
Grazie, Bob.

Offline benvolio

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Re:L'ultimo pugno di Alì
« Risposta #2 : Mercoledì 7 Dicembre 2011, 17:31:15 »
Bello l'articolo, Bob. Su Ali' ci sarebbe da aprire un dibattito; personaggio complesso e terribilmente affascinante, grande, grandissmo pugile. "Ho ammanettato i tuoni ed imprigionato i fulmini per liberarli nella mia boxe"...Il parkinson non rallentera' il jab con cui in "thrilla in Manila" ridusse l'occhio di Joe Frazier in un grumo informe.

Mazzola

Re:L'ultimo pugno di Alì
« Risposta #3 : Mercoledì 7 Dicembre 2011, 20:53:13 »
Bello l'articolo, Bob. Su Ali' ci sarebbe da aprire un dibattito; personaggio complesso e terribilmente affascinante, grande, grandissmo pugile. "Ho ammanettato i tuoni ed imprigionato i fulmini per liberarli nella mia boxe"...Il parkinson non rallentera' il jab con cui in "thrilla in Manila" ridusse l'occhio di Joe Frazier in un grumo informe.

Non sarebbe male.
Ricordo (e ancora conservo) articoli del Guerin Sportivo (metà anni 70) in cui la cosa più carina che veniva scritta su di lui era "pagliaccio".
E mi ricordo che l'incontro contro Foreman, ormai entrato nella leggenda, non fu definito così leggendario appena terminato...
Ci sarebbe da parlarne.

BobCouto

Re:L'ultimo pugno di Alì
« Risposta #4 : Mercoledì 7 Dicembre 2011, 21:44:35 »
Nel '76, o '77, avevo il "Diario Sport" e la pagina di "Cassius Clay" - lo chiamavano ancora così - lo descriveva già come una leggenda vivente. Per noi classe 1967 i miti dello sport erano Clay, appunto, e poi Monzon, Niki Lauda, Rivera, Boninsegna, Panatta, Thoeni, Mennea...

Giglic

L'ultimo pugno di Alì
« Risposta #5 : Mercoledì 7 Dicembre 2011, 21:49:05 »
Sono il nipote, nel senso di zio, di un campione italiano dei massimi degli anni '60. Clay, e poi ali come ho imparato a chiamarlo, era il mio idolo con zio che mi spiegava, in un italiano incerto, il match facendomelo vivere.
Ps: zio odia tyson

Offline aquilafelyx

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Re:L'ultimo pugno di Alì
« Risposta #6 : Giovedì 8 Dicembre 2011, 00:07:34 »
l'altra sera su rai sport hanno trasmesso l'incontro del 71 tra Frazier ed Ali , il telecronista ogni tanto lo chiamava ancora Clay :)
M'illumino di Lulic

Bajo las águilas silenciosas, la inmensidad carece de significado.


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Offline benvolio

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Re:L'ultimo pugno di Alì
« Risposta #7 : Giovedì 8 Dicembre 2011, 00:15:57 »
Gli aneddoti sono molteplici, la sua vita è stata romanzata nel bene e nel male. Aldilà del meccanismo infernale che, forse, determinò la sua repentina ascesa al titolo nei famosi match con Sonny Liston, chiacchierati come tutta la sua vita, Alì ovvero Cassius Marcellus Clay rappresentava la faccia terribilmente scomoda della competenza. Mostruosamente bravo, unico nel suo genere, univa uno spessore umano ed una capacità mediatica sconvolgente...peccato che era negro...;) e non si peritava di nascondere il carattere rivendicativo della sua scelta. Antimilitarista, schierato per l'emancipazione degli afroamericani, addirittura al fianco di Malcolm X, anticonformista nel rifiutare l'icona del ragazzo tutto palestra e chiesa ma, soprattutto, convertito all'Islam in modo sfacciatamente provocatorio. Contraddittorio nella vita privata e nei suoi costumi, estremamente coerente nell'incarnare il suo personaggio fino all'indimenticabile mese e mezzo in cui trasformò il match di Kinshasa in una epopea [molto interessante, lo avrete visto tutti, "Quando eravamo re"...], Alì fu un pugile incredibile unendo una rara concezione estetica ad una proverbiale scioltezza, velocità di braccia e mobilità del tronco. Joe Frazier che volle demolirlo nel grande primo match del 1971, ebbe stampato nel cervello quel jab saettante, continuo, che negli altri due incontri divenne la sua tortura. Foreman invece venne annichilito dal bluff di personalità e dal capolavoro stilistico che all'ottavo round del match di Kinshasa lo fece crollare come una statua di regime spazzata via da un colpo d'ala liberatorio.
Ma in ogni incontro disputato, fino al match con Spinks, quando ormai Alì era un ex pugile che ancora riusciva a tenere a bada avversari più giovani di lui, ci si trovava a pensare che lui improvvisamente prendesse a ballare come ai bei tempi.
Dire un fenomeno è dire poco, insomma...

Offline benvolio

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Re:L'ultimo pugno di Alì
« Risposta #8 : Giovedì 8 Dicembre 2011, 00:17:23 »
l'altra sera su rai sport hanno trasmesso l'incontro del 71 tra Frazier ed Ali , il telecronista ogni tanto lo chiamava ancora Clay :)

Era il grande Paolo Rosi Aquilafelyx...Le sue telecronache erano narrazioni, storie in diretta...che televisione, che pugili, che telecronisti!

Mazzola

Re:L'ultimo pugno di Alì
« Risposta #9 : Domenica 11 Dicembre 2011, 23:03:17 »
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Giglic

Re:L'ultimo pugno di Alì
« Risposta #10 : Lunedì 12 Dicembre 2011, 06:14:22 »
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Me la ricordo! Avrò avuto forse 15 anni quando la vidi. Era presentato come un "gigante buono", vero?
(se non erro, poi, era il periodo di Carter...)