La paranoia è iniziata sabato pomeriggio in una ferramenta abruzzese: mi si para davanti un giovine coprofago diecienne cappellin-merda munito, profetizzo subito un segnale nefasto.
Nell'isolamento dell'esilio volontario compero addirittura il trigorrieredellosporc, con settimana enigmistica, che Bartezzaghi mi perdoni l'empio accostamento.
Avanti poi verso il ritorno ai castelli, nel luogo in cui su sei partite-sei s'erano materializzate cinque sconfitte e un pareggio, diobono.
Me dico: avanti così, per sfida, per la legge dei grandi numeri, ma soprattutto per la legge che dopo troppi derby persi quelle solite immani facce da culo hanno bisogno di una lavata d'umiltà.
Dopo il gol di "barba-capelli-osvardo" le facce da culo già gongolano, tronfie, stronze come non mai.
Poi mi ricordo poco, abbracci a quasi tutti, immancabili rosicate da antologia, facce da culo assolutamente inermi.
La Lazio è viva.
Evviva la Lazio.