L’argomento principe di chi contesta la Resistenza è sempre lo stesso: i morti sono tutti eguali, per cui, dopo quasi 60 anni bisogna superare le divisioni e ritrovare una unità nazionale anche nelle celebrazioni. La risposta è semplice: i morti da morti sono tutti eguali, è vero, ma da vivi furono diversi, perché una parte (i partigiani e gli antifascisti) combatté dalla parte giusta, quella della libertà e della democrazia, e l’altra (i fascisti di Salò) combatté dalla parte sbagliata, quella della barbarie e della tirannide.
Ma questo è un sito di cultura calcistica ed è giusto che il discorso venga riportato, dopo questa doverosa premessa, ad una dimensione più festosa a più leggera. Per questo vi voglio raccontare il rapporto che ebbero con il calcio alcuni grandi protagonisti della Resistenza.
Innanzi tutto Sandro Pertini. A chi gli domandava per chi tifasse, il grande Sandro rispondeva piccato: “Il Presidente della Repubblica tifa soltanto per la Nazionale”. E quanto tifo facesse per la Nazionale lo vedemmo poi nel 1982 nella storica finale di Madrid, in tribuna, fra il Re di Spagna e il Cancelliere tedesco.
Ma una persona che si recava periodicamente al Quirinale per giocare a scopone con Pertini e altri vecchi compagni mi raccontò che un giorno, durante la partita a carte, la radio dette la notizia della vittoria del Genoa e il Presidente esultò e, tradito dall’emozione, sbagliò anche la giocata. Il vecchio savonese tifava di nascosto per il vecchio Genoa.
Anni fa collaboravo con Astrolabio il giornale diretto da Ferruccio Parri. Per chi non lo ricordasse Ferruccio Parri era un austero signore di grande coraggio che aveva sfidato il fascismo a viso aperto, era stato condannato a morte ed era evaso due volte dalle prigioni fasciste. Un giorno insieme ai fratelli Carlo e Nello Rosselli (che saranno poi trucidati in Francia su mandato di Mussolini) riuscirono ad arrivare, partendo dalla Liguria, con un motoscafo fino a Lipari dove liberarono il vecchio Filippo Turati, il capo storico del Socialismo.
Dopo la Liberazione, Parri per alcuni mesi fece il Presidente del Consiglio con un impegno estremo: tornò a casa soltanto quando finì il suo mandato e ogni notte dormì nella brandina che si era fatta mettere nel suo ufficio.
Ebbene, d’accordo con il segretario di redazione di Astrolabio, laziale come me, cominciammo a chiedere i biglietti di tribuna d’onore per le partite della Lazio, usando il nome di Parri, il quale un giorno se ne accorse e ci redarguì severamente. Il mio amico si giustificò dicendo che mai e poi mai avrebbe immaginato che una persona come lui potesse essere interessata a una partita di calcio. Parri non disse niente ma il giorno dopo si presentò con un libro in mano, un vecchio almanacco di calcio. Lo aprì all’anno 1912 e alla squadra del Genoa e ci mostrò il nome dell’ala destra titolare: si chiamava Ferruccio Parri e aveva segnato anche sette gol.
Questi due grandi uomini che avevano impegnato la loro vita nella politica e nella lotta, che avevano passato molti anni della loro vita in prigione o in esilio (Pertini fece per molti anni il muratore a Nizza), riservarono nel loro cuore, tutto preso dalla passione civile, un posticino anche per il calcio.
Giancarlo Governi