Partita condizionata dall'atteggiamento degli ospiti, scesi in campo con una verve agonistica decisamente fuori controllo.
Si prenda Agolli, per giunta capitano della selezione schipetara: fallaccio del tutto gratuito ai danni di Zappacosta, su un pallone innocuo avviato in fallo laterale; neppure il tempo per l'arbitro di rimettere nel taschino il giallo e altra entrata, che poteva meritare una doccia anticipata.
Una squadra esagitata, impresentabile a certi livelli per il modo di stare in campo, lontanissima parente della formazione uscita a testa alta dagli Europei.
Un simile inconveniente ha spezzato il ritmo agli Azzurri, costretti a salvare le gambe e ad affidare la propria pericolosità a iniziative occasionali, senza tessere una trama di gioco più coerente.
Hanno inciso negativamente in tal senso anche lo schieramento, una riproposizione spuria e non del tutto assimilata del 4-2-4 di Ventura a Bari, e la regia di Verratti: non male la sua prestazione, ma il centrocampista del PSG appare ormai sintonizzato con le mansioni di mezzala, incluse quelle di randellatore, più che con le incombenze da riferimento unico e obbligato della manovra.
Forse un fatto di concentrazione, materia nella quale il primo ruolo concede delle pause e il secondo assai meno, imponendo sollecitazioni mentali cui l'ex pescarese sembra disabituato.
L'altra soluzione di continuità, con ulteriore ostacolo sulla strada di una prestazione organica, è giunta dal lancio di petardi e dalla conseguente sospensione della partita.
Se tre indizi fanno una prova, i disordini nelle gare interne con Serbia, Croazia e appunto Albania - e sempre con teppisti venuti da fuori - lasciano intendere un problema specifico nel tifo di quell'area geografica.
Senza scadere in generalizzazioni fastidiose e ingiustificate: si è fatto tutto il possibile per filtrare - innanzitutto in partenza - individui verosimilmente non sconosciuti alle forze dell'ordine, nonché accompagnati da arsenali piuttosto ingombranti?