Autore Topic: Calcio e mafie  (Letto 1843 volte)

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zorba

Calcio e mafie
« : Mercoledì 29 Dicembre 2010, 07:46:15 »
(Il Fatto Quotidiano 29.12.2010)

SCOMMESSE IN LEGA PRO, L’OMBRA ADELLA CAMORRA

Nel mirino il gruppo Intralot, sede in Grecia e attività in 50 Paesi nel mondo, sbarcata in Italia nel 2007 Dove gestisce circa 600 punti vendita

(di Antonio Massari) - inviato a Napoli

“Durante la stagione calcistica 2008/2009, il nostro circuito, non ha accettato scommesse sul campionato di serie C”. È il 22 novembre quando Bruno Lener, 47enne calabrese di Vibo Valentia, viene sentito (come persona informata sui fatti) dal pm napoletano Pierpaolo Filippelli. Lener è il direttore commerciale della “Intralot”, gruppo che si occupa di scommesse sportive, ha sede in Grecia ed è presente in 50 nazioni, tra cui l’Italia, dove è sbarcato nel 2007. La procura di Napoli – i pm Filippelli, Claudio Siragusa e il procuratore aggiunto Rosario Cantelmo con l’ausilio del Nucleo investigativo dei Carabinieri di Torre Annunziata – stanno concentrando l’indagine su Intralot per comprenderne i legami con la camorra. In ballo non c’è soltanto il giro di scommesse sulle partite di calcio: c’è la manipolazione dei campionati. Vogliono capire quanto i clan abbiano influito, e stiano ancora influendo, sui risultati dei tornei. C’è una traccia fin troppo evidente: il banco scommesse che salta per tutto – o gran parte – il campionato di Lega Pro (la ex serie C), come spiega Lener, che aggiunge: è una scelta adottata anche dai nostri concorrenti. Ma non è l’unica traccia. Accade – per esempio – che un calciatore italiano, mezz’ora prima che l’arbitro ne fischi l’inizio, conosca il risultato d’una partita della massima divisione tedesca, la Bundesliga: una delle 200 partite sospette che l’Uefa considera “la punta dell’iceberg” del “più grande scandalo del calcio europeo”. E soprattutto: c’è un precedente. L’inchiesta – che è in pieno sviluppo e alza il tiro di giorno in giorno – prende spunto da un incontro “truccato” il 5 aprile 2009. Campionato di Lega Pro: Juve Stabia-Sorrento 1 - 0. Per questa partita – e per altri fatti di camorra – a ottobre sono state arrestate 22 persone. E il direttore commerciale di Intralot spiega: “Quando sono venuto a conoscenza della combine tra la Juve Stabia e Sorrento ne ho parlato con Maurizio Lopez”.

La società greca al centro dell’inchiesta
LOPEZ – oggi indagato per associazione per delinquere – è un profondo conoscitore della “borsa” delle scommesse: “È il responsabile della direzione quote e rischio della Intralot”, spiega Lener. “In sostanza – prosegue – è lui e il suo staff che si occupano di creare le quote e di farle ‘evolvere’ durante la settimana e, successivamente, di accettare o meno le ‘grosse’ scommesse”. Ed ecco cosa risponde Lopez a Lener sulla partita truccata tra Juve Stabia e Sorrento: “Lopez mi ha detto – racconta il direttore commerciale di Intralot – che non solo non avevamo raccolto scommesse su quella partita, ma non avevamo accettato giocate per tutto quel campionato o, comunque, per un rilevante periodo. Lopez mi disse che era stato lui stesso, dall’analisi che aveva fatto delle puntate, e da una serie di informazioni in suo possesso, a ritenere che gli eventi calcistici erano falsati e a segnalare, informalmente, questa circostanza ai Monopoli di Stato. Precisò che l’indirizzo scelto da Intralot era stato seguito anche dai nostri concorrenti”. Se quanto dice Lener è vero, i Monopoli di Stato, sapevano che i campionati potevano essere stati falsati: sarebbe stato proprio Lopez, sebbene “informalmente”, ad avvertirli. Non solo: oltre Intralot, per gli stessi motivi, anche altri gruppi avrebbero evitato giocate per partite sospette. Ma è su Intralot che la procura di Napoli, per il momento, ha puntato l’attenzione. Il gruppo Intralot ha sede in Grecia, è quotata in Borsa ad Atene, dichiara d’essere attivo in 50 Paesi ed è sbarcato in Italia nel 2007, dove gestisce circa 600 punti vendita (15 di proprietà, il resto in franchising). Intralot Italia, nel 2009, può vantare ricavi per 220 milioni di euro, ma è ancora in perdita per 2,2 milioni, sebbene in crescita, visto che nel 2008 ne perdeva 9,2. La quota di mercato italiano di Intralot è per il momento relativamente modesta: il 5,4 per cento. A marzo è cresciuta fino al 5,6. Non possiamo quindi parlare di un gigante, se raffrontiamo i 220 milioni di ricavi con l’intero volume d’affari delle scommesse sportive che, in Italia, nel 2009, ha toccato i 4 miliardi di euro. Un mercato in crescita – nel 2003 ammontava a 1,2 miliardi – ma che ha subìto una battuta d’arresto proprio nel 2009. Nel 2008 era cresciuto del 50,8 per cento sul 2007, l’anno scorso è aumentato solo dell’1 per cento rispetto al 2008. Un mercato dominato da tre operatori storici – Snai, Lottomatica e Sisal – dove è molto difficile conquistare spazi. E infatti Intralot si sta interessando anche alle videolotterie, un’evoluzione delle slot machine, e punta all’apertura di tre “mini casinò”. Ma l’attenzione degli inquirenti è concentrata sulle scommesse e sulle frodi sportive. C’è un sospetto: questa vicenda può essersi spinta oltre i confini della Campania. La camorra potrebbe aver conquistato altre regioni e altri campionati. E quello tra Juve Stabia e Sorrento, potrebbe essere il canovaccio di altri episodi, quindi torniamo al 5 aprile 2009 e all’incontro “truccato”. “Una piscina senz’acqua, una coca-cola senza ghiaccio, un professionista serio, sì, ma forse sfortunato o qualcuno dice impreparato. Nella ripresa è fatale una sua respinta goffa e corta su punizione di Grieco. Mineo insacca un gol che nemmeno nei suoi sogni era riuscito a realizzare”. Il cronista sportivo Roberto Fiorentino chiude la sua pagella con un 4 e mezzo: voto da bocciatura, per il portiere Vitangelo Spadavecchia, ex nazionale under 20, autore d’una respinta talmente goffa da risultare un assist delizioso per l’attaccante della Juve Stabia.

Una farsa non una partita
OLTRE al quattro e mezzo, però, con la sua papera, Spadavecchia avrebbe incassato anche un bel po’ di soldi: da uomini legati al clan d’Alessandro di Castellamare di Stabia. Soldi che avrebbe fatto fruttare, quello stesso giorno, scommettendo circa 20mila euro sulla sconfitta della sua squadra. E proprio quella scommessa rassicurò gli uomini del clan, che su Spadavecchia avevano investito per truccare la partita e che, nel frattempo, attraverso un prestanome, gestivano anche le giocate del centro Intralot di Castellamare di Stabia. Ed ecco che le due storie – la partita truccata e il giro di scommesse – s’intrecciano davanti agli occhi degli investigatori. In questa fase, gli uomini chiave, sono quattro.

“Le indagini – scrivono gli inquirenti – hanno dimostrato che Cristian Biancone ha organizzato, con Francesco Avallone e con la collaborazione di Michele Scannapieco, la combine di incontri calcistici in almeno tre occasioni – a una delle quali ha partecipato Spadavecchia”. Tutti indagati per frode sportiva e associazione per delinquere. E quindi: gli incontri truccati, individuati dagli investigatori a ottobre, sono almeno tre. Di uno solo, per il momento, v’è certezza: quello tra Juve Stabia e Sorrento. Ma chi sono i quattro uomini citati dalla procura? Cristian Biancone – arrestato a ottobre e rilasciato pochi giorni fa – è un calciatore romano, nato a Colleferro 33 anni fa, con un passato da attaccante professionista nei campionati di serie B e C. Vitangelo Spadavecchia – indagato ma non arrestato – oggi è portiere dell’Andria calcio in prima divisione. E fin qui siamo nell’ambito delle scarpette chiodate. Michele Scannapieco è il primo anello di congiunzione con la Intralot: è il gestore del centro scommesse di Sorrento. “Il punto Intralot di Sorrento – dice Lener al pm Filippelli – era gestito da entrambi i fratelli Scannapieco, con i quali ho avuto modo d’interloquire”. Lener, quindi, conosce bene uno dei quattro indagati per la frode sportiva. “Non so chi sia Francesco Avallone – aggiunge – non è certo un nostro dipendente, né con lui abbiamo mai avuto nessuna relazione commerciale”. Il punto è che Avallone aveva una stretta relazione   commerciale con il gestore Intralot di Sorrento e Castellammare di Stabia: alla gestione ufficiale delle scommesse con il marchio Intralot, infatti, s’affiancava una gestione clandestina. “Ad Avallone e Michele Scannapieco – scrivono i pm – è affidato il compito di veri e propri registri di raccolta delle scommesse clandestine sugli incontri sportivi, di cui tengono la contabilità”. Ma chi controlla, nei fatti, i centri Intralot di Sorrento e Castellammare di Stabia? Un uomo del clan D’Alessandro: Paolo Carolei. “Esponente di spicco della criminalità organizzata campana già a partire dagli anni Ottanta – scrivono i pm – al quale sono conferiti diretti poteri gestionali, in relazione al riciclaggio e al re-investimento dei proventi illeciti acquisiti dal clan D’Alessandro. Costituisce la mente finanziaria della cosca. Ha acquisito, anche tramite prestanomi, il controllo e la gestione diretta di due punti scommesse del circuito Intralot”.

Il primo cerchio si chiude
E COSÌ il primo cerchio si chiude: la camorra – sostiene l’accusa – ha interesse a controllare i due punti Intralot perché sono un ottimo canale di riciclaggio e re-investimento dei capitali illeciti. Ed è proprio il direttore generale di Intralot a spiegare che i centri scommesse sono delle miniere. Gli investigatori l’avevano scoperto già con le intercettazioni: “Il Corner di Cascone è uno dei nostri punti vip - dice al telefono Concetta Falcone - l’anno scorso ha fatto quattro milioni e mezzo di euro”. Concetta Falcone – indagata per associazione a delinquere – è un elemento chiave in questa vicenda: “Riveste la qualifica di ‘responsabile commerciale di area’ per le province di Napoli e Salerno – spiega Lener ai pm – e il suo compito è quello di individuare i nuovi gestori. Compito della Falcone è tutelare l’interesse dell’azienda, evitando che tramite la rete Intralot siano organizzate e gestite scommesse clandestine”. Obiettivo perfettamente fallito. Quanto al fatturato, Lener precisa: “Il punto scommesse di via Pioppaino, dalla sua apertura nel 2007, aveva fatturato molti soldi. Posso dire che si tratta d’una cifra pari a quasi 10 milioni di euro”. E negli atti dell’inchiesta i pm non mostrano dubbi: per l’agenzia scommesse Intralot di Via Pioppaino a Castellammare di Stabia, gli inquirenti parlano di un volume d’affari “direttamente riconducibile alla titolarità effettiva di Paolo Carolei”. Lener però – messo alle   strette dall’evidenza delle intercettazioni e degli atti d’indagine – aggiunge un’ulteriore considerazione: “Leggendo l’ordinanza ho ricavato il convincimento che, effettivamente, ci fosse un giro di scommesse clandestine in questa vicenda (...). Addirittura mediante la falsificazione, sulle ricevute di gioco, del logo Intralot e di quelli delle altre società concessionarie. Si tratta, in sostanza, della nuova frontiera delle scommesse clandestine per via telematica”. Che ci fosse un “giro di scommesse clandestine”, in realtà, Lener doveva averlo compreso già da tempo e ben prima di leggere l’ordinanza: “La Falcone mi aveva denunciato, verbalmente, la possibilità concreta che il punto Intralot gestito dai fratelli Scannapieco utilizzasse dei software per contraffare i titoli di gioco e, dunque, per organizzare e gestire scommesse clandestine. Contestammo verbalmente questa cosa agli Scannapieco, Alberto e Michele, dicendo loro che, in presenza d’una prova concreta, li avremmo denunciati”. Eppure di prove concrete, stando agli atti dell’indagine, Concetta Falcone già doveva averne accumulate parecchie: secondo l’accusa, all’interno dell’associazione per delinquere, aveva un ruolo preciso: “Smistare, almeno in parte, sul circuito legale delle scommesse le eventuali perdite subìte dall’organizzazione in caso di grosse vincite, da parte degli scommettitori, che avevano effettuato puntate vincenti avvalendosi del sistema clandestino”. In altre parole esisteva una sorta di sistema parallelo: da un lato le scommesse ufficiali, dall’altro le scommesse clandestine. In caso di vincita, incassava il sistema clandestino, in caso di perdita, pagava Intralot. E l’anello di congiunzione era Avallone, il quarto uomo che Lener dice di non conoscere. Lo stesso che si occupa di truccare la partita tra Juve Stabia e Sorrento. E – sempre secondo l’accusa–almeno altre due. È intercettando Avallone che i pm s’imbattono nell’attaccante Biancone.

Un attaccante molto informato

SCOPRONO che – inspiegabilmente – avrebbe conosciuto in anticipo persino il risultati della Bundensliga: “Senti – dice Biancone ad Avallone – hanno fatto un numero in Bundesliga, mica da ridere (...). Hanno fatto un capolavoro proprio! (...) Io l’ho saputo mezzora prima!”. “E che partita?”, chiede Avallone. “Bochum e Energie Cottbus... lo sapevano già che finiva uno la partita, però, fino a venti minuti prima della partita, non c’è stato un euro puntato sopra! (...). I primi venti minuti che iniziasse la partita, hanno scaricato 1 milione e 280 mila euro (...). Come andava in vantaggio la squadra di casa, in live, scaricavano ancora trenta, quarantamila, sull’uno!”. Come facesse Biancone a sapere il risultato in anticipo resta ancora un mistero. Ciò che è più chiaro – a giudicare dalle intercettazioni – è invece il suo ruolo di intermediario nel truccare le partite. Gli investigatori parlano di “tre combine”. La prima emerge a dicembre del 2008 quando “Biancone contatta Avallone perché ha da riferigli ‘buone notizie’”, scrivono i pm. “Scannapieco (il gestore di Intralot, ndr) contatta Avallone per sapere cosa trattassero le belle notizie – scrive l’accusa – e l’Avallone riferisce che Biancone ha prospettato la possibilità di indirizzare il risultato finale di un incontro sportivo, con la complicità di quattro calciatori, pagando la somma anticipata di 25 mila euro a un intermediario di Bari”. Continuando a intercettare scoprono il trucco su Juve Stabia-Sorrento: “La situazione è come facciamo sempre le volte”, dice Avallone a Biancone,“io gli ho detto più o meno cosa si deve fare... e vedi tu cosa puoi fare! Metà e metà ... vedi tu come puoi fare ... parla con loro”. L’affare va in porto, come dimostrano da un lato le intercettazioni, dall’altro la “papera” di Spadavecchia, portiere del Sorrento calcio che, prima della partita, decide di puntare sulla sconfitta della sua stessa squadra: “Ha prenotato 20 mila euro sull’uno”, si dicono Avallone e Scannapieco, “ha detto che quello, Spadavecchia, ha prenotato 20mila. Perciò, se Spadavecchia ha giocato già con i 20 mila, mica si può tirare indietro? Se lo ha fatto il portiere, che cosa dobbiamo fare più?”.


Attaccanti pericolosi - Cristian Biancone, punta dell’Avellino, fermato e poi rilasciato nell’operazione contro i clan (FOTO OLYCOM)



Puntate proibite per 5 miliardi Una “torta” che piace ai boss

(di Luca De Carolis)

UNA TORTA da 5 miliardi, solo nel 2010. È il giro d’affari delle scommesse clandestine sul calcio in Italia. Un calcolo per difetto, perché il mondo delle puntate in nero sconfina spesso in quello delle puntate legali: ufficiali e fruttuose, dato che ogni anno spostano oltre 4 miliardi di euro. Un’occasione imperdibile per la malavita organizzata, che da anni ha fatto delle scommesse, illegali e non, una delle sue principali fonti di entrate. Camorra, mafia e ‘ndrangheta fanno correre il pallone come e dove vogliono loro, soprattutto nelle serie minori e soprattutto nel Sud. Le partite devono andare secondo le indicazioni dei picchetti clandestini, che hanno retto alla concorrenza delle agenzie legali alzando i premi e aumentando la presenza del territorio. Ma per non correre rischi, i clan si sono infiltrati in diverse delle 5000 società legali per le scommesse, oppure ne hanno pesantemente influenzato gli affari, muovendo le puntate a proprio piacimento. Il recente libro di Daniele Poto “Le mafie nel pallone” è prodigo di cifre. Sono più di trenta le famiglie di punta coinvolte nelle indagini sulle infiltrazioni mafiose e la corruzione nel calcio tricolore. Dai Lo Piccolo ai Casalesi, per passare ai Pellè e ai Santapaola, tutti i clan più potenti compaiono nelle carte degli inquirenti. Convinti che le mafie tirino spesso e volentieri i fili di dirigenti e calciatori, sino a inghiottire intere società. Non solo in Campania, Puglia e Sicilia, le tre regioni dove si scommette di più (anche alla luce del sole). Ma anche in Lombardia e nel Lazio, altre due regioni dove il pallone rotola troppo spesso in modo sospetto. Prima e Seconda Divisione, ovvero le vecchie serie C1 e C2, sono le più flagellate. Ma le ombre si affacciano di frequente anche sulla serie B. Un campionato che come sponsor principale ha un’agenzia di scommesse, l’austriaca Bwin. E persino la serie A dei lustrini e delle copertine non è immune da spifferi e brutti pensieri. Parecchi, stando alle cifre.

SOLO nella scorsa stagione, le partite sospette tra A e B sono state 36, di cui 25 nel campionato cadetto. Gare definite a rischio dalle stesse agenzie di scommesse, italiane e straniere, che in molti casi hanno sospeso le puntate su risultati e annessi (numero di gol, punteggio in determinati fasi della partita). Perché avevano fiutato strani movimenti. Nel maggio scorso il Sun, vendutissimo quotidiano inglese, dedicò un lungo articolo alla valanga di scommesse sul pareggio in Chievo-Catania, giocata il 21 marzo e finita 1 a 1. Un pari che dissanguò gli scommettitori d’Oltremanica, tanto da spingere il Sun a scegliere un significativo titolo: “The italian job” (Un colpo all’italiana). La procura della Federcalcio invece aprì un’inchiesta. Gli investigatori federali si sono mossi anche pochi giorni fa, aprendo un fascicolo sul pareggio per 3 a 3 tra Albinoleffe e Piacenza, posticipo di B dello scorso 20 dicembre. A sollecitarli sono stati i Monopoli di Stato, colpiti dall’anomala quantità di puntate sul pareggio. Mentre gli operatori esteri hanno registrato una valanga di scommesse sulla gara: nove volte maggiori del consueto.


zorba

Re:Re:Ma calciopoli?
« Risposta #1 : Mercoledì 12 Gennaio 2011, 08:07:49 »
(Il Fatto Quotidiano 12.01.2011)

LA CAMORRA NEOPROMOSSA IN SERIE B

Gli interessi dei clan campani svelati dalla strana Albinoleffe-Piacenza

(di Antonio Massari)

Napoli - L’Antimafia ora indaga sulla Serie B: il sospetto di una combine tra Albinoleffe e Piacenza, secondo la Procura di Napoli, potrebbe essere più che fondato. Il 20 dicembre l’incontro finisce con un pareggio ricco di gol: 3-3. Il giro di scommesse si concentra sul risultato statisticamente meno probabile, proprio la “x”, fino a raggiungere una proporzione sconcertante per gli analisti del borsino calcistico: puntare 2 euro, su quel pareggio, significava guadagnarne 6. E di ora in ora, man mano che si avvicinava il fischio d’inizio, le puntate aumentavano a dismisura. Gli analisti delle maggiori società di scommesse, attraverso i software che segnalano i picchi delle giocate, registrano l’anomalia: la quota inizia a scendere, fino alla sospensione delle puntate, decisa proprio perché quell’anomalia porta a sospettare una combine.

C’È UNA SOCIETÀ che, però, non interrompe nulla, fatta eccezione per alcune sospensioni a sprazzi, durante la giornata, che non modificano la decisione finale: le scommesse sul pareggio vengono accettate e, con esse, anche il rischio di essere sbancate. A maggior ragione per un motivo: in molti non puntano soltanto sul pareggio, ma anche sul risultato, e cioè sulla possibilità che quella “x” registri più gol. E, infatti, ne vengono realizzati ben sei. Quella società si chiama Intralot: è quella sulla quale sta indagando il pm della Dda (direzione distrettuale antimafia) di Napoli Pierpaolo Filippelli, che ipotizza le mani della camorra sulla gestione del gruppo, almeno in alcune filiali di Castellamare di Stabia. E non soltanto in quelle. È durante un interrogatorio che qualcuno spiega agli inquirenti: bisogna prestare attenzione ad Albinoleffe-Piacenza, al suo risultato, al numero dei gol, e soprattutto a questo “dettaglio”: Intralot – a differenza degli altri gestori – non ha sospeso le scommesse sul suo pareggio. Perché gli altri si sono tutelati con la sospensione e Intralot non l’ha fatto? Perché gli analisti di Intralot hanno valutato diversamente l’andamento di quelle puntate e non hanno sospettato, a differenza degli altri, l’esistenza di una combine? È questo che la procura di Napoli, i pm Filippelli, Claudio Siragusa e il procuratore aggiunto Rosario Cantelmo, insieme con il nucleo investigativo di Torre Annunziata, vogliono capire. E proprio a partire da quella testimonianza, che arriva ben prima di un’altra decisione importante, quella della Figc che, a pochi giorni dalla partita, apre un fascicolo d’indagine conoscitiva.

È INEVITABILE, a questo punto, che gli investigatori della procura di Napoli e quelli della Figc si scambino le rispettive conoscenze su questo fenomeno. Potrebbe non essere l’unico. E   non dev’essere un caso che, appena due giorni dopo la partita Albinoleffe-Piacenza, vengano perquisite l’abitazione e gli uffici di un personaggio chiave di Intralot: Maurizio Lopez, indagato per associazione per delinquere, l’analista del gruppo, l’uomo che decide se e quando sospendere le scommesse. Dalle perquisizioni, gli investigatori, trovano conferme ai propri sospetti: Lopez è stato in contatto con uomini legati alla camorra. Ma c’è un elemento in più a insospettire gli investigatori.
Intralot non è un gruppo italiano: ha sede in Grecia, è quotata in Borsa ad Atene, è attivo in 50 Paesi ed è sbarcato in Italia nel 2007, arrivando a gestire 600 punti vendita, per la maggior parte affidati in franchising. Nel 2009 vanta 220 milioni di euro di ricavi, ma risulta ancora in perdita di 2,2 milioni e nel 2008, a un anno dal suo ingresso sui mercati, ne perdeva 9,2. Non ha sfondato sulla piazza italiana: copre soltanto il 5,4 per cento dell’intero settore. Secondo la procura, però, almeno tra Sorrento e Castellamare di Stabia, a controllare Intralot è un uomo del clan d’Alessandro: Paolo Carolei, definito un “esponente di spicco della criminalità organizzata campana già a partire dagli anni Ottanta – scrivono i pm – al quale sono conferiti diretti poteri gestionali, in relazione al riciclaggio e al re-investimento dei proventi illeciti acquisiti dal clan D’Alessandro”.

CAROLEI, secondo l’accusa, “costituisce la mente finanziaria della cosca. Ha acquisito, anche tramite diversi prestanome, il controllo e la gestione diretta di due punti scommesse del circuito Intralot”. E allora, torniamo alla perquisizione di Lopez, e ai riscontri ai sospetti dei pm: l’uomo chiave del gruppo, l’analista che decide quali scommesse accettare e quali non, l’esperto che dovrebbe stanare le anomalie e i rischi di combine, è anche un uomo vicino a esponenti della camorra. Ma non solo: è proprio da una sua società, nel 2006, che Intralot acquista la licenza che le consentirà, un anno dopo, di partecipare alla gara per entrare, nel mercato italiano, conquistando un pacchetto di ben 416 punti scommessa. Un altro tassello fondamentale per comprendere cosa stia avvenendo nel mercato delle scommesse, e nei campionati di calcio, da quelli minori fino alla Serie B: un altro tassello che non riguarda più soltanto, come nel caso di Albinoleffe-Piacenza, le indagini della Figc. Riguarda gli interessi della camorra nel calcio italiano. Anche ai massimi livelli.


Lo scorso 20 dicembre a Bergamo l’Albinoleffe ospita il Piacenza (FOTO ANSA)


zorba

Re:Re:Ma calciopoli?
« Risposta #2 : Giovedì 13 Gennaio 2011, 09:09:58 »
(Il Fatto Quotidiano 13.01.2011)

L’INTERVISTA Raffaele Cantone

Calcio e mafia? Porta d’ingresso nella società

(di Antonio Massari)

Nel suo ultimo libro sulle mafie, I Gattopardi (Mondadori), scritto in collaborazione con il giornalista de L’espresso Gianluca Di Feo, il giudice Raffaele Cantone dedica un intero capitolo al calcio. Da ex pm dell'antimafia di Napoli, Cantone, ha indagato per anni - ottenendo condanne su condanne - sul clan dei “casalesi”.

Quanto e perché è importante il calcio per le mafie?

È molto importante e per diversi aspetti: il consenso, il guadagno economico, il vantaggio di poter intrecciare relazioni che contano. Il rapporto tra calcio e mafie va monitorato con costanza, a partire dal bagarinaggio e dal merchandising abusivo, passando dal settore delle scommesse e finendo ai procuratori dei calciatori.

La Procura di Napoli indaga su una partita di Serie B, Albinoleffe-Piacenza, perché potrebbe essere stata truccata e si sospetta l’influenza della camorra: non la sorprende che possa arrivare a influenzare una partita del secondo campionato italiano?

Il discorso è complesso e va guardato da più angolazioni. Partiamo da un dato storico: la legalizzazione delle scommesse è un fatto recente, ma la camorra ha sempre gestito il suo mercato clandestino. I clan avevano bisogno di un esperto che organizzasse le quote. I “casalesi” commissionavano le quote a Napoli. Era un’organizzazione raffinata. Con la legalizzazione del gioco, questa professionalità è soltanto affiorata alla luce del sole. La differenza è che oggi le mafie – e questo avviene soprattutto nelle serie minori – vogliono spingersi più in là: fino a controllare le società di calcio.

In questo caso parliamo di una presunta partita truccata in Serie B.

Le parlo in generale, senza entrare nel caso specifico, ma un fatto è certo: quanto più la partita è importante, tanto più è difficile condizionarla. Per un motivo semplice: la guardano in troppi. In tanti si accorgerebbero se un calciatore, per esempio, si facesse espellere senza motivo. Il rischio di combine aumenta nelle serie minori. Il punto, però, è che anche la Serie B è diventata una serie minore: la fetta più grossa degli introiti – a partire dai guadagni sui diritti televisivi – riguarda la Serie A. La conseguenza è che le società dei campionati minori, arrivando fino alla “B”, rischiano di finire nelle mani di avventurieri disinteressati allo sport, ma concentrati sul guadagno che deriva dal gestire una squadra. È in questo contesto che l’inquinamento si fa maggiore. Un controllo preventivo sugli acquirenti di una società di calcio potrebbe arginare gran parte dei rischi.

Qual è il nesso tra mafia, calcio e consenso?

Le mafie hanno bisogno di consenso e legame con il territorio: il calcio assolve questo ruolo perfettamente. E questo può avvenire in molti modi: se il boss riesce a farsi fotografare con Hamsik, nel suo contesto, quella foto gli dà molto più consenso e potere di un ritratto con madre Teresa di Calcutta, giusto per fare un esempio. In passato Raffaele Cutolo si fece fotografare con Juary. Anche la gestione di una squadra, e questo vale per le serie minori, crea consenso sul territorio. Ma c’è un altro aspetto importante: in tribuna s’incontrano mondi diversi e la mafie sfrutta l’occasione per intrecciare legami con politici, amministratori, imprenditori. Legami che poi tenta di sfruttare a proprio vantaggio. Il calcio diventa così una porta d'ingresso nella società.

 

zorba

Re:Calcio e mafie
« Risposta #3 : Venerdì 14 Gennaio 2011, 09:18:56 »
(Il Fatto Qutodiano 14.01.2011)

MAFIE NEL PALLONE

SCOMMESSE ANOMALE, IL CALCIO SI DIFENDE

Un “codice comportamentale”, per arginare quelle strane scommesse che muovono le procure e coprono di ombre il pallone. Ieri a Roma Federcalcio, le tre leghe professionistiche, i Monopoli di Stato e i concessionari delle scommesse si sono seduti attorno a un tavolo, per cercare soluzioni al fenomeno delle puntate anomale sulle gare. E come primo passo hanno pensato di lavorare a un protocollo che regolamenti le puntate. Per esempio, classificandole con un colore a seconda del rischio. 

UNA DELLE IDEE emerse nel vertice, nato anche sulla spinta delle inchieste della magistratura: sempre più attiva nell’indagare su un bubbone da cui la camorra e le altre mafie ricavano enormi guadagni. Come rivelato dal Fatto, i pm di Napoli hanno da tempo aperto un fascicolo su Juve Stabia-Sorrento, gara di Lega Pro (la vecchia serie C) del campionato 2008-2009, e da qualche giorno indagano anche su Albinoleffe-Piacenza, gara di serie B dello scorso 20 dicembre, terminata 3-3 [nella foto un’immagine della partita].

UNA PARTITA preceduta da una valanga di puntate sul pareggio, tanto da spingere le agenzie a sospendere le giocate e da insospettire anche la procura della Figc, che ha aperto un’inchiesta. Ma l’indagine che pesa di più ovviamente è quella della procura antimafia di Napoli, che sospetta la mano della camorra dietro quel bizzarro flusso di scommesse. Albinoleffe e Piacenza si dicono “totalmente estranei a fatti illeciti” e rivendicano “la massima trasparenza e correttezza” nei comportamenti. Di certo, le scommesse anomale sono sempre di più, soprattutto sulle gare delle serie minori e soprattutto al Sud, dove la malavita preme più agevolmente su club, giocatori e filiali di agenzie per le scommesse. Ma il problema   interessa da vicino anche il calcio da vetrina. Solo nella scorsa stagione, le agenzie hanno sospeso le scommesse su 38 gare tra serie A e serie B, soprattutto nella fase finale dei due campionati. Uno scenario da cui club e concessionari temono effetti disastrosi in termini economici e d’immagine. Così ieri si è parlato di varie misure, a partire da codici o “categorie di rischio” per i vari tipi di scommesse: dal giallo al rosso, a secondo del tipo e della quantità di puntate sospette. “Si è discusso di come distinguere, a livello di comunicazione, l’anomalia fisiologica da quella che fa sospettare comportamenti patologici” riassume il presidente della Lega di B, Andrea Abodi, che precisa: “La sospensione delle scommesse non vuole dire affatto che ci siano per forza illeciti”. Più d’uno ha proposto che le segnalazioni dei Monopoli di Stato (i “vigilanti” sulle puntate, tramite un sistema informatico) sulle giocate sospette vengano inviate in automaticonon solo alla Figc ma anche alle procure competenti, almeno per i casi più a rischio.


RobCouto

Re:Calcio e mafie
« Risposta #4 : Venerdì 14 Gennaio 2011, 09:55:08 »
Nelle serie semi-professionistiche vanno molto di moda i bilanci gonfiati e le false fatturazioni: qualcuno si è mai occupato di questo?

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Re:Calcio e mafie
« Risposta #5 : Venerdì 14 Gennaio 2011, 10:03:28 »
A proposito di scommesse, sere fà c'è stato in tv un revival della partita merde - lecce, persa dalle prime per 3 a 2 e con la sconfitta ci fu anche un adieu allo scudetto, tutto fu messo a tacere, malgrado che per quella partita ci furono grossissime scommesse sulla vittoria dei  pugliesi.
IL DERBY NON VA MAI PERSO.

Ci sarà sempre chi ti critica, l'unica cosa da fare è continuare ad avere fiducia, stando attento a chi darai fiducia due volte.

Non ti sforzare tanto, le cose migliori succedono quando meno te lo aspetti.

Nessun futuro è per sempre.

IL GOL DI VIERI ERA BUONO!!

zorba

Re:Calcio e mafie
« Risposta #6 : Sabato 5 Febbraio 2011, 08:01:20 »
Possibili sviluppi? ? ?  8) 8) 8) 8)

(Il Fatto Quotidiano 05.02.2011)

CALCIO SCOMMESSE: L’ANTIMAFIA INDAGA SULLE PARTITE DEL NAPOLI

Sospetti sull’incontro del 2010 col Parma. Nel mirino anche Serie B e C

(di Marco Lillo)

Ci sono anche le intercettazioni di due telefonate dei fratelli Paolo e Fabio Cannavaro nelle carte trasmesse dalla Procura di Napoli al procuratore della Figc Stefano Palazzi nell’estate scorsa. L’indagine sportiva verte sui sospetti di combine e scommesse illecite da parte dei clan camorristici su alcune partite, in gran parte di Serie B e C, della fine del campionato 2009-2010. All’interno del fascicolo però sono finite anche le telefonate che riguardano tre partite del Napoli disputate tra il 10 aprile e il 2 maggio dello scorso anno: Napoli-Parma; Cagliari-Napoli e Chievo-Napoli. 
La notizia dell’apertura di un fascicolo da parte della Giustizia sportiva era già filtrata sul Mattino di Napoli. Nulla si sapeva però del contenuto delle intercettazioni e sulle ragioni dell’interessamento investigativo per il finale di campionato del Napoli.
Il Fatto Quotidiano ha visionato la nota spedita dall’Antimafia di Napoli alla giustizia sportiva.
L’INTERESSE investigativo per il Napoli parte da una serie di telefonate sull’esclusione anomala (secondo le parole dello stesso Paolo Cannavaro e del suo procuratore Enrico Fedele) dell’attaccante austriaco in forza al Napoli, Erwin Hoffer, dalla panchina degli azzurri nella partita del 25 aprile 2010 contro il Cagliari. La spiegazione fornita da un amico di Fedele ben addentro alle cose del Napoli è: “C’è qualche inguacchio sotto”. Il pm Luigi Alberto Cannavale ascolta la telefonata dell’inguacchio’ mentre sta indagando sul calcio-scommesse in Serie B e in Lega Pro e salta sulla sedia quando riceve un secondo input dai carabinieri sull’andamento anomalo delle scommesse in una partita disputata in casa dal Napoli due settimane prima dell’inguacchio. Alla luce di questa coincidenza (la cui significanza investigativa è tutta da accertare da parte del procuratore Palazzi) il pm della Dda di Napoli decide di spedire le carte, nelle quali non si rileva comunque nessun illecito penale, alla giustizia sportiva.

Anche perché i carabinieri notano nelle loro informative che la partita sulla quale era stato registrato un andamento anomalo delle scommesse al botteghino da parte dei clan, aveva avuto un andamento anomalo anche in campo.
I carabinieri annotano di avere appreso da “fonte fiduciaria già giudicata attendibile che in occasione della partita Napoli-Parma del 10 aprile, molte persone riconducibili ai clan Lo Russo e degli Scissionisti, durante l'intervallo tra primo e secondo tempo, hanno effettuato svariate scommesse con puntate piuttosto elevate sulla vittoria del Parma”. Sempre secondo la fonte, “era presente a bordo campo” il figlio di un boss del clan Lo Russo”. E i carabinieri chiosano: “Non si può trascurare il fatto che effettivamente detta partita è terminata sul risultato di 2 a 3 in favore del Parma”.
I napoletani ricordano bene quel match perché dopo un primo tempo concluso sull’uno a zero, il Napoli subì un sorprendente 3 a 2 che costò alla squadra di Mazzarri l’esclusione dalla zona Champions. È bene precisare che i due fratelli simbolo del calcio napoletano non sono sospettati di aver fatto nulla di male, nemmeno dal punto di vista sportivo. I carabinieri hanno trascritto le loro telefonate con il loro procuratore Enrico Fedele solo per descrivere il clima che si respirava tra addetti ai lavori al termine dello scorso campionato.
L’INDAGINE sul calcio-scommesse è figlia di un’altra inchiesta sui clan che dominano il traffico di droga nei palazzi di Scampia resi celebri dal film Gomorra di Matteo Garrone. Indagando sul narcotraffico del “rione Puffi” i carabinieri intercettano molte telefonate dei boss che scommettono con certezza decine di migliaia di euro su risultati di Lega Pro che poi puntualmente si verificano. 
“Le indagini”, scrivono i carabinieri di Castello di Cisterna, comandati all’epoca dal colonnello Fabio Cagnazzo, “hanno permesso di accertare il coinvolgimento nel mondo delle scommesse clandestine, e quindi di partite truccate, di diverse squadre di calcio di serie semi professionistiche le quali attraverso la complicità di alcuni calciatori e procuratori legali comunicano al clan degli Scissionisti (protagonisti della sanguinosa ‘faida di Scampia’ del 2004-2005 Ndr) l’esito della partita (c.d. partite truccate) onde consentire ad alcuni elementi di spicco del clan di puntare ingenti somme di denaro”. Secondo i carabinieri, “dalle intercettazioni effettuate... risultano coinvolte nel giro di partite truccate le seguenti squadre: Modena, Ancona, Crotone, Salernitana, Real Marcianise e Andria”. A leggere le carte dell’inchiesta si scopre uno scenario inquietante: “Le partite giocate dalla Salernitana e dal Crotone, rispettivamente militanti nel campionato appena concluso di Serie B e di Lega Pro, anche se potevano definirsi partite truccate sono state poi svolte regolarmente grazie all'intervento sul campo di alcuni ispettori della Lega Calcio la cui presenza ha ristabilito il regolare svolgimento delle partite”. In questo quadro gli investigatori mettono sotto intercettazioni molti procuratori, anche non indagati. E così il 25 aprile del 2010 registrano la voce dell’ex capitano della Nazionale Fabio Cannavaro, allora alla Juventus, che chiama il suo procuratore Enrico Fedele. I due parlano della prossima partita del Napoli contro il Chievo. E Fedele lascia intendere che la vittoria del Napoli dovrebbe essere cosa già fatta: “Hai capito, mo’ domenica va a Chievo... e già è salvo e penso che le cose vanno in un certo modo”. Cannavaro non commenta e saluta. Fedele poco dopo chiama un uomo non identificato, ben addentro alle cose del Napoli. I commenti dei due sull’esclusione dell’attaccante austriaco poi ceduto al Kaiserslautern, Erwin Hoffer, nella partita Cagliari-Napoli appena disputata insospettiscono il pm Cannavale.
Fedele: Ma perché non ha messo a Hoffer poi sulla panchina? Uomo: Loro sostengono che... ma a noi non risulta, che Hoffer, aveva un problema fisico, ma secondo me...
Fedele: Mo’ chiamo a Paoluccio...
Uomo: Eh, c’è qualche inguacchio sotto, ma comunque sappiamo che non è così...
Fedele: mo’ chiamo a Paoluccio.
Poco dopo Fedele chiama il capitano del Napoli Paolo Cannavaro. 
Fedele: Paoluccio, ma perché Hoffer, non è andato sulla panchina?
P. Cannavaro: Direttore, perché il mister non sa a chi deve cacciare e ha detto metto a questo che tanto non dice niente... il guaglione, hai capito?
Fedele: Non stava bene ?
P. Cannavaro: Ma non esiste proprio, ma tu tieni una punta e stai in emergenza e non porti nemmeno la punta in panchina?
Una domanda che quel giorno in tanti si sono posti: anche Hoffer che a Il Mattino dichiarò stizzito: “Sto benissimo, non sono infortunato. Perché in tribuna? Non lo so”.
Gli investigatori annotano anche uno strano sms ricevuto da Fedele il 2 maggio: “Chiedere indirizzo portiere per invio prosciutti”. Per i carabinieri è “ambiguo”. Un altro giallo che il procuratore federale della Figc, Stefano Palazzi, dovrà risolvere.

Offline borges

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Re:Calcio e mafie
« Risposta #7 : Sabato 5 Febbraio 2011, 14:01:29 »
Poco dopo Fedele chiama il capitano del Napoli Paolo Cannavaro. 
Fedele: Paoluccio, ma perché Hoffer, non è andato sulla panchina?
P. Cannavaro: Direttore, perché il mister non sa a chi deve cacciare e ha detto metto a questo che tanto non dice niente... il guaglione, hai capito?Fedele: Non stava bene ?
P. Cannavaro: Ma non esiste proprio, ma tu tieni una punta e stai in emergenza e non porti nemmeno la punta in panchina?


già ci vuole Mazzarri.. uomo di carattere...
non quel vecchio di Reja....
Alla Sensi consiglio un Aulin (S.Siviglia)
Bisogna rinunciare al consenso per la legalità (C. Lotito)
è il calcio pulito, baby (centurio)

bak

Re:Calcio e mafie
« Risposta #8 : Giovedì 10 Febbraio 2011, 11:43:03 »
"Tremila euro e perdi la partita"
Il video del giocatore della squadra di Eccellenza del San Paolo-Bari avvicinato da un dirigente del Fasano finisce al giudice sportivo: "Sabato ti do un acconto di 500 euro poi se fai in un certo modo, lunedì ti do mille euro". La replica: " Poco, per questa cifra non lo faccio. Chiudiamo a tremila euro e non rompere"

di CLEMENTE CALABRESE (repubblica.it)
 

Proposta indecente registrata da un video. Offerti 3000 euro a un calciatore da un dirigente della squadra avversaria per vincere una partita. E´ il 30 gennaio scorso e viene disputata l´ottava giornata di ritorno del campionato di Eccellenza . Si affrontano Fasano e San Paolo Bari. Una partita importante per entrambe le squadre: i brindisini sono a ridosso della zona playoff, mentre i baresi alla ricerca di punti fondamentali per ipotecare la salvezza.

A vincere è il Fasano grazie a un rigore di Sisalli a inizio ripresa. Un risultato che apparentemente descrive il normale epilogo di una gara come tutte le altre. Ma in realtà, in questo incontro, di normale c´è poco o nulla. E non tanto per quello che è accaduto sul terreno di gioco durante i novanta minuti, ma soprattutto per quanto è successo qualche giorno prima dello svolgimento della partita. Junior de Camargo, difensore brasiliano del San Paolo Bari, viene prima contattato telefonicamente e successivamente incontrato da un dirigente della formazione brindisina. Un colloquio durato circa quattro minuti immortalato in un video girato dallo stesso giocatore che aveva già capito su quale argomento avrebbe puntato l´interlocutore.

Le parole del tesserato biancazzurro non lasciano spazio all´interpretazione: «Il giorno prima della gara ti do 500 euro, se le cose vanno in un certo modo dopo la partita avrai altri 1000 euro». A quel punto de Camargo, per capire fino a che punto la controparte sarebbe arrivata in termini di offerta economica, risponde: «No, per questa cifra non sono disponibile a farti un ‘favore´ del genere». Allora l´offerta sale: «Ti diamo tre mila euro e non rompere i coglioni».

Il giocatore finge di accettare la proposta in modo da concludere la conversazione. Si dirige subito dal proprio presidente Adriano Favia e gli consegna il materiale audiovisivo. Il massimo dirigente del club biancorosso, come da prassi, ha provveduto subito a girare il filmato al presidente regionale della Lega nazionale dilettanti, Vito Tisci, il quale con altrettanta celerità ha inviato il video alla procura federale che sicuramente aprirà un fascicolo sull´accaduto.

Breve ma incisivo il commento sulla vicenda del massimo esponente del calcio dilettantistico pugliese: «Premetto che non ho visto il video, quindi come è giusto che sia devo parlare di presunto illecito sportivo. Ma se gli organi competenti accerteranno che le cose sono andate come sento dire in giro sarebbe un episodio certamente non positivo per il pallone made in Puglia. Mi auguro per il Fasano che tutto ciò non sia vero».

Comprensibilmente molto più duro lo sfogo della società barese, che attraverso il proprio direttore generale Saverio Diomede e in piena sintonia con il pensiero di patron Favia, non nasconde il proprio dispiacere: «Quanto accadono avvenimenti così spiacevoli è sempre una sconfitta per tutto il movimento. Noi non siamo arrabbiati con tutto il Fasano calcio, ma solo con questo dirigente o pseudo tale che si è permesso di importunare un nostro calciatore, avanzando una proposta davvero irrispettosa, verso di noi e nei confronti dei suoi giocatori che essendo davvero bravi non hanno certo bisogno di aiuti esterni per vincere».

Si attende adesso il pronunciamento della procura federale sportiva. Ampio il ventaglio di ipotesi riguardo alla sanzione che può essere comminata al Fasano. Si passa dai punti di penalizzazione al declassamento all´ultima posizione del campionato di Eccellenza. Tutto può accadere, vedremo in concreto nei prossimi giorni o settimane cosa succederà. Nel frattempo Junior de Camargo ha lasciato l´Italia, deluso dal "questo calcio". Al suo presidente, prima di partire, ha detto: «È uno schifo».


zorba

Re:Calcio e mafie
« Risposta #9 : Venerdì 11 Febbraio 2011, 07:50:46 »
(Il Fatto Quotidiano 11.02.2011)

Visita all’arbitro con vista revolver

PROVINCIA DI COSENZA, MATCH DI PRIMA CATEGORIA: IL DIRETTORE DI GARA MINACCIATO NEGLI SPOGLIATOI 

(di Luca Cardinalini)

Visto da quaggiù, dalla provincia di Cosenza, il concetto di sudditanza psicologica fa un paio di capriole e poi va a farsi benedire.
Partiamo dalla fine, dalla sentenza, nero su bianco su carta intestata del comitato regionale calabrese: squalifica del campo dello Spezzano Albanese per due giornate e ben cinque anni – l’equivalente dell’ergastolo, cioè – per il suo prode dirigente Luca Gioiello, pizzaiolo di mestiere. Cosa abbia combinato il buon Gioiello, lo lasciamo al racconto del giudice sportivo, Antonio Maduri: “… per aver una persona non identificata, ma riconducibile alla società Spezzano Albanese, fatto ingresso prima della gara nello spogliatoio dell’arbitro, unitamente al dirigente accompagnatore (tana per Gioiello, ndr) e aver tenuto con questi un comportamento particolarmente minaccioso nei confronti del’arbitro, ulteriormente aggravato dall’esibizione di una pistola da parte del dirigente... eccetera eccetera”, compresi i cancelli lasciati aperti e compresa la mancanza d’acqua calda negli spogliatoi. Vale la pena focalizzare: qui siamo ben lontani dalle solite generiche minacce e dai soliti “consigli” di chiudere un occhio o aprirne due, ma trattasi di qualcosa di più inquietante. Anche perché il match in questione non era Real-Barcellona, ma Spezzano Albanese-Audace Rossanese, girone A di prima categoria, squadre che, puntualizza Leonardo Guerrieri di “Telelibera Rossano”, “quest’anno sono al di sotto delle aspettative e navigano ai margini dalla zona play out”.
E COMUNQUE. Prima dell’inizio della gara, l’arbitro, “poco più di un ragazzino”, riceve nello stanzino la visita – a scopo preventivo, quindi – dei due personaggi che lo “avrebbero minacciato”, e anche di brutto, se è vero che uno dei due, come nei film western di serie B, sposta il giaccone quel poco che basta per intravedere il revolver. La partita, per la cronaca, è finita 1-0 per lo Spezzano, con un gol su rigore – manco a dire contestato dagli ospiti – nel finale di gara. Ma non è questo il punto. Come da manuale del giornalismo, conviene sentire le due campane. Fedele Palumbo, vicedirettore di banca a Spezzano, la vede così: “Noi venivamo da due sconfitte immeritate e forse i nostri due dirigenti avranno detto pur qualche cosa all’arbitro. Sa com’è, può darsi che qualche parola forte sia scappata, può darsi anche che qualcuno abbia male interpretato, ma escludo assolutamente che qualcuno abbia tirato fuori una pistola. Tantomeno il nostro dirigente Gioiello, un uomo perbene e mite, che sta soffrendo per essere stato tirato in ballo in questo modo e ha già presentato una querela per diffamazione nei confronti dell’arbitro. Spero che si assuma le responsabilità di ciò che ha scritto nel referto. Era talmente impaurito che ha chiamato dalla tribuna suo padre, un agente della Guardia di finanza, presentatosi negli spogliatoi con un fare più che deciso e che a fine partita ha fatto perquisire dai carabinieri, le auto di Gioiello e di altre persone. Roba da non credere”. Fabrizio Buttarelli, manager di una multinazionale e presidente dell’Audace, la vede in questo modo: “La partita tardava a iniziare e si era creato davanti agli spogliatoi un capannello di persone. Ho visto agitarsi molto un signore, che si proclamava come il padre   dell’arbitro e si rivolgeva rivolgendosi ad alta voce verso qualcuno dicendo: io non mi faccio intimidire da lei, sono un finanziere, lei mi ha messo le mani addosso, e cose del genere. Poi la gara ha avuto inizio ma era evidente che l’arbitro fosse in uno stato emotivo, diciamo così, alterato. Lasciamo stare il rigore che ci ha fischiato contro, pur essendo a 50 metri di distanza dal fallo, ma addirittura ha espulso un nostro giocatore per doppia ammonizione salvo poi accorgersi che era solo il primo cartellino giallo e lo ha richiamato in campo. Insomma un disastro.
MA LA COSA più grave è che durante la gara, ai nostri giocatori, ha confessato di non essere sereno dicendo che si stava giocando pro forma. Sulla base di tali dichiarazioni abbiamo presentato ricorso, fiduciosi, chiedendo di avere vinta quella partita così falsata dall’inizio”. Già, perché non è mica finita lì. Dopo una settimana di omologazione sospesa, il giudice sportivo conferma le squalifiche (al campo e al pistolero) ma anche – udite udite – il risultato del campo. Motivo: “Perché l’arbitro ha dichiarato che le minacce subìte non hanno avuto nessun effetto psicologico sulla sua persona e che, pertanto, ha diretto in modo regolare la gara”. Ci vuol ben altro, si deduce, che una pistola.

zorba

Re:Calcio e mafie
« Risposta #10 : Mercoledì 16 Marzo 2011, 07:19:44 »
(Il Fatto Quotidiano 16.03.2011)

IL BANDITO E IL CAMPIONE

Negli affari sulla movida compaiono i soci di ‘ndrangheta di Paolo Maldini e Massimo Oddo
 
(di Davide Milosa)

Milano. -  Nel libro mastro della ’ndrangheta padana che commissaria la politica e assedia le imprese, c’è una piccola grande vicenda a base di cocaina, locali notturni e soprattutto calciatori famosi, in passato soci d’affari con uomini vicini alle cosche. Nomi mondiali come quello di Paolo Maldini, storica bandiera nel Milan berlusconiano o gregari come Massimo Oddo, anche lui terzino, anche lui nella squadra rossonera che proprio domenica ha festeggiato 25 anni sotto la presidenza del Cavaliere. I due, naturalmente, risultano totalmente estranei all'inchiesta che lunedì ha sollevato il velo sugli affari milanesi delle cosche.
I rapporti societari così emergono tra le pieghe dell’indagine Caposaldo. Di chi si tratta? “Dell'amico del Loolapalosa”, al secolo Domenico Testino, 50 anni, barese di Corato, titolare di night e sovrintendente allo spaccio di corso Como per conto della cosca Flachi. Oggi Mimmo Testino è latitante in Costa Rica. Dal 1999 al 2008, però, ha gestito la discoteca Loolapalosa di corso Como 15. Il locale è tra i più noti della movida ed è amministrato dalla Black Submariner Ladunia. Una srl tra i cui soci ancora oggi compare lo stesso Maldini.
IL SUO INVESTIMENTO risale al 1995. All’epoca il calciatore commentò così la notizia: “Ho partecipato per l’amicizia che mi lega ai proprietari della discoteca Hollywood”. E infatti del Loolapalosa è socio Alberto Baldaccini, titolare della Vimar srl alla quale fa riferimento l'Hollywood, per anni covo prediletto da Lele Mora. Visura dopo visura spunta il nome di Vito Cardinale, altra storica anima dell’Hollywood, ma anche socio di Testino e Maldini nel Loolapalosa. Quindi un particolare: Vito Cardinale viene intercettato al telefono con il superboss della ‘ndrangheta Paolo Martino. I due chiacchierano di affari. Testino invece, il cellulare lo utilizza soprattutto per inviare sms e ordinare la cocaina. Il suo referente è un certo Cesare Colombo che per la cosca Flachi gestisce l’acquisto e la vendita della droga. Il rapporto tra i due viene inquadrato dal gip: “Colombo, dopo aver ricevuto l’ordine da Testino, si recava in Corso Como dove consegnava lo stupefacente nelle sue mani”. Per definire le quantità bastavano semplici frasi: “Stasera poca gente. Tavoli liberi in prive”. Tradotto: serve poca cocaina. I rapporti tra i due sono frequenti, tanto che tra la fine di maggio e l'inizio di luglio del 2008 gli investigatori contano ben 12 contatti e altrettante cessioni di droga da parte dell'ex socio di Maldini. Dopodiché parte della cocaina veniva venduta anche all’interno della discoteca. Particolare che è valso a Testino l’accusa “di aver consentito che il locale fosse adibito a luogo di convegno di persone che ivi si davano all’uso di sostanze stupefacenti”.
Gli interessi di Mimmo, però, sono variegati. Oltre ai locali notturni, infatti, il neo latitante ha quote in società che si occupano della gestione di stabilimenti balneari come la Sunrise. Ed è ancora Milan. Il campione di turno, infatti, non è più Maldini, bensì Massimo Oddo che della srl mantiene il 10% delle quote. Campioni e compari, insomma. Anche questo sta scritto nel grande romanzo dei boss alla milanese.


Nel riquadro, Massimo Oddo (ANSA), qui in alto, Paolo Maldini (FOTO LAPRESSE)

Offline SAV

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Re:Calcio e mafie
« Risposta #11 : Mercoledì 16 Marzo 2011, 11:45:04 »
I due, naturalmente, risultano totalmente estranei all'inchiesta che lunedì ha sollevato il velo sugli affari milanesi delle cosche.

Tipico articolo de Il Fatto... Gettano un bel po' di letame sui due calciatori... ma nel corpo dell'articolo chiariscono che i due sono estranei...
Ma, se sono estranei, che senso ha tirarli in ballo?  :o

zorba

Re:Calcio e mafie
« Risposta #12 : Venerdì 22 Aprile 2011, 07:55:16 »
(Il Fatto Quotidiano 22.04.2011)

Calcio alle ‘ndrine, sequestrate anche due squadre di pallone

MAXI-OPERAZIONE IN CALABRIA: SIGILLI PER 200 MILIONI DI EURO. COINVOLTE L’INTERPIANA E IL SAPRI DEL CAMPIONATO DI SERIE D

(di Lucio Musolino)

Ogni bravo imprenditore punta non solo all’aspetto economico, ma anche a conquistare il “consenso” del territorio in cui operano le sue società. È una regola di mercato. Lo è ancora di più per la ‘ndrangheta. Una squadra di calcio, anzi due. La cosca Pesce sapeva come farsi amare a Rosarno e non solo.
Sapeva come ottenere il consenso, essere amata dai “civili”, i non assoldati dall’associazione mafiosa. Sapeva che il pallone è un elemento che aggrega e che in piccole realtà, come quella della Piana di Gioia Tauro, è orgoglio e campanile.
SOPRA OGNI cosa, al pari dei loschi interessi criminali che fruttano milioni di euro sporchi. Una montagna di soldi da lavare. Anche con il calcio. A Rosarno, Domenico Varrà, per tutti il “mister”, non era solo il presidente della locale squadra di calcio. Era un faccendiere della cosca Pesce, uno dei soggetti delegati a curare gli interessi “calcistici” della famiglia mafiosa della Piana di Gioia Tauro.
Ci sono anche due squadre di calcio fra i beni sequestrati ieri mattina dalla Guardia di Finanza e dai carabinieri di Reggio Calabria.
Su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, la sezione misure di prevenzione del Tribunale ha applicato i sigilli all'Interpiana e al Sapri Calcio, entrambe militanti nel campionato nazionale dilettanti di Serie D.
Tra le carte dei pm anche una partita truccata: quella tra il “Rosarno”, oggi Interpiana, e il Vico Equense finita 1 a 1 il 17 maggio 2009. Una cosca già colpita da numerosi arresti negli ultimi due anni e che, adesso, viene toccata anche nel patrimonio. Dopo le manette girate ai polsi di oltre 70 persone, tra boss, gregari e prestanome, la Dda reggina ha sequestrato un impero da 190 milioni di euro strappato, con l’operazione “All clean”, alla famiglia mafiosa di Rosarno.
Una famiglia che, se da una parte rappresenta una delle cosche storiche della ‘ndrangheta reggina, dall’altra ha dimostrato negli anni di sapersi trasformare in una sorta di Società per azioni. Una Spa con tanto di presidente, identificato in Antonino Pesce e conosciuto con il nome di “Testuni”, e di consiglio di amministrazione.
Fondamentali le dichiarazioni della collaboratrice di giustizia Giuseppina Pesce, la figlia del boss Salvatore. È lei che ha consentito ai magistrati della Dda di ricostruire le principali attività della cosca. I suoi racconti, dalla pancia della famiglia mafiosa, hanno svelato particolari inquietanti e fatto luce su omicidi irrisolti come quello di Annunziata Pesce, uccisa dal fratello nel 1981, perché aveva intrattenuto una relazione extraconiugale con un carabiniere. Un amore impossibile per Annunziata Pesce. Un’onta da lavare con il sangue per la cosca.
RITORNANDO al maxi sequestro, impressionante la lista dei beni sequestrati dai carabinieri e dalla Guardia di Finanza. Quasi 200 milioni di euro. Oltre le due squadre di calcio, infatti, la Dda ha restituito allo Stato un complesso sportivo composto da 3 campi di calcio, 44 abitazioni, 4 ville, 12 autorimesse, 60 terreni, 56 autoveicoli e 108 autocarri.
Aree di servizio, pizzerie, concessionarie di auto, ditte di trasporti. Tutti lavoravano per la ditta Pesce sempre più azienda criminale capace di controllare l'intero mercato di Rosarno.
Un mercato nell’ambito del quale, adesso, si aprono spazi nuovi. Spazi inaccessibili, fino ad oggi, per un imprenditore pulito.
Per comprendere il livello di penetrazione della cosca sul tessuto economico del territorio è sufficiente rileggere un’intercettazione in carcere del 2007 quando il boss Antonino Pesce, detenuto, ricordò al figlio “Ciccio Testuni”, oggi latitante e reggente del clan, come la “famiglia” fosse riuscita a impadronirsi della catena di distribuzione alimentare della Sisa: “Peppe Piromalli era in galera, mio zio era... era là. Tutto io, non c’era nessuno di ‘sta gente qua. Io avevo 20 anni... Ascolta, io, l’ho creata io, 30 anni fa; la Sisa là sopra l’ho creata io mettemmo una fila di camion lunga da qui a là sotto...”.
“La libertà economica significa libertà in generale” ha spiegato il procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone sottolineando l’importanza del sequestro dei beni: “L’azione di repressione continua nella consapevolezza che la ‘ndrangheta non è invincibile”.