(Il Fatto Quotidiano 11.11.2010)
TU MI RUBY
Altro che caso chiuso, il pm dei minori contro Maroni “Mai detto sì all’affido alla Minetti, vado al Csm”
(di Gianni Barbacetto e Antonella Mascali)
È stata in silenzio fino alla relazione in Parlamento del ministro dell’Interno Roberto Maroni. Poi, dopo una notte agitata, Annamaria Fiorillo, pm del Tribunale per i minorenni di Milano, ha deciso di appellarsi al Consiglio superiore della magistratura. Per contestare la versione del responsabile del Viminale sulla notte in questura di Ruby e sul suo affidamento. Il ministro ha sostenuto che la polizia era stata autorizzata dal Tribunale per i minorenni ad affidare la ragazza marocchina (spacciata da Silvio Berlusconi come nipote del presidente egiziano Hosni Mubarak) alla consigliera regionale del Pdl, Nicole Minetti, igienista dentale del premier. Anche il procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati la settimana scorsa aveva dichiarato che nella notte del 27 maggio la procedura della polizia (fotosegnalamento e identificazione della ragazza) “era stata corretta”. E che, alla fine, “la soluzione dell’affidamento al consigliere Minetti era stata considerata da tutti ragionevole”. Ma Fiorillo, di turno quella sera, ora si chiama fuori. Con una lettera al Csm, si contrappone in un colpo solo al ministro, al capo della Procura di Milano e alla polizia: “Con riferimento alle dichiarazioni rese dal ministro”, scrive Fiorillo, “essendo stata personalmente coinvolta nella vicenda, osservo che esse non corrispondono alla mia diretta esperienza. Poiché il ministro ha tenuto a rimarcare che il corretto comportamento degli agenti è stato confermato anche dall’autorità giudiziaria per voce del procuratore Edmondo Bruti Liberati all’esito di specifica istruttoria, chiedo che la discrepanza con i dati di realtà che sono a mia conoscenza venga chiarita”.
TRADOTTO: Fiorillo sostiene di non aver mai dato la sua autorizzazione ai funzionari di polizia perché Karima El Mahroug, detta Ruby, denunciata per furto, quella notte uscisse dalla questura con Nicole Minetti. È ancora più esplicita con le agenzie di stampa: “Si deve sapere che io non ho mai dato l’autorizzazione all’affidamento della minorenne". Poi ipotizza che la Procura abbia fatto scelte politiche: "Ho detto in modo chiaro e preciso a chi sta facendo l'indagine, quello che è accaduto. Io non punto il dito contro il sistema o contro i colleghi. Capisco quante e quali possano essere le preoccupazioni che influenzano determinate decisioni.... Quando parlai con la Iafrate (Giorgia Iafrate, la funzionaria della Polizia che era di turno quella sera di maggio, ndr) fui molto dura e usai toni accesi”.
FIORILLO sostiene di aver dato precise disposizioni affinché Ruby andasse in comunità o, in alternativa, trascorresse la notte in questura. E ieri ha deciso di rivolgersi al Csm con una motivazione appassionata: “Penso che sia importante soprattutto il rispetto delle istituzioni e della legalità, cosa a cui ho dedicato la mia vita e cosa in cui credo profondamente. Proprio per questo rispetto della legalità e della giustizia, quando le vedo calpestate, parlo, perché altrimenti non potrei più guardarmi allo specchio come un essere umano”. Il resoconto di Maroni in Parlamento racconta invece un’altra storia: “Il consigliere regionale Nicole Minetti”, arrivata in questura, “riferiva di conoscere la ragazza, assicurando la propria disponibilità a prendersi cura della minore. Il funzionario di turno accertava che al momento non vi erano posti disponibili nelle comunità della zona e pertanto, considerata l’avvenuta identificazione della giovane, nonché il ruolo della Minetti e il consenso della ragazza che affermava di conoscerla, sulla base delle indicazioni del pm di turno presso il tribunale dei minorenni, veniva redatto verbale di affidamento. Alle 2”, ha proseguito il ministro, “otto ore dopo essere entrata, la minore lasciava la questura insieme alla Minetti e di ciò veniva avvisato il tribunale dei minorenni con la nota di trasmissione degli atti”.
INSOMMA Maroni ripete quanto detto in piena indagine dal procuratore di Milano. E ieri, dopo la smentita di Fiorillo, ribadisce di essere “d’accordo con Bruti Liberati” e che “il caso è chiuso”. Anche per il procuratore non ci sono altri accertamenti da fare sul comportamento della polizia: “Non ho nulla da aggiungere a quanto già detto nei giorni scorsi. Per me la vicenda era già chiusa allora”. Secondo fonti giudiziarie, Fiorillo avrebbe fornito versioni orali discordanti e avrebbe infine ammesso di non ricordare con precisione il contenuto delle diverse telefonate con i funzionari di polizia, la notte del 27 maggio. Dunque per la procura non si potrebbe provare che le decisioni prese quella notte in questura siano state scorrette. Ora la parola passa al Csm.